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Il “caso” Pallavidini ed il mio. – Il “mostro” risponde…


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Questo blog era nato allo scopo di trattare le questioni connesse alla libertà di pensiero. Altri temi, come la questione palestinese, sono stati trattati abbondantemente e lo saranno ancora, proprio perché in ordine a ciò che succedeva in Palestina i nostri maggiori quotidiani, le nostre televisioni, non sono facevano amministravano quotidianamente una menzogna di Stato, ma alteravano la formazione del libero pensiero altrui mettendo in circolazione dati falsi e formando così i cosiddetti “pregiudizi”, a liberarsi dei quali non basta la controinformazione ma ci vuole soprattutto una formazione critica che ormai la nostra scuola impartisce sempre meno. In fondo le giornate della Memoria o delle Memorie non sono altro che operazioni ideologiche di regime che qualsiasi serio educatore abolirebbe.

Fatta la consueta premessa, passo ora ad abbozzare un argomento singolo sul quale ritornerò con miglioramenti ed approfondimenti. Voglio fare un’analogia fra il “caso” Pallavidini risalente ad almeno tre anni fa ed al mio di questi giorni, ancora in atto, e non concluso. Gli svolgimenti sono qui in progress, in tempo reale. Provo a riassumere il caso Pallavidini con le immancabili inesattezze sul quale potrà correggermi ed integrare l’interessato stesso.

Era iniziato quel caso direttamente a scuola, dove il docente lavorava. Avvicinato, probabilmente ad arte, da alcune studentesse, le venivano poste domande “trappola”, dove il docente del tutto in buona fede e senza nulla doversi rimproverare rispondeva con sua scienza e coscienza, ma certo non dovendo rischiar nulla in condizioni normali. Queste studentesse riferivano a “chi di dovere” che, a sua volta, interveniva (c’era da dubitarne?) e faceva immediatamente scoppiare lo “scandalo” e la “persecuzione”. Situazione che – come sappiamo – è costata al prof. Pallavidini circa tre anni, certamente non piacevoli, di vicende giudiziarie. Un’aula di giustizia, o anche uno studio legale, hanno sempre qualcosa di kafkiano che ognuno di noi vorrebbe risparmiarsi. Anche quando si “vince” in giudizio, in realtà non si vince mai… In particolare, per quel che si è perso in tranquillità e serenità che normalmente uno studioso o un docente riserva agli studi.

Io a lezione non ho mai trattato i temi che mi sono stati contestati, per il semplice fatto che, io, di quegli argomenti, professionalmente parlando, non ne so nulla e neppure mi interessano. In sede amministrativa, non ho nessuna difficoltà a dimostrarlo. In me si è invece voluto colpire una mera opinione, peraltro a me attribuita artatamente. Per fortuna, a Costituzione vigente anche quella opinione inventata ed attribuitami ad hoc, sarebbe stata perfino lecita. Ho scoperto con mano, e sulla mia “pelle” – non per sentito dire… – il meschino ed indegno ruolo della stampa e dei media, che – a parole, come sappiamo – vorrebbero apparire come gli “infallibili” depositari e custodi delle nostre libertà. Non mi stancherò mai di ripetere l’abissale differenza fra libertà di stampa e libertà di pensiero. Siamo persi se facciamo confusione fra due cose fondamentalmente diverse e spesso contrapposte.

Si vorrebbe introdurre un regime di terrore, dove si dovrà avere paura di esprimere il proprio pensiero – giusto o sbagliato – su una serie di temi sensibili, sui quali si è creato, non da oggi, un’incredibile e mostruosa sovrastruttura ideologica. I regimi totalitari del passato non avrebbero saputo far di meglio, anche perché non disponevano dei sofisticati mezzi tecnologici odierni. Se è vero che ormai il crocefisso è stato virtualmente tolto dalle aule scolastiche in nome di una libertà di religione per tutti e dunque anche per il non cristiano che verrebbe ad essere molestato dalla presenza di un simbolo cristiano, non si riflette per nulla sul fatto che ogni giornata della Memoria equivale ad una nuova religio che viene imposta a tutti con la forza. Senza dimenticare la riprovazione morale, la sanzione amministrativa ed, eventualmente, il carcere. Se la cosa non appare subito chiara ad ognuno, invito ad una piccola riflessione critica.

Per il caso Pallavidini, si è innegiato ad una sorta di grande vittoria, per il fatto che dopo tre anni di battaglia legale si è ripristinata la condizione degli artt. 21 e 33 della Costituzione. Si c’è voluto tanto, vuol dire che quegli articoli hanno ancora un valore “programmatico” e non sono divenuti normale prassi del nostro vivere quotidiano. Vi è poco di che stare allegri. Si noti altresì che a conclusione della vicenda giudiziaria di Pallavidini, non vi sono stati i “riflettori” dei media televisivi e della carta stampata, per trarre dal fatto le giuste evidenze. Non vi sono stati talk show televisivi. La notizia della sua «assoluzione» ha avuto assai meno copertura della sua precedente ed ingiustificata messa alla “gogna”.

Ciò non è confortante. Se si ricorda, in Francia, il modo in cui è stata introdotta la legge Fabius-Gayssot (massimo esempio di barbarie giuridica della nostra epoca), si vedrà che una serie di sentenze della magistratura francese riconosceva il diritto di libertà di pensiero degli accusati. Cosa hanno fatto i politici francesi, ovvero la Lobby? Hanno semplicemnte fatto passare una legge, dove si dice che quella determinata opinione, è in sé un crimine! Quindi, il pensiero, in quanto tale diventa “criminale” ed entrano nelle carceri di quel Paese – non per metafora… – una nuova categoria di rei: i “criminali del pensiero”. Qualche bello spirito ha pensato di coniare lo slogan: “assassini della memoria”. Una formula chiaramente assurda e logicamente inconsistente, mentre è invece corposamente attuale quella di “criminale del pensiero”.

Ed allora? Ritengo che – senza il minimo indugio – si debba comunque reagire. Ad esempio, costituendo un movimento politico ad hoc, per la difesa della libertà di pensiero. Va da sé che, per la difesa di questa fondamentale libertà, non possono essere gravati i partiti esistenti, né i sindacati, né altre organizzazioni. I sindacati fanno benissimo ad occuparsi di posti di lavoro a rischio. I partiti, ormai, sono un ceto particolaristico di persone che dalla politica traggono la loro fonte di sussistenza: spesso non hanno mai avuto un lavoro in senso proprio. Ognuno può compilare a mente una sua lista di gente che vive, ha vissuto e continua a vivere soltanto di politica e con la politica. Di costoro, noi cittadini non possiamo assolutamente fidarci. I nostri interessi ed i nostri diritti, se affidati a costoro, verranno svenduti sul bancone dei “poteri forti”.

Che fare? Solo per dare un esempio: sono disposto a sfilare, ogni settimana, con cartelli e megafoni, per le piazze d’Italia, con il professor Pallavidini e con quanti altri sono stati repressi nel loro elementare diritto a poter dire ciò che pensano. Non serve che ognuno di noi soffra in silenzio per le offese ed i linciaggi subiti. Ho potuto sperimentare quanto sia facile liberare la gente comune dalle menzogne dei quotidiani cartacei e delle televisioni. Bisogna trovare il tempo, la pazienza, la gentilezza per spiegare ad ogni passante che è lui stesso in pericolo, non appena in un luogo pubblico osi esprimere una sua pur semplice e fallibile opinione. Alla fine della seconda guerra mondiale si è voluto far credere che ciò che rendeva migliore e preferibile il sistema impiantato dai vincitori in rapporto a quello dei vinti, era una fondamentale differenza: la libertà di pensiero e di parola che da quel momento tutti avrebbero avuto, mentre prima, non era così. Ma è vero? Dov’è il tangibile di quella promessa ?

Antonio Caracciolo
Fonte: http://civiumlibertas.blogspot.com/
Link: http://civiumlibertas.blogspot.com/2009/11/il-caso-pallavidini-ed-il-mio-il-mostro.html
17.11.2009


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Erwin
Noble Member
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La mancanza assoluta di commenti ai posts che "trattano" l'argomento EBREI è il chiaro sintomo della PAURA FISICA dei Gentili!

Terrore di cadere nelle maglie della legge "Mancino"!

Quanti eroi da tastiera!

Mi gioco il banno perenne: AUTOSODOMITI!


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cardisem
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La mia posizione ritengo sia stata chiara fin dall’inizio. Non sono uno “specialista” di campi di concentramento. Se mi spacciassi per tale, chiunque potrebbe verificare le mie scarse conoscenze. Fin dall’inizio però ho detto che ritengo la libertà di pensiero e di ricerca un principio irrinunciabile per tutti. Nella condizione in cui mi trovo la difesa più elementare è una condotta prudente. Di commenti provocatori, di trolling, etc. ne arrivano di continuo. Ho perciò attivato la modalità Utente registrato. Chi vuole lasciare un commento abbia per lo meno lui il coraggio di identificarsi. Mi sembra poi logico che i commenti siano pertinenti al contenuto del post, oltre che “legali”. I miei testi e commenti sono certamente seguiti dagli organi inquirenti. Esiste una legge Mancino, che a mio avviso andrebbe abolita, ma non capisco perchè se ne debba procurare un’applicazione non necessaria. I commenti che mi giungono raramente hanno una qualche consistenza concettuale. Serve a qualcosa pubblicare testi dubbi, dannosi e inutili?


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cardisem
Eminent Member
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Io credo che per prima cosa occorra procurare una vasta mobilitazione, la più vasta possibile, per affermare a livello europeo il principio della libertà di pensiero e di ricerca. Per essere concordi con ciò non occorre essere degli specialisti di campi di concentramento. “Come don Chisciotte” ha una presenza online di circa 1000 persone. Possibile che non si possa coalizzare un movimento organico e trasversale per la difesa comune di un elementare principio di libertà di poter pensare? Le altre questioni dovrebbero seguire, non precedere... Spero di aver reso l’idea.


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mazzi
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Sono perfettamente d'accordo con voi.

La questione non sono le cifre dell'olocausto, non e' nemmeno l'olocausto. La questione e' che si accusa e si penalizza l'individuo per quello che pensa, o si ritiene che pensi.

E tutto in barba ai piu' elementari principi democratici.

Senza contare che sulla base di tali presupposti, in un futuro che temo non lontano, niente potra' vietare a coloro che ci governano di stabilire per legge cosa dobbiamo o non dobbiamo pensare.

Di questo passo presto saremo all'inquisizione.


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Erwin
Noble Member
Registrato: 3 anni fa
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Sono perfettamente d'accordo con voi.

La questione non sono le cifre dell'olocausto, non e' nemmeno l'olocausto. La questione e' che si accusa e si penalizza l'individuo per quello che pensa, o si ritiene che pensi.

E tutto in barba ai piu' elementari principi democratici.

Senza contare che sulla base di tali presupposti, in un futuro che temo non lontano, niente potra' vietare a coloro che ci governano di stabilire per legge cosa dobbiamo o non dobbiamo pensare.

Di questo passo presto saremo all'inquisizione.

Credo stia sbagliando l'analisi.

La libertà di pensiero e parola si condiziona e regola per legge SOLO perchè NON si parli dell'olocau$to !

NESSUN altro argomento è TABU'!

La logica della repressione è chiara:

1) la colonia $ionista in Palestina basa la sua esistenza sul ricatto morale verso l'Europa ed il mondo intero ,che non avrebbero fatto nulla per "salvare" gli ebrei dal cosidetto olocau$to.
2) Tutti i governi europei ,USA compreso, sono basati sull'accettazione ,elevata a DOGMA, dello $terminio degli ebrei nel cosidetto olocau$to.

In pratica indagando le "dimensioni" dell'olocau$to si avvelena il pozzo dove si abbeverano i credenti della OLOCAUSTIANITA' !

Ci pensi.


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