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Il web e la protesta in Iran.


Tao
 Tao
Illustrious Member
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The revolution will not be televised (but twittered). Il web e la protesta in Iran

[Il titolo è ovviamente una citazione del libro di Trippi. Ma qui non dei prodromi d'obama si scrive, ma di ciò che sta accadendo in Iran]

«Twitter al momento è l’unico strumento che abbiamo per comunicare all’esterno, non toglietecelo». Messaggio in 140 caratteri firmato “Mousavi1388” (1388 è lanno corrente nel calendario persiano), profilo riconducibile al candidato Hossein Mousavi, sconfitto alle recenti contestate elezioni iraniane da Mahmoud Ahmadinejad. Negli ultimi giorni in Iran si comunica attraverso blog e social network: «Senza libera stampa – recita un altro update – ogni persona deve diventare mass media». One person = one broadcaster, questa la sintetica ed efficace formula usata dalla protesta iraniana sul web.

Ecco perchè il governo iraniano ha impedito l’accesso a molti servizi online: blog oscurati, Facebook e Twitter inaccessibili, Friendfeed bloccato (come ha comunicato il suo fondatore Bret Taylor con tanto di grafico esplicativo che svela anche l’intenso uso che gli iraniani facevano del social network, ottimo per organizzare le informazioni in velocissimi thread).

Yes, Friendfeed is blocked in Iran. Right now the papers and TV channels here are controlled by the government and our access to satellite channels is blocked too. Friendfeed and Twitter are quite vital for us now. Our main source of exchanging information and news is Friendfeed. Via Friendfeed we let everyone know that where people need help and where to go and how to help them and what to be careful about… (un commento di Selma, utente iraniana, circa l’uso di Friendfeed)

Ed ecco perchè poche ore fa il governo statunitense ha chiesto a Twitter di rimandare i lavori di manutenzione sul server previsti in queste ore, per non togliere questo canale di comunicazione alla protesta.

Andrew Sullivan sta facendo opera meritoria di aggregazione e framing delle molteplici e polverizzate informazioni che arrivano, scremando e controllando i tweet provenienti da Tehran e dintorni in un post dal titolo evocativo: Livetweeting the revolution

Una censura telematica, quella delle autorità iraniane, che si somma alle altre segnalate nelle ultime ore, dall’istant messaging ai satelliti, dai giornali ai cellulari. Ma non è facile bloccare un web maturo come quello iraniano, dove il 70% della popolazione ha meno di 30 anni, ed è ai primi posti mondiali per numero dei blog attivi.

E’ una protesta globale e consapevole, giocata con tutte le opportunità digitali a disposizione: un movimento biunivoco che permette ai singoli testimoni oculari di raccontare in diretta al mondo ciò che accade, e al mondo di contribuire rilanciando le notizie e i contenuti multimediali, ma anche diffondendo stratagemmi per superare i blocchi governativi. Come quello degli utenti di Twitter che da tutto il mondo cambiano il luogo di residenza, inserendo Tehran: «La polizia iraniana cerca di rintracciare le persone che usano twitter dall’Iran. In questo modo si rende la vita più difficile e si proteggono i veri utenti iraniani», spiega il ricercatore Fabio Giglietto.

* Vari i decaloghi e i consigli per azioni di protesta più o meno alla portata di chiunque, da dovunque sia connesso: Nancy Scola su Techpresident: Engaging in Iran, from Miles and Miles Away, cinque mosse per far qualcosa, anche se lontani mille miglia dagli hashtag alle icone verdi
* Cory Doctorow e la sua Cyberwar guide for Iran elections: cinque punti anche qui, per “partecipare costruttivamente alla protesta iraniana” (tradotto in italiano da Internazionale)

L’obiettivo dichiarato è non fare calare il silenzio sul movimento, che denuncia brogli elettorali. Ma il vero centro di gravità della protesta sono i nuovi media, che cercano la sponda di giornali e tv, ma per la prima volta quasi bastano a loro stessi sulla scena dell’opinione pubblica mondiale.

By giving a new generation of Iranians the right to protest, Web 2.0 has become a powerful reformist tool, because for the first time, the people of the Islamic Republic are being watched – and can communicate with – a worldwide audience. The government can no longer suppress a population which refuses to be silent. Leyla Ferani

Lo spiega splendidamente la ventunenne giornalista anglo-iraniana Leyla Ferani su The Telegraph; Facebook, Twitter, YouTube, la internet partecipata e globalizzata che conosciamo hanno di fatto abbattuto il muro virtuale tra Iran e occidente, e non sarà facile fermare questa gioventù connessa: «Nonostante gli sforzi censori del governo, grazie al Web 2.0 le persone hanno la possibilità di poter comunicare con una audience globale». La prossima rivoluzione sarà prima su Internet.

Antonio Sofi
Fonte: www.webgol.it
Link: http://www.webgol.it/2009/06/17/the-revolution-will-not-be-televised-il-web-e-la-protesta-in-iran/
17.06.2009


Citazione
sacrabolt
Prominent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 821
 

Yes, Friendfeed is blocked in Iran. Right now the papers and TV channels here are controlled by the government and our access to satellite channels is blocked too.

Cara Selma. mi spieghi come fanno a bloccarti i canali satellitari? Purtroppo i danni che continuano a fare sono quelli di illudere i rivoltosi che il mondo gliene frega qualcosa. D'altra parte, noi continuiamo a pensare che il popolo iraniano sia quello dei bloggatori. Mi sembra che nonostante lo sviluppo della tecnologia sfugga la sostanza delle cose.

Friendfeed bloccato (come ha comunicato il suo fondatore Bret Taylor con tanto di grafico esplicativo che svela anche l’intenso uso che gli iraniani facevano del social network, ottimo per organizzare le informazioni in velocissimi thread).

Ora pare sia importante fare casino, altrimenti perchè sarebbero così importanti "velocissimi thread"?


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Truman
Membro Moderator
Registrato: 2 anni fa
Post: 4113
 

Vale forse la pena di rileggere qualche punto di L'alba dei network organizzati di Lovink e Rossiter

http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=34

[...]
Il paradigma del neoliberismo si espande attraverso gli apparati biotecnici della vita sociale. E questa situazione è interna alle operazioni delle culture dei media radicali, che esse siano o meno disposte ad ammetterlo.
[...]
occorre rispondere alla domanda: ma perché i blog sono visibili nei media mainstream mentre le reti organizzate non lo sono? Il blogging nasce come un commentario sui media mainstream: Tv, giornali e relativi siti web. A un livello discorsivo i blog stavano operando internamente ai media mainstream. In senso genealogico i blog sono parte dell'industria delle informazioni.
[...]
possiamo vedere una corrispondenza tra i blog e i reality show televisivi
[...]
I blog, analogamente ad altri networks sociali come Friendster, Orkut e così via, sono caratterizzati, in conclusione, da un software che rifiuta l'antagonismo.


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