Guerra di Resistenz...
 
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Guerra di Resistenza


GioCo
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Gli argomenti di cui vorrei e dovrei parlare sono tanti e non voglio dilungarmi troppo. Fortunatamente quello di cui voglio parlare qui non è cervellotico, ma piuttosto immediato, anche se tutt'altro che banale, in quanto per essere "digerito" vuole un cambio radicale di coscienza. Quindi mi si perdoni se cadrò in qualche passaggio in un eccesso di schematicità.

Iniziamo da una minima premessa storica importante: i miei genitori avevano rispetto a me una resistenza (emotiva) molto migliore, i loro genitori ne avevano una migliore della loro e i genitori dei miei nonni ancora meglio. Risaliamo (credo) a circa tre generazioni la mia prima di trovare una sostanziale media non significativamente variabile circa la capacità di resistenza (sempre centrata sulle emozioni).
Questo perchè la resistenza si allena sulla fatica, sul disagio, sul dolore anche fisico ed è evidente che l'era pre-industriale non ha modificato nella sostanza quel disagio in cui versavano le masse e che poi è venuto a mancare con l'avvento dell'industria.

Facciamo ora il secondo passaggio che è di tipo cognitivo comportamentale. Potremmo ridurre (per esigenze meramente didattiche) in due parti il nostro sistema-corpo: uno deputato al ragionamento, uno deputato alla raccolta delle informazioni e al rilascio delle risposte elaborate. In questo "rilascio delle risposte elaborate" mettiamo le emozioni. Va da se che stiamo considerando "nell'atto cognitivo" non solo il cervello, ma tutto il corpo intero. Se il mio capo ufficio è uno stronzo e non posso che subire la sua presenza, potrebbe venirmi mal di testa e lo schema sarebbe rispettato. Allo stesso modo se rispondo a tono senza preoccuparmi di conservare il posto di lavoro. Questo sistema è "sbilanciato" al suo interno, un po' come un Jet da combattimento con motori che possono spingere a mach 99 senza sapere bene però quanto può reggere la struttura prima di "esplodere in aria". Sta alla bontà e all'esperienza del pilota capirlo, va da sé che se il pilota è ubriaco, ignorante o pazzo, non si ricava molto di buono, ma allo stesso tempo non si può intervenire allo stesso modo nel caso che sia ubriaco, ignorante o pazzo.
Noi qui vogliamo esclusivamente prendere in esame il caso dell'ignoranza, anche se "purtroppo" nell'era moderna questo è largamente insufficiente. Rimane comunque ancora il caso più frequente e nell'abitudine che conserviamo, anche il più radicato in noi.

Il terzo passaggio riguarda la resistenza applicabile a livello individuale e cognitivo, nonché strategico: tutti noi stiamo subendo in massa un prepotente de-potenziamento delle nostre capacità di resistenza. De-potenziamento che sta andando avanti da decenni. Questo ci espone a una seria complessa di gravi conseguenze. Una è l'impossibilità pratica di affrontare il nostro quotidiano con "intelligenza", perchè il processo porta (tra le altre conseguenze) alla dipendenza emotiva. In altre parole, la parte cognitiva che elabora razionalmente le informazioni dell'ambiente inizia ad agire "al servizio" dei comportamenti che stimolano l'emozione, de-potenziando il più possibile la resistenza alle stesse, invece che "al servizio" di un rapporto ragionevole con l'ambiente. Un esempio è che non ci importa "costruire" un rapporto con gli accadimenti con cui ci misuriamo utile a mettere la situazione in equilibrio di forze (stabilizzare), ma utile a vivere la situazione con maggiore emotività possibile in ogni direzione che consenta la maggiore intensità emotiva possibile, dal togliere i freni inibitori, ad appiattire la morale su valori che rendono fragili tutti i rapporti sociali.

Credo quindi che dovremmo recuperare l'idea che la fatica, il disagio, il dolore, non siano in sé è per sé indesiderabili, quanto l'unico mediatore in grado di forgiare una consapevolezza dei nostri limiti. Ovviamente questo non indica come "desiderabile" la fatica, il disagio, il dolore, quanto non necessariamente e solo enti inutili e quindi a prescindere rigettabili, senza che questo comporti conseguenze molto, molto indesiderabili.

Cosa ne pensate?


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PietroGE
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Il decadimento della resistenza emotiva e morale è un risultato automatico dello sviluppo della società in generale o è uno specifico della società occidentale individualistica? La gente tende necessariamente al 'rammollimento' oppure quest'ultimo è un prodotto di scarto voluto, un fine perseguito?
A me sembra una conseguenza dell'incontro di diversi fattori : l'individualismo, la mancanza di fede nell'esistenza di un altro mondo dopo la morte, il carpe diem come moda di comportamento, la consapevolezza inconscia che il domani potrebbe non venire e che quindi è meglio il 'tutto e subito'.


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GioCo
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certamente @PietroGE, è un insieme di fattori complesso, anche se noi non siamo elementi passivi, possiamo reagire. Dei tanti elementi verso cui ci è data la possibilità di agire, di sicuro i fattori interiori sono più accessibili di quelli esterni. Quantomeno perchè ci seguono ovunque andiamo. 😉
Per ciò il mio era un tentativo di focalizzare questi fattori interiori su cui è possibile intervenire e nel contempo capire perché è così difficile intervenire.


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) molto migliore, i loro genitori ne avevano una migliore della loro e i genitori dei miei nonni ancora meglio. Risaliamo (credo) a circa tre generazioni la mia prima di trovare una sostanziale media non significativamente variabile circa la capacità di resistenza (sempre centrata sulle emozioni).
Questo perchè la resistenza si allena sulla fatica, sul disagio, sul dolore anche fisico ed è evidente che l'era pre-industriale non ha modificato nella sostanza quel disagio in cui versavano le masse e che poi è venuto a mancare con l'avvento dell'industria.

Facciamo ora il secondo passaggio che è di tipo cognitivo comportamentale. Potremmo ridurre (per esigenze meramente didattiche) in due parti il nostro sistema-corpo: uno deputato al ragionamento, uno deputato alla raccolta delle informazioni e al rilascio delle risposte elaborate. In questo "rilascio delle risposte elaborate" mettiamo le emozioni. Va da se che stiamo considerando "nell'atto cognitivo" non solo il cervello, ma tutto il corpo intero. Se il mio capo ufficio è uno stronzo e non posso che subire la sua presenza, potrebbe venirmi mal di testa e lo schema sarebbe rispettato. Allo stesso modo se rispondo a tono senza preoccuparmi di conservare il posto di lavoro. Questo sistema è "sbilanciato" al suo interno, un po' come un Jet da combattimento con motori che possono spingere a mach 99 senza sapere bene però quanto può reggere la struttura prima di "esplodere in aria". Sta alla bontà e all'esperienza del pilota capirlo, va da sé che se il pilota è ubriaco, ignorante o pazzo, non si ricava molto di buono, ma allo stesso tempo non si può intervenire allo stesso modo nel caso che sia ubriaco, ignorante o pazzo.
Noi qui vogliamo esclusivamente prendere in esame il caso dell'ignoranza, anche se "purtroppo" nell'era moderna questo è largamente insufficiente. Rimane comunque ancora il caso più frequente e nell'abitudine che conserviamo, anche il più radicato in noi.

Il terzo passaggio riguarda la resistenza applicabile a livello individuale e cognitivo, nonché strategico: tutti noi stiamo subendo in massa un prepotente de-potenziamento delle nostre capacità di resistenza. De-potenziamento che sta andando avanti da decenni. Questo ci espone a una seria complessa di gravi conseguenze. Una è l'impossibilità pratica di affrontare il nostro quotidiano con "intelligenza", perchè il processo porta (tra le altre conseguenze) alla dipendenza emotiva. In altre parole, la parte cognitiva che elabora razionalmente le informazioni dell'ambiente inizia ad agire "al servizio" dei comportamenti che stimolano l'emozione, de-potenziando il più possibile la resistenza alle stesse, invece che "al servizio" di un rapporto ragionevole con l'ambiente. Un esempio è che non ci importa "costruire" un rapporto con gli accadimenti con cui ci misuriamo utile a mettere la situazione in equilibrio di forze (stabilizzare), ma utile a vivere la situazione con maggiore emotività possibile in ogni direzione che consenta la maggiore intensità emotiva possibile, dal togliere i freni inibitori, ad appiattire la morale su valori che rendono fragili tutti i rapporti sociali.

Credo quindi che dovremmo recuperare l'idea che la fatica, il disagio, il dolore, non siano in sé è per sé indesiderabili, quanto l'unico mediatore in grado di forgiare una consapevolezza dei nostri limiti. Ovviamente questo non indica come "desiderabile" la fatica, il disagio, il dolore, quanto non necessariamente e solo enti inutili e quindi a prescindere rigettabili, senza che questo comporti conseguenze molto, molto indesiderabili.

Cosa ne pensate?

Ne penso che la premessa è approssimativa dal momento che lei non ha potuto sincerarsi circa la resistenza alle emozioni dei suoi avi.
Poi le emozioni non possono essere ragionate, come invece lei sostiene, perché sono vissute in primis dal suo subconscio che è 4 mil. di volte più veloce della sua mente.
Infine vedo tanti barbari vestiti in doppio petto e cravatta e muniti di tastiera. 😮


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PietroGE
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vedo tanti barbari vestiti in doppio petto e cravatta e muniti di tastiera

Barbari in che senso? Incivili? Incompetenti?
Questo è un sito di discussioni, non è un test per l'ingresso nella facoltà di psicologia o di sociologia.


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GioCo
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Ne penso che la premessa è approssimativa dal momento che lei non ha potuto sincerarsi circa la resistenza alle emozioni dei suoi avi.
Poi le emozioni non possono essere ragionate, come invece lei sostiene, perché sono vissute in primis dal suo subconscio che è 4 mil. di volte più veloce della sua mente.
Infine vedo tanti barbari vestiti in doppio petto e cravatta e muniti di tastiera. 😮

Parto dal fondo lasciando perdere i barbari che come @PietroGE non capisco. La velocità del subconscio non indica una qualità che può essere elusa dal funzionamento: se in un autodromo le macchine per causa della velocità devono avere una pista speciale chiusa su se stessa certamente fanno più strada di chiunque nel lasso di tempo ma una banale bicicletta porta in più posti, perché non dipende da un circuito e ancora di più i nostri piedi. Nel modello se non si include uno schema di funzionamento si cade nell'errore di ragionare per assoluti come "più veloce è meglio". Che il subconscio funzioni più come una macchina chiusa in circuiti chiusi senza creatività lo dimostrano fin troppe ricerce, quindi direi che possiamo avere una lettura più complessa. No?
Che io non abbia potuto sincerarmi di una cosa che in apparenza è "insicerabile" come un metro emotivo posso essere d'accordo, tuttavia anche qui il quadro non può essere così semplificato perché non ho portato un esempio soggettivo "del mio metro emotivo". Il riferimento che ho dato è contestuale: prima dell'avvento dell'industria il disagio era palpabile ma non c'era una scelta. Dopo, con l'arrivo dell'elettricità e poi degli elettrodomestici, fatica e sofferenza sono stati pesantemente ridotti. Fin qui mi segue? Su questo non credo ci sia molto da aggiungere. Ora, lei mi insegna che se vado in palestra con la fatica e l'impegno posso ottenere grossi risultati. Per ciò è evidente che l'allenamento al disagio rende più robusta la capacità di sopportarlo: un atleta triatlon non sente più la stessa fatica e lo stesso disagio che sento io se dovessi allenarmi adesso a triatlon, nemmeno se lui avesse 80anni. Se estendiamo questo concetto a qualunque atto corporeo (fatica) e cognitivo (pazienza) è evidente che la "resistenza" di cui parlo non è una misura impossibile ed è evidente che è una misura oggettiva.
A meno che lei non mi dica che può resistere tranquillamente una settimana campando come capavano i nostri avi nel mondo pre-industriale, senza nemmeno il gabinetto o l'acqua corrente in casa. Cioè come se fossero etermanemente in zona di guerra.
Infine che le emozioni non possano essere ragionate è corretto, tuttavia non se si ribalta la visione: sono i ragionamenti che costruiscono le emozioni. Come i mattoni non sono le costruzioni in edilizia, così i ragionamenti non sono le emozioni. Tuttavia che i ragionamenti siano alla base del funzionamento emotivo è una precisa impostazione di ricerca che va sotto il nome di "teoria cognitivo comportamentale".


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Lei propone esempi che a mio avviso non calzano, GioCo, quindi è inutile protrarre oltre lo scambio, infatti cosa c'entri un'automobile che corra in pista con l'emozioni ragionate a me non è dato da metabolizzare.
Poi che le emozioni siano come rassodare la tonicità fisica frequentando la palestra, anche questa è una sua visione che non condivido.
Sopravvivere per più di una settimana senza l'ausilio delle comodità offerteci dalla nostra società non è affatto difficile, infatti moltissime popolazioni non identificabili con quelle così dette "occidentali" lo attuano da una vita.
Solo la miopia della sinistra è surrettiziamente convinta che inserire un incivile, rozzo cioè barbaro vestito in doppio petto in una società sviluppata lo renda civile.

Per rispondere anche a PietroGe che scrive: "Barbari in che senso? Incivili? Incompetenti?
Questo è un sito di discussioni, non è un test per l'ingresso nella facoltà di psicologia o di sociologia."

Barbari in senso di incivili, rozzi, come contenuto nel vocabolario Treccani.
Non ero a conoscenza che per entrare nelle facoltà atenee di psicologia o di sociologia si dovesse sostenere un test di civilizzazione, e nello stesso tempo che un sito di discussioni fosse come la terra di nessuno.
Tutte due siete in errore perché in qualsiasi ambiente sociale in cui si opera ci sono delle precise regole da rispettare, come la netiquette nel caso della rete.
Quest'ultima affermazione per voi due non vale perché siete abituati a non rispondere alle domande od osservazioni che vi vengono poste, quindi capisco che non condividiate con il sottoscritto la definizione di barbaro. :#


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GioCo
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Lei propone esempi che a mio avviso non calzano, GioCo, quindi è inutile protrarre oltre lo scambio, infatti cosa c'entri un'automobile che corra in pista con l'emozioni ragionate a me non è dato da metabolizzare.
Poi che le emozioni siano come rassodare la tonicità fisica frequentando la palestra, anche questa è una sua visione che non condivido.
Sopravvivere per più di una settimana senza l'ausilio delle comodità offerteci dalla nostra società non è affatto difficile, infatti moltissime popolazioni non identificabili con quelle così dette "occidentali" lo attuano da una vita.
Solo la miopia della sinistra è surrettiziamente convinta che inserire un incivile, rozzo cioè barbaro vestito in doppio petto in una società sviluppata lo renda civile.

Sono esempi per metafora e se non riesce a "metabolizzarli" potrebbe avere una disabilità che la disturba, perchè invero le dico che sono esempi banali che non dovrebbero metterla in difficoltà. Proviamo a tradurli: l'automobile centra perché lei mi ha citato il subconscio come veloce e io le ho risposto che la velocità di processamento non dice niente circa la bontà dei risultati, infatti il subconscio tende a dare risposte "abitudinarie", "cortocircuitate", cioè "non creative". Ovviamente però dovremmo anche approfondire il tema "subconscio" che è un invenzione freudiana non proprio chiara e poco significativa a livello di ricerca scientifica, soprattutto nel modello cognitivo-comportamentale. Le emozioni non ho scritto "sono da rassodare", è una sua confusione. Ho detto che se si ipotizza come nel modello teorico che indico, che il ragionamento costruisca nel tempo l'emozione, facendo corretto esercizio di ragionamento ci si rende conto di come sia possibile gestire le proprie emotività. Ci sono almeno trent'anni di studi scientifici e masse di dati che confermano quello che dico, ma ovviamente se non si prende la briga di approfondire, rimarrà con le sue idee autogene con cui le auguro ogni bene. Tanto a me non cambia nulla.


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Sono certissimo che a lei non cambi nulla, ma è vero anche il contrario.
Meglio per lei se è in grado di affinare le emozioni, io certamente non posso sindacare in proposito perché vivo la mia vita e non la sua.
Le emozioni sono del tutto personali, in effetti quando partecipo ad una caccia alla volpe (non presente) a cavallo ogni cavaliere partecipante la vive in modo esclusivo aldilà di cosa possano pensare gli "esperti" che lo sono solo sulla carta.
GioCo ne lei ne il sottoscritto ne nessun altro è proprietario del fisico che ospita il nostro io che è alle dirette dipendenze della proprietaria, madre terra, la quale lo dirige al meglio, questa guida volgarmente è definita sub-conscio, se a lei questo lessema e la sua relativa accezione non gradano è sufficiente accordarsi diversamente.
Restando nell'orbita degli esempi: lei come qualsiasi altro può salire in sella ad una moto e non necessariamente deve essere di proprietà, questa è montata da dei meccanici che nel caso del nostro corpo fisico sono i genitori, e gli uni e gli altri si avvalgono della materia fisica per giungere al risultato. Materia che non è di loro proprietà e produzione.
Quindi se lei è convinto che detta "materia" si comporti come il suo io liberissimo di crederlo, io no e nemmeno voglio persuaderla del contrario.
Come ha scritto lei in conclusione del suo commento e da me ripreso all'inizio di questo, rimanendo nelle proprie rispettive convinzioni per l'altro nulla osta.
Gradirei che in futuro non mi portasse più in campo gli "esperti", perché per me lo sono tali solo nella fuffa, in quanto mancano totalmente di empirismo, non ne ho mai incontrato uno a cavallo. :s


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GioCo
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Bene: "empirismo" (dal greco ἐμπειρία, empeirìa) è la corrente filosofica, nata nella seconda metà del Seicento in Inghilterra, secondo cui la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall'esperienza. I maggiori esponenti dell'empirismo anglo-sassone furono John Locke, George Berkeley, e David Hume: costoro negavano che gli esseri umani avessero idee innate, o che qualcosa fosse conoscibile a prescindere dall'esperienza.

Quindi per lei sarebbero da considerare "genericamente" falsi gli studiosi (non ho scritto "esperti" apposta) a prescindere senza guardare i loro lavori perchè non ne ha mai incontrato uno a cavallo e/o non sarebbero seguaci di una corrente filosofica del '600? Non crede che ci sia giusto qualcosa che non va in questa rigida valutazione aprioristica?


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L'esempio del cavallo è un iperbole per accentuare che gli studiosi/esperti sono deficitari d'esperienza e quindi in equilibrio instabile perché in piedi in una sola gamba.
Grosso modo l'umanità, nel caso specifico, si divide in due blocchi: uno che programma e quindi studia tutti i possibili risvolti e conseguenze di una probabile azione; l'altro che passa direttamente ai fatti, appartengo a quest'ultima tipologia in conseguenza alla mia lunga esperienza di vita.
Ecco che ritorna utile il cavallo o la moto se preferisce: credo che convenga che Valentino Rossi sia un campione ma chissà perché non è riuscito a far andare la Ducati a differenza di Stoner e di altri, forse è perché non ha studiato con puntigliosità tutte le possibili variabili?


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