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La battaglia mondiale dell' acciaio.


Anonymous
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Le lotte economiche dei grandi gruppi sono inseparabili dalla dinamica delle grandi potenze. Il ciclo postbellico, irripetibile nei suoi caratteri internazionali, vide emergere i gruppi di alcuni settori: fu il mutamento di potenza che portò Germania e Giappone nel cartello dei Sette e contemporaneamente il processo che portò i gruppi tedeschi alla testa della chimica mondiale, i giapponesi a scalare le vette della siderurgia, Hitachi e Siemens a sfidare General Electric, Volkswagen e Toyota a sfidare le Tre grandi di Detroit.
Sul piano mondiale del ciclo siderurgico, ci fu un salto da 150 milioni di tonnelate (mt) di acciaio prodotte nel 1944 a 700 mt nel 1974, pari a quasi mezza produzione mondiale o all' intera produzione cinese odierne.
In Europa ciò ebbe i caratteri del ciclo del capitalismo di stato, e i nomi di Usinor in Francia, Finsider in Italia, ARBED in Lussemburgo, Aceralia in Spagna, British Steel in Inghilterra o Thissen in Germania.
Oggi la Cina ha compiuto un tratto di quel "ciclo irripetibile" sufficiente a darle le gambe della proiezzione di potenza nella contesa tra insiemi continentali. Lo testimonia anche la dinamica dei grandi gruppi.

Un'idea delle proprzioni e dell' intensità del mutamento scoperchiato dalla crisi si ha infatti considerando le variazioni tra il 2007 e il 2012 nella classifica dei primi 400 gruppi industriali e commerciali, stilata da "Fortune". Tra i primi cinquanta, con fatturato superiore a 100 miliardi di dollari nel 2012, compaiono tre gruppi cinesi legati alla produzione energetica: Sinopec, China national Petroleum e State Grid. Erano presenti anche nel 2007, ma hanno scalato in media 9 posizioni e oggi sono il 4°, 5° e 7° gruppo mondiale. La dinamica è più forte tra i 50 e i 100 miliardi di fatturato, un centinaio di gruppi: entrano a questo livello di concentrazione 18 gruppi cinesi, contro solo uno del 2007.E' poi vivacissimo l' ineguale sviluppo sotto i 50 miliardi, dove la Cina acquisisce una forza pari a quella europea o americana e passa da 20 a 55 gruppi.

In sintesi, prima della crisi la Cina pesava per l' 11% sul PIL mondiale, ma contava 29 gruppi col 5% del capitale nei primi 500 mondiali, inclusa la finanza. Oggi, col 15% del PIL mondiale, ne conta 89 col 16% degli asset, al lordo delle rivalutazioni monetarie. E' un indice del grado di concentrazione con cui alcuni gruppi cinesi partecipano alla sprtizione, in proporzione appunto al loro capitale.

Milioni di salariati ne sono investiti: i primi 500 gruppi mondiali hanno 65 milioni di dipendenti: 17 in Cina, 17 in USA e 18 in Europa. Seppur in condizioni differenti, esiste ormai anche in Cina un consistente strato della classe concentrato nei grandi gruppi, che i "campioni cinesi" si preparano a trascinare nello loro avventure per la nuova spartizione del mondo.

Fonte:"Global 500" di "Fortune"


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