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Il cosiddetto “papa rivoluzionario”


Stodler
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FEDERICO TULLI - Caso Fittipaldi e Nuzzi: c'era una volta la rivoluzione di Bergoglio

Un processo penale che arriva a sentenza in due settimane. Può sembrare un miracolo, poiché c'è di mezzo la Chiesa cattolica, ma non lo è. Stiamo parlando del giudizio nei confronti dei due giornalisti Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi - autori rispettivamente di Avarizia (Feltrinelli) e Via Crucis (Chiarelettere) -, che a quanto pare si concluderà entro l'8 dicembre. Giusto in tempo per il taglio del nastro del Giubileo straordinario della Misericordia indetto da papa Francesco.

Qualcuno ha fatto notare la curiosa coincidenza. E in effetti non si può escludere che, una volta condannati dalla corte vaticana (i rumors vanno in questa assurda direzione), il capo supremo della Santa Sede decida di pronunciare l'ultima parola sul caso concedendo la grazia. Anzi la Misericordia.

Del resto non sarebbe una novità. Già Paolo Gabriele detto “il corvo”, il maggiordomo di Benedetto XVI che nel 2012 ha dato il via a Vatileaks 1, dopo la veloce condanna è stato graziato e in tempi brevi. Bene, anzi, male. Fittipaldi e Nuzzi, giornalisti italiani, rischiano addirittura fino a 8 anni di carcere e sono alla sbarra del tribunale pontificio per aver svolto, in Italia, un lavoro che, in Italia, è tutelato dall'articolo 21 della Costituzione. Vale a dire la pubblicazione, in Italia, in un libro, di notizie documentate da fonti certe.

Oltre allo sconcertante silenzio da parte del governo e del parlamento italiano, non si può non evidenziare che in maniera molto diversa si è svolto l'iter processuale di mons. Wesolowsky. Ridotto nel 2014 allo stato laicale per pedofilia da parte della Congregazione per la dottrina della fede, l'ex nunzio vaticano in Rep. Dominicana venne rinviato a giudizio nel marzo del 2015 dalla magistratura penale al termine di oltre quattro mesi di un'istruttoria che si è svolta nel più totale segreto. L'annuncio del processo, il primo del genere in Vaticano per di più nei confronti di un alto prelato, fu accolto dai media nostrani come un segnale evidente della discontinuità di papa Bergoglio rispetto ai suoi predecessori e della sua concreta volontà di estirpare la pedofilia dal clero cattolico.

Peccato però che quel processo non si è mai svolto. Wesolowsky è morto alla fine di agosto 2015 senza essere mai comparso davanti ai suoi giudici. Il monsignore, ricercato dall'Interpol con l'accusa di aver stuprato bambini in Santo Domingo e il forte sospetto di aver già colpito in tutti e tre i continenti nei quali aveva svolto in precedenza la sua opera pastorale e diplomatica per la Santa Sede, è morto d'infarto oltre cinque mesi dopo il rinvio a giudizio mentre si trovava ai domiciliari, davanti alla tv.

Dunque, ricapitolando, da un lato abbiamo la criminalizzazione di un diritto. Con un processo che in 30 giorni dalla divulgazione delle notizie incriminate si concluderà a tempo record con una (molto probabile) condanna per due degli imputati che secondo le norme di qualsiasi Paese civile e democratico hanno svolto il loro mestiere facendo peraltro un servizio alla comunità. E dall'altro c'è la tutela di un criminale. Con un pedofilo ricercato in tutto il mondo civile che la Santa Sede, in oltre un anno, non ha fatto a tempo a portare nemmeno una volta in tribunale.

È lecito pensare che c'è qualcosa che non torna riguardo le priorità nell'agenda del cosiddetto “papa rivoluzionario”?

Federico Tulli

(26 novembre 2015)

http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/11/26/federico-tulli-caso-fittipaldi-e-nuzzi-cera-una-volta-la-rivoluzione-di-bergoglio/


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