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Il Neo-Consociativismo


marita91
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IL NEOCONSOCIATIVISMO

Aurelio Di Matteo

Ci risiamo! La malattia della sinistra, che non ha mai fatto i conti con il passato di osservanza marx-leninista, e la visione integralista cattolica della società, che non si è mai liberata dall’aspirazione a una teocrazia eticamente totalitaria, si sono rincontrate in quel cammino che la politica ciclicamente ripercorre. L’attuale governo altro non è che la riedizione di ciò che avvenne alla fine degli anni settanta, quando l’invenzione astratta del “rigore etico” di Berlinguer, che mistificava con il pregiudizio ideologico la ben diversa realtà dell’agire politico, e l’immobilismo interclassista del partito cattolico s’incontrarono all’ombra della gramsciana “egemonia dell’intellighenzia” e della “soluzione etico-religiosa” delle ineguaglianze e dei contrari. Il partito confraternita della tradizione togliattiana s’incontrò con la vocazione teocratica della Chiesa cattolica: fideismo delle masse e guida “illuminata” degli intellettuali, gerarchia e centralismo democratico, idealità della parola e concretezza dell’azione, predicazione etica e gestione degli interessi terreni. Il risultato fu, da una parte, la cristallizzazione della struttura sociale e dei rapporti civili ed economici e, dall’altra, la sostituzione della prassi dell’uguaglianza (PCI) e della fraternità (Cristianesimo) con l’ideologia dell’assistenza (PCI) e della solidarietà (Chiesa). Anche allora si viveva un “tempo di emergenza”, seppure di altra natura. E in nome dell’emergenza veniva a compimento, nella formula politica del Compromesso storico, la prospettiva teorizzata da tempo dalla sinistra DC con i Patti costituzionali di De Mita e dall’”eretico” Giorgio Amendola con “Il PCI partito di governo”. A coglierne i frutti non furono questi due leader: uno, per lo standard politico italiano, ritenuto ancora giovane tra i più anziani cavalli di razza democristiani; l’altro bruscamente stroncato nel partito dall’ibrida alleanza tra Berlinguer e Napolitano e nella vita dalla malattia. Cos’era il consociativismo se non l’abdicazione della politica e la sua dipendenza da scelte che lasciavano inalterata la struttura sociale nella quale si poteva esercitare il dominio del libero circuito dell’economia. La forza dei gruppi economici, guidata allora dalla Confindustria che propugnò di fatto la strategia della “socializzazione delle perdite e la privatizzazione degli utili” si rivelò in tutta la sua evidenza quando a scompaginare l’idillio consociativo irruppe nella scena politica il riformismo craxiano. L’alleanza economia-assistita e massimalismo etico trovò i suoi strumenti di teorizzazione e di lotta mediatica nei gruppi di intellettuali, variamente epigoni dell’azionismo astratto di ispirazione marxiana, poco amanti della democrazia e fautori illuministicamente del partito-guida. E anche allora si cominciò a teorizzare il rifiuto della partitocrazia, l’urgenza della questione morale e un governo di tecnici. A farsi portavoce di queste istanze, che possono essere ricomprese tutte nella teorizzazione dell’antipolitica, furono i gruppi editoriali legati al cosiddetto capitalismo di famiglia, con i quotidiani La Stampa, il Messaggero, il Corriere, Repubblica, con le loro propaggini di settimanali e mensili. A questi possiamo aggiungere oggi anche il Giornale e Libero. In continuità è una voce variamente trasversale ma, ieri come oggi, convergente a restringere in nome dell’emergenza i margini del dibattito e della discussione. Ebbe a dire Bettino Craxi: ” si rovescia indiscriminatamente sulla classe politica una valanga di qualunquismo e a essa si contrappongono valori astratti e la presunta superiorità delle élites tecnocratiche……chi auspica l’esecutivo dei tecnici e degli onesti (?) rifiuta il sistema dei partiti che è pur sempre l’architrave del sistema democratico…. la critica ai partiti è legittima purché sia salutare e rinnovatrice.” E ancor più efficacemente decenni prima Salvemini: ” Sopprimiamo la discussione e non ci resterà che la scomunica (in mancanza del rogo), o il manganello, o il colpo alla nuca.” Se la politica viene messa da parte o masochisticamente abdica alla sua funzione, al suo posto s’istalleranno le potenze economiche, le caste dei tecnici camuffate da salvatrici della patria, le vecchie e nuove lobby; mentre sulla piazza resteranno i novelli imbonitori che, prosperando con la politica, alimenteranno e si alimenteranno d’ingannevole antipolitica. È vero che c’è l’emergenza, ma in nome di essa, un governo di tecnici è nell’interesse dei cittadini “normali” o soltanto di gruppi finanziari ed economici? E i due grandi partiti, come fu ieri, sono dalla nostra parte o da quella dei gruppi finanziari, che l’emergenza hanno generato, con la prospettiva e l’obiettivo che nulla cambi negli assetti e nelle articolazioni strutturali della società?

http://www.dentrosalerno.it/web/2011/12/22/il-neo-consociativismo/


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