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Il comunismo del 1977

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radisol
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Il comunismo del '77 aveva ben poco a che fare con la tradizione storica del movimento operaio.

Era un comunismo eretico, alimentato dai Grundrisse di Marx e dalla Beat Generation. Dall'operaismo italiano e dalla poesia maledetta di Rimbaud. Dagli anarchici e dai Pink Floyd. Da Rosa Luxembourg e da Foucault. Da Maiakovskij e dalla Società dello spettacolo di Guy Debord.

Era un cocktail di comunismo fatto più di poesia che di economia. Che si trovava a suo agio più con le contraddizioni della vita che con le inalterabili leggi della storia. Era un comunismo che non combatteva per l’emancipazione del lavoro. Nel suo orizzonte non c’erano schiavi che lottavano per diventare schiavi più dignitosi, né c'erano sacrifici e austerità per approdare a un nuovo modello di sviluppo.

Al pensiero dell'infelicità preferiva il ghigno beffardo dell'ironia. Non tollerava l’autorità e i corpi per qualsiasi motivo impediti. Combatteva contro il potere di qualcuno di assoggettare qualcun altro e contro qualsiasi azione che non comportasse una scelta radicalmente libera.

Era un comunismo che non implicava un programma politico da realizzarsi con un partito. Era semmai una scelta di vita, un azzardo da giocarsi lottando, con ogni mezzo necessario... in movimento.

“Siamo colpevoli di avere professato pubblicamente le nostre idee, di appartenere al movimento 77, di non accettare alcun compromesso”, affermarono i compagni arrestati davanti al giudice. “Da quel giorno dell'11 marzo abbiamo cercato costantemente di spostare lo squilibrio dalla paura verso la libertà”.

Oggi siamo ancora lì che ci stiamo provando.

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Il 12 marzo 1977 a Roma parte da piazza dell'Esedra per percorrere via Nazionale uno dei cortei che segnerà i caratteri di quell'anno. Un corteo di centomila persone, di centomila compagni solca la città.

Immediatamente il corteo si trova la strada sbarrata da un massiccio schieramento di polizia davanti a via Nazionale. Per evitare la dispersione della piazza che ancora si stava riempendo i compagni decidono di cambiare il percorso. Il corteo quindi devia in via Cavour passando per via dei Fiori Imperiali e poi Piazza Venezia.

Da parte di un numero cospicuo di compagni - quasi tutti militanti di Stella Rossa della borgata romana di Primavalle, N.d.R. - avviene un attacco alla sede della DC in Piazza del Gesù. Qui il corteo si divide in due tronconi: uno prosegue verso piazza Argentina e l'altro rifluisce verso piazza Venezia per poi proseguire verso il Teatro di Marcello ed il Lungo Tevere che costeggia il Ghetto. I due tronconi si sono poi qui riunificati e hanno proseguito costeggiando la riva del fiume fino a Piazza del Popolo. Tutti i ponti sul Tevere erano bloccati dalla polizia in assetto da guerra ugualmente a tutti gli accessi nel centro città e nelle vicinanze dei ministeri e delle banche. La rivolta del proletariato, la rabbia di una generazione esclusa dal patto sociale non doveva arrivare con i propri echi alle orecchie dei padroni.

I compagni però si sono resi conto che tentare di forzare quegli sbarramenti avrebbe significato uno scontro a fuoco con Carabinieri e Polizia. Lo stesso valeva nel cercare di attraversare il Tevere per arrivare al carcere di Regina Coeli.

Il corteo di massa quindi è finito in Piazza del Popolo. Fino ad allora ogni avventurismo era stato evitato e le azioni di violenza armata erano state effettuate da nuclei del servizio d'ordine che si defilavano dal corteo, agivano e poi tornavano nel suo centro, in pieno concerto con la massa che attraversava quella mobilitazione. Il corteo fino ad allora era stato il centro logistico delle azioni che poi erano state demandate al servizio d'ordine. Ma tutti i compagni hanno avvertito da Piazza del Popolo in poi l'impossibilità di mantenere la compattezza del corteo e la sua protezione nei fianchi. L'indicazione è stata quella di defilarsi rapidamente per evitare rastrellamenti e da quel punto in poi l'attacco del movimento è stato demandato al servizio d'ordine, ai collettivi organizzati e ai gruppi di compagni formatesi spontanei.

A scontri finiti, ormai a tarda notte, la polizia arresta a freddo centocinquanta compagni.

Pubblichiamo adesso il comunicato dei Comitati Autonomi Operai di Via dei Volsci sui fatti accaduti.

GIORNI CHE VALGONO ANNI

Non si può dare un giudizio sui fatti del 12 marzo a Roma, senza vedere la straordinaria capacità che il movimento ha avuto da Piazza Indipendenza in poi di superare in ogni scadenza quella precedente e di creare contemporaneamente presupposti per quella successiva. Sul nostro giornale "Rivolta di Classe" abbiamo scritto "giorni che valgono anni" e rispetto a questa verità notiamo due atteggiamenti principali. Da una parte ci sono gli idioti che continuano a scambiare la storia per i frammenti o per i vetri rotti che la storia produce, dall'altra parte ci sono i nemici più "intelligenti" che hanno sollevato un denso e intenso polverone propagandistico, ma che sanno altrettanto bene che non possono eludere la sostanza politica di massa che rimane salda dietro al polverone. A questo proposito è sufficiente appena scorrere gli interventi all'ultimo Comitato Centrale del PCI.
La granitica montagna del partito revisionista, la cui immobilità e la cui durezza tanta sfiducia politica ed organizzativa ha seminato tra i compagni in questi ultimi anni, sta subendo oggi un profondo scossone interno. Bruscamente risvegliati dall'incalzare vertiginoso degli avvenimenti e dopo aver con veemenza scaricato le loro cattive coscienze contro gli "squadristi", le "bande armate", i "provocatori", ecc. i dirigenti del Pci si trovano oggi costretti a fare i conti con quello che per loro poteva all'inizio ancora essere un incubo, ma che andava via via prendendo i contorni netti della realtà.
Questa realtà ha infatti dimostrato di non essere tanto facilmente esorcizzabile dalla miseria degli anatemi, delle misure repressive, delle parate di regime.
La stessa capacità (di forza e di creatività) il 12 marzo e nelle precedenti scadenze di offendere e di difendersi dalla criminalità delle istituzioni, sancisce oggi, al di là di qualsiasi mistificazione, la reale volontà, la reale materialità di quei bisogni e di quelle aspirazioni comuniste che sono oggi alla base dei movimenti di coscienza e di prassi rivoluzionaria che animano tutti i settori del proletariato.

Comitati Autonomi Operai di Roma

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/706-12-marzo-1977-a-roma-centomila-persone-scendono-in-piazza

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La polizia bloccava via Nazionale, a intermittenza si alzavano i boati degli slogan contro il governo, la polizia e i carabinieri.... Sabato 12 Marzo 1977

12 Marzo 1977 a Roma scendono in piazza 100.000 compagni (Oh Yes! io c'ero e tra questi 100.000 c'erano anche i "desperados" di borgata che sfasciavano tutto nel consenso generale degli altri manifestanti ) per una manifestazione nazionale dopo l'uccisione di Francesco Lorusso a Bologna il giorno prima.

La rabbia dei compagni è tanta (nel corteo, come dicevo, è altissima l'accettazione della violenza) e durante il percorso vengono lanciate bottiglie molotov contro la sede nazionale della DC e un comando dei carabinieri. Non é rimasta praticamente una vetrina in piedi, sono stati attaccati due posti di polizia, l'ambasciata cilena al Vaticano, la redazione del "Popolo", la sede della Gulf, un numero imprecisato di banche, una concessionaria della Fiat. Per ore il centro della città viene sconvolto da sparatorie, scontri, autobus rovesciati e macchine bruciate, armerie saccheggiate. Qui

http://www.youtube.com/watch?
v=Dmy2f9eQ35k&feature=related

si possono vedere alcune brevi e vecchie immagini di quel giorno.

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Dopo gli incidenti di Roma, gli studenti si riuniscono in assemblea un po’ ovunque. Un giovane autonomo milanese, presente alla manifestazione di Roma, racconta la sua esperienza davanti a una platea di studenti della Statale a Milano

"A Roma era un inferno. A un certo punto ci siamo trovati di fronte a un folto gruppo di carabinieri armati solo di mitra e con addosso i giubbotti antiproiettile. E qui alcuni compagni hanno aperto il fuoco. Lasciamo a dopo le valutazioni. Io vi dico solo che era necessario."

(Citato in “la Repubblica”, 15-3-1977)


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No_Fear87
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ma "operaismo" e "movimento operaio", non sono mica la stessa cosa?


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radisol
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Assolutamente no ...

L' "operaismo" nasce con Panzieri, che era un "socialista massimalista", negli anni sessanta con la rivista "Quaderni Rossi" ... e si sviluppa poi con la rivista "La Classe" dove c'erano tra gli altri, Toni Negri, Mario Tronti e Massimo Cacciari ... anche questi, a vario titolo, provenienti dall' area socialista ...

E trova le sue forme di applicazione pratica nell' "autunno caldo" del 1969 ... gli scioperi del Luglio alla Fiat, da cui partì quella stagione di lotte, furono indetti dalle "assemblee operaie autonome" del tutto al di fuori e contro i sindacati ufficiali ... e nelle teorizzazioni politiche e sociali sia di Lotta Continua ... anche se nel caso di L.C. con una impostazione "rozza" ed assai "populista" che ne determinerà, credo proprio per questo messaggio "semplice", comunque il grande successo come gruppo, certamente quello più partecipato del periodo ... sia invece, in forma assai più ideologicamente "strutturata" ed anche per questo credo assai più minoritaria, in quelle di Potere Operaio ...

La discriminante principale era il rifiuto dell' "etica del lavoro", che era invece tipica della "tradizione comunista" e del movimento operaio tradizionale più in generale ... .... anzi fu teorizzato e praticato proprio il "rifiuto del lavoro" parcellizzato e meccanizzato ... questo soprattutto da parte dei giovani operai immigrati meridionali che avevano trovato impiego appunto nelle grandi fabbriche del Nord Italia .... e che in quel periodo erano la componente numerica principale degli operai di quelle fabbriche ...

Assolutamente niente a che spartire quindi con la "tradizione comunista" .... tutto un altro "comunismo" idealizzato ed in parte anche praticato nella vita di tutti i giorni ... ad esempio la pratica assai diffusa delle "comuni" dove tutto veniva messo appunto in "comune" ... niente a che vedere quindi con lo stalinismo/togliattismo e poi berlinguerismo del Pci ... tutto "tornio, sezione, osteria e famiglia tradizionale" .... ma niente a che spartire nemmeno con la logica marxista-leninista tradizionale delle Brigate Rosse ... anche se è vero che, chiusi dalla repressione tutti gli "spazi di massa" dopo il 1977, una parte significativa, soprattutto a Roma, di ex militanti di Potere Operaio, che si era auto-sciolto nel giugno del 1973, nella logica del "fare" .... come ha scritto Valerio Morucci "non era più importante quello che si faceva ma il fare comunque qualcosa" .... finirà per confluire nelle Brigate Rosse ...

Poi questa tendenza troverò lo sbocco finale nella composita "area dell'autonomia", quella organizzata e quella invece più spontaneista ed anarcoide ... e questo soprattutto nella fase storica 1975/79 ... con epicentro assoluto proprio il 1977 ...


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Stodler
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Caro radisol, ti faccio la domandina delle domandone, anche se c'è già la risposta nel post da te riportato.

Risultati?

Nisba, come si dice.

Infatti cito: "Oggi siamo ancora lì che ci stiamo provando."

Poi diamo anche un colpetto alla retorica:

"Sul nostro giornale "Rivolta di Classe" abbiamo scritto "giorni che valgono anni"

Infatti gli "altri", che sono più lungimiranti hanno scritto e scrivono i secoli e i millenni.

Meglio tornare con i piedi per terra, ci sarebbe stata vera rivolta se le forze di sicurezza e l'esercito si fossero rivolti contro i capi.

Questo non è avvenuto e probabilmente visti i tempi non poteva avvenire, perciò restano solo i propositi, più o meno buoni, ma la realtà è sotto gli occhi di tutti, OGGI come IERI.

O si parte da solide prospettive o si sprecano solo energie.

Per il resto stendiamo un velo pietoso.

Requiem aeternam dona eis Domine et lux perpetua luceat eis, requiescant in pace. Amen


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Stodler
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Qui l'amara realtà:

E GLI ATTIVISTI PERSERO IL TRENO. TRAGICO. LDLD.

Le divise. Elmetto. Mitra. Una paga. Poi l’orrore di guerre, stragi, morte, abominio d’ingiustizie. Poi a casa. E a casa…

Diversi anni fa mi appellai a un gruppo d’intellettuali anglo americani, fra cui il mio solito Chomsky, dicendogli: “L’attivismo ha fallito. Usa sempre gli stessi metodi, già defunti, e si rifiuta di cambiare. Dobbiamo creare un gruppo di lavoro di storici, antropologi, filosofi, attivisti che analizzino I FATTORI DEL CAMBIAMENTO nei diversi periodi storici, e ci sappiano dire come oggi essi vanno RIPENSATI. Poiché mi sembra evidente che ciò che funzionò nell’800 o nel dopoguerra o negli anni ’70, non possa essere usato oggi immutato, perché negli ultimi 35 anni hanno letteralmente cambiato il Pianeta nel DNA. Oggi il Pianeta ci parla con una lingua totalmente diversa. Allora, quali sono oggi i I FATTORI DEL CAMBIAMENTO per un attivismo che abbia effetto?”.

Non ebbi alcun successo, oltre a un tiepidissimo e parzialissimo cenno di assenso di Noam, che però non si spinse oltre. Bene. Oggi il fallimento dell’attivismo è così macroscopico, così desolante e disperante, che il sopraccitato Chomsky pochi mesi fa si è fatto sfuggire in un dibattito con Lawrence Krauss l’ammissione, a me negata allora, che oggi le cose vanno immensamente peggio rispetto a decenni, secoli, o persino millenni fa, nonostante progressi in alcuni subsettori sociali. Alla faccia dell’attivismo moderno, e alla faccia sua, visto che quelle parole furono esattamente ciò che io gli avevo detto, inutilmente, nel 2006.

Ed ero in bicicletta l’altro pomeriggio, quando mi sono messo a dibattere, nella mente, con Krauss, che è invece un accanito sostenitore dell’indubbio progresso dell’umanità grazie proprio all’attivismo e agli intellettuali. Ed ero a un semaforo quando mi è venuta in mente un’angolatura particolare attraverso la quale scoprire se Krauss ha ragione o torto marcio, cioè se l’attivismo ha funzionato davvero. E’ un punto di vista piuttosto inedito:

Il tasso d’arruolamento negli eserciti delle due potenze imperiali di oggi, USA e GB.

Semplice: a 45 anni dal capolavoro “E Johnny prese il fucile”, e dopo 45 anni di retorica anti bellica globale a ‘sinistra’, marce, slogan, libri, film, dibattiti, denunce sparate anche dai grandi media e da Hollywood… cioè ATTIVISMO CONTRO LE GUERRE, chiediamoci: i giovani inglesi e americani con quale disponibilità vanno oggi a produrre morte, vanno a morire o si devastano per il Vero Potere? Molto minore? La medesima? O più volentieri? Che aria tira nei Ministeri della Difesa di Washington e di Londra? Non sanno più cosa inventarsi per reclutare soldati? Sono messi benino? O le cose vanno a gonfie vele?

Ho girato la bicicletta, sono tornato a casa e li ho chiamati, intendo dire l’Esercito americano e quello inglese. E qui sta la storia. Ma prima va letto quanto sotto, e va letto bene.

L’aforisma “Quando i ricchi fanno la guerra, sono i poveri che muoiono” è vecchio di secoli, ma è tragicamente vero. E fra i poveri, si badi bene, ci sono anche i soldati, che in tutte le guerre dell’umanità fino a oggi sono nella stragrande maggioranza anch’essi d’estrazione bassa, proletaria, giovani che in tempi moderni si arruolano perché se no non hanno di che vivere. Nel 1971 il regista Dalton Trumbo fece il film “E Johnny prese il fucile”, un atroce quadro di cosa patisce il reduce di guerra traumatizzato dopo aver combattuto per il Vero Potere, e cioè come i soldati sono regolarmente spremuti dal Capitale, ma poi abbandonati come cani rognosi al loro ritorno in condizioni devastate. Il capolavoro di Trumbo vinse il Grand Prix Speciale al Festival di Cannes, e questo è un punto cruciale: nessuno può dire che quella denuncia fu oscurata dai media, fu nascosta al pubblico, fra cui milioni di giovani intenzionati a divenire soldati.

Ma poi arrivò anche Hollywood a gridare feroce contro il Vero Potere che alletta la gioventù coi miti della guerra, ma che poi li abbandona come spazzatura una volta sfruttati. Cito solo per brevità Oliver Stone, Tom Cruise, e il loro “Nato il quattro di luglio” del 1989, che fecero il giro del mondo due volte, riempirono la stampa con migliaia di polemiche e recensioni, riflettori puntati, altro che oscuramento dal pubblico. Il film racconta la vera storia del veterano del Vietnam Ron Kovic, rimasto in carrozzella, e divenuto un leader del pacifismo. Addirittura nella vita reale Kovic arrivò a parlare all’America tutta dal podio della Convention del Partito Democratico a New York nel 1976. Hollywood e mega-politica: più divulgazione anti-guerra di così…

Io stesso ricordo i brividi lungo la schiena leggendo il libro “Nam” di Mark Baker scritto negli anni ’80 e dove l’autore raccontò per la prima volta la guerra del Vietnam dalle parole dei ‘grunts’, cioè dei marines di grado più basso che l’avevano combattuta, ma che poi una volta tornati in USA trovarono un inferno forse peggiore di quello della guerra: abbandono sociale, tumori da Agente Arancio (un defogliante usato nella giungla) ma no cure, no case, no lavoro e quindi alcolismo, droghe, disperazione. Baker fu recensito dal Washington Post, nientemeno, mica il Resto del Carlino, e anche qui le scuse stanno a zero: esposizione al pubblico enorme dell’inganno ignobile nell’esser soldati. Come per l’altro volume di simile denuncia, “Everything We Had: An Oral History of the Vietnam War by 33 American Soldiers Who Fought It” di Al Santoli, pubblicato dal gigante editoriale Random House, non da una copisteria del Montana.
Dopo la prima Guerra del Golfo del 1991, esplose sui media e in Tv la polemica sulla cosiddetta Sindrome del Golfo, e cioè una serie inquietante di malattie degenerative che afflissero decine di migliaia di reduci americani e inglesi dopo quel conflitto, e anche qui i poveretti furono abbandonati a se stessi, o aiutati in modo miserrimo dai loro governi. E anche qui i riflettori spararono al massimo, a cominciare dal libro “Gulf War Syndrome: Legacy of a Perfect War” di Alison Johnson, che finì addirittura sui banchi del Congresso degli Stati Uniti nelle parole “dolore inammissibile e agonia” del Capo della Commissione sui Veterani, il deputato Christopher Shays. Riflettori sparati sempre sull’inganno atroce nella carriera di combattente.
Io so, perché l’ho visto coi miei occhi, che ogni anno a Washington si organizza un’immensa manifestazione nazionale di veterani delle guerre USA per protestare contro lo scandaloso abbandono di centinaia di migliaia di loro da parte del Vero Potere. Mi trovai nel 2004 a vagare fra maree di uomini e donne ridotti a tronchi senza arti, o in carrozzella coi cateteri, o divenuti barboni, e ricordo in particolare un reduce dal Vietnam che ogni anno passava l’intera manifestazione chiuso in una gabbia di bambù seminudo e senza mangiare, proprio davanti alla Casa Bianca. Media e telecamere ovunque. Nessun oscuramento mediatico. E chi gira per New York senza il cervellino spappolato dal mito della Big Apple, non può non accorgersi che quasi la metà dei senza dimora sono reduci di guerra, alla fame, con tanto di cartelli. Tutto questo grida da anni alla nazione: non fate i soldati! Vi fottono!
In America i dati sulla devastazione che aspetta i marines al ritorno dalle guerre del Vero Potere sono agghiaccianti: il Dipartimento dei Veterani USA stima che i reduci ridotti a bivaccare sotto i ponti siano oggi 300.000; la National Coalition for Homeless Veterans ci dice che ci sono un milione e mezzo di veterani che sono a rischio di povertà assoluta, nessuna cura medica, condizioni di vita “aberranti”. E quando si parla delle guerre recenti in Afghanistan e Iraq le cose non cambiano: uno studio dell’università di Yale del 2012 ci dice ch
e la gran parte dei reduci sono affetti da Sindrome Post Traumatica e sono di fatto disabili, ma non ricevono una lira dal governo. I pochissimi che sono riusciti a strappare una pensione prendono una miseria di 640 dollari al mese, le veterane addirittura meno, 550 (sic). La disoccupazione fra i giovani reduci da Iraq e Afghanistan che ancora sembrano sani, in età fra i 18 e i 24, è schizzata al 30%. Tutte cose dette e stradette in Tv e sui giornali, oltre ai libri e film di cui sopra. Il messaggio fu ed è ripetuto alla noia con massima esposizione mediatica, e ne faccio una rima: se andate a combattere per i potenti, la ricompensa saranno calci nei denti (se va bene).
In Gran Bretagna le cose non vanno meglio per i giovani che hanno combattuto per il loro Paese. Pensate che solo dopo le guerre ‘imperiali’ degli anni ’90, e nella sola Londra, furono contati dai tre ai quattro mila reduci ridotti a dormire sotto i ponti. La BBC, nel devastante reportage di quest’anno “Why hasn't the mystery of Gulf War Syndrome been solved?” ci racconta che ancora oggi, dopo 25 anni dalla Guerra del Golfo, la Royal British Legion supplica il governo di Londra di darsi da fare per curare i veterani ammalati. Il Ministero della Difesa inglese ha persino tolto i fondi all’unica ricerca seria di cure presso la Cardiff University, denuncia la BBC, cioè un network che ha un’audience mondiale immensa. Ancora: massima esposizione al pubblico di “se andate a combattere per i potenti, la ricompensa saranno calci nei denti (se va bene)”.
E nei denti i calci li ha presi il sergente medico militare dell’esercito britannico Sean Rusling, reduce dal Golfo. Preda di febbri e sudori, paralizzato per mesi a una gamba, devastato nella mente, incapace di minimi sforzi fisici, pieno di osteoporosi a 37 anni!, e anche narcolettico. Ovviamente oggi è un rudere umano disoccupato. Bel premio per aver combattuto per il Vero Potere. E dice Rusling alla BBC: “Siamo insultati dal Ministero della Difesa… è ovvio, negano tutto e ci abbandonano per paura delle cause legali che gli pioverebbero da decine di migliaia di noi veterani… perché ci hanno avvelenati, e ora ci hanno abbandonati”.
Fra l’altro, andrebbe poi aggiunto che all’apocalittico quadro di cui sopra, si deve assommare la bruciante constatazione piovuta solo dopo su questi reduci che il 100% delle guerre nelle quali furono spediti a combattere, crepare o a rimanere devastati dal 1991 (Golfo, Somalia, Bosnia, Iraq, Afghanistan) erano inganni criminali costruiti dai governi USA-GB (con gentile collaborazione dell’Italietta) sulla base di falsi clamorosi enunciati nei Parlamenti, su intelligence truccata da vomitare, e su manipolazioni mediatiche fin comiche, come oggi sappiamo dalla infinita documentazione segreta venuta alla luce e di dominio pubblico. Add insult to injury, si dice in inglese.
Ok, lettori, abbastanza? Orrore e abbandono, sfacelo, agonia e insulto attendono DI REGOLA al rientro i giovani americani e inglesi che di mestiere fanno la guerra, ormai da 50 anni (ma in verità da sempre). Sottolineo il “di regola” perché come gridato dal povero Rusling, mai nella Storia esisterà un governo che poi si prenderà cura completa e dignitosa della ‘carne da macello proletaria’ che gli ritorna macellata dalle guerre imperiali; e questo perché quei governi sarebbero poi sommersi e affogati di risarcimenti tali da aprire voragini nei conti di Stato. No, la guerra la pagano i poveri, mai i ricchi, questa è e sarà sempre la legge. Quindi di nuovo: orrore e abbandono, sfacelo, agonia e insulto attendono DI REGOLA al rientro i giovani americani e inglesi che di mestiere fanno la guerra, ormai da 50 anni e sempre così sarà…
… E perciò i giovani americani e inglesi LO SAPEVANO, LO SANNO A COSA POI VANNO INCONTRO quando (e se) rientrano feriti, traumatizzati, o devastati. E anche se non lo sanno loro a 18 anni, lo sanno benissimo i loro genitori. Il mondo dei media, dei film e della narrativa anti-bellica, cioè l’attivismo in tutte queste forme, glielo hanno raccontato incessantemente e con MASSIMA ESPOSIZIONE almeno dal terrificante “E Johnny prese il fucile” del 1971, quindi per 45 anni consecutivi. Per non parlare dello stesso messaggio sparato nelle super Hit del Pop e del Rock, infatti non si contano le Hit mondiali contro le guerre, da Lennon, Dylan, Pink Floyd, ai Guns and Roses, ai Linkin Park, Metallica, Springsteen, ecc. Qualcuno può dire che il messaggio è stato oscurato ai giovani?
Ok. Risultato? Eh attivisti? Eh registi? Eh Star del cinema? Eh scrittori? Eh giornalisti? Eh Associazioni? Eh Rock Star? Perché dopo tutto quanto sopra…
... NON DOVREBBE PIU’ ESISTERE UN CANE DISPOSTO AD ARRUOLARSI PER POI RISCHIARE DI MORIRE, SAPENDO DI TORNARE RIDOTTO A UN RUDERE CHE SARA’ ABBANDONATO DA TUTTI SOTTO UNA PILA DI MERDA.
“Hey Billy, diventa un Marine!”…
“Sticazzi Sergente, ci manda il culo di suo figlio in guerra, e poi glielo spazzi quando torna schizzato, mutilato e fottuto per la vita! Fuck off!”
Dopo tutto quanto sopra, l’attivismo avrebbe dovuto ottenere questo oggi, esattamente quel colloquio in centinaia di migliaia di ragazzi cui viene chiesto di arruolarsi. Dovremmo avere funzionari della Difesa che vagano disperati per i corridoi dei Ministeri senza un cane di giovane che gli va a combattere le guerre. Allora…
L’attivismo l’ha ottenuto? Ecco i risultati, per gentile concessione del Ministero della Difesa USA e GB, a me forniti personalmente. Prendo in considerazione la realtà del 2013-2016, proprio perché è solo alla fine del percorso di 45 anni di quell’attivismo che si trova la verità:
In America il Dipartimento della Difesa ci racconta che per gli anni dal 2013 al 2015 le cose sono andate in questo modo:
2013: Necessità di reclutare soldati soddisfatta al 100% - nella Marina soddisfatta al 100% - nei Marines soddisfatta al 100% - nell’Aeronautica soddisfatta al 100%.
2014: Necessità di reclutare soldati soddisfatta al 100,2% - nella Marina soddisfatta al 100% - nei Marines soddisfatta al 100,1% - nell’Aeronautica soddisfatta al 100%.
2015: Necessità di reclutare soldati soddisfatta al 100,3% - nella Marina soddisfatta al 100% - nei Marines soddisfatta al 100,1% - nell’Aeronautica soddisfatta al 100%.
Mi specifica il capo ufficio stampa del Dipartimento della Difesa americano, Maj. Ben Sakrisson, che “Fra l’altro noi rifiutiamo un sostanzioso numero di richieste”, indicando perciò che a 25 anni dalla Guerra del Golfo e a 40 anni dalla guerra del Vietnam, con i 45 anni di furioso attivismo anti-bellico di cui ho dato conto in questo articolo, il colosso militare USA non ha affatto penuria di arruolati, anzi, arriva oggi a soddisfare il 100% e oltre dei suoi bisogni di ‘carne da macello’ per le sue guerre imperiali, e ne scarta pure. La cosa si commenta da sola.
In Gran Bretagna il Ministero della Difesa mi fornisce le statistiche dell’anno gennaio 2015-gennaio 2016, e anche qui la storia si commenta da sola a 34 anni dalla guerra delle Falkland, che già allora scatenò la moderna polemica mediatica inglese sull’idiozia di combattere le guerre imperiali:

2015-2016: l’esercito di Sua Maestà britannica ha visto un aumento degli arruolamenti del 12,5%, cioè 1.550 giovani inglesi di ambo i sessi si sono messi a disposizione delle guerre in più rispetto al numero dell’anno precedente.

Se si considerano i britannici aspiranti guerrieri, quelli cioè della FR20 Riserve Volontarie, l’aumento della speranza di andare a combattere è stato del 38,6%.

Il Ministero della Difesa a Londra ci informa che il suo target totale del 100% di soddisfazione delle sue necessità di soldati, ha subito una microscopica frustrazione del 4% quest’anno. Non certo l’abbandono di massa in cui l’attivismo pacifista di mezzo secolo sperava nell’era della comunicazione globale.

E, ciliegina sulla torta, sempre l’ultimo anno ha visto molti meno ingle
si abbandonare la carriera militare: 8,4% meno abbandoni rispetto all’anno prima.

Anche Londra non sta affatto penando per trovare giovani disposti a combattere le guerre, a rischiare la vita, ad affrontare un rientro disastroso e un futuro di abietto abbandono. Nonostante 45 anni di mega-attivismo per dissuaderli.

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Sconcertante, da piangere. Il fatto contro cui sbattiamo il muso è che ‘Johnny’ oggi vuole prendere il fucile come prima e più di prima.

Ora, immagino lo scatenarsi dei “sì… ma… però”. No cari perché qui una cosa va sancita con certezza:

IL FALLIMENTO DI UN’INTERA EPOCA DI GRANDE ATTIVISMO PER DISSUADERE GLI ATTORI DELLE GUERRE A PREMERE I GRILLETTI – E QUELLA DISSUASIONE ERA IL FULCRO CENTRALE DI OGNI SFORZO PACIFISTA – IL FALLIMENTO E’ STATO CATASTROFICO, UMILIANTE, INDISCUTIBILE.

Inutile pararsi dietro a scuse. Fra l’altro si noti che dall’abolizione della leva obbligatoria ormai decenni fa (in USA nel 1972), il compito dell’attivismo nel dissuadere i giovani dall’arruolarsi per premere il grilletto nelle guerre imperiali si era facilitato del 300%, per ovvi motivi. Ma invece…

Allora, popolo. Allora, intellettuali. Allora attivisti. Allora Star, Rockstar, autori di successo, giornalisti di denuncia, allora Hollywood e ONG, fate un REALITY CHECK, come direbbero gli studiosi di psicologia dinamica. Affrontiamo la realtà, e questo scorcio insolito che vi ho offerto di uno dei più tragici fallimenti dell’attivismo, fra i tantissimi altri suoi fallimenti che abbiamo davanti, ci riporta al punto di partenza:

NON SI POSSONO AFFRONTARE I DRAMMI DI UN PIANETA OGGI TRASFORMATO COME MAI PRIMA NELLA STORIA, COI METODI DI LOTTA CHE USAVAMO SU, LETTERALMENTE, UN ALTRO PIANETA CHE OGGI NON C’E’ PIU’. In metafora, se oggi pretendiamo di fare Bologna Milano in 1 ora e 1 minuto coi treni degli anni ’70, siamo scemi. I treni però li abbiamo ripensati, cambiati in modi sorprendenti, ma l’attivismo no. Siamo scemi.

E allora di cosa ci lamentiamo se “oggi il mondo è al suo massimo di orrore egemone del Vero Potere, se ardono centinaia di conflitti armati atroci, se la tutela dell’ambiente sta rotolando indietro come una palla di gamberi, se la corruzione/mafia e affini è cento volte quella di Tangentopoli, se la Finanza ha distrutto ogni democrazia del pianeta…”? Continuate pure a usare i locomotori degli anni ’70… Bologna Milano in 1 ora non la farete mai, mai e poi mai.

Quindi Paolo Barnard rilancia, in piena LDLD, la proposta:

“L’attivismo ha fallito. Usa sempre gli stessi metodi, già defunti, e si rifiuta di cambiare. Dobbiamo creare un gruppo di lavoro di storici, antropologi, filosofi, attivisti che analizzino I FATTORI DEL CAMBIAMENTO nei diversi periodi storici, e ci sappiano dire come oggi essi vanno RIPENSATI. Poiché mi sembra evidente che ciò che funzionò nell’800 o nel dopoguerra o negli anni ’70, non possa essere usato oggi immutato, perché negli ultimi 35 anni hanno letteralmente cambiato il Pianeta nel DNA. Oggi il Pianeta ci parla con una lingua totalmente diversa. Allora, quali sono oggi i I FATTORI DEL CAMBIAMENTO per un attivismo che abbia effetto?”.

Hey storici, antropologi, filosofi, attivisti… toc toc… c’è qualcuno là fuori che ancora pensa?

http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=1449


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radisol
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Risultati ? Se parli di quella complessiva stagione di lotte, dell' intero "decennio rosso", enormi ... non so quanti anni hai ma credo comunque che non hai la minima idea di cose fosse l'Italietta ignorantella e baciapile pre-1968 ... anzi, per essere più corretti, pre-1966 .... il 1966 fu per molti versi il vero "anno di snodo" di tutto ... il beat coi capelloni e le minigonne, gli "angeli del fango" di Firenze , le primissime vertenze sindacali "toste" che scavalcavano spesso i sindacati tradizionali ... la rivolta romana degli edili ... i casini all'Università sempre di Roma per la morte di Paolo Rossi, il "ragazzo del '66" poi cantato da Venditti ecc. ecc.

Risultati specifici del 1977 ? Probabilmente invece zero, forse solo il no al nucleare, che si concretizzerà però solo 10 anni dopo ma che si cominciò ad agitare in quell'anno ed in quel movimento .... più in generale, solo l'aver messo in luce per primi e fragorosamente una serie di problematiche ... la nascente disoccupazione, le primissime forme di lavoro precario, una certa "finanziarizzazione" dell' economia che cominciava proprio allora ... e appunto una serie di temi ambientali ... spazi di mediazione e condizioni per ottenere risultati oggettivamente non ce n'erano .... non a caso proprio quell'anno nasce anche il punk col suo detto "no future" ...

Ma a volte, nella storia, si gioca, anche molto pesantemente, anche solo per dire "ci sono pure io, esisto" ... "per partecipare" .... per dire "vincerai pure tu ma a carissimo prezzo" ..... mica sempre e solo per vincere ....

Ed indubbiamente comunque il potere si mise una gran fifa, non dico di perdere ma di "pagarla cara" invece sì ... la principale reazione, a parte i carri armati a Bologna, i morti nelle piazze e certe "leggi speciali", ripristinarono persino il confino .... fu certamente la diffusione massiccia e capillare delle droghe pesanti ... è quello il vero motivo delle "complicità istituzionali" con la Magliana e con organizzazioni para-mafiose simili in altre città e non le storie "romanzate" e fuorvianti che ci propinano oggi ... ... bisognava inondare i "luoghi della rivolta", quella reale ma anche quella solo potenziale ... con un oceano di eroina ... e che tutto questo avvenisse con il principale partito della sinistra tradizionale nella maggioranza di governo, è abbastanza indicativo ... indicativo anche di storie e vicende più recenti ....


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ohmygod
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:-
Hey storici, antropologi, filosofi, attivisti… toc toc… c’è qualcuno là fuori che ancora pensa?

per chi suona la campana? per chi suona giunta e aggiunta?
toc toc!?

click clock claque
Good Thing, Good Think
what eve have they done?
Qua Qui Quo


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radisol
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Un'altra testimonianza, da Salerno ... utile a capire ... credo c'entrino assai poco gli esempi letterari/americani ... ed anche i "temi" troppo grandi .... quella era tutta un'altra cosa ... uno stile di vita quotidiana prima che chissà quale politica con la P maiuscola ... i risultati pratici, magari da sancire in qualche "trattato di pace" col nemico ... e lo stesso discorso della "presa del potere", del "palazzo d'inverno" che già non esisteva più, non ci appartenevano proprio ...

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Salerno, 12 marzo 1977. La famosa “banda del provolone” verso Roma insorgente

Da Salerno città partirono tre pullman per alimentare la manifestazione di Roma, la mattina del 12 marzo di quel fatidico anno. Oltre a parecchie macchine con equipaggio autorganizzato e dalla mission misteriosa. Gli autobus si riempirono secondo simpatie personali. Oramai i cosiddetti gruppi extraparlamentari non esistevano più. Erano stati sconquassati e sorpassati da una composizione sociale articolata e da un duro scontro che lasciava poco spazio ai distinguo.

Il primo pullman calamitò i compagni con l’età media più alta. Erano i più organizzati e rivoluzionari nel senso classico. Quelli responsabili, i politici. Ed infatti partirono per primi, puntuali. Il secondo assemblò quelli de “il personale è politico”. Composizione ad egemonia femminista ed introspettiva. Questo bus partì in orario, ma con calma. Il terzo, quello che era rimasto, compattò i residui degli ex dei servizi d’ordine dei gruppi, i freak, – i frikkettoni, gli hippies, c'erano ancora – gli indiani metropolitani e gli autonomi/e “storici” salernitani. Con stupore dell’autista, meravigliato dalla fauna umana che prendeva posto sul suo mezzo, partimmo per ultimi, con forte ritardo.

Occorsero parecchie vicissitudini per svegliare chi ancora dormiva. Per alcuni, in quegli anni, alzarsi dal letto prima di mezzogiorno era un’impresa. E considerato che i cellulari, all’epoca, erano ancora i furgoni della polizia e non ancora telefonini e parecchi di noi non avevano fissa dimora, nel senso che non stavano più con i genitori e non avevano un domicilio fisso dormendo in vari “rifugi”. Da quelli amorosi a quelli musical-cannabisacei a quelli “politici” a quelli esistenzial-intellettual-riflessivi appartati, fuori Salerno. Cosa facilitata dagli affitti che erano più abbordabili di adesso e gli studenti fuorisede che avevano casa a Salerno – l’università era ancora in pieno centro cittadino – avevano sempre disponibile un posto letto e un surplus di roba da mangiare arrivata dai loro paesi di origine.

L’ultimo ad arrivare fu, mi pare, “Pennanera” o “Kocis”. Che così si giustificò: “E che volete da me. I caramba mi hanno sequestrato la moto, non ho capito perchè. Se non dovevo venire a Roma non gliela lasciavo. Ma so dove la portano, domani me la ripiglio”. Nel parlare si rifugiò nel bus per sfuggire a Claudio che infuriato voleva picchiarlo: “Semp’ figur i merd c’ fai fà cu i compagni i Roma che ci stanno aspettando. Chi t’he vivv !”.

Caricato anche Pennanera o Kocis che fosse si riuscì a partire.

Prima di imboccare l’autostrada, l’autobus si ferma con una brusca frenata, è l’autista che è andato in tilt. Neanche partiti ed il suo prezioso mezzo è pieno di nuvole di fumo con uno strano e denso odore. “E che é. Qui non si fuma. Chi vuol fumare scend..” Le parole si bloccano in gola, gli erano già addosso “Porcodio” e “stalin” – sopranome, quest’ultimo, non dovuto a Stalin il dittatore ma allo “stalin”, la mazza di piccone che reggeva le bandiere nei cortei, con cui il compagno aveva grande familiarità e un frequente e abilissimo uso improprio per un’asta di bandiera. Insieme ai due si era avvicinata anche Grazia, che era veramente una grazia di nome e di fatto. Indossava una minigonna con gli stivali a tacco basso. Aveva un portamento fiero ed una grande autorità. Allontanò Porcodio e stalin e disse ad alta voce di aprire i finestrini accompagnando col braccio l’autista al posto di guida e sedendogli accanto, sul sediolino di emergenza, parlandogli sottovoce. E l’autobus ripartì.

Finalmente il viaggio procede senza intoppi. Anche perchè più della metà dei viaggiatori dormiva a causa della levataccia e un’altra buona parte era impegnata in intimità più o meno di coppia. Ed il resto pensava al corteo.

Ma arriva il tempo della sosta al motel. Momento fatidico. Era tempo della spesa o dell’ esproprio proletario. Un punto d’onore era mostrare e distribuire, al ritorno di ogni viaggio politico, il bottino. Se qualcuno non osservava questa pratica veniva guardato con sospetto.

I barbari si svegliano, gli amanti si sciolgono, il corteo è ancora di là da venire ed il motel, zeppo di merce, era li.

Bisognava abbattere quel simbolo di consumismo, ridicolizzarlo, dimostrare a noi ed al mondo che la merce non è niente rispetto al contropotere proletario. E si entra nel motel come un branco famelico. Gli inservienti e la sicurezza capiscono al volo che bisognava assecondare l’orda. Si comincia dal banco. Caffè, cappuccini, brioches e cornetti senza passare per la cassa. In verità i baristi sembravano più contenti che spaventati.

Nei loro occhi c’era una certa soddisfazione. Forse perchè la classe non è acqua. E fare una abbondante colazione senza pagare era anche un loro desiderio e, poi finalmente, la noiosa routine del lavoro salariato era rotta, almeno finchè quella banda di scalmanati restava li.

Furono anche particolarmente gentili ed efficienti.

Fatta colazione si passa alla merce esposta. Whisky, cognac, birre, spumanti e champagne erano gli obiettivi primari ma anche salumi, formaggi, cioccolata e biscotti non venivano scartati, compreso un gigantesco e leggendario provolone. Mentre gli intellettuali selezionavano i libri. E gli innamorati, con l’amore rimasto a Salerno, il regalino romantico. Così un abbondante dieci per cento della merce esposta sparì.

Soddisfatti si torna sull’autobus e quasi tutti lasciano qualcosa sul o vicino al cruscotto dell’autista che era restato nel pullman che, ormai contagiato dai codici dell’autonomia, sorrideva beato e commosso.

Si riparte, si sistema il bottino nel bus e si prende posto allegramente. Roma "insorgente" era vicina.

Il ’77 ha avuto tante facce e quelle ufficiali sono le meno attendibili. Fra queste, quelle costruite a posteriori dal potere sono semplicemente false.

http://costituentex.altervista.org/salerno-12-marzo-1977-la-famosa-banda-del-provolone-verso-roma-insorgente/


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Truman
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Non rinnegare mai a te stesso ciò per cui hai combattuto. [...] La sconfitta non rende ingiusta una causa. ("Q", p. 335)


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radisol
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Non rinnegare mai a te stesso ciò per cui hai combattuto. [...] La sconfitta non rende ingiusta una causa. ("Q", p. 335)

E infatti, chi rinnega cosa ?

Tra l'altro, e l'ho già detto chiaramente, sono convintissimo che c'avevamo ragione, che avevamo capito un sacco di cose prima di chiunque altro ... anche l'inadeguatezza di certo "comunismo tradizionale" ... e pure molte cose che spiegano come siamo poi arrivati alla situazione odierna ...

E' senz'altro vero ... "una sconfitta non rende ingiusta una causa" ...


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Black_Jack
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Però uno degli interrogativi se li dovrebbe porre.
In particolare: perché quando gli operai del dopoguerra hanno raggiunto delle condizioni contrattuali eccezionalmente vantaggiose, come mai era successo nella storia, sono diventati immediatamente "piccola borghesia" attaccata unicamente al mantenimento del privilegio invece di sviluppare non solo una coscienza di classe comune a tutti i lavoratori di qualsiasi settore o categoria ma in generale di diventare l'avanguardia una coscienza politica degli sfruttati contro gli sfruttatori?
In realtà i movimenti del dopoguerra non hanno mai messo in discussione, se non a parole, gli schemi di dominio-sfruttamento e appena sono arrivate delle generose concessioni, ossia una redistribuzione della ricchezza un minimo più equa e diffusa, le pretese politiche sono cadute praticamente da un giorno all'altro (le vicende biografiche di alcuni fra i più famosi pensatori di quel periodo ne sono l'epitome).
Dalla fine degli anni settanta all'inizio degli anni ottanta il cambiamento culturale e politico, che all'epoca venne chiamato "il reflusso", fu repentino, quasi istantaneo verso forme di "edonismo" (parola in voga all'epoca) e disimpegno in cui la lotta - politica e culturale - venne sostituita dalla più semplice "trasgressione" ossia qualcosa che la fai a scopo dimostrativo e poi torni nei ranghi.

Quando poi cadde il muro di Berlino fu un attimo, nel giro di pochissimi anni le "eroiche conquiste sindacali" - che non erano altro che l'elemosina con cui il potere sedava delle masse restate sostanzialmente incoscienti ossia mai diventate realmente soggettività politica autonoma e alternativa - vennero cancellate con il beneplacito dei sindacati e degli stessi lavoratori col posto fisso diventati immediatamente disponibili a scaricare sul precariato sempre più diffuso i disagi del ritorno a forme di sfruttamento del lavoro pre anni sessanta.

Di questo non parla nessuno perchè è imbarazzante e richiederebbe un mea culpa molto doloroso.
Vorrei ricordare che il dopoguerra è stato l'unico periodo di tutta la storia dell'umanità in cui i lavoratori hanno avuto la reale possibilità di diventare "classe per sé e in sé" cioè di sviluppare una soggettività politica antagonista ma non lo hanno fatto e si sono venduti questa opportunità epocale per meno di un piatto di lenticchie.
Come mai?


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Primadellesabbie
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Guardiamo la cosa con un'ottica meno settoriale di quella degli interessi della "classe operaia", ai quali si usa riferire e ridurre le tensioni di quegli anni, e sarà più semplice fare un quadro comprensibile e seguirne gli sviluppi.

Nel '68 non eravamo isolati dalla società, come si tende a far credere, le generazioni precedenti erano con noi, non per la rivoluzione comunista, forse, ma per dare una bella smossa certamente sì.

La solidarietà era continua, diffusa e spesso sorprendente ed esplicita.

Anche per questo si é dovuto ricorrere ai servizi e ai media per venirne a capo.


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Black_Jack
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La solidarietà era continua, diffusa e spesso sorprendente ed esplicita.

Anche per questo si é dovuto ricorrere ai servizi e ai media per venirne a capo.

Ok, allora rigiriamo la domanda lasciando perdere le lotte operaie.

Perché questa solidarietà è sparita?
Non era abbastanza forte?
E su cosa era fondata?
E' possibile che una solidarietà duri anche sotto l'attacco di media e servizi?

La mia impressione è che se non si parla di questo non sarà possibile alcuna lotta politica.


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Primadellesabbie
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Perché questa solidarietà è sparita?

In due parole.
Molte cose sono cambiate durante quegli anni, le chiavi della dispensa sono state distribuite ad un certo numero di persone che a loro volta hanno distribuito qualcosa, improvvisamente si é avuto la sensazione di un potere "open legs", si costruivano nuove università, iniziava il turismo esotico, una maggiore tolleranza e una sollecitazione dall'alto, addirittura, per ciò che é stato definito edonismo, e tutto quello che conosciamo che ha fatto pensare, per un momento, che si aprisse un mondo con nuove prospettive, unito al timore di comprometterne la riuscita, da un lato, e il grande lavoro dei media, quotidiano, capillare e a testa bassa, per separare gli irriducibili dai recuperabili, la persecuzione discreta e puntigliosa, a più mani, di tutti quelli che si erano dati da fare o che ci provavano.

Non sottovalutiamo, in quegli anni, il ruolo e lo zelo di quelli che poi si riveleranno essere i gladiatori, che avevano visto materializzarsi il loro insperato grande momento (poi pretenderanno la pensione, ad un certo punto).

A pensarci un po' si spiegano i fenomeni successivi, che descrive Radisol.


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Black_Jack
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Perché questa solidarietà è sparita?

In due parole.
Molte cose sono cambiate durante quegli anni, le chiavi della dispensa sono state distribuite ad un certo numero di persone che a loro volta hanno distribuito qualcosa, improvvisamente si é avuto la sensazione di un potere "open legs", si costruivano nuove università, iniziava il turismo esotico, una maggiore tolleranza e una sollecitazione dall'alto, addirittura, per ciò che é stato definito edonismo, e tutto quello che conosciamo che ha fatto pensare, per un momento, che si aprisse un mondo con nuove prospettive, unito al timore di comprometterne la riuscita, da un lato, e il grande lavoro dei media, quotidiano, capillare e a testa bassa, per separare gli irriducibili dai recuperabili, la persecuzione discreta e puntigliosa, a più mani, di tutti quelli che si erano dati da fare o che ci provavano.

Non sottovalutiamo, in quegli anni, il ruolo e lo zelo di quelli che poi si riveleranno essere i gladiatori, che avevano visto materializzarsi il loro insperato grande momento (poi pretenderanno la pensione, ad un certo punto).

E quindi però se è caduta era una solidarietà fittizia.
Esiste una solidarietà che regge ai media, ai servizi, ai gladiatori, all'edonismo e ai viaggi tropicali?
Se esiste non era quella che c'era nel dopoguerra, evidentemente.
Se non esiste mettiamoci il cuore in pace.
Per me esiste o forse è esistita ma tornerà. Solo che sarà a condizione che questo sistema si dimostri fondato su aporie irrisolvibili, cosa che a mio avviso è ancora verosimile. Se ci sarà il crollo ci sarà anche un lungo periodo di lotta e lì forse rinascerà questa solidarietà.
Certo che se riuscissimo ad analizzare meglio cosa è successo nell'irripetibile dopoguerra riusciremmo a saltare qualche passaggio che non sarà molto piacevole.
Ma posso anche sbagliarmi io che magari non riesco a comprendere bene il tuo punto di vista.


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