Kafka ognuno di noi
 
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Kafka ognuno di noi


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
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Ormai sono abituato: quando scrivi qualcosa chiedendo una risposta, la risposta non arriva, non arriva mai. C’è una legge che domina il mondo, una sola: si chiama indifferenza. La parola di ognuno nasce e muore da sola, senza intrecciarsi con nessun altra. Io sento fortissimo il dolore per questa situazione, per questo tradimento che si estende a tutto e tutti, perfino al nostro dolore, alla nostra morte. Siamo soli, ogni uomo è sempre stato solo e non ha mai veramente condiviso qualcosa con qualcuno, ma forse ci sono stati momenti in cui esistevano delle cerimonie in cui questa solitudine era come occultata, attutita. Oggi la nostra solitudine galleggia, emerge impietosa ai nostri occhi, è una solitudine che non si addormenta mai.

Io quando vado a letto dopo certe giornate so già che mi sveglierò nel cuore della notte. Sono i risvegli che seguono le giornate in cui ho cercato qualcosa e non ho trovato niente. Giornate in cui ho dimenticato il segreto per vivere senza lacerarsi in continuazione. Questo segreto ci dice che gli altri non solo non ci sono, come sempre è stato, ma non hanno neppure voglia di esserci. Questa è la novità dell’epoca che io chiamo dell’autismo corale. Gli altri ci dicono in continuazione che non ci vogliono essere. Non ce lo dicono neppure, è come se mettessero un disco. Mi è capitato proprio di recente: da una persona a cui cercavo di avvicinarmi usciva una voce registrata. Non avevo davanti a me un corpo, ma la sua segreteria telefonica. La nostra solitudine non viene accolta come tale da un’altra solitudine, realizzando così l’unica comunione possibile. La nostra solitudine viene respinta, come se fosse un modulo non riempito correttamente, come se la scorrettezza consistesse proprio in questa richiesta d’accoglienza. Oggi le relazioni tra gli uomini sembrano svolgersi all’insegna di questi moduli incompleti che vagano da un ufficio all’altro. Non c’è modo di completarli. Ogni integrazione si rivela insufficiente. Kafka è diventato ognuno di noi. Siamo detenuti da un potere ignoto che ci fa perdere il senso della vita e della morte, il senso di noi stessi e degli altri. La condanna consiste proprio nel cercare chi non c’è, nel chiedere a chi non risponde. Più alziamo la posta del nostro gioco e più il gioco diventa solo nostro. Più ci aspettiamo qualcosa più diventiamo prigionieri di questa attesa dentro il castello vuoto dell’autismo corale.

Nel passato la morte svolgeva il ruolo prezioso di liberarci. La morte era la chiave di tutto, perché tutto poteva essere chiuso in ogni momento e per sempre dalla morte. Adesso gli uomini si comportano come se pure la morte fosse impotente e non potesse chiudere un bel niente. Gli uomini si comportano come se fosse morta anche la morte. È una situazione che mette fuori gioco la poesia e la religione e ogni forma sacerdotale dell’esistenza. La morte succede ma è accolta come un evento interlocutorio. Non è più qualcosa che differisce radicalmente dalla vita, non è più il divino che ci viene a prendere, ma è un’insolenza che non ci voleva, un incidente da chiudere in fretta per passare ad altro.

Tutto questo che ho appena scritto mi è stato suggerito dal funerale di ieri. Eravamo in molti davanti al morto, tutti insieme, amici, parenti, conoscenti, ma ognuno che rideva o parlava per fuggire il sacro della sua faccia muta. Il lampo fermo della morte non fa più impressione. Ieri era annegato nei mulinelli della conversazione: uno si lamentava di una multa, un altro parla di De Mita, un altro baciava la vedova come se fosse un quadro alla parete. Fuori pioveva, la strada era nera, il tempo passava nell’eterno gioco del chi va e chi viene.

Franco Arminio
Fonte: www.nazioneindiana.com
Link: http://www.nazioneindiana.com/2007/11/03/kafka-ognuno-di-noi/#more-4714
4.11.07


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