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L’Italia è in bancarotta


Salvathor
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Di Paolo Cardenà

L’anno scorso hanno chiuso i battenti quasi 380.000 mila imprese, oltre mille al giorno. Secondo quanto riportato di recente dalla CGIA di Mestre, almeno un'impresa su due, delle piccole e medie imprese rimaste, pagano a rate i propri collaboratori, o si indebitano per poterlo fare. Stanno anche accumulando debiti tributari crescenti, o ricorrono al credito esterno per poter sostenere il carico fiscale. La pressione fiscale, per le imprese, è del 75% o forse più. Mentre il livello in rapporto al Pil ha superato la soglia del 44%.

Dall’inizio della crisi, i titoli di credito (assegni bancari o postali, cambiali, tratte ecc. ecc.) che alla scadenza non hanno trovato copertura sono cresciuti quasi del 13%.

Sempre secondo quanto ci riferisce l'Associazione di Mestre, le sofferenze bancarie in capo alle aziende hanno subito un incremento del 165%.

A proposito di banche, abbiamo la banca più antica del mondo, il Monte Paschi, che è in bancarotta e negli ultimi quattro anni sono stati necessari ben due interventi statali per rianimarla e prolungarne l’agonia: il primo con i Tremonti Bond, il secondo con Monti Bond. Costo complessivo dell'operazione, oltre 4 miliardi di euro, pari all'intero gettito IMU sulla prima casa. Sarebbe curioso indagare approfonditamente anche sugli altri gruppi bancari, al fine di capire l’esatto stato di solvibilità e l’utilizzo che è stato fatto della montagna di derivati che hanno in pancia. Che siano stati utilizzati anche per abbellire i conti? Non lo sappiamo, ma se è vero che pensare male si commette peccato, è anche vero che talvolta ci si azzecca.

Pochi giorni fa, è emerso che nei bilanci dell'Inps c’è un buco di oltre 10 miliardi di euro, e sempre lo stesso ente, in base ai dati del 2011, fa sapere che in Italia le prestazioni pensionistiche inferiori ai 1000 euro, sono il 77% del totale, e oltre 2,4 milioni di pensionati, invece, ricevono un assegno inferiore a 500 euro mensili. Somme che, vista l'esiguità e il crescente costo della vita, condannano i percettori a vivere in condizioni di crescente indigenza e ovvia difficoltà, soprattutto in età avanzata.

I disoccupati sfiorano i 3 milioni. Il tasso disoccupazione è intorno al 12%, mentre quella giovanile è prossima al 40%, con picchi vicini al 50% al sud. Fuori del perimetro dei dati appena enunciati, c’e un numero considerevole di cassaintegrati in forza ad aziende che non avranno mai la possibilità di riprendersi da questa crisi, e presto diverranno disoccupati in pianta stabile proiettando il tasso di disoccupazione ben oltre il 15%.
A dimostrazione di quanto appena affermato a proposito del crescente stato di povertà, proprio pochi giorni fa, il sito Zerohedge, ha diffuso un'analisi secondo la quale il tasso di rischio di povertà italiano ha superato quello della Spagna. Non solo, ma in un'altra analisi diffusa dallo stesso sito, emerge che il tasso di disoccupazione giovanile ha superato quello del Portogallo attestandosi oltre il 38%, un livello analogo a quello della Grecia di appena 2 anni fa.

Nell’ultimo anno, nonostante la spremitura di tasse operata dal Governo Monti con il sostegno congiunto del Pd e del Pdl, il debito pubblico è aumentato di oltre 80 miliardi di euro superando la barriera dei 2000 miliardi, attestandosi a quasi il 128% del PIL. Ormai si viaggia speditamente verso i parametri greci.

Nello stesso periodo il PIL è crollato del 2,4%, e se dovessimo allungare l’orizzonte ai 5 anni precedenti, osserveremmo che la crescita nazionale si è contratta di oltre il 7% dall’inizio della crisi.

La produzione industriale è crollata a livelli che non si vedevano da decenni, così come sono crollati consumi precipitati sotto i livelli del 2001. Un numero considerevole di famiglie confermano che possono arrivare a fine mese solo intaccando i risparmi accumulati in una vita, o dalle generazioni passate.

Un numero sempre più significativo di comuni e regioni, sono in difficoltà finanziarie e sempre più prossimi alla bancarotta.

Le pubbliche amministrazioni statali devono alle imprese circa 70 miliardi di euro, che si sommano agli ulteriori 70 miliardi che devono pagare le autonomi locali, arrivando all'iperbolica cifra di 140 miliardi. Queste somme non rientrano nel perimetro del debito pubblico e, se così fosse, il rapporto debito/Pil schizzerebbe oltre il 140%; ammesso che ci siano investitori disponibili a comprare il debito pubblico per pagare i debiti delle Pa.

Le imprese italiane, negli ultimi sei anni, ossia dall'inizio della crisi, hanno perso oltre 500 miliardi di euro di fatturato. La cancelliera Angela Merkel, non più tardi di qualche settimana fa, ha affermato che con ogni probabilità, l'attuale crisi, si protrarrà per almeno altri 5 anni. E arriviamo così a undici anni di crisi. Ci dicono che dobbiamo lavorare oltre 40 anni, e ci può anche stare. Ma in queste condizioni significa trascorrere oltre un quarto della vita lavorativa e professionale in profonda crisi. E non è affatto escluso che quelle che verranno in seguito non siano ancor più frequenti o meno profonde di quella attuale.
Il rischio è quello di convivere con recessioni economiche per buona parte della carriera professionale. Questo, è semplicemente impossibile.

Paghiamo una novantina di miliardi all'anno per interessi sul debito pubblico, che si autoalimenta e cresce per inerzia. Questo, nella sua connotazione attuale, e in un simile ambiente, è semplicemente impagabile.

Siamo all'ingovernabilità totale e, con ogni probabilità, passeranno ancora lunghi mesi prima di poter avere un esecutivo capace di governare. Per quanto qualificato possa essere, che un nuovo governo possa invertire questa tendenza, è solo un pia illusione che può albergare nelle menti che pericolosamente rifuggono dalla realtà dei fatti. Il processo è inarrestabile, e tenderà ad accelerare con il trascorrere dei mesi. Se tutto ciò non fosse sufficiente, si potrebbe andare avanti ancora per ore. Ma non cambierebbe affatto il risultato.
Ormai il punto di non ritorno è stato superato, da un pezzo. L’Italia è fallita, fatevene una ragione. Se per crederci attendete la conferma da parte del mondo politico, state pur certi che verrà annunciata solo dopo che vi avranno tolto tutto, anche la speranza.

Si sta cercando di mantenere l’apparente solvibilità dello Stato e del sistema bancario, rendendo insolventi un numero mostruosamente crescente di imprese e famiglie. Questo è solo un massacro alla devastazione che rischia di abbattere del tutto quel che rimane del sistema produttivo nazionale, compromettendo o rendendo più ardua ogni possibilità di risalita.
E' indispensabile avere un piano B per garantirci, eventualmente, una via di fuga e uscire dai vincoli imposti da questa camera a gas chiamata eurozona. Occorre dichiarare il default e annunciare la ristrutturazione del debito tagliandone il capitale, gli interessi e riprogrammando le scadenze verso un sentiero più sostenibile.

Questo evento, per quanto traumatico possa essere, nel comune interesse di tutti, se concertato anche con istituzioni sovranazionali e creditori, limiterà gli effetti devastanti di un default incontrollato che non tarderà ad arrivare. Eviterà l'annientamento dell'apparato produttivo e del tessuto imprenditoriale, altrimenti perennemente al servizio del debito e di un apparato burocratico/amministrativo degno della peggiore Unione Sovietica, fino alla scomparsa. L'alternativa a questo saranno scontri sociali, rivolte, scomparsa di buona parte del tessuto produttivo, svendita di interi settori industriali, perdita dei diritti acquisiti, compressione dello stato sociale, povertà diffusa e bancarotta. Quella vera intendo, quella imposta dalle regole del mercato selvaggio.

Fonte: http://www.vincitorievinti.com/2013/03/litalia-e-in-bancarott
a.html

http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2013/03/litalia-e-in-bancarotta_5.html


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Eshin
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Erwin
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Dov'è la crisi?

75.720.000 euro bruciati per soddisfare la u$rael-lobby...

Parli di Au$chwitz,olocau$to,$hoah?
Esce sempre il fattore "$oldi"!
Una costante! Vorrà dir qualcosa?

http://www.facebook.com/photo.php?fbid=353663254745004&set=a.104545836323415.10844.100003039983299&type=1&theater


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Servus
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"Pochi giorni fa, è emerso che nei bilanci dell'Inps c’è un buco di oltre 10 miliardi di euro".

Come si spiega? Ma semplicemente per questo: Monti e la Fornero hanno fatto incorporare per legge nell'INPS la cassa previdenza degli statali, la quale era in passivo di 9 miliardi per contributi statali non pagati.
Quindi: lo stato che condanna le imprese e i cittadini che non pagano i contributi, non pagava i contributi dei propri dipendenti, generando un passivo di 9 miliardi, e invece di ripianare il passivo ha passato tutta la gestione e il passivo all'INPS, facendo quindi ricadere il passivo sulle spalle dei lavoratori privati che hanno sempre pagato.

Poi ovviamente si dirà che le pensioni dell'INPS sono alte perchè c'è un passivo e si diminuiranno le uscite.

E di questa enorme porcheria nessuno ha parlato, tanto meno i sindacati.


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mincuo
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Merita la prima pagina...

http://www.vincitorievinti.com/2013/03/litalia-e-in-bancarotta.html

Sempre di Paolo Cardena
Se tornassimo alla LIra...
http://www.marsalaviva.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=5465:se-tornassimo-alla-lira-di-paolo-carden%C3%A0&Itemid=121

Bella collezione di scemenze sulla LIT e uno capace perfino di confondere svalutazione con inflazione. Una mente sublime.
Dati decenti zero. Non li mettono mai se no si vedrebbe.
Scenari decenti meno che zero, non sa neanche cosa sono.
E che questo signore si guardasse da cosa dipende da 13 anni, e poi aggravato dalla crisi, quello che descrive piagnucolando anche nell'altro articolo non c'è la benchè minima speranza.

Prima, nel 1998, hanno nascosto da giornali e TV centinaia (CENTINAIA) di economisti tutti nettamente contrari all'EUR e non era difficile capire perchè, facendo parlare solo quelli alla greppia, poi hanno nascosto man mano gli squilibri, ora che dei "benefici" dell'EUR prima sbandierati non si azzarda a parlare più nemmeno il peggiore furfante, si è cominciata da un pezzo la musica degli enormi pericoli a uscire, quando perfino i vertici BCE non riescono più a fare salti mortali con le parole quando rilasciano dichiarazioni in US.

Purtroppo è così, non c'è niente da fare.


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Earth
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"Pochi giorni fa, è emerso che nei bilanci dell'Inps c’è un buco di oltre 10 miliardi di euro".

Come si spiega? Ma semplicemente per questo: Monti e la Fornero hanno fatto incorporare per legge nell'INPS la cassa previdenza degli statali, la quale era in passivo di 9 miliardi per contributi statali non pagati.
Quindi: lo stato che condanna le imprese e i cittadini che non pagano i contributi, non pagava i contributi dei propri dipendenti, generando un passivo di 9 miliardi, e invece di ripianare il passivo ha passato tutta la gestione e il passivo all'INPS, facendo quindi ricadere il passivo sulle spalle dei lavoratori privati che hanno sempre pagato.

Poi ovviamente si dirà che le pensioni dell'INPS sono alte perchè c'è un passivo e si diminuiranno le uscite.

E di questa enorme porcheria nessuno ha parlato, tanto meno i sindacati.

Questo merita la prima pagina...
altri 10mld di euro che devono pagare i cittadini privati


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mincuo
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A DIRE IL VERO IL BUCO PUBBLICO E' MOLTO PEGGIO
E QUI SPIEGA BENE.

http://www.economy2050.it/inpdap-buco-10-miliardi-portato-inps/

MA NON LO SA NESSUNO QUESTO.
CHISSA' COME MAI:


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Eshin
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Lezione: correndo troppo ( anche con le letture ) si inciampa...
Osservazioni accolte.. 🙄


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DanieleP
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è tutto vero e la cosa pi scandalosa è che nel nostro paese si va verso una nuova tecnocrazia, che verrà appoggiata sia dal centro-destra sia dal centro-sinistra. Prepariamoci a nuove manovre, tasse e di tagli alla spesa pubblica. Prepariamoci a perdere tutti i nostri diritti e a non poter pi usufruire neanche di quei servizi base dello stato sociale. A questo si aggiunga che nel momento in cui il nostro paese dovesse ricorrere agli aiuti da parte della troika a tassi d interesse usurai, allora a quel punto il dramma Grecia sarebbe sempre piu vicino.


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ilnatta
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"Prima, nel 1998, hanno nascosto da giornali e TV centinaia (CENTINAIA) di economisti tutti nettamente contrari all'EUR"

ad onor del vero qualche caso c'è stato. ed anche eccellente

leggete che bel articolo scriveva quel viscido di Alesina:

I QUATTRO GRANDI BLUFF DELL' UNIONE MONETARIA

Tutti gli opinion polls rivelano che gli italiani sono i piu' entusiasti sostenitori dell'Unione monetaria europea. Dopo la crisi del settembre 1992 quando la lira e la sterlina uscirono dal Sistema monetario europeo, le prospettive della moneta unica erano cosi' incerte che nessuno, al di fuori dei ben retribuiti eurocrati di Bruxelles, se ne interesso' piu' molto. Da qualche mese a questa parte, invece, la discussione ha preso una svolta ben diversa: dato che la moneta unica si fara' senz'altro, si dice, il problema e' di non restar fuori, e quindi si deve raggiungere il 3 per cento del rapporto deficit / Pil, e non il 3,5 % . (Come se questa differenza avesse alcun significato economico o persino contabile). In questa orgia di numeri su migliaia di miliardi volanti da un capitolo all'altro del bilancio e da una Finanziaria all'altra e discussioni sulla terza cifra decimale del rapporto deficit / Pil, si e' persa l'occasione di una pacata discussione sui costi dell'Unione monetaria, al di la' di una vaga retorica europeista. Secondo i sostenitori dell'Unione monetaria, questi sono i suoi principali vantaggi: 1) L'Unione monetaria e' necessaria per mantenere un mercato comune europeo. Non e' vero. Cio' che crea un mercato comune e' l'assenza di barriere doganali esplicite o nascoste, la libera circolazione di beni, servizi e capitali, l'assenza di regolamentazioni pubbliche intrusive (comprese quelle originanti a Bruxelles) e la flessibilita' del mercato del lavoro. In un sistema di libero commercio internazionale il "mercato" di ogni Paese e' il resto del mondo. Nel 1946 c'erano 74 Paesi nel mondo, oggi ce ne sono 192: piu' della meta' di questi ha una popolazione inferiore ai 6 milioni di abitanti. Nello stesso mezzo secolo il volume del commercio internazionale e' esploso, ed oggi, con 192 Paesi indipendenti si parla di economia globale come mai prima d'ora. Molti dei Paesi che sono cresciuti piu' in fretta negli ultimi tre decenni sono molto piccoli, come ad esempio Singapore. 2) I cambi flessibili creano rischi per gli operatori ed ostacolano il commercio internazionale. Non esiste alcuna evidenza che la flessibilita' dei tassi di cambio riduca la crescita del commercio internazionale. Dal 1953 al 1973 nel periodo dei cambi fissi di Bretton Woods il volume del commercio internazionale e' cresciuto a tassi pari a circa la meta' degli stessi tassi di crescita del ventennio seguente, cioe' in un periodo di cambi molto piu' flessibili. Il rischio di cambio si puo' facilmente ridurre o eliminare con operazioni di hedging. Le cifre su quanto un turista perde cambiando monete europee ai botteghini degli aeroporti, costi spesso menzionati dagli europeisti piu' entusiasti, non hanno alcun significato macroeconomico. In ogni caso, la mancanza di flessibilita' dei tassi di cambio ha anche dei costi: elimina un canale di stabilizzazione a shock razionali. Il Financial Times continua a ripetere che il Regno Unito fa bene a rimanere fuori dall'unione monetaria (per qualche anno almeno) perche' quel Paese ha un ciclo sfasato rispetto al resto dell'Europa. Ma cicli sfasati rimarranno anche dopo l'Unione monetaria e non solo per il Regno Unito. Se un Paese nell'Unione monetaria subisce uno choc di domanda negativo, qualcosa deve essere mobile e flessibile: o i salari monetari, o la forza lavoro o i tassi di cambio. Dato che i salari monetari sono rigidi al ribasso, la mobilita' del lavoro in Europa e' bassissima, l'Unione monetaria che fissa i tassi di cambio rende l'aggiustamento agli choc molto difficile e rendera' la disoccupazione ancora piu' permanente. Certo una soluzione sarebbe rendere il mercato del lavoro meno rigido, ma la sinistra europea (compresa quella italiana oggi cosi' favorevole all'Unione monetaria) si e' sempre opposta a qualunque politica di flessibilita' del mercato del lavoro. Negli Stati Uniti, una Unione monetaria di dimensioni simili all'Europa, choc regionali asimmetrici sono corretti da una forte mobilita' geografica della forza lavoro e dalla flessibilita' dei salari reali e nominali. In piu', il sistema fiscale provvede notevoli sistemi compensativi: per ogni dollaro di riduzione del reddito disponibile in uno stato americano, tra i 30 e 40 centesimi sono recuperati da compensazioni fiscali. Sarebbero disposti, diciamo, i cittadini danesi a compensare in questa misura, uno choc che colpisce, per esempio, l'Italia del Sud? Molto probabilmente no, quindi neanche il sistema fiscale europeo correggerebbe questi choc asimmetrici. 3) L'Unione monetaria ha facilitato la riduzione dell'inflazione e dei deficit pubblici. Negli anni Novanta l'inflazione e' scesa in tutto il mondo, con o senza Unione monetaria. Non e' affatto chiaro che l'inflazione sia scesa piu' rapidamente nei Paesi aderenti al Sistema monetario europeo che negli altri Paesi Ocse. Dopo i grandi deficit della fine anni Settanta e primi Ottanta, numerosi aggiustamenti fiscali sono avvenuti dentro e fuori l'Unione monetaria. E' vero che il deficit italiano sarebbe piu' alto senza la spada di Damocle della regola del 3 % . E allora? Sostenere che uno dei principali benefici della piu' importante riforma del sistema monetario internazionale dopo Bretton Woods e' che l'Italia avra' un deficit del 3 % del Pil invece che del 5 % del Pil nel 1998 fa sorridere, soprattutto al di la' delle Alpi. Un nuovo sistema di cambio che dovrebbe durare per decenni va giudicato per i suoi meriti intrinseci e globali. 4) L'Unione monetaria e' solo un passo verso la vera meta che e' una forma di unione politica. Questo e' forse l'argomento piu' convincente, se si pensa che l'Unione politica riduca il pericolo di conflitti intraeuropei, che, storicamente, sono stati catastrofici. La realta' pero' e' l'opposto. Con ogni probabilita' i contrasti tra Paesi europei aumenteranno al crescere della tendenza a coordinare politiche monetarie, fiscali, di welfare eccetera. Costringere Paesi con culture e tradizioni diverse ad uniformare politiche di vario genere, soprattutto quando la necessita' economica del coordinamento e' alquanto dubbia, e' un'operazione inutile e potenzialmente molto pericolosa. Infatti l'animosita' tra Paesi europei non e' stata mai cosi' alta in tempi recenti come negli ultimi mesi, all'avvicinarsi dell'Unione monetaria. Lo stesso conflitto franco - tedesco sulla nomina del primo governatore della Banca Centrale Europea e' un sintomo chiaro. Delle due l'una: o questo conflitto rivela forti differenze di filosofia sulla politica monetaria, oppure rivela forti tendenze nazionalistiche, soprattutto da parte della Francia che non ha ancora capito di non essere piu' una grande potenza. In entrambi i casi, questo conflitto non rivela niente di buono sulla futura politica monetaria comune. Infine, per cio' che concerne l'Italia, l'entusiasmo per partecipare all'Unione e' descritto, anche in ambienti governativi, come un modo per difenderci da noi stessi, cioe' un modo per trasferire potere politico a Bruxelles e Francoforte e toglierlo a Roma. Probabilmente questo e' un ottimo motivo per aderire all'Unione, ma, diciamocelo: che tristezza. (Eccetto per gli eurocrati). Continua a pagina 7 Segue da pagina 1

Alesina Alberto

Pagina 001.007
(15 dicembre 1997) - Corriere della Sera
http://archiviostorico.corriere.it/1997/dicembre/15/QUATTRO_GRANDI_BLUFF_DELL_UNIONE_co_0_97121514176.shtml


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