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Il discorso del New Deal.


Anonymous
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Il New Deal, lo statalismo di Roosevelt e la grande Guerra mondiale.

La risposta politica alla recessione statunitense degli anni Trenta è il New Deal, identificato con la politica economica di Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), governatore di New York, democratico, eletto presidente nel 1932.
La sua vittoria è schiacciante e viene ribadita nelle elezioni del 1936 e del 1940. Roosevelt imposta un programma di interventi immediati, i "100 Giorni", mobilitazioni propagandistiche volte a ristabilire la fiducia e a dimostrare l' attivismo dello Stato.
Fu immediatamente varato, in appena otto ore, l' Emergency Banking Act che portò alla riapertura delle banche chiuse per mancanza di copertura dei risparmi. Si istituirono diverse agenzie statali per promuovere iniziative pubbliche a sostegno dell' economia.
Secondo alcune stime, il governo federale impiegò, tra il 1933 e il 1940, 250 mila giovani per "lavori socialmente utili", come il rimboschimento delle zone aride (24 milioni di alberi piantati), costrui o finanziò la costruzione di 300 mila miglia di strade, 30 mila ponti, 4 mila scuole, 15 mila chilometri di opere idrauliche.
Evidenti le similtudini di queste grandi opere con l' interventismo "sociale" che legava le democratiche Gran Bretagna e Francia ai programmi hitleriani di sviluppo, all'attivismo statale delle opere mussoliniane, allo sviluppo del capitalismo di stato staliniano.
L' esperienza del '900 conferma che la ricetta statalista viene utilizzata "nelle giornate di pioggia" o nella tormenta dell' economia; mentre il "bel tempo" favorisce le politiche liberiste. E le ideologie vanno naturalmente al seguito.
Nel breve saggio del famoso "Discorso del New Deal" si riconosce lo slancio di mobilitazione dell' amministrazione rooseveltiana, prezioso successivamente per la serie di eventi che portò da Pearl Habour a Hiroshima.

Fonte: dal discorso di accettazione della nomina alla candidatura per la Presidenza, F.D. Roosevelt, 2 luglio 1932.


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