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Indiani d'America e parallelismi con la resistenza


GioCo
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Avevo promesso a @LuxIgnis di aprire un post sul tema indiani, per spiegare in dettaglio la citazione (da lui criticata) che facevo in un altro POST circa i rituali di invulnerabilità alle pallottole che certe tribù facevano prima di "scendere in battaglia", non tratta da fumetti, come mi veniva rinfacciato, ma da libri di antropologia (abbastanza seri).

Era un modo per indicare come la disperazione portata all'estremo può portare a soluzioni estreme, completamente controproducenti rispetto le esigenze in essere. Un po' come le tribù di un isola vulcanica che buttano periodicamente nella bocca del "dio del fuoco" qualche sfortunato prescelto, al fine di calmarne l'ira funesta.

I meccanismi sottostanti questa "emotività etnicamente incanalata in rituali" sono ben noti e documentati e ne troviamo traccia in tutta l'umanità. Pensiamo ad esempio ai roghi medievali, in cui si bruciava l'eretico di turno dandolo in pasto alle fiamme per purificare la sua anima e gli abitanti dall'influsso del demonio. Se pensiamo poi di esserne immuni perché "la modernità" ci protegge da questi meccanismi... la delusione in merito potrebbe svelarsi cocente. Di fatto non è cambiato niente ad oggi da quel punto di vista e chi è attanto non faticherà a rendersene conto.

Ma quello degli indiani non è semplicemente un caso di "catarsi" che da la stura a follia senza ragione, tipo "dagli all'untore" di medievale memoria, ma un lungo percorso segnato da diverse tappe dove alla fine si può constatare che "la vera debolezza dei pelle rossa fosse nella mancanza di unione". Come scrive giustamente Mauro Conti in bibliomanie (QUI) da cui prendo spunto per spiegare da dove viene la mia citazione.

Prendo solo qualche estratto che mi sembra esaustivo circa l'argomento, lasciando a chi vuole approfondire l'articolo originale, facendo una raccolta sui massacri più feroci della parte finale della storia indiana, per arrivare al massacro di Wounded Knee e a quella che oggi conosciamo come la Ghosts Dance, la Danza degli Spettri, proposta da Wovoka, un indiano Paiute, che fece un sicretismo tra cristianesimo e la danza del sole indiana, attirando l'attenzione di Sioux, dei Cheyenne, dei Kiowa e degli Arapaho perché prometteva la resurrezione dei guerrieri morti, oltre che di impedire alla povere (delle armi da fuoco) di accendersi, il tutto come "riscatto pacifico degli indiani" dalle persecuzioni subite. Episodio che di fatto concluse tragicamente la lunga controversia con gli indiani d'America, al punto da diventare forse la pagina più nera di sempre della storia delle persecuzioni ai danni di chi resiste all'ingiustizia.

Ma vediamo gli estratti...

"La storia del genocidio dei nativi d’America non è facile da indagare: ogni prospettiva critica, infatti, che desideri analizzare e approfondire questo tema storiografico (ma sarebbe meglio dire disastro dell’umanità), si trova di fronte ad un guazzabuglio di interpretazioni in cui non è sempre facile procedere col lume scientifico e pacato dell’inchiesta razionale, tanto, ancora oggi, essa appare avviluppata in rancori, in ostinati silenzi, disperazione e comportamenti frustrati.

[...]

Nell’inverno del 1838 gli indiani Cherokee e altre tribù furono cacciati dalla Georgia e costretti a una lunga marcia forzata per oltre milleseicento chilometri attraverso il Tennesse, il Kentucky, l’Illinois, il Missuri, l’Arkansas. Il trasferimento avvenne in condizioni eccezionali di gelo e pioggia e oltre 13000 uomini, donne e bambini, furono costretti a marciare in condizioni bestiali, senza cibo da mangiare o coperte per difendersi dai rigori invernali o medicamenti contro le malattie. Quelli che non ce la facevano venivano lasciati ai margini e morivano assiderati. Durante la traversata morirono più di 4000 indiani. Da allora quel tragitto della morte si chiamò: La Trail of Tears, la strada delle lacrime.

[...]

Il negoziatore statunitense aveva palesemente ingannato la nazione indiana; perciò fu inviata una petizione al presidente Jackson, ma non venne presa in considerazione. Temendo una reazione violenta contro i settlers16, una risposta armata dopo le menzogne, il Governo federale mandò delle truppe a disarmarli, ma il generale incaricato, compiuto il suo dovere, osservò che ad aver bisogno di protezione erano gli stessi Cherokee.
La deportazione cominciò nel ’38. Gli indiani venivano prelevati nelle loro abitazioni, poi trasferiti in campi militari, avamposti da cui sarebbero partiti. Secondo le cronache locali, all’inizio gli indiani cercarono di scappare ma poi si rassegnarono. Era una cosa penosa vedere vecchi e donne coi capelli grigi accompagnare in triste corteo le guardie federali. La resistenza dei Cherokee a ciò fu minima. Nei campi di raccolta molti contrassero delle malattie, senza contare la presenza di sciacalli che spillavano loro i pochi soldi con whiskey di qualità scadente.
Il viaggio fu una via crucis orribile. Nei primi tempi molti non ressero alla calura estiva e alle conseguenti malattie. Tra ottobre e novembre circa 13.000 Cherokee furono trasferiti ad Ovest corrispondente all’attuale Oklahoma. Durante il viaggio morirono in più di 4000. Nella lingua Cherokee il viaggio verso occidente prese il nome di Nua-da-ut-sun’y ossia “la pista dove piansero”, e anche oggi quella strada è denominata la Trail of Tears, il sentiero delle lacrime.

Il massacro di Sand Creek (1864) spezzò definitivamente ogni legame tra bianchi e indiani delle pianure. Questa miserabile carneficina compiuta dai bianchi costò la vita a circa trecento pelle rossa, tra Cheyenne e Arapaho. L’antefatto sta in una serie di litigi con i bianchi per via del furto di bestiame che venne punito dall’esercito americano con spietate azioni di rappresaglia ma anche con la scoperta dell’oro, avvenuta verso il 1852, nel Colorado e nel Kansas, territori indiani. Il flusso migratorio dei cercatori e dei settlers dava enorme fastidio alle tribù indiane le quali non erano per niente arrendevoli di fronte a quella avanzata folle e avida e perciò, con la consueta tecnica della guerriglia, cercavano di vendicarsi attaccando le diligenze e le stazioni di posta o incendiando i ranches. Il rappresentante dei Cheyenne di nome Black Kettle era stato a Washington a trattare con il Presidente Lincoln sulle questioni territoriali; ma, dopo aver fatto gli accordi, risultava che erano sempre i bianchi a ignorarli. In un antecedente a Cedar Bluffs, mentre i guerrieri cheyenne erano a caccia del bisonte, l’armata del maggiore Downing aveva sorpreso un accampamento di indiani nascosto in un canyon e lo aveva assalito. Nel giro di poche ore erano state trucidate trenta persone tra vecchi, donne e bambini. Il fine dei colonizzatori era l’annientamento dei nemici.

[...]

La mattina del 29 novembre 1864 uno squadrone di 750 cavalieri agli ordini del colonnello Chivington e del maggiore Antony si precipitarono armati di cannoni sull’insediamento di Black Kettle per compiere un massacro. Una sventolante bandiera americana issata sull’accampamento in segno di pace non dissuase gli aggressori i quali, dopo aver aperto il fuoco, scesero da cavallo e si avventarono su chiunque uscisse dalle tende. Fu una carneficina di bambini, di donne sventrate e mutilate orribilmente per portar via dei monili. Gli uomini venivano scotennati per poter prendere loro lo scalpo. Il vecchio capo White Antilope si pose impassibile e orgoglioso davanti alla sua tenda cantando una canzone di guerra che faceva: «niente vive a lungo se non la terra e le montagne», poi venne vigliaccamente abbattuto mentre l’intero campo sprofondava tra le fiamme

[...]

A conclusione di un conflitto secolare che, abbiamo detto, era in primo luogo di natura culturale, troviamo il massacro di Wounded Knee. Attorno al 1890 ormai tutti gli indiani erano stati confinati nelle riserve e avevano modificato il loro stile di vita: da cacciatori erano stati forzati a diventare agricoltori, avevano modificato i loro comportamenti sociali e i bambini venivano mandati a scuola lontano dalle famiglie. La amministrazione federale, al solito, commetteva abusi come nel caso della costruzione di una linea ferroviaria nel territorio dei Sioux o nella soppressione delle pratiche tribali e religiose, retaggio avito e sacro rito del succedersi delle stirpi e delle generazioni.
In quel tempo prese corpo la predicazione di Wovoka, un indiano Paiute, che, in una sorta di sincretismo fatto di spiritualità indigena e cristianesimo, si presentava come inviato del Grande Spirito e parlava di una sorta di risarcimento per la totalità degli indiani dopo secoli di sofferenze. Egli era stato mandato sulla terra per insegnare agli indiani ad amarsi e a celebrare la Ghosts Dance, la Danza degli Spettri, un rituale particolare in cui i danzatori si coprivano di un drappo bianco, fino a che il Messia non fosse ritornato sulla terra in veste di pellerossa per ristabilire i diritti. Se non in patria, la predicazione attrasse l’attenzione degli Sioux, dei Cheyenne, dei Kiowa e degli Arapaho perché prometteva la resurrezione dei guerrieri morti, che, unendosi ai guerrieri vivi, avrebbero finalmente scacciato gli oppressori dal paese.
«Io coprirò la terra con un nuovo sole sotto il quale i bianchi verranno sepolti. La rivestirò di un’erba dolce, di acque limpide e di alberi; mandrie di bisonti e cavalli la percorreranno… Mentre rinnoverò il mondo, i miei figli rossi che danzeranno e pregheranno verranno chiamati tra gli spiriti… Essi non hanno nulla da temere dai bianchi, poiché farò si che la loro polvere non si accenda… e se un uomo rosso muore per mano di un bianco, egli sarà accolto nel regno degli spiriti e ritornerà la primavera seguente…»17.
La Ghosts Dance era una variante della Danza del Sole. Dopo un rito purificatorio che consisteva nell’entrare nella Capanna del Sudore, gli uomini e le donne, tenendosi per mano, ruotavano danzando intorno ad un albero sacro. Nell’incerta luce dei fuochi notturni, le forme in movimento ricoperte di drappi candidi davano l’impressione di fantasmi ondeggianti. Si invocava anche il ritorno del bisonte la cui popolazione, come detto, un tempo era stata numerosa come quella e assai di più degli esseri umani, ed era stata sterminata dalle armi dei bianchi. Così, cantando e ballando, ebbri di stupefacenti e di misticismo, gli adepti crollavano a terra sostenendo di aver incontrato gli spiriti dei trapassati.
Fu la mattina del 29 dicembre che il 7° cavalleggeri del maggiore Forsyth con l’intento di perquisire i tepee degli Sioux che si erano radunati nella zona e disarmare gli indiani innescò la scintilla. L’occasione per vendicare il generale Custer dopo quattordici anni18 era finalmente giunta. Dal fucile di un giovane indiano, insofferente per esser stato brutalmente disarmato, partì un colpo di carabina. L’esercito rispose a cannonate. I fucili e i cannoni facevano fuoco indiscriminatamente sull’accampamento dove erano donne e bambini. Gli Sioux superstiti si difendevano valorosamente con coltelli, tomahawk, archi e frecce ma era tutto inutile e non serviva nemmeno fuggire perché venivano rincorsi dai militari assetati di sangue. La carneficina venne consumata nel giro di qualche ora; poi, una tempesta si scatenò sul campo disperdendo le parti. Quando, dopo qualche giorno, le truppe federali ritornarono, si accorsero del massacro che avevano perpetrato. C’erano corpi di donne e bambini sparsi da tutte le parti, carcasse di guerrieri orrendamente mutilati. Qualcuno di loro era ancora vivo, qualcuno riuscì a fuggire e sarebbe sopravvissuto19. In complesso furono trecento i pellerossa uccisi a Wounded Knee."

 

Non credo ci sia altro da aggiungere...

P.S.

Mi scuso per averci messo tutto questo tempo, ma proprio quando stavo per girare il POST mi si è fritto l'ennesimo PC (il quarto da inizio 2020) dove avevo su tutti i dati raccolti. 😡 

Solo oggi sono riuscito a recuperarne una parte e finalmente realizzare quanto promesso con questo contributo.


Primadellesabbie hanno apprezzato
Citazione
LuxIgnis
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Allora solo per dire alcune cose poi se vogliamo approfondiremo.

Sinceramente non capisco dove il tuo post vuol arrivare. Inizi con la tua tesi sui rituali per proseguire con una serie di citazioni delle ultime guerre indiane. Cosa c'entrano quest'ultime con i rituali eseguiti sinceramente non l'ho capito. Se per te o l'autore a cui fai riferimento il fatto che i nativi abbiano perso le guerre per colpa della loro emotività che si esteriorizzava in rituali di dubbio valore, credo che siete molto ma molto fuori strada. L'avevo già detto.
Tra l'altro nelle citazioni si fa riferimento ad un certo punto ai Cherokee che poco hanno a che fare con i nativi delle pianure (zone differenti) - le nazioni Sioux.

Per quanto riguarda i rituali, il discorso è complesso ma basta dire che i nativi non facevano rituali spinti da un emotività ma con un grado di conoscenza dei misteri della natura che i bianchi se lo sognano. E' vero che ci furono casi di "medicine men" che pensarono di fare rituali per la protezione dalle pallottole, o in battaglia, ma furono derisi dagli stessi nativi. Mi ricordo un passaggio in cui un "medicine men" che aveva un gran bel nome che ora non ricordo, dopo un rituale del genere che chiaramente non funzionò gli fu cambiato il nome dalla tribù in qualcosa come "cazzo moscio" (il nome non è corretto, non lo ricordo ma il senso è quello. Aveva a che fare più con la vagina). I nativi avevano un gran senso dell'ironia! Ma questo per dire che non è come dicono gli antropologi che come al solito non capiscono una ceppa, osservando con la loro mentalità ristretta cose che hanno una complessità che sarebbe necessario vivere nel campo decine di anni per poterne assimilare tutte le sfumature e significati.

Io non li leggo gli antropologi, io ho letto direttamente i libri che hanno scritto i nativi stessi. Perché sono loro che possono raccontare della loro storia che gli appartiene non gli altri. E che anche raccontano dei loro rituali e del loro significato. Il resto è  per lo più fuffa. E questo non accade solo per i nativi americani ma per tutti i nativi colonizzati e massacrati dal grande uomo bianco che non capisce nulla, ma che si atteggia  al "io so tutto". Dinamica che vediamo anche in questi giorni è diffusa ampiamente. I famosi "esperti".

Per concludere, è vero che ci furono occasioni in cui rituali apotropaici di protezione dalle pallottole o altro, furono eseguiti. Ma furono casi isolati e derisi dagli stessi nativi come ho già detto. Non erano generalizzati e non è per quello che hanno perso la guerra. La differenza tecnologica delle parti in campo conterà qualcosa? "Quando un uomo con un fucile incontra un uomo con la pistola..." Chi vincerà?

Ritengo molto riduttiva ed un poco arrogante volere far decadere il tutto ad una "emotività etnicamente incanalata in rituali". Una visione dei rituali molto ignorante. I rituali avevano ed hanno un valore molto ma molto diverso da quello che traspare qui. Avevano un valore sociale e di integrazione con la natura, più che emotivo.
Anche la ghost dance che citi nasce già in una fase di decadenza e disperazione dei nativi, ormai massacrati da più punti di vista. Ed è stata dichiarata di nessun valore da parte di alcuni nativi stessi. Senza contare che TUTTE le cerimonie, credenze originali dei nativi furono VIETATE dal governo degli Stati Uniti fino al 1998!!! con finalmente l'applicazione della legge denominata " International religious freedom act", dopo si pose fine ad una delle discriminazioni più pesanti e poco conosciute nei confronti dei nativi.
A dir la verità molte di queste leggi furono applicate anche in altre parti del mondo verso i nativi o aborigeni di qualunque nazionalità. Ad esempio la proibizione, mi sembra negli anni 30, ai Kahuna hawaiani (sciamani) di esercitare le loro pratiche.

Comunque se tu poni una persona od un intero popolo in un confinamento violento, discriminatorio, togliendoli tutto ciò che più sacro ha, è naturale che sorgano "rituali" emotivi come dici tu. Che hanno l'unico valore di tenere a galla una persona od un popolo in un periodo di disperazione per evitare la follia. Ma i rituali originari sono un altra cosa, ed hanno un valore molto più alto.

A tal proposito vi è stato un esperimento fatto coi topolini che illustra bene questo meccanismo -che a quanto pare appartiene anche agli animali.
Furono messi dei topolini in gabbia, in situazione pessima e gli fu data dell'acqua "condita" con l'eroina. Al ché tutti i topolini ogni tanto andavano lì e premendo una levetta si cibavano dell'acqua condita. E questo lo facevano spesso e volentieri.

Poi furono messi gli stessi topolini (ormai drogati) in una situazione che potremmo definire "il paradiso dei topi". Cioè gabbie più ampie, abbondanza di cibo e di socialità etc. Ma gli fu lasciata la possibilità di premere la levetta che gli forniva l'eroina. Ebbene, nessun topo premette mai più quella leva!

Gli antropologi osservano con i loro preconcetti, i nativi nel loro stato di cattività e non in quello naturale, senza conoscere nulla della storia profonda delle tradizioni. E traggono le loro conclusioni che sono errate. Queste succede anche, tra gli zoologi, nell'osservazione degli animali, anche qui pieno zeppo di boiate, come il "maschio alpha" che in realtà non esiste!

Se vuoi saperne di più non devi leggere gli antropologi ma quello che hanno scritto i nativi stessi, e negli ultimi anni, data anche loro una concessione di libertà, hanno scritto molto, contestando veementemente le menzogne dei visi pallidi.

Come Vine Deloria Jr. ad esempio (noto attivista nativo, almeno negli USA). Purtroppo li trovi solo in inglese. Qui ti puoi fare un'idea di quello che pensano i nativi veramente, e non quello che i bianchi pensano quello che credono i nativi pensano.
Solo loro hanno il diritto di scrivere la loro tragica storia.

 


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GioCo
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Postato da: @luxignis

Allora solo per dire alcune cose poi se vogliamo approfondiremo.

Sinceramente non capisco dove il tuo post vuol arrivare. Inizi con la tua tesi sui rituali per proseguire con una serie di citazioni delle ultime guerre indiane. Cosa c'entrano quest'ultime con i rituali eseguiti sinceramente non l'ho capito. Se per te o l'autore a cui fai riferimento il fatto che i nativi abbiano perso le guerre per colpa della loro emotività che si esteriorizzava in rituali di dubbio valore, credo che siete molto ma molto fuori strada. L'avevo già detto.
Tra l'altro nelle citazioni si fa riferimento ad un certo punto ai Cherokee che poco hanno a che fare con i nativi delle pianure (zone differenti) - le nazioni Sioux.

Ne io ne l'autore ipotiziamo nulla del genere. Nell'articolo originale da cui ho preso gli estratti, si fa una disamina storica della vicenda (non antropologica) abbastanza lunga premettendo che la faccenda non solo è complicata ma in parte è ancora viva nei cuori dei diretti interessati che subiscono tutt'ora quella velata (ma forse neanche troppo) accusa razzista d'essere inferiori (anche perché hanno il colore della pelle sbagliato) e questo risponde in parte alla tua ultima (doverosa) critica. Poi riprendo in fondo. Ultimamente infatti abbiamo visto politici ai massimi vertici inginocchiarsi davanti alle minoranze di colore, ma non credo sarebbero stati disposti a farlo davanti alle nazioni indiane, nonostante in fondo ne aveva più diritto. Come sempre ciò che manca ci dice molto di più di quello che rimane osservabile. Ma taglio cordo: come ho scritto indico uno specifico rituale che si è diffuso verso la fine del conflitto, quando ormai i giochi erano fatti e che a noi è pervenuto come "Ghosts Dance" di cui ti invito ad approfondire dato che evidentemente non ne sai molto. La maggioranza delle tribù a quell'epoca si erano radunate per via delle persecuzioni e di tante altre questioni inerenti i differenti tentativi delle differenti tribù di risolvere la questione con i coloni come quella dei . In particolare la costante della "rottura unitalterale dei trattati" a volte per l'oro, a volte per le terra, a volte per puro capriccio (tipo Jefferson). I Cherokee  sono citati perché tra le varie tribù riuscirono a ottenere un integrazione invidiabile (avevano persino una loro costituzione, una "nazione" e istituzioni scolastiche "all'occidentale" dove si imparavano le due lingue) e questo rende particolarmente ingiustificabile la loro persecuzione.

Per quanto riguarda i rituali, il discorso è complesso ma basta dire che i nativi non facevano rituali spinti da un emotività ma con un grado di conoscenza dei misteri della natura che i bianchi se lo sognano. E' vero che ci furono casi di "medicine men" che pensarono di fare rituali per la protezione dalle pallottole, o in battaglia, ma furono derisi dagli stessi nativi. Mi ricordo un passaggio in cui un "medicine men" che aveva un gran bel nome che ora non ricordo, dopo un rituale del genere che chiaramente non funzionò gli fu cambiato il nome dalla tribù in qualcosa come "cazzo moscio" (il nome non è corretto, non lo ricordo ma il senso è quello. Aveva a che fare più con la vagina). I nativi avevano un gran senso dell'ironia! Ma questo per dire che non è come dicono gli antropologi che come al solito non capiscono una ceppa, osservando con la loro mentalità ristretta cose che hanno una complessità che sarebbe necessario vivere nel campo decine di anni per poterne assimilare tutte le sfumature e significati.

Non so cosa tu sappia dell'emotività ma mi sembri abbastanza a digiuno. L'e. è il centro della attività umana in tutte le sue espressioni e particolarmente quelle di natura spirituale che hanno come centro proprio uno specifico "modello emotivo" a cui fare riferimento, metaforicamente poi trasposto in un rapporto specifico con la realtà. Riguardo al giudizio circa "la conoscenza dei misteri" non lo so. Nel senso che conosco dei "misteri" abbastanza da capire che sono tali a prescindere da chi li tratta. Diciamo che sono una forma di conoscienza estremamente personale, persino più intima dell'intimo e non so davvero cosa tu voglia intendere come "grado di conoscienza". Ogni civiltà ha sviluppato la sua propria modalità e approccio e ogni individuo l'ha poi sfruttata con più o meno profitto, di solito facendo parte di una frazione sempre molto esigua che poi ha influenzato spesso il corso degli eventi. Questo vale in Italia come nelle americhe. Certo è che della spiritualità dei nativi tendiamo a interessarci di più che della nostra: l'erba del vicino appare sempre più verde. Come per la spiritualità orientale d'altronde. Una buona fetta di persone sa cosa sono gli iching, pochissimi sanno che senso ha la trinacria o perché le fontane debbano avere per bocca un leone e a tal proposito, personalmente posso solo fare ipotesi.

Io non li leggo gli antropologi, io ho letto direttamente i libri che hanno scritto i nativi stessi. Perché sono loro che possono raccontare della loro storia che gli appartiene non gli altri. E che anche raccontano dei loro rituali e del loro significato. Il resto è  per lo più fuffa. E questo non accade solo per i nativi americani ma per tutti i nativi colonizzati e massacrati dal grande uomo bianco che non capisce nulla, ma che si atteggia  al "io so tutto". Dinamica che vediamo anche in questi giorni è diffusa ampiamente. I famosi "esperti".

All'epoca della concquista non mi risulta che i nativi scrivessero libri. Ma gli antropologi lo facevano eccome! Quindi il tuo è un giudizio di parte. Se è vero che gli antropologi non scrivevano la verità, è anche vero che quello che hanno scritto ha influenzato tutto il pensiero umano e scartarlo è quantomeno un azzardo. Fosse anche tutto falso, è un falso che adesso viviamo e non si può semplicemente fare finta che non esiste.

Per concludere, è vero che ci furono occasioni in cui rituali apotropaici di protezione dalle pallottole o altro, furono eseguiti. Ma furono casi isolati e derisi dagli stessi nativi come ho già detto. Non erano generalizzati e non è per quello che hanno perso la guerra. La differenza tecnologica delle parti in campo conterà qualcosa? "Quando un uomo con un fucile incontra un uomo con la pistola..." Chi vincerà?

Ne io ne te eravamo presenti e asserire che "erano casi isolati e derisi dagli stessi nativi" a me conferma solo il motivo principale per cui alla fine gli indiani sono stati perseguitati come e peggio di noi adesso e per lo stesso motivo. La divisione interna. Erano divisi su tutto e questo ha segnato il loro destino. Non avere trovato uno spirito comune sotto la cui ombra radunarsi e combattere per la loro stessa sopravvivenza.

Il parallelo qundi che ho fatto è tutto qui. Alla fine c'è la disperazione e negarlo non la cancellerà ne renderà la sua presenza meno dolorosa e distruttiva.

Ritengo molto riduttiva ed un poco arrogante volere far decadere il tutto ad una "emotività etnicamente incanalata in rituali". Una visione dei rituali molto ignorante. I rituali avevano ed hanno un valore molto ma molto diverso da quello che traspare qui. Avevano un valore sociale e di integrazione con la natura, più che emotivo.
Anche la ghost dance che citi nasce già in una fase di decadenza e disperazione dei nativi, ormai massacrati da più punti di vista. Ed è stata dichiarata di nessun valore da parte di alcuni nativi stessi. Senza contare che TUTTE le cerimonie, credenze originali dei nativi furono VIETATE dal governo degli Stati Uniti fino al 1998!!! con finalmente l'applicazione della legge denominata " International religious freedom act", dopo si pose fine ad una delle discriminazioni più pesanti e poco conosciute nei confronti dei nativi.
A dir la verità molte di queste leggi furono applicate anche in altre parti del mondo verso i nativi o aborigeni di qualunque nazionalità. Ad esempio la proibizione, mi sembra negli anni 30, ai Kahuna hawaiani (sciamani) di esercitare le loro pratiche.

Di nuovo, non ho mai inteso di voler far decadere tutto in una "emotività etnicamente incanalata in rituali", riconosco che c'è stata una storia complessa (aggiungo anche durata secoli non minuti) con un epilogo che a guardarlo bene "con il senno di poi" era in un certo senso scontato. Perché si ripete sempre nella storia dell'umanità, sempre con gli stessi risultati.

Comunque se tu poni una persona od un intero popolo in un confinamento violento, discriminatorio, togliendoli tutto ciò che più sacro ha, è naturale che sorgano "rituali" emotivi come dici tu. Che hanno l'unico valore di tenere a galla una persona od un popolo in un periodo di disperazione per evitare la follia. Ma i rituali originari sono un altra cosa, ed hanno un valore molto più alto.

Esatto!

A tal proposito vi è stato un esperimento fatto coi topolini che illustra bene questo meccanismo -che a quanto pare appartiene anche agli animali.
Furono messi dei topolini in gabbia, in situazione pessima e gli fu data dell'acqua "condita" con l'eroina. Al ché tutti i topolini ogni tanto andavano lì e premendo una levetta si cibavano dell'acqua condita. E questo lo facevano spesso e volentieri.

Poi furono messi gli stessi topolini (ormai drogati) in una situazione che potremmo definire "il paradiso dei topi". Cioè gabbie più ampie, abbondanza di cibo e di socialità etc. Ma gli fu lasciata la possibilità di premere la levetta che gli forniva l'eroina. Ebbene, nessun topo premette mai più quella leva!

Gli antropologi osservano con i loro preconcetti, i nativi nel loro stato di cattività e non in quello naturale, senza conoscere nulla della storia profonda delle tradizioni. E traggono le loro conclusioni che sono errate. Queste succede anche, tra gli zoologi, nell'osservazione degli animali, anche qui pieno zeppo di boiate, come il "maschio alpha" che in realtà non esiste!

Non nego che i ricercatori prendano lucciole per lanterne spesso e volentieri, Cesare Lomboroso uno dei pochissimi scienziati seri che fece ammenda ammettendo d'avere speso una vita difettando proprio nelle premesse la sua ricerca, ricordava ai posteri che impegnare una vita in qualcosa in cui si crede fino in fondo solo per arrivare a concludere che non era vera, è qualcosa che pochissimi e Molto Grandi riescono a fare. Sinceramene @luxignis non so se sarei all'altezza di Lombroso e a guardala tutta, noi ricordiamo Enitein e non Lombroso come "scienziato serio" anche se disse la famosa frase "Dio non gioca a dadi" perché non apprezzava la teoria quantistica e a distanza di tempo non possiamo dargli ragione. Quindi il problema è sempre vedere le cose con occhio critico e mantenere equilibrio senza mai cadere in partigianerie, riconosciendo sempre il dovuto, ma non per fede, solo rimanendo coscienti che non si può evitare di "credere" e quindi di cadere vittime (inconsapevoli) della propria "fede". Ma questo non riguarda i nativi americani, riguarda l'Uomo.

Se vuoi saperne di più non devi leggere gli antropologi ma quello che hanno scritto i nativi stessi, e negli ultimi anni, data anche loro una concessione di libertà, hanno scritto molto, contestando veementemente le menzogne dei visi pallidi.

Come Vine Deloria Jr. ad esempio (noto attivista nativo, almeno negli USA). Purtroppo li trovi solo in inglese. Qui ti puoi fare un'idea di quello che pensano i nativi veramente, e non quello che i bianchi pensano quello che credono i nativi pensano.
Solo loro hanno il diritto di scrivere la loro tragica storia.

Se è per questo ho avuto occasione anche di parlare con dei nativi. Comunque cosa pensano è abbastanza difficile dire "appartenga al popolo dei nativi" in generale. A parte le perscuzioni tremende e le continue angherie che possiamo ricordare con tristezza immensa, compresa quella idea latente e mai davvero sopita di natura razziale che alla fine non fa che rendere più profonda la divisione tra le persone, facendo mancare il rispetto reciproco, perché dice "qui ci sono i visi pallidi e lì ci sono i nativi" di volta in volta considerati "migliori" di quelli o di questi, non fa che ribaltare una frittata già vista e rivista.

Se vogliamo davvero crescere e diventare Uomini @luxignis, per quanto ci faccia male, sarebbe bene sotterrare le asce di guerra contro la questione umana, comprendere meglio chi siamo e cosa vogliamo a prescindere dal colore della pelle, dall'appartenenza etnica o dalla credenza e considerare che ogni divisione è sempre una perdita e non può che evolvere verso un disastro. Coltivare poi sensi di colpa per orrori di cui non siamo nemmeno stati artefici per dimenticare quelli di adesso che ci macchiano ora, qui, mi sembra anche più bizzarro. Ma tant'é che accade lo stesso e non ci si può fare molto...

Come ad esempio vedere i nostri cari, le persone che amiamo, ma anche la gente comune della strada, impazzire per sto "male", lasciando fatalmente che tra di noi, come tra gli indiani, si aprano baratri dai quali possono emergere solo tutti i nostri peggiori incubi.


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LuxIgnis
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Se vogliamo veramente crescere come dici tu è ora però che si metta il punto dove vi sono delle verità, complesse quanto ti pare, e dove sono le menzogne. Separare il grano dal loglio come si dice. Non servire Dio e Mammona, come si dice da un altra parte. Continuare a tenere tutto mescolato è indice di insalubrità e foriero di ulteriore menzogna e confusione.

"Fosse anche tutto falso, è un falso che adesso viviamo e non si può semplicemente fare finta che non esiste".

In quanto è falso, non esiste, o se vuoi esiste come falsità, se non nell'immaginazione distorta di alcuni esseri umani che con la qualifica di "esperti" spacciano droghe intellettuali a tutto spiano. E questo vale per tutti i campi, quello scientifico in primis.

Lo hai ribadito anche te cos'era la "ghost dance" che conosco chiaramente. Ed è una pratica che non ha molto a che fare con le tradizioni autentiche dei nativi. Una sorta di "millenarismo" che non appartiene alla tradizioni religiose e culturale dei nativi. 

Per quanto riguarda il fatto che non si siano uniti se non all'ultimo, è molto riduttivo dire una cosa del genere, e chiunque lo affermi ha una scarsa conoscenza delle nazioni dei nativi americani. Non potevano semplicemente perché non hanno la concezione dello stato (a mio avviso deleteria) come lo abbiamo noi. Non esiste proprio lo stato nella mentalità loro, non esistono confini, non esiste una gerarchia di comando. Ed anche perché un Navajo è differente da un Apache o Hopi con cui divide lo stesso territorio, ma è estremamente differente dai cherokee o dalle nazioni Sioux o da quelle degli Algonchini. Credo che fra loro nemmeno si conoscessero.

In più anche se si fossero uniti, è un po' come i palestinesi contro gli israeliano adesso. Qualche razzo contro, esercito, marina aviazione e missili di ultima generazione. Quindi mi spieghi che cavolo potevano fare? Prova a combattere uno armato di solo ciabatta mentre quello ha un mitragliatore di ultima generazione, e poi mi dici come è andata. Poi arriva qualcuno che ti dice che è quasi colpa tua perché non avevi unito tutte le ciabatte di casa!

Io dico che solo loro hanno il diritto di scrivere la loro storia, e mi fido più di loro che degli antropologi che ripeto, non sanno nulla. Almeno la maggioranza di loro, poi ci sono chiaramente le dovute eccezioni. Vine Deloria è un Lakota mi sembra, e parla chiaramente a nome loro, ma è stato (è morto ora) uno che si è girato l'America per raccogliere testimonianze dei nativi di tutte le nazioni. E abbastanza anziano da aver potuto conoscere qualche vecchietto indiano che è vissuto ai tempi delle guerre di conquista.

 

"All'epoca della concquista non mi risulta che i nativi scrivessero libri."


E con ciò? Ma sapevano parlare. Forse gli antropologi avrebbero dovuti ascoltarli.

""Sapevi che gli alberi parlano? Ebbene lo fanno. Parlano tra loro e ti parleranno se ascolti. Il problema è che i bianchi non ascoltano. Non hanno mai imparato ad ascoltare gli indiani, quindi non credo che ascolteranno altre voci in natura. Ma ho imparato molto dagli alberi; a volte riguardo il tempo, a volte riguardo gli animali, a volte riguardo al Grande Spirito."
Bisonte che cammina.

I bianchi non ascoltano. Qui è centrato il problema.

Confondere emotività, con spiritualità mi sembra abbastanza grave. Le due cose sono ben distinte. E la spiritualità non è emotività e non ha nulla che fare con essa, come non ha nulla a che fare con la razionalità. Solo chi considera la spiritualità in senso denigratorio potrebbe dire che ha alla base l'emotività.

Per quanto riguarda i misteri, ebbene il mondo ne è pieno, e ci sono cose che la mente ridotta dell'uomo non potrà mai arrivare. E questo i nativi lo sapevano benissimo. Tu lo sai vero che il termine "grande spirito" (Wakan Tanka) è scorretto? E' un'altra assunzione dei bianchi, perché letteralmente vuol dire "grande mistero". E per quanto si avvicinano le due locuzioni hanno delle differenze sostanziali.

Per concludere, noi in occidente non siamo attirati dalla spiritualità degli altri così per vezzo, anche se per alcuni può essere o sembrare così, ma perché la spiritualità occidentale è stata deliberatamente distrutta. Ad esempio avevamo anche noi gli sciamani (i medicine men dei nativi), ma secoli di repressione sistematica ne hanno fatto tabula rasa e relegato questa conoscenza a circoli iniziatici non sempre di buona natura. E di struttura totalmente mentale ed avulsa dalla natura.

 


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GioCo
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@luxignis, devo ammettere che mi sta un po' ristagnando questa conversazione. Ma vediamo di riassumere, poi mi correggerai se sbaglio.

Affermi che le uniche verità derivano dalle testimonianze tribali e tutto il resto è da rigettare perché sarebbe comunque sbagliato dal momento che è un punto di vista che non è quello indigeno. Hai però letto dei libri che i nativi hanno scritto, non sei mai stato in America a vedere la loro realtà odierna e a vedere i loro musei della memoria (che certi altri indiani contestano perché dissacra la loro memoria come scrivere libri perché la considerato "intima realtà" che condividere con i Wasichu significa profanare) non hai mai intervistato e/o conosciuto le loro diverse opinioni (talmente eterogenee che farne un sunto è fisicamente impossibile) e da quel che ho capito non hai parenti indiani e non mi sembra tu abbia avuto in qualche parte della tua vita attuale una esperienza viva e diretta di tradizione indigena, non hai visuto ne condiviso i loro diversi usi, costumi e tradizioni. Però critichi chi l'ha fatto cercando di farsi un opinione. A meno che non mi dici che vivi in tenda fatta di pelle di bisonte e pratichi rituali di una specifica tribù di tua conoscenza, ovviamente, ma non credo proprio.

Però qualsiasi critica riguardo la tua unilateralità ortodossa ricavata dai libri per te è inaccettabile.

Non so da cosa ti derivi questa sorta di volontà messianica per una vicenda tragica ma complessa, lontana anni luce dalla nostra realtà (mentale) che per me è utile SOLO per quei tratti comuni a tante altre vicende tragiche simili (non so, tipo Palestinesi, Armeni, etc.) che invece se metti fuori il naso da casa tua puoi notare in una fulgida evidenza evidente nella realtà che ti circonda. Ti ricordo infatti che siamo partiti da un riferimento di un rituale che mi accusavi di aver ricavato da un fumetto in parallelo a ciò che avviene e quando è venuto fuori che era una descrizione di una realtà storica, hai iniziato a dire che era tutto falso.

Come se le mascherine qui fuori siano un falso e non centrino con i rituali.

Non so perché ti scaldi così tanto, attribuendomi poi significati che non ho mai dato alla vicenda per rispondere subito dopo in un curioso monologo che sarebbero errori. Come ad esempio che confonderei le emozioni con la spiritualità. Che siano contigue non c'è da discutere a meno che il tuo livello di distacco dalla realtà che ti circonda non abbia compromissioni psichiatriche importanti. Spero per te di no. Comunque, una casa non è le sue fondamenta, ma le fondamenta sono in (relazione di) continuità con la casa. Allo stesso modo le emozioni sono inscindibili da una vera pratica spirituale, ma a dire che sono la stessa cosa qui sei solo tu. Un esempio su tutti sono i rituali di passaggio che in tutte le realtà tribali del pianeta sono fondamentali. Il controllo delle emozioni permette poi di affrontare situazioni che sono sfide umane vere e proprie, come prendere le piume dal nido dell'acquila (sacra) ad esempio. Un controllo che non mi sembra di leggere tra le righe delle tue risposte. Ma forse mi sbaglio?

Le mie intenzioni @luxignis sono semplici ma molteplici. La prima è quella che oppongo sempre, la ricerca di punti di equilibrio, punti che in questo scambio mi dispiace ma non sto cogliendo. Magari è un mio limite essere "allergico" all'unilateralità ordodossa, nel caso perdonami. Poi c'è la ricerca della evidenza evidente, cioé di quello che ci sfugge nonostante sia "nascosto proprio sotto il nostro naso". Un po' come quando cerchi disperatamente gli occhiali che hai sul naso. In questo scambio trovo invece tutto monotono. Un altra è la ricerca della coerenza sempre e comunque. Se dici che è coerente considerare la Ghosts Dance una stupidaggine eseguita solo da pochi nativi alla fine di secoli di persecuzioni è come dire che i razzi sparati dai territori ultimamente siano una sciocchezza perché gli stessi palestinesi non erano d'accordo a lanciarli. Probabilmente è così, dal momento che hanno giustificato un ennesimo massacro unilateralmente perseguito dal più forte e probabilmente è il pensiero della maggioranza dei palestinesi (per lo meno posso immaginarlo se mi metto al loro posto) ma questo non toglie che i missili siano partiti proprio dai territori e siano stati rivendicati da Hammas con orgoglio e che probabilmente la maggior parte dei palestinesi appoggia Hammas. Possiamo giustificare tutto questo come la danza degli spettri in mille modi, per partito preso e simpatia verso i palestinesi, ma a me non interessa la giustifica o la condanna di questo e di quello, solo considerare che la disperazione porta a questo genere di risultati ed è inevitabile. SEMPRE. Tanto nei nativi come nei palestinesi o noi adesso.

Allo stesso modo, la divisione profonda dei movimenti che si oppongono a questo regime didattoriale mascherato da "concessione democratica" ai probi allineati erode resistenza tanto quanto più evolve la situazione verso una condizione disperata (per i dissenzienti, neo-indiani nostrani) e questo ad ogni giro di vite. Siccome il successo dei vigliacchi da alla testa agli stessi, non abituati a fare gli eroi, faccende aberranti come "Buffalo Bill" che dovrebbero portare a processi contro l'Umanità persone non certo eticamente integre, diventano atti eroici di eroi, miti viventi veri e propri.

Il motivo sai qual'é? Irrigidirsi su posizioni che rifiutano il motto "tutto è uno" (Eraclito, frammento 50) su cui credo nessuno dei nativi avrebbe da ridire, signica accettare che forse, ma dico forse, non tutti tra i nativi la pensavano allo stesso modo (c'erano intere tribù collaborazioniste, tanto che  tra i britannici dicevano nel XVIII secolo: «gli Irochesi hanno conquistato un impero per la Corona inglese». [...]" (da bibliomanie.it - QUI) come non tutti i coloni saranno stati d'accordo con la politica dei coloni e infatti ci furono sinceri tentativi di integrazione tra coloni e nativi. Che questi siano falliti magari perché non abbastanza rispettosi delle tradizioni dei nativi può essere, ma ad affermarlo non può essere qualcuno unilateralmente per tutti i nativi!!!

Così come oggi non tutti sono d'accordo con le politiche del nostro paese ma a me non verrebbe mai in mente di scrivere un libro per parlare a nome di tutti i dissenzienti, ben sapendo quanto sia eterogenea la galassia del dissenso.

E questi mi dispiace ma non sono testimonianze, ma fatti storici e di cronaca che hanno bisogno di essere messi in un quadro coerente più ampio, un quadro che non leggo nelle tue risposte dove ci trovo più che altro "un netto rifiuto" di qualsiasi cosa esce dai tuoi schemi.

Detto questo, torno a ribadire che capisco il tuo punto di vista e lo potrei anche apprezzare se fosse solo un po' meno rigido e alla ricerca ossessiva di errori che avrei commesso in ritagli messi fuori contesto.

Ora però sono stanco. Avviso che non so quando potrò rispondere soprattutto se le risposte conservano lo stesso tono. Poi annoiano.


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LuxIgnis
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@gioco

Riposati pure, così ti fanno male le dita. E mentre ti riposi rompi un po' di specchi a casa che vedi solo te stesso. 

Trovi le cose monotone perché non sono riflessioni di te. Non mi interessa questo.

Ti lascio alla tua emotività. E per chiarire io non considero l'emotività alla base delle pratiche spirituali, ma che sia una componente, per lo più deleteria dell'essere umano, eccome! E quindi rientra in tutti i campi. Confondi spiritualità con superstizione religiosa.

Non nego la "ghost dance" che ripeto conosco bene in quanto storia dei nativi. Nego che possa essere considerata una pratica spirituale genuina, visto che non ha una tradizione secolare o millenaria ed ha presente molti elementi, come un certo millenarismo, che non fanno parte della tradizione dei nativi. E' più chiaro così? 

Ci sono molti resoconti di "medicine men" che hanno dato dimostrazioni di poter resistere ai proiettili (o cose simili), ma questi sono eventi eccezionali e personali. Nessuno di questi sciamani seri (Geronimo era uno di loro, lo sapevi?) ha mai pensato che si potesse trasferire questa capacità ad altri. E chi ci ha provato ha fallito.

La Ghost dance (che ha molta influenza occidentale e cristiana) è simile, a mio avviso, a molte pratiche spirituali moderne da consumo che credono che recitando qualche mantra, preghiere, meditando, o facendo altre cose si possa raggiungere un livello spirituale alto e/o una protezione "divina". Ma non è così. Il raggiungimento di un livello spirituale è un percorso personale e non avviene con nessuna pratica. Anche se quest'ultime possono e a volte devono accompagnare il percorso. Non è lo strumento che fa di te un bravo artigiano. Un bravo artigiano lo è a prescindere dallo strumento che usa.

Tu invece prendi questo esempio (ritornando a dove era partita tutta questa discussione), per costruire tutto il tuo costrutto della tesi che l'emotività guida le pratiche spirituali. Non è così, la Ghost dance è già una degenerazione delle pratiche spirituali dei nativi, e sì che è piena di emotività. Nasce in un momento di totale disperazione per i nativi, a guerra conclusa e persa (1890), a genocidio (di proporzioni enormi) ormai compiuto. Non è una pratica spirituale, ma l'atto di disperazione di un intero popolo che ha visto perdere tutto ed ha rischiato di scomparire dalla faccia della terra. Come i bisonti che se non fosse stato per un certo tizio (bianco) di cui non ricordo ora il nome, che accolse e custodì l'ultima mandria nella sua terra privata, si sarebbero estinti.

Forse la Ghost dance ha avuto il merito di infondere una speranza in un momento tragico, ma questo è tutto. E la speranza non è una buona cosa, come spesso si crede. Chi vive di speranza muore disperato.

Guarda che l'ho detto chiaramente anch'io che i nativi non sono tutti uguali. Un Nez-perces è differente da un Ciricahua, anche se poi hanno elementi in comune.

Eh sì e qui lo affermo con vigore, io preferisco ascoltare i resoconti dei diretti interessati siano essi nativi americani o aborigeni australiani, o amazzoni o quello che ti pare, piuttosto che antropologi bianchi che non sanno nulla di nulla, perché non sanno ascoltare e nemmeno osservare. Anche qui pieni di specchi da rompere. Salvo le dovute eccezioni che ci sono per fortuna.

Gli "esperti" di cui ho già detto.

Un esempio. I nativi negano con vigore che la loro origine sia dovuta alle presunte migrazioni dall'Asia attraverso lo stretto di Bering. Gli antropologi ed altri studiosi continuano ad asserire che invece è così. Ma nella storia tramandata oralmente nei nativi non c'è traccia di questo. E sai qual è la novità? Che ultimamente hanno scoperto dei resti di popolazioni native datate in un periodo in cui lo stretto di Bering era libero dai ghiacci, quindi non era percorribile. Guarda un po'!

E' proprio vero i "bianchi" non ascoltano. Non hanno mai ascoltato. Ed è la stessa dinamica che succede ora nella pandemia. La stessa. Non ascoltano, sanno solo imporre la loro visione delle cose.

Ah, un'ultima cosa che tu risponda o no a me non me ne po' fregà de meno!

 


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