Il Lodo Alfano era ...
 
Notifiche
Cancella tutti

Il Lodo Alfano era costituzionale?

Pagina 1 / 2

Bubba
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 292
Topic starter  

Attendo le vostre smentite

Da un blog:
Giustamente, come mi fa rilevare l'amico Alessandro74, che pubblicamente ringrazio per il post qui sotto, parla di una sentenza che definire contraddittoria è farle un complimento. Circa la quinta carica dello Stato, il Presidente della Corte Costituzionale Francesco Amirante, da ieri è l'unico magistrato che ha scritto un provvedimento cinque anni prima nelle vesti di giudice relatore e lo ha sconfessato (assieme a sè stesso)cinque anni dopo nelle vesti di organo di vertice dello stesso Collegio che lo ha emesso.
La Corte Costituzionale Ed Il Passo Del Gambero
Il Palazzo della Consulta, di fronte al Quirinale, è in queste ore il centro politico del Paese: già questa è un'anomalia, perchè è (o meglio, dovrebbe essere) la sede di una delle principali istituzioni di garanzia della Repubblica e non una sede di partito: in quelle austere aule, infatti, i quindici giudici della Corte Costituzionale, con la loro toga nera (e già questo, forse, è un segno chiaro) hanno deciso del cosiddetto Lodo Alfano, quella legge approvata dal Parlamento lo scorso anno per la sospensione dei processi a carico delle quattro più alte cariche dello stato e - segnatamente - del Presidente del Consiglio dei Ministri.
La Corte Costituzionale, con la sua sentenza n. 24 del 2004, aveva già deciso una questione affine, quella per la precisione relativa al diretto precedente del Lodo Alfano, ovvero il cosiddetto Lodo Schifani - Maccanico. In quella occasione, il Giudice di legittimità costituzionale ebbe a stabilire i seguenti principi di diritto:
- Il Lodo Schifani-Maccanico non è irragionevole e non viola il principio di uguaglianza, in quanto è del tutto conforme alla vigente Costituzione che alcuni cittadini, vista l'importanza delle funzioni che sono chiamati ad esercitare nell'interesse della Nazione e per il tramite di un voto popolare, godano di un trattamento "di favore" circa i processi di cui sono parti; nello stesso senso depone(va) anche il disposto dell'Art. 1 della Costituzione, a tenore del quale la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione;
- Quindi, proseguirono i Giudici della Consulta, il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione non risulta violato perchè esso impone che vengano trattate in maniera uguale situazioni uguali, ma altresì vuole che siano regolate in maniera diversa situazioni tra loro diverse;
- Ancora, la sentenza 24/2004 stabiliva che non era necessaria, per il Lodo Schifani, la veste formale della legge costituzionale, essendo sufficiente la legge ordinaria, in quanto quella che introduceva era soltanto una sospensione processuale e non una forma di immunità dei soggetti considerati: pertanto, stante la sua natura esclusivamente processuale, non poteva considerarsi necessaria una garanzia così importante ed al tempo stesso così macchinosa come la legge costituzionale:
- Fatte queste premesse, la Corte giudicò illegittimo il Lodo Schifani perchè contrastante col principio della ragionevole durata dei procedimenti giudiziari, in quanto non stabiliva un termine alla possibile sospensione dei processi, e per contrasto con la norma sulla libertà personale, non ammettendo la rifiutabilità del beneficio da parte dei medesimi soggetti da questo garantiti.
Le indicazioni della Corte Costituzionale del 2004 sono state recepite dal Lodo Alfano, che oggi - a quanto si apprende dalle agenzie di stampa, nell'assenza del testo della sentenza - è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto col principio di uguaglianza e per il mancato utilizzo della forma della legge costituzionale (Art. li 3 e 138 della Costituzione). Ovvero, quello che nel 2004 andava bene, oggi non è più nelle grazie dei giudici costituzionali, i quali hanno scelto la strada della demolizione radicale del provvedimento legislativo denunciato, con conseguente risottoposizione del capo del Governo ai procedimenti penali e civili in corso a suo carico, ivi compreso il cosiddetto processo Mills: è facile immaginare che sarà proprio la sentenza Mills il grimaldello che consentirà di consegnare all'archivio ed all'oblio una maggioranza nata con cinque milioni di voti di vantaggio.
Lungi dall'affrontare il problema etico e politico sollevato dal Lodo Alfano, sulla sua giustezza etica e quello - connesso - della certezza della fondatezza di tutte, ma proprio tutte, le azioni penali incardinate contro Berlusconi, quello che non può non colpire è il radicale cambiamento di vedute della Corte Costituzionale, che prima dà un'indicazione chiara e precisa e poi, dopo che il Legislatore l'ha recepita, clamorosamente se la rimangia, andando a smentire sè stessa e cadendo in una contraddizione così palese che porta i giudici che hanno sottoscritto questa sentenza a sconfessare clamorosamente persino il Capo dello Stato (il quale, a tacer d'altro, di questi signori ne nomina cinque), il quale il due luglio del 2008 aveva promulgato il Lodo controverso proprio sulla base dell'assunto per cui la giurisprudenza costituzionale riteneva più che sufficiente la legge ordinaria per provvedimenti di questo tipo.
Sarebbe importante capire, tra le tante cose che restano sospese nel limbo del dubbio, come ha potuto oggi il Presidente della Corte, Francesco Amirante, sottoscrivere una sentenza del tutto antitetica rispetto a quella del 2004 che lui stesso aveva scritto nella sua veste di Consigliere relatore: resta da capire come può un così alto consesso, che nel corso della sua storia si è contraddistinto per la linearità delle sue decisioni e per la grande, quasi spasmodica, attenzione ai propri precedenti, per anni ed anni considerati intoccabili moloch, cambiare idea in così poco tempo, su una questione di enorme rilevanza giuridica dagli indubbi riflessi politici e, per certi versi, inerenti alla stessa sovranità nazionale.
Se dunque forse è giunto il momento per l'uomo Berlusconi di prendere atto del fatto che come politico non può costringere la sua forza politica, ad oggi di gran lunga predominante rispetto ad un'opposizione che si riconosce nelle prostitute di alto bordo e ad esse si affida per continuare ad esistere nei suoi termini numericamente minimi, a vivere sempre sotto il ricatto giudiziario a causa dei suoi trascorsi imprenditoriali, così è bene che tutti - ma proprio tutti, ivi compresi coloro che in queste ore festeggiano come se avessero vinto le elezioni - riflettano sul pericolo della politicizzazione delle sentenze, del piegare la spada di Temi a destra o a sinistra a seconda di come soffia il vento, del rischio enorme che si corre circa la tenuta di un sistema sempre più logoro di fronte a decisioni giudiziarie che si astraggono dal diritto e dalla logica pur di accontentare un interesse privato di questo o di quel contendente, di questo o di quel potere occulto.

di leonardo58
http://miemezzeverita.splinder.com/


Citazione
Aldebaran
Eminent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 25
 

La legge (non lodo) Alfano era incostituzionale esattamente quanto la legge Schifani perchè viola più articoli della costituzione. Punto.


RispondiCitazione
dana74
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 14384
 

l'immunità parlamentare era un diritto costituzionale, fu la DC all'epoca di tangentopoli ad abolirla

"'immunità per i parlamentari è stabilita dall'art. 68 della Costituzione, che recita:

«I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Tratto da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Immunit%C3%A0_%28diritto%29

Qui si dice che l'immunità fu tolta nel 93
http://archiviostorico.corriere.it/2003/febbraio/24/immunita_parlamentare_non_favore_potere_co_0_0302242267.shtml

"Come un fiume carsico ogni tanto riemerge sulla scena politica la proposta di reintrodurre l' istituto dell' immunità parlamentare, abrogato nel 1993 nell' infuriare di Tangentopoli."

Posto il fatto che il lodo Alfano è una sospensione, all'estero funziona così:

Ecco come gli altri Paesi hanno risolto il loro "lodo Alfano"
7 Ottobre 2009
È giusto che i governanti siano posti al di sopra della legge? Ma d’altra parte, se sono equiparati agli altri cittadini, come evitare la facilissima tentazione del colpo di Stato per tramite giudiziario? Il dilemma è antico, se si pensa al modo in cui nell’Inghilterra medievale, culla del Parlamento, la Camera dei Lord fino al 1376 e la Camera dei Comuni in seguito usarono la procedura dell’impeachment contro i ministri sia per ragioni politiche che penali assieme. Ma quando la pazzia di re Giorgio III alla fine del XVIII secolo permise infine l’emergere alla testa dell’esecutivo di un “Primo Ministro” capo della maggioranza parlamentare, e i ministri cessarono dunque di essere espressione della Corona, l’impeachment politico si trasformò nell’istituto della fiducia, per cui il ministro “disapprovato” non ci rimette più libertà o vita in galera, ma solo l’incarico.
L’impeachment penale è invece diventato inutile: i ministri devono infatti essere membri dell’uno o dell’altro ramo del Parlamento, visto che solo “Comuni” e Lord possono prendere la parola nelle rispettive camere (ognuno dunque assistito da un vice-ministro per l’altro ramo). E i membri del Parlamento sono già coperti dall’immunità parlamentare. È vero: questa funziona solo dal quarantesimo giorno prima dell’apertura della sessione parlamentare al quarantesimo giorno dopo, e non riguarda i casi penali. Il re invece, che non governa, secondo il Common Law “non saprebbe fare del male”. Insomma, è inviolabile e beneficia di un’immunità totale, sia penale che civile. Il che non impedì nel ‘600 a Carlo I di finire comunque sul patibolo. Ma per trovare l’ultimo caso di impeachment di rilievo bisogna riandare al 1788, col caso del viceré dell’India Warren Hastings. D’altra parte, nel Regno Unito i giudici li ha sempre nominati l’Esecutivo, e nessuno se ne scandalizza.
Gli Stati Uniti hanno ripreso la situazione di assoluta dipendenza dei ministri dal capo dell’esecutivo che c’era in Inghilterra prima della pazzia di Giorgio III, però democratizzandola e rendendola temporanea, con un presidente della Repubblica eletto dal popolo ogni quattro anni. Al contrario dell’Inghilterra, dunque, il Capo dello Stato è sottratto a ogni sindacato del Congresso di natura politica. Ma con maggioranza dei due terzi la Camera dei Rappresentanti può mettere sotto accusa il presidente, e anche i suoi ministri, nonché ogni funzionario federale. E questi sono rimossi se il Senato lo approva con maggioranza dei due terzi. Solo dopo la rimozione, però, può partire l’eventuale procedimento penale sotto la magistratura ordinaria.
A somiglianza di quello del Regno Unito, anche i sovrani di Belgio, Danimarca, Paesi Bassi e Spagna sono definiti dalle rispettive Costituzioni “inviolabili”. Quanto ai presidenti, quelli di Austria, Germania, Grecia, Italia e Portogallo, che non sono capi dell’esecutivo, hanno tutti una responsabilità simile a quella indicata dalla nostra Costituzione come “alto tradimento e attentato alla costituzione”. E simile è pure la relativa procedura di messa in stato d’accusa da parte delle Camere a maggioranza qualificata, e di giudizio davanti agli omologhi di quella che in Italia è chiamata Corte Costituzionale. Ma c’è poi diversità a proposito dell’ipotesi che il presidente commetta un reato comune. In Germania e Austria, ad esempio, al presidente è estesa l’immunità parlamentare. Ci vuole dunque un voto del Bundestag per autorizzare il procedimento, e un voto del Bundestag può sempre bloccarlo. Però, a quel punto è sospesa anche la prescrizione, e la giustizia aspetta dunque al varco quando l’immunità finisce. In Grecia e Portogallo, la sospensione delle procedure contro il presidente per la durata del suo mandato è automatica, senza bisogno di alcun voto parlamentare. In Grecia, senza però che siano sospesi i termini della prescrizione. Quanto all’Italia, la nostra tanto decantata Costituzione sparla in lungo e in largo di tante cose, ma su questo punto delicato è invece latitante. Parte della dottrina dunque sostiene che la perseguibilità è sospesa; parte che invece il presidente è perfettamente perseguibile. Ma, appunto, sono elucubrazioni da rivista giuridica.
Lo stesso problema c’era in Francia, dove il presidente è inoltre capo dell’esecutivo, pur coadiuvato da un primo ministro. Ma quando nel 1999 il Consiglio Costituzionale ha dovuto valutare i problemi relativi alla ratifica della Corte Penale Internazionale, ha finito per concludere che i reati comuni commessi dal Presidente vadano assimilati al caso di alto tradimento. Quindi, la messa in stato d’accusa è egualmente deliberata dalle camere a maggioranza assoluta dei membri, e poi il processo è celebrato dall’Alta Corte di Giustizia, che non è però il Consiglio Costituzionale, ma una speciale commissione eletta da Assemblea Nazionale e Senato tra i propri membri. Lo stesso Consiglio Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno inoltre chiarito che il Presidente della Repubblica gode di un’immunità che rinvia l’azione del giudice soltanto alla fine del suo mandato. È questo il modello dei successivi Lodi Maccanico, Schifani e Alfano: riferito però al capo di Governo, in genere non altrettanto tutelato.
Come il premier inglese, anche i cancellieri tedesco e austriaco e i presidenti del Consiglio italiano e belga sono infatti coperti solo se parlamentare, dall’immunità relativa. Gli ultimi tre, anche per reati comuni. Per reati ministeriali, però, dopo la messa in stato d’accusa da parte delle camere c’è in Austria il giudizio della Corte Costituzionale, mentre in Belgio la Camera si limita a dare l’autorizzazione e il giudizio va poi alla Corte d’appello, e l’Italia è passata nel 1989 da una normativa di tipo austriaco a una di tipo belga. Quanto alla Spagna, i ministri vanno sempre giudicati dal Tribunale Supremo, anche in caso di reati comuni, ma solo per reati ministeriali è prevista l’iniziativa e l’autorizzazione dei deputati.
In Grecia i reati ministeriali, dopo la messa in stato d’accusa dell’Assemblea, sono giudicati da una Corte a hoc. In Francia la Costituzione parla di una “Corte di Giustizia”, che a differenza dell’ "Alta Corte di Giustizia" comprende anche magistrati oltre che parlamentari, e che deve giudicare i reati compiuti dai ministri “nell’esercizio delle proprie funzioni”.
In Olanda, poiché la Costituzione tace, vige una legge del 1855 che dà l’iniziativa al re e il giudizio al Tribunale Supremo (equivalente alla nostra Cassazione).
In Portogallo l’autorizzazione dell’Assemblea ci vuole solo per arrestare o detenere un ministro: non per processarlo.
La legge danese si limita a precisare che mentire in Parlamento per un ministro “non è reato”. 
http://www.loccidentale.it/articolo/alfano.0079258

siamo sicuri che adesso l'Italia sia un paese come gli altri?


RispondiCitazione
Bubba
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 292
Topic starter  

La legge (non lodo) Alfano era incostituzionale esattamente quanto la legge Schifani perchè viola più articoli della costituzione. Punto.

"Punto" non mi basta. Chiedevo di entrare nel merito.


RispondiCitazione
Truman
Membro Moderator
Registrato: 2 anni fa
Post: 4113
 

...ma i maiali sono più uguali degli altri.

Chiunque abbia letto "La fattoria degli animali" di George Orwell non può avere dubbi sul fatto che la legge Alfano (erroneamente detta "lodo", qui bisogna studiare la neolingua di "1984") era incostituzionale.

Una legge di questo tipo negli USA viene di solito detta "emendamento" perchè aggiunge importanti dettagli alla Costituzione. La parola non poteva essere usata in Italia perchè faceva subito capire la necessità di una legge costituzionale.

Nel merito: il diritto costituzionale non è particolarmente complesso per cui non è difficile spiegare cosa è successo.

a) Qualunque commento serio alle sentenze della Corte si fa con le motivazioni in mano.

b) La Corte non analizza le leggi di sua iniziativa, ma su esplicita eccezione di incostituzionalità sollevata dal basso.

c) Le eccezioni sollevate a proposito della legge Schifani (anch'essa chiamata "lodo" solo per sviare il popolo bove) erano diverse da quelle sollecitate a proposito della legge Alfano. Le risposte sono quindi state diverse ed addirittura di tre eccezioni sollevate una è stata respinta.

Incidentalmente, una forza politica che afferma di rifarsi al popolo, dovrebbe smetterla di trattarlo da pecora usando volutamente parole errate per leggi di notevole importanza. Da questi dettagli si capisce la stima del PdL per il popolo.

Una nota finale: la mia citazione di "Animal farm" è volutamente deformata, ma rispetta il pensiero di Orwell.
Vabbuò, un'altra nota, mi pare che il protagonista si chiamasse "Napoleone".


RispondiCitazione
Truman
Membro Moderator
Registrato: 2 anni fa
Post: 4113
 

Vale la pena di aggiungere che sia la legge Schifani che la legge Alfano sono state respinte una volta giunte alla Corte.

Le modalità di respingimento dipendevano dalle domande poste ma il risultato finale non poteva essere equivocato.

Troppi dei commenti qui sopra sembrano venire dall'avvocato Azzeccagarbugli di manzoniana memoria. Mi dispiace deludere gli avvocati specializzati in cavilli, ma il diritto costituzionale è qualcosa di diverso dai cavilli a cui sono abituati.


RispondiCitazione
Aldebaran
Eminent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 25
 

Ha spiegato tutto più che bene Truman.


RispondiCitazione
Guinness82
Active Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 6
 

http://www.cpeurasia.org/?read=35506 [/url]


RispondiCitazione
Aldebaran
Eminent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 25
 

Embè? Quello che dice 'sto sito è il vangelo?


RispondiCitazione
Bubba
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 292
Topic starter  

Vale la pena di aggiungere che sia la legge Schifani che la legge Alfano sono state respinte una volta giunte alla Corte.

Le modalità di respingimento dipendevano dalle domande poste ma il risultato finale non poteva essere equivocato.

Troppi dei commenti qui sopra sembrano venire dall'avvocato Azzeccagarbugli di manzoniana memoria. Mi dispiace deludere gli avvocati specializzati in cavilli, ma il diritto costituzionale è qualcosa di diverso dai cavilli a cui sono abituati.

I commenti qui sopra non erano di un azzeccagarbugli, ma di uno che sosteneva che quegli argomenti erano della stessa Corte Costituzionale. Quindi, o ci dai prova documentale che è falso quello che viene detto, oppure bisogna riconoscere alla Corte Costituzionale di essere composta di azzeccagarbugli.

Quello che intendevo io non era un giudizio sul diritto costituzionale. Era invece che qualcuno smentisse quello che dice l'"azzeccagarbugli. Con smentire intendo provare che la Corte Costituzionale non ha detto nè scritto nè pensato quelle cose che riferisce l'azzeccagarbugli. E nessuno lo ha fatto. Pertanto riposto quelle cose qui di seguito, aspettando che qualcuno mi dica: "non è vero, nella sentenza del 2004 non c'è scritto nulla di simile".

La Corte Costituzionale Ed Il Passo Del Gambero
Il Palazzo della Consulta, di fronte al Quirinale, è in queste ore il centro politico del Paese: già questa è un'anomalia, perchè è (o meglio, dovrebbe essere) la sede di una delle principali istituzioni di garanzia della Repubblica e non una sede di partito: in quelle austere aule, infatti, i quindici giudici della Corte Costituzionale, con la loro toga nera (e già questo, forse, è un segno chiaro) hanno deciso del cosiddetto Lodo Alfano, quella legge approvata dal Parlamento lo scorso anno per la sospensione dei processi a carico delle quattro più alte cariche dello stato e - segnatamente - del Presidente del Consiglio dei Ministri.
La Corte Costituzionale, con la sua sentenza n. 24 del 2004, aveva già deciso una questione affine, quella per la precisione relativa al diretto precedente del Lodo Alfano, ovvero il cosiddetto Lodo Schifani - Maccanico. In quella occasione, il Giudice di legittimità costituzionale ebbe a stabilire i seguenti principi di diritto:
- Il Lodo Schifani-Maccanico non è irragionevole e non viola il principio di uguaglianza, in quanto è del tutto conforme alla vigente Costituzione che alcuni cittadini, vista l'importanza delle funzioni che sono chiamati ad esercitare nell'interesse della Nazione e per il tramite di un voto popolare, godano di un trattamento "di favore" circa i processi di cui sono parti; nello stesso senso depone(va) anche il disposto dell'Art. 1 della Costituzione, a tenore del quale la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione;
- Quindi, proseguirono i Giudici della Consulta, il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione non risulta violato perchè esso impone che vengano trattate in maniera uguale situazioni uguali, ma altresì vuole che siano regolate in maniera diversa situazioni tra loro diverse;
- Ancora, la sentenza 24/2004 stabiliva che non era necessaria, per il Lodo Schifani, la veste formale della legge costituzionale, essendo sufficiente la legge ordinaria, in quanto quella che introduceva era soltanto una sospensione processuale e non una forma di immunità dei soggetti considerati: pertanto, stante la sua natura esclusivamente processuale, non poteva considerarsi necessaria una garanzia così importante ed al tempo stesso così macchinosa come la legge costituzionale:
- Fatte queste premesse, la Corte giudicò illegittimo il Lodo Schifani perchè contrastante col principio della ragionevole durata dei procedimenti giudiziari, in quanto non stabiliva un termine alla possibile sospensione dei processi, e per contrasto con la norma sulla libertà personale, non ammettendo la rifiutabilità del beneficio da parte dei medesimi soggetti da questo garantiti.
Le indicazioni della Corte Costituzionale del 2004 sono state recepite dal Lodo Alfano, che oggi - a quanto si apprende dalle agenzie di stampa, nell'assenza del testo della sentenza - è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto col principio di uguaglianza e per il mancato utilizzo della forma della legge costituzionale (Art. li 3 e 138 della Costituzione). Ovvero, quello che nel 2004 andava bene, oggi non è più nelle grazie dei giudici costituzionali

E' vero o no?


RispondiCitazione
Truman
Membro Moderator
Registrato: 2 anni fa
Post: 4113
 

Per Bubba

ti ho già risposto nel momento in cui ho detto che una sentenza della Corte si commenta solo con le motivazione in mano. Al momento si possono dare solo delle indicazioni di massima.

Ti sottolineo che una delle tre eccezioni di incostituzionalità è stata respinta, fatto per te marginale ma a me non appare tale.

Il tuo mescolare pezzi di sentenze precedenti, riassemblandole a tuo piacimento è un modo di fare noto fin dal tempo dei sofisti greci. La variante italiana è più nota come metodo Azzeccagarbugli.

Vorrei dare anche una risposta a Guinness82 e a chi ancora cita a suo piacimento la vecchia immunità parlamentare.

Leggendo la Costituzione è visibile una organizzazione in Principi fondamentali, Diritti e doveri dei cittadini e Ordinamento della Repubblica.

Guarda caso l'Art. 3 che parla dell'uguaglianza di tutti i cittadini si trova nei Principi fondamentali. Ed esiste notevole giurisprudenza costituzionale che evidenzia come i diritti fondamentali siano inderogabili.

Indovinate in quale parte si trovava l'Art. 68?


RispondiCitazione
Guinness82
Active Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 6
 

Guarda io non ho problemi riguardo la Costituzione....

Ma tu ammetti che fino al 1993 conteneva un articolo, il 68, incostituzionale??

Poi mi chiedo: si fa un bel trattamento dei padri costituenti, padri antifascisti della repubblica, a sovvertire quello che avevano scritto in quel testo?

Cioè oggi ci si appella alla costituzione per dire, la legge è uguale per tutti, ma quella stessa costituzione diceva che i parlamentari non potevano essere perseguiti penalmente ecc.. ecc..

è chiaro o no?


RispondiCitazione
Aldebaran
Eminent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 25
 

L'articolo 68 stabiliva che occorreva per la maggior parte dei procedimenti penali che coinvolgevano i parlamentari occorreva l'autorizzazione a procedere di camera (o senato). La legge Alfano (esattamente come quella Schifani) prevede la totale immunità da qualunque tipo di procedimento per QUALUNQUE TIPO DI REATO nei confronti delle quattro (cinque nella precedente legge Schifani) più alte cariche dello stato senza che nè il parlamento nè nessun altro possano mettere bocca. Per questo motivo sia la Legge Schifani sia quella Alfano sono completamente fuori dal quadro costituzionale del vecchio articolo 68 e anche di qualsiasi legge che vige in Europa a protezione di parlamentari e alte cariche dello stato.
La legge Alfano, come quella Schifani, è incostituzionale perchè non prevede limiti ai tipi di reati commessi dalle alte cariche nè temporali (le alte cariche erano coperte da immunità anche per reati commessi magari vent'anni prima, quindi al di fuori della funzione politica che si sta svolgendo in quel momento) nè di specie di reato (quindi reati commessi appunto al di fuori delle funzioni svolte nell'incarico politico che sista ricoprendo).

La legge Alfano è stata bocciata dalla Corte perchè ha riproposto sostanzialmente immutati gli stessi vizi anticostituzionali della precedente legge Schifani.


RispondiCitazione
Bubba
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 292
Topic starter  

Per Bubba

ti ho già risposto nel momento in cui ho detto che una sentenza della Corte si commenta solo con le motivazione in mano. Al momento si possono dare solo delle indicazioni di massima.

Ti sottolineo che una delle tre eccezioni di incostituzionalità è stata respinta, fatto per te marginale ma a me non appare tale.

Il tuo mescolare pezzi di sentenze precedenti, riassemblandole a tuo piacimento è un modo di fare noto fin dal tempo dei sofisti greci. La variante italiana è più nota come metodo Azzeccagarbugli.

Vorrei dare anche una risposta a Guinness82 e a chi ancora cita a suo piacimento la vecchia immunità parlamentare.

Leggendo la Costituzione è visibile una organizzazione in Principi fondamentali, Diritti e doveri dei cittadini e Ordinamento della Repubblica.

Guarda caso l'Art. 3 che parla dell'uguaglianza di tutti i cittadini si trova nei Principi fondamentali. Ed esiste notevole giurisprudenza costituzionale che evidenzia come i diritti fondamentali siano inderogabili.

Indovinate in quale parte si trovava l'Art. 68?

Da un blog:

Lettereassurde dice:
Guarda che pure il lodo Schifani-Maccanico violava l'articolo 3, che per altro in questo post è stravolto nel suo significato attribuito alla corte del 2004.
---------------------------

Alessandro dice:
Circa il commento 3, invece, si accusa il post di stravolgere il senso di una sentenza, il che rappresenta un'affermazione grave verso chi il diritto lo studia da 16 anni.

Quindi, permettimi di citare, aprendo le virgolette, la parte della motivazione della sentenza 24 del 2004 in cui si stabilisce che il principio di uguaglianza in senso stretto non subiva violazione dal lodo Schifani:

"Da quanto detto emerge anzitutto che la misura predisposta dalla normativa censurata crea un regime differenziato riguardo all’esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale.

La constatazione di tale differenziazione non conduce di per sé all’affermazione del contrasto della norma con l’art. 3 della Costituzione. Il principio di eguaglianza comporta infatti che, se situazioni eguali esigono eguale disciplina, situazioni diverse possono implicare differenti normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha decisivo rilievo il livello che l’ordinamento attribuisce ai valori rispetto ai quali la connotazione di diversità può venire in considerazione.

Nel caso in esame sono fondamentali i valori rispetto ai quali il legislatore ha ritenuto prevalente l’esigenza di protezione della serenità dello svolgimento delle attività connesse alle cariche in questione".

Le censure rivolte da quella sentenza al lodo Schifani facevano essenzialmente riferimento alla violazione del diritto di difesa (Art. 24, e non 3 della Costituzione) perchè la sospensione del processo era automatica e non consentiva al beneficiato di rinunciarvi; nonchè, all'art 111 sotto il profilo della durata ragionevole del processo perchè ammettevano il rinnovarsi del Lodo in caso di rielezione o di nuova nomina alle altissime funzioni citate dal provvedimento.
L'unico profilo di violazione dell'art 3 individuato all'epoca dalla corte costituzionale consisteva nel sottoporre alla norma di sospensione del processo cariche tra loro diverse, ovvero quelle per definizione politiche con quella del Presidente della corte costituzionale (carica, quest'ultima, che infatti non è stata considerata dal lodo Alfano).

Nessun contrasto fu ravvisato, invece, con la posizione dei comuni cittadini come ora è stato scritto nella presente decisione.

Questo giusto per ribadire che chi stravolge è chi non legge i provvedimenti, ma si ferma alle veline di parte o al pregiudizio interessato derivante dai tanti megafoni sparsi nel paese che, per riprendere un tema tanto attuale, fanno disinformazione e non informazione.

Buona giornata Leonardo.

-------------------------

Alessandro dice:
Napolitano nel promulgare la legge Alfano, con la nota di promulgazione da lui firmata, fece riferimento proprio al passo della sentenza 24/2004 in cui si stabiliva che trattandosi di sospensione del processo per le alte cariche e non di una immunità funzionale, non era necessaria la forma della legge costituzionale. Per questo, e per l'accoglimento dei rilievi relativi alla violazione dell'art. 11, dell'art. 24 e dell'art 3 circa la questione della diversa posizione del presidente della corte costituzionale, il presidente Napolitano ha sottoscritto e quindi promulgato il cosiddetto Lodo.
Non è invece corretto e non corrisponde a quanto stabilite oggi e nel 2004 affermare sbrigativamente che gli "altri articoli" sono stati violati per la questione della "forma contingente": il problema della forma delle leggi è riferibile agli articoli 70 e seguenti (se ci riferiamo alla legge ordinaria) o 138 (se ci riferiamo alla legge costituzionale) ma non certo all'art. 24 (riferito al diritto di agire e difendersi in giudizio) e 111 (che detta i fondamenti del giusto processo) della Costituzione, le quali norme sono state invece poste a fondamento della sentenza sul lodo Schifani, senza che alcuna rilevanza dirimente fosse attribuita all'epoca all'articolo 138 stesso.

Circa il testo del commento 4, c'è scritto chiaramente che anche il lodo Schifani Maccanico violava l'articolo 3, ed il post stravolge il senso della stessa norma.
Viceversa, la sentenza del 2004 si limita a sottolineare il solo profilo di disuguaglianza più volte richiamato, concernente la non equiparabilità della presidenza della corte costituzionale alle altre cariche menzionate, il quale rappresenta una questione interpretativa assai marginale nel contesto del provvedimento legislativo all'epoca impugnato.
Circa il senso dell'articolo 3 esso è, nel suo significato ristretto e ragionevole, interpretato come norma che impone il trattamento eguale di situazioni uguali, e difforme per situazioni diverse: è così nella decennale giurisprudenza costituzionale e nella totalità della dottrina che si è occupata del problema, ivi compreso Piero Calamandrei, nota icona della resistenza passata e presente; quindi da un lato non solo il post non ha stravolto nulla, in quanto ha fedelmente citato quanto scritto nelle motivazioni, ma dall'altro questa interpretazione - consolidata - della norma ne esclude per il caso di specie la riferibilità ai comuni cittadini, essendo di tutta evidenza che chi esercita le alte funzioni di capo del governo, presidente della repubblica, presidente del senato o della camera non è e non può essere nella stessa posizione del cittadino comune. Perciò, anche le sue situazioni processuali possono - possono, non debbono - essere regolate diversamente senza che ciò comporti disuguaglianze vietate.

Circa l'orgoglio del giurista, lo possiamo lasciar da parte: quella che viene compromessa da affermazioni infondate è la verità scientifica.
-------------------------

Lettereassurde dice:
Alessandro, quello che dici è tutto vero e condivisibile. Anche quando parli della tradizione che deriva da Calamandrei circa l'interpretazione dell'articolo 3, il secondo comma dell'articolo 3 è esemplificativo.
Solo quando parli dell'articolo 3 in relazione alla sentenza del 2004 non mi convinci. Io sostengo che la violazione dell'articolo 3 da parte del lodo Schifani ebbe una portata più ampia, non è stata solo una questione tra cariche dello stato. Lo dico perchè nelle motivazioni della sentenza 24 del 2004 io trovo scritto questo:

"La norma impugnata prevede una forma di immunità processuale prescindendo da ogni connessione funzionale fra la carica pubblica e gli atti posti in essere dal soggetto che la ricopre. Ciò in violazione dell'art. 3 Cost., che vieta al legislatore ordinario d'introdurre differenziazioni normative basate esclusivamente su elementi soggettivi. Per la tendenziale universalità del precetto di legge la norma deve dirigersi a tutti senza distinguere in base a categorie soggettive, ma soltanto oggettive (natura dell'atto, dei beni, etc.) in logico rapporto con la natura dell'attività e senza aver riguardo a connotati inerenti alle persone (prestigio, onore, dignità, etc.). Nella fattispecie, invece, un tale rapporto è del tutto assente (laddove si prevede la sospensione dei processi per illeciti compiuti prima dell'assunzione della carica). In essa, infatti, il munus publicum rappresenta non già il fondamento e il limite dell'immunità, bensì il mero presupposto di essa. Ciò che si tutela, dunque, non è la funzione, ma la persona, introducendo così un vero e proprio privilegio personale."

Dimmi un po' tu come interpreti queste motivazioni. A me sembra che si violi l'articolo 3 in una maniera ben più radicale.

--------------------

Alessandro dice:
Lettere Assurde, prima di tutto mi compiaccio del fatto che dal lei siamo pas
sati al tu: e lo dico senza ironia.

Secondariamente, devo rilevare che la parte da te citata della sentenza n. 24 del 20 gennaio 2004 della Corte costituzionale rappresenta il "virgolettato" della parte della decisione in cui l'estensore della sentenza sta descrivendo il fatto da cui essa si origina. Per essere più precisi l'estensore- nella parte prima del provvedimento, rubricato "Ritenuto in fatto"- sta ricostruendo gli argomenti utilizzati dalle parti del contraddittorio innanzi alla Corte e, per essere ancora più precisi, dà conto delle argomentazioni proposte dalla "parte privata", ovvero dalla CIR Spa che si era costituita attivamente nel procedimento. La descrizione della memoria CIR trova narrazione nel capo 5 della sentenza, mentre nei capi precedenti si dà conto delle deduzioni delle altre parti del procedimento, ivi compresa quella del giudice rimettente (il tribunale di Milano) e della Presidenza del consiglio dei ministri.

Dopodichè, nella parte II della decisione, opportunamente intitolata "Considerato in diritto" inizia il giudizio della Corte Costituzionale sulla questione ad essa sottoposta. Non puoi quindi attribuire al "pensiero" della Corte quanto scritto nella parte meramente narrativa della sua decisione: sarebbe fuorviante ed errato.

Mi permetto allora di riportarti integralmente questa parte, rubricata appunto "Considerato in diritto", che è la sola che può considerarsi "dispositiva" in quanto essa e solo essa rappresenta il punto di vista della Consulta sulla lite, l'unico "statuito" che fa "giudicato costituzionale":

"Considerato in diritto

1.― Il Tribunale di Milano solleva questione di legittimità costituzionale del comma 2, in relazione al comma 1, dell’art. 1 della legge 20 giugno 2003, n.140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), il quale, fatti salvi gli articoli 90 e 96 della Costituzione, dispone la sospensione, dall’entrata in vigore della legge stessa, dei processi penali in corso nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 (Presidente della Repubblica, Presidente del Senato della Repubblica, Presidente della Camera dei deputati, Presidente del Consiglio dei ministri, Presidente della Corte costituzionale), in ogni fase, stato o grado, per qualsiasi reato, anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime.

Secondo il giudice remittente la norma censurata, nello stabilire per i processi suindicati la sospensione automatica, generalizzata e senza prefissione di un termine finale, viola l’art. 3 Cost., anzitutto con riguardo all’art. 112 Cost., che sancisce il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale; in secondo luogo con riferimento agli artt. 68, 90 e 96 Cost., in quanto attribuisce alle persone che ricoprono una delle menzionate alte cariche dello Stato una prerogativa non prevista dalle citate disposizioni della Costituzione, che verrebbero quindi ad essere illegittimamente modificate con legge ordinaria, in violazione anche dell’art. 138 Cost., disposizione questa che il remittente non indica nel dispositivo dell’ordinanza, ma cita in motivazione ed alla quale fa implicito ma chiaro riferimento in tutto l’iter argomentativo del provvedimento; infine viola gli artt. 24, 111 e 117 Cost., perché non consente l’esercizio del diritto di difesa da parte dell’imputato e delle parti civili, in contrasto anche con la Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

2.― In via preliminare si osserva che l’astensione dei magistrati componenti del collegio presso il quale era incardinato il processo penale e che ha sollevato la presente questione incidentale non ha influenza sulla rilevanza e quindi sull’ammissibilità della medesima.

L’astensione, infatti, non comporta la regressione del giudizio ad una fase preprocessuale, tale da escludere l’immediata applicazione della norma da scrutinare.

E’ opportuno soggiungere che, secondo il principio affermato dall’indirizzo di gran lunga prevalente di questa Corte (v., ex plurimis, ordinanze n. 270 del 2003, n. 383 del 2002, n. 110 del 2000, sentenze n. 171 del 1996 e n. 300 del 1984), le vicende del giudizio a quo non incidono sullo svolgimento del processo costituzionale, caratterizzato dall’interesse generale alla risoluzione della prospettata questione. Né si può aderire alla tesi difensiva secondo la quale, non essendovi altri processi pendenti nei quali potrebbe ipotizzarsi l’applicazione della norma censurata, non sarebbe configurabile alcun interesse generale cui riferirsi. Non soltanto, infatti, non è provata tale situazione, ma la tesi non tiene conto del rilievo secondo cui la disposizione in oggetto (comma 2 dell’art. 1 della legge n. 140 del 2003) ha carattere di transitorietà anche rispetto alla norma – non espressamente formulata ma necessariamente desumibile – la quale impone l’immediata sospensione di quei processi penali nei quali dovesse verificarsi in qualsiasi momento la coincidenza della qualità d’imputato con quella di titolare di una delle cinque alte cariche indicate nel comma 1 dello stesso art. 1.

La questione, pertanto, non riguarda soltanto il processo in cui è stata sollevata, ma ha valenza generale, sicché dev’essere esaminata nel merito.

3.― Per rispondere agli interrogativi posti dall’ordinanza di rimessione occorre, in primo luogo, definire quali siano la natura, la funzione e la portata della normativa impugnata.

Essa riguarda una sospensione del processo penale, istituto che si sostanzia nel temporaneo arresto del normale svolgimento del medesimo ed è oggetto non di una disciplina generale, bensì di specifiche regolamentazioni dettate con riguardo alla diversità dei presupposti e delle finalità perseguite.

Le sospensioni possono essere così raggruppate:

a) sospensioni per l’esistenza di una pregiudiziale (costituzionale, comunitaria, civile, amministrativa, tributaria etc.);

b) sospensioni dovute all’instaurazione di procedimenti incidentali finalizzati ad assicurare la terzietà del giudice o la serenità dello svolgimento del processo (ricusazione, rimessione);

c) sospensioni per il compimento di atti e comportamenti che possono influire sull’esito del processo in modo tale da rendere tale esito, nella valutazione del legislatore, preferibile rispetto a quelli prevedibili sulla base del normale svolgimento del processo stesso (come avviene per l’affidamento in prova dell’imputato nel processo minorile e per il compimento delle riparazioni, delle restituzioni e del risarcimento del danno nel processo davanti al giudice di pace);

d) sospensioni per ragioni soggettive, quali quella dipendente dalla condizione dell’imputato che per infermità di mente non è in grado di partecipare coscientemente al processo, e quella degli appartenenti a reparti mobilitati prevista dall’art. 243 del codice penale militare di guerra.

Se si prescinde da quest’ultima, peraltro prevista in un testo risalente (regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303), mai sottoposto a scrutinio di costituzionalità e soprattutto connesso ad una situazione eccezionale quale lo stato di guerra, le altre sospensioni soddisfano esigenze del processo e sono finalizzate a realizzare le condizioni perché esso abbia svolgimento ed esito regolari, anche se ciò può comportare la temporanea compressione dei diritti che vi sono coinvolti. Ciò vale anche per la sospensione stabilita per l’ipotesi dell’imputato incapace, perché la capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo è aspetto indefettibile del diritto di difesa senza il cui effettivo esercizio nessun processo è im
maginabile, come questa Corte ha affermato fin dai primi anni della sua attività (cfr. sentenze n. 59 del 1959 e n. 354 del 1996).Da quanto fin qui esposto emerge che la sospensione, di solito prevista per situazioni oggettive del processo, è funzionale al suo regolare proseguimento.

Ciò non significa che quello delle sospensioni sia un sistema chiuso e che il legislatore non possa stabilire altre sospensioni finalizzate alla soddisfazione di esigenze extraprocessuali, ma implica la necessità di identificare i presupposti di tali sospensioni e le finalità perseguite, eterogenee rispetto a quelle proprie del processo.

4.― La situazione cui si riconnette la sospensione disposta dalla norma censurata è costituita dalla coincidenza delle condizioni di imputato e di titolare di una delle cinque più alte cariche dello Stato ed il bene che la misura in esame vuol tutelare deve essere ravvisato nell’assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche.
Si tratta di un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale
.

E’ un modo diverso, ma non opposto, di concepire i presupposti e gli scopi della norma la tesi secondo la quale il legislatore, considerando che l’interesse pubblico allo svolgimento delle attività connesse alle alte cariche comporti nel contempo un legittimo impedimento a comparire, abbia voluto stabilire una presunzione assoluta di legittimo impedimento. Anche sotto questo aspetto la misura appare diretta alla protezione della funzione.

Occorre ora accertare e valutare come la norma incida sui principi del processo e sulle posizioni e sui diritti in esso coinvolti.

5.― La sospensione in esame è generale, automatica e di durata non determinata.

Ciascuna di siffatte caratteristiche esige una chiarificazione.

La sospensione concerne i processi per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca commessi, che siano extrafunzionali, cioè estranei alle attività inerenti alla carica, come risulta chiaro dalla espressa salvezza degli artt. 90 e 96 della Costituzione.

Essa è automatica nel senso che la norma la dispone in tutti i casi in cui la suindicata coincidenza si verifichi, senza alcun filtro, quale che sia l’imputazione ed in qualsiasi momento dell’iter processuale, senza possibilità di valutazione delle peculiarità dei casi concreti.

Infine la sospensione, predisposta com’è alla tutela delle importanti funzioni di cui si è detto e quindi legata alla carica rivestita dall’imputato, subisce, per quanto concerne la durata, gli effetti della reiterabilità degli incarichi e comunque della possibilità di investitura in altro tra i cinque indicati. E non è fondata l’obiezione secondo la quale il protrarsi dell’arresto del processo sarebbe da attribuire ad accadimenti e non alla norma, perché è questa a consentire l’indefinito protrarsi della sospensione.

6.― Da quanto detto emerge anzitutto che la misura predisposta dalla normativa censurata crea un regime differenziato riguardo all’esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale.

La constatazione di tale differenziazione non conduce di per sé all’affermazione del contrasto della norma con l’art. 3 della Costituzione. Il principio di eguaglianza comporta infatti che, se situazioni eguali esigono eguale disciplina, situazioni diverse possono implicare differenti normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha decisivo rilievo il livello che l’ordinamento attribuisce ai valori rispetto ai quali la connotazione di diversità può venire in considerazione.

Nel caso in esame sono fondamentali i valori rispetto ai quali il legislatore ha ritenuto prevalente l’esigenza di protezione della serenità dello svolgimento delle attività connesse alle cariche in questione.

Alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili è regolato da precetti costituzionali.

L’automatismo generalizzato della sospensione incide, menomandolo, sul diritto di difesa dell’imputato, al quale è posta l’alternativa tra continuare a svolgere l’alto incarico sotto il peso di un’imputazione che, in ipotesi, può concernere anche reati gravi e particolarmente infamanti, oppure dimettersi dalla carica ricoperta al fine di ottenere, con la continuazione del processo, l’accertamento giudiziale che egli può ritenere a sé favorevole, rinunciando al godimento di un diritto costituzionalmente garantito (art. 51 Cost.). Ed è appena il caso di osservare che, in considerazione dell’interesse generale sotteso alle questioni di legittimità costituzionale, è ininfluente l’atteggiamento difensivo assunto dall’imputato nella concretezza del giudizio.

Sacrificato è altresì il diritto della parte civile la quale, anche ammessa la possibilità di trasferimento dell’azione in sede civile, deve soggiacere alla sospensione prevista dal comma 3 dell’art. 75 del codice di procedura penale.

7.― Si è affermato, per sostenere la legittimità costituzionale della legge, che nessun diritto è definitivamente sacrificato, nessun principio costituzionale è per sempre negletto.

La tesi non può essere accolta.

All’effettività dell’esercizio della giurisdizione non sono indifferenti i tempi del processo. Ancor prima che fosse espressamente sancito in Costituzione il principio della sua ragionevole durata (art. 111, secondo comma), questa Corte aveva ritenuto che una stasi del processo per un tempo indefinito e indeterminabile vulnerasse il diritto di azione e di difesa (sentenza n. 354 del 1996) e che la possibilità di reiterate sospensioni ledesse il bene costituzionale dell’efficienza del processo (sentenza n. 353 del 1996).

8.― La Corte ritiene che anche sotto altro profilo l’art. 3 Cost. sia violato dalla norma censurata.

Questa, infatti, accomuna in unica disciplina cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni e distingue, per la prima volta sotto il profilo della parità riguardo ai principi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti. Né vale invocare, come precedente e termine di comparazione, l’art. 205 cod.proc.pen. il quale disciplina un aspetto secondario dell’esercizio della giurisdizione, ossia i luoghi in cui i titolari delle cinque più alte cariche dello Stato possono essere ascoltati come testimoni.

Non è superfluo soggiungere che, mentre vengono fatti salvi gli artt. 90 e 96 Cost., nulla viene detto a proposito del secondo comma dell’art. 3 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, che ha esteso a tutti i giudici della Corte costituzionale il godimento dell’immunità accordata nel secondo comma dell’art. 68 Cost. ai membri delle due Camere. Ne consegue che si riscontrano nella norma impugnata anche gravi elementi di intrinseca irragionevolezza.

La questione è pertanto fondata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Resta assorbito ogni altro profilo di illegittimità costituzionale.

9.― La disposizione direttamente impugnata si inserisce in un contesto normativo le cui articolazioni, per quanto riguarda i primi due commi – che si riferiscono, rispettivamente, alle due situazioni della non sottoponibilità a processo e della sospensione dei processi eventualmente già in corso – sono dirette alla medesima, sostanziale finalità, hanno lo stesso ambito soggettivo di applicazione ed entr
ano in contrasto con gli stessi precetti costituzionali. Pertanto, in via conseguenziale ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la dichiarazione di illegittimità costituzionale deve estendersi anche ai commi 1 e 3, non direttamente impugnati, dell’art. 1 della legge n. 140 del 2003: al comma 1 per le ragioni appena dette, ed al comma 3, concernente la sospensione della prescrizione per il tempo di applicazione delle misure di cui ai primi due commi, perché lo stesso, caducati i precedenti, non ha alcuna autonomia applicativa.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separata decisione la questione di legittimità costituzionale dell’art. 110, quinto comma, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), sollevata dal Tribunale di Milano con l’ordinanza in epigrafe;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n.140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato);

dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 3, della predetta legge n. 140 del 2003.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2004.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2004."

Come puoi vedere, la Corte Costituzionale all'epoca considerò il lodo Schifani come introduttivo non di una immunità, per la quale sarebbe servita la legge costituzionale, ma di una sospensione processuale, disponibile anche per mezzo di legge ordinaria senza che si potesse porre un contrasto col principio di uguaglianza e ragionevolezza in senso stretto per i motivi che ti ho esposto ne precedente commento; l'unico e solo profilo di contrasto tra il lodo Schifani e l'art. 3 riguardava la necessità di distinguere la posizione del presidente della Corte Costituzionale.

Ancora, dalla firma sottoposta al provvedimento puoi vedere che chi ha scritto quella sentenza è Francesco Amirante, attuale presidente della Corte e all'epoca giudice relatore: fermi imotivi di diritto che ho considerato sia nel post che nei commenti in risposta ai tuoi interventi, e che ritengo validissimi nonchè supportati dalla decisione passata, quello che deve rilevare (per tutti: di destra e di sinistra) che la Corte ha cambiato idea e non ha rispettato essa stessa le indicazioni che aveva posto nella sua decisione del 2004, venendo meno al principio tipico di ogni stato di diritto a costituzione rigida (ovvero, la collaborazione tra istituzuioni) e sconfessando clamorosamente sia il Parlamento che il Capo dello Stato dopo aver determinato il proprio lavoro con una propria decisione. Il che, ferma la criticabilità nel merito di provvedimenti come il lodo Alfano (che però va pur bilanciato in relazione ad un sistema come il nostro, dove gli avvisi di garanzia li notificano i giornali) quantomeno deve far sorgere dubbi circa il rispetto del principio della certezza del diritto da parte addirittura di quegli organi di garanzia che sono chiamati a garantire l'uniforme interpretazione della legge e della Costituzione.
venendo ad un altro tuo commento, pur non riferito direttamente a me, io ritengo che Napolitano in merito a questa vicenda sia stato ineccepibile: bene ha fatto a promulgare il lodo Alfano, bene ha fatto (almeno a quanto si sa) a non intromettersi nella decisione dei giudici costituzionali. Tuttavia, non deve nemmeno stupire che un capo dello stato eletto a colpi di maggioranza da un parlamento nato con soli 25000 voti di differenza tra l'allora maggioranza e la sua opposizione, e che lo stesso organo d'informazione del suo partito veniva salutato, all'indomani della sua elezione come "Il nostro presidente" (vedi la prima pagina dell'Unità del giorno successivo appunto all'elezione) sia indebolito e possa, sia pure con il biasimo di chi ritiene che la politica debba essere improntata alla buona educazione, essere accusato di parzialità.
Salutandoti, mi scuso con Leonardo per la lunghezza dei miei interventi e con te se ti annoierai leggendoli.


RispondiCitazione
Truman
Membro Moderator
Registrato: 2 anni fa
Post: 4113
 

@Guinness82: forse è il caso di chiarire che l'art. 68 è sempre in vigore e bisogna fare attenzione per capire cosa è cambiato da una versione alla successiva. (Se leggo bene, in pratica adesso si può indagare sui parlamentari, prima non era possibile).

Comunque i cambiamenti sono stati fatti con regolare legge costituzionale, quindi con la procedura aggravata prevista per tali leggi.

@bubba: le motivazioni vecchie si confrontano con le nuove motivazioni. O resti in fiduciosa attesa esprimendo un dubbio perplesso, oppure sei schierato a priori per qualche tuo motivo. Lascio valutare ai lettori.


RispondiCitazione
Pagina 1 / 2
Condividi: