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hockey: la presidentessa


vic
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Lo sport di squadra piu' seguito in Svizzera non e' il calcio bensi' l'hockey su ghiaccio.

Nel suo piccolo un territorio con poco piu' di 300mila abitanti come il Tcicino esprime due squadre di serie A. Nell'hockey, per via dei molti stranieri d'alto livello c'e' molta qualita'. E anche molto spirito d'innovazione. Si pensi all'hockey femminile, al regolamento in continua evoluzione. Quello femminile e' un hockey meno fisico, e anche molto piu' dilettantesco.
La squadra delle ladies del Lugano e' attuale campione svizzero di categoria.
Ha costruito questa realta' Vicky Mantegazza, figlia di un milionario, presidente quasi a vita dell'hockey club Lugano.

Per motivi d'eta' da qualche anno il padre ha passato la presidenza della squadra maschile alla figlia. Cosi' in Ticino, per quel che riguarda l'hockey, ci sono due unicum al mondo, credo: l'Ambri'-Piotta, squadra di serie A in un villaggio minuscolo che piu' minuscolo non si puo'. Anni fa' vinse addirittura una coppa continentale. Poi c'e' la Vicky Mantegazza, unica donna ad essere presidente di un club di hockey maschile d'alto livello.

Qui sotto la sua piu' recente intervista, rilasciata al Caffe'.

Da:
http://www.caffe.ch/stories/sport/48212_avanti_con_umilt_parola_di_vicky/

"Avanti con umilta' "
Parola di Vicky

di Massimo Schira - 21 settembre 2014

Del suo Lugano, battuto ieri, sabato, per la prima volta in stagione, in realta', voleva fare la massaggiatrice. Ma il ritrovarsi sulla poltrona di "numero uno" del club bianconero non le da' certo fastidio. Anzi. Si diverte. E' una Vicky Mantegazza a cuore aperto quella che affida al Caffe' qualche pensiero d'inizio stagione. Tra hockey, ricordi e sogni nel cassetto. "Fare la massaggiatrice della prima squadra e' stato per un po' il mio sogno (ride). Del resto ho sempre respirato hockey, con in casa un papa' come il mio... Ma la poltrona di presidente mi onora, ne sono orgogliosa. Questo ruolo mi stanca parecchio, ma mi diverte. Questo sport e' la mia grande passione".

Quante ore dedica all'hockey giornalmente?
"Parecchio, ma dipende da diversi fattori. Minimo due o tre ore al giorno, escludendo gli impegni legati alle partite".

Cosa significa oggi "vendere" il prodotto hockey, ad esempio agli sponsor?
"Fortunatamente l'hockey e' lo sport di squadra piu' amato in Svizzera, quindi si vende bene. Ma la presenza di due squadre di alto livello in un territorio con 300 mila abitanti non rende il compito semplice. Le aziende pero' si avvicinano, perche' l'hockey garantisce una certa visibilita', ma sono sempre piu' interessate ai pacchetti Vip lounge, in cui incontrarsi con i clienti e con altre aziende".

E la presenza un po' piu' incisiva della televisione ha cambiato un po' l'hockey svizzero?
"Per le partite in trasferta e' una buona soluzione, mentre toglie qualche tifoso in casa. Si tende a sedersi, farsi condizionare dal traffico, dai parcheggi, dal freddo... Economicamente, invece, anche se la situazione e' migliorata, siamo ben lontani da realta' come la Svezia".

E ai giocatori si "vende" facilmente la location Lugano come club e citta' in cui giocare?
"L'etichetta Lugano e' ben conosciuta a livello internazionale. Presentarla ai giocatori e' facile in un certo senso, anche perche' la bellezza della citta' e la qualita' di vita aiutano. Ma io insisto sempre molto sull'umilta' e l'attaccamento ai colori".

Due aspetti a cui tiene molto, vero?
"Certo. Cosi' come curiamo molto l'integrazione dei giocatori e delle loro famiglie. E' importante. Con le mogli, ad esempio, tengo molto a che si crei un gruppo. Fa parte della mia sensibilita' femminile".

A tale proposito, quanto conta essere donna nell'hockey?
"Dalla mia esperienza ho imparato che a volte portiamo una sensibilita' che all'uomo manca. Non e' raro che il Consiglio d'Amministrazione o il direttore sportivo mi dicano: 'non ci avevo pensato' o 'questo aspetto non l'avevo calcolato'. Credo sia un valore aggiunto".

E con gli altri presidenti? Non ha mai avuto l'impressione di non essere considerata proprio perche' donna?
"No, neanche in Lega. Non mi sono mai trovata in imbarazzo o non a mio agio. Se conosci la materia non hai problemi. Anche se, poi, negli anni ci sono stati e ci sono presidenti uomini che di hockey non capiscono nulla".

Anche perche' l'hockey coniugato al femminile cresce. Basti guardare alla nazionale (*)...
"Quindici anni di hockey femminile non si dimenticano. Tutto il movimento e' cresciuto moltissimo, soprattutto sotto la spinta di realta' come Zurigo e Lugano, che hanno aiutato le giocatrici a fare un salto di categoria rendendo le squadre piu' competitive e meglio allenate. E di questo ha di certo beneficiato anche la nazionale".

Qual e' il suo piu' bel ricordo legato all'hockey?
"Bella domanda! In verita' ce ne sono molti. Dal primo titolo, per la felicita' di mio papa'. Una gioia che ricordo con affetto, perche' per lui ha significato realizzare un sogno dopo tanta fatica. Poi, da bianconera Doc, il titolo alla Valascia (**) e' un'emozione che resta dentro".

E i ricordi brutti, anche magari extra sportivi?
"Mi viene in mente Pat Schaffauser e il suo incidente (resta in silenzio qualche istante). Vedere uno sportivo che improvvisamente resta incapace di muoversi fa pensare. Sono felice del fatto che i tifosi lo ricordino ad ogni partita".

Se cito il nome di John Slettvoll?
"Si'? Il mago?! E' un pezzo importante della storia del club. L'ultima esperienza a Lugano e' finita come e' finita, ma nulla toglie ai suoi pregi e a quanto ha fatto per la societa'. E' uno da portare in palmo di mano..."

E quando ci sono da prendere decisioni difficili, come reagisce la donna alla testa del club? Piu' professionalita' o piu' emotivita'?
"Io sono un'istintiva. Pretendo molto da me stessa e quindi automaticamente anche dagli altri. Decido se sono convinta profondamente, se ho un minimo dubbio, invece, tutto diventa piu' difficile. Pero' e' importante anche consultarsi con i colleghi".

E' importante creare un team anche dietro la scrivania per un club sportivo o e' meglio avere alla testa un decisionista?
"Credo che la discussione, anche animata, sia importante. Aiuta a scegliere la strada giusta. Un comitato di 'Yes Man' non ha alcun senso".

Per diversi anni il Lugano e' stato criticato perche' dava poco spazio ai giovani. Ora invece sui giovani scommette. Perche'?
"Sono un patrimonio prezioso. Per l'orgoglio e anche per ragioni economiche. Se giochi con la stessa maglia gia' da bambino, andare in prima squadra diventa un grande sogno, poi un obiettivo. Se hai le qualita', perche' no? Molti di quelli che oggi sono in prima squadra li seguivo gia' da piccolini. Seguo spesso le partite dei giovani e seguo la loro crescita nel club".

Ma non e' un peso portare il suo cognome nell'hockey?
"No, non mi pesa. Mi danno fastidio quelli che considerano il club i 'Millionarios', questo si'. Perche' a casa mi hanno insegnato l'umilta' e mi piace trasmetterla anche nello sport".

Ma un sogno nel cassetto, rimane?
"Non vedo l'ora di poter dedicare il titolo a mio papa'. Sarebbe il mio modo di dirgli grazie per avermi insegnato ad amare questo sport".

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(*) 3a alle olimpiadi di Sochi, dove h
a sconfitto la fortissima Svezia
(**) fu quando il Lugano sconfisse l'Ambri' alla pista della Valascia in Leventina, vincendo il titolo. Fu l'unica volta che si assistette ad una serie finale tutta ticinese.


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