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Guerra civile in tre atti per Baghdad.


Anonymous
Illustrious Member
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L' Irak è -in pieno naufragio- e la sua <<apparenza di stato unitario regge solo per l' assenza di un consenso regionale e internazionale in merito a una sua eventuale scomparsa>>.
E' il giudizio di Pierre-Jean Luizard, ricercatore del CNRS di Parigi ed esperto di politica e storia mediorientali. L' atto di decesso dello stato irakeno, prosegue, è stata la proclamazione da parte dell' ISIS (lo Stato Islamico dell' Irak e del Levante) del proprio sedicente Califfato; il notabilato curdo, sciita e una parte di quello sunnita -prosegue nel sostenere la finzione- per ragioni di mero opportunismo, ma si dibatte in -contraddizioni irrisolvibili-, sfruttate appieno dalle milizie islamiste.

L' estromissione dal governo del premier Nuri al-Maliki, alla cui gestione centralista e settaria degli assetti statali viene attribuita l' odierna crisi, per Luizard non risolve il problema. Di fatto al-Maliki non è altro che l' espressione di un sistema politico in cui tutti gli attori agiscono in base a -sollecitazioni comunitarie, confessionali ed etniche-, le cui spinte centrifughe, spesso accompagnate dall'azione delle potenze regionali limitrofe, sono contrastate dal' azione statunitense...

Il seguito è sul mensile Lotta comunista di luglio-agosto 2014 numero 527-528.


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stefanodandrea
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Post: 748
 

Finalmente un'analisi che dice una parte della verità


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oriundo2006
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Post: 3193
 

L'idea di 'stato' è di origine occidentale, desunta per estensione dal medievale 'corpo del Sovrano' e poi traslata come spoglia dai figli 'democratici' per significare unione di più popoli/tribù in un unico coacervo politico. I popoli d'Irak ed altri conoscevano invece il Califfo ed il Califfato come suprema autorità politica ed insieme Guida dei Credenti. Tutti gli stati attuali del vicino Oriente sono in via di de-occidentalizzazione, sia provocata dalle guerre che ne hanno eliminato la struttura organizzativa stessa, come in Libia, sia per latenti tensioni interne endogene, come in Irak, acutizzate anch'esse dalle guerre dei moderni Crociati, sia per stanchezza ed odio verso chi ha portato morte e distruzione nelle loro terre con pretesti oscenamente falsi.Non c'è dunque da stupirsi che i popoli che compongono queste entità cerchino altre forme ed espressioni per affermare la loro irriducibilità rispetto al modus vivendi ( atque moriendi...) imposto loro con la violenza dagli Occidentali. Vogliono difendersi e cercano il modo migliore per poterlo fare: la democrazia, l'Egitto insegna, è stata levata loro quando hanno votato per candidati islamici ( idem per l'Algeria ), lo stato è stato loro distrutto quando ad esempio con Gheddafi cercavano di fare una politica coerente con i loro interessi terzomondisti. Cosa si pretende, allora ? L'unica via di 'fuga' da questa terribile situazione, che ricorda loro l'epoca in cui l'Islam rischiò di sparire stretto tra Crociati e orde mongole, è ripristinare l'autorità di uno solo di contro le lotte continue intestine ed insieme la presenza neocoloniale degli occidentali: dunque un Califfo, che sollevi da terra la bandiera dell'Islam e la faccia pagare agli invasori unendo i popoli sotto una unica autorità, viatico di più alta investitura divina. La situazione 'diabolica' nella quale siamo ha voluto che questa possibilità abbia creato un 'dajjal' criminale, ha dato la stura a quanto di più funesto si agitava nel profondo di anime disperate, sino ad assassinare liberamente convertiti e esponenti dei popoli del 'libro', in totale ed estremo sprezzo dei dettami del Corano. Arrivati a questo punto, ogni ipotesi sul futuro di Irak, Libia o Siria dipende dalla possibilità che i musulmani trovino un 'uomo del destino' di ben altra caratura. Noi occidentali siamo del tutto fuori-gioco, screditati e completamente invisi a tutti. Anche imponendo uno 'stato', o più stati sul modello del piano Ynon ebraico, non potremmo cancellare quanto è avvenuto in tutti questi anni. E, lasciatemelo dire, c'è solo da sperare che non ci capiti lo stesso...


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