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Il filo che unisce Mps, Cipro e Irlanda


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Cos’hanno in comune Cipro, Irlanda e il Monte dei Paschi? Formalmente niente, ma c’è un trait d’union che unisce quei due paesi alla banca caduta in disgrazia: Mario Draghi. Fin dall’esplosione del caso Siena, ho sottolineato come l’attuale governatore della Bce rischiasse di finire sotto la lente d’ingrandimento di avversari politici interni e internazionali, e le dichiarazioni di Giulio Tremonti, lo scaricabarile del ministro Vittorio Grilli e le prime avvisaglie di critica avanzate, seppur con guanti di velluto, dal Financial Times martedì e da Reuters ieri, hanno confermato i miei sospetti. Ma perché? Mario Draghi teme forse di essere travolto dallo scandalo e di perdere così, in un sol colpo, la guida della Bce e l’ipotesi di esilio dorato al Quirinale? Non proprio. O non solo. Nella testa di Mario Draghi, stando ai suoi più stretti collaboratori all’Eurotower, il caso Mps è più di una scocciatura personale, è un qualcosa che va disinnescato il prima possibile per evitare guai peggiori.

Nella testa del governatore, infatti, c’è un numero: 17,2%. Ovvero, il livello nel mese di gennaio dell’Euro Breakup Index, cioè solo 17 investitori su cento pensano che l’eurozona sia a rischio, contro il 73% dello scorso luglio. Questa, più del rischio inflattivo o di come rispondere alle svalutazioni di massa delle altre banche centrali, è la prima preoccupazione, ma anche il motivo di orgoglio per Mario Draghi. Nel caso di Cipro, poi, l’indice è crollato addirittura al 7,5%.

Il problema è che entro la fine di febbraio il problema legato al sistema bancario di Nicosia terminerà sui tavoli dell’Ue e Angela Merkel, spalleggiata come non mai da Wolfgang Schauble e spaventata dalla sconfitta in Sassonia, non ha la minima intenzione di salvare quelli che vengono ritenuti i soldi sporchi degli oligarchi russi depositati nelle banche cipriote, almeno stando a un report dello scorso anno dei servizi segreti tedeschi. Per quanto Cipro sia piccola per dimensioni, il salvataggio necessario sarebbe pari al 100% del suo Pil, 17,5 miliardi di euro, 10 per le banche, 6 per i detentori del debito già esistente e 1,5 per coprire il deficit di budget fino al 2016 (la quota italiana dovrebbe aggirarsi tra 1,5 e 2 miliardi di euro, stando a calcoli meramente teorici). Il problema è che al netto del prestito da 2,5 miliardi ottenuto da Mosca e di questo esborso europeo, la ratio debito/Pil cipriota salirebbe al 150% del Pil. Insostenibile, senza un haircut. E chi pagherà questa volta, le banche come nel caso greco? O i governi, come quello russo?

Draghi sa che portare Cipro sull’orlo di un default disordinato, con possibile uscita dall’eurozona, potrebbe innescare di nuovo dinamiche di rischio per la periferia dell’eurozona, Grecia in testa, ma anche Irlanda, cui proprio la Bce ha da poco negato un ammorbidimento sul costo del salvataggio da 30 miliardi di euro di Anglo Irish Bank. Ma il governatore ha un alleato in meno: Jean Claude Juncker non è infatti più a capo dell’Eurogruppo, sostituito dal ministro delle Finanze olandese, Jeroen Dijsselbloem, il quale alla prima uscita ha bellamente ignorato la questione in agenda.

Accanto a Draghi resta Olli Rehn, Commissario Ue per gli affari economici e monetari, e lo zar dei salvataggi Ue, Klaus Regling: un triumvirato che deve scontrarsi contro la volontà di Merkel e Schauble di giungere alle elezioni di settembre senza un ulteriore esborso di denaro, già diventato cavallo di battaglia dell’opposizione socialdemocratica.

L’argomento di Draghi nel suo colloquio con Schauble è stato chiaro: le due più grandi banche cipriote hanno importanti bracci operativi in Grecia e se i depositi di questi non fossero considerati al sicuro, i correntisti ellenici rischierebbero di ripiombare nell’incertezza, trascinando in quel sentiment l’intero Paese, tutt’altro che al riparo nonostante i salvataggi e lo swap. Insomma, se scoppia Cipro si potrebbe annullare in pochi attimi il lavoro di mesi e vedere rischizzare all’insù quel 17,5% dell’Euro Breakup Index che tanto inorgoglisce Draghi. E che forse spiega anche l’immobilismo del nostro spread, nonostante la vicenda Mps getti ombre sul sistema bancario. Anche perché, lo ripeto fino allo sfinimento, vostro e mio, nessun fondamentale giustifica uno spread così basso, soprattutto se paragonato a quello che portò alle dimissioni di Silvio Berlusconi e all’arrivo di Mario Monti, stante non brillanti ma sicuramente migliori condizioni macro della nostra economia.

Guardate il grafico più in basso: rappresenta una sorta di classifica delle nazioni più “miserabili”, basato sulla misura convenzionale del cosiddetto “Misery Index”, che mixa tasso di disoccupazione e inflazione. Ebbene, la Spagna - il cui spread è fermo, è sceso di 250 punti base da luglio e i cui titoli vengono collocati con grande domanda e rendimenti in calo - raggiunge il 30%, peggio di Sud Africa, Grecia, Venezuela, Argentina ed Egitto! E Madrid ringrazi il cielo che il “Misery Index” non ha un calcolo a parte per il tasso di disoccupazione under-25! Va beh, a luglio entrerà nell’Ue la Croazia, la quale già sconta un tasso di partecipazione al mondo del lavoro del 50% e avrà, stando a proiezioni, una ratio debito/Pil del 63,6% nel 2017 dal 29,3% nel 2008, quando la crescita stagnava ovunque. Pochi mesi e toccherà a Zagabria la palma di miserabile! Ma cari lettori, c’è davvero poco da ridere.

Mauro Bottarelli
Fonte: www.ilsussidiario.net
Link: http:// www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2013/1/31/FINANZA-Il-filo-che-unisce-Mps-Cipro-e-Irlanda/2/359142/
31.01.2013


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Anonymous
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 30947
 

Se ne accorgeranno i croati... hanno proprio fatto un affarone... co@@@@ni


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mincuo
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 6059
 

Se ne accorgeranno i croati... hanno proprio fatto un affarone... co@@@@ni

Hanno "dovuto" fare un affarone


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