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La Bomba


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
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La bomba esplose proprio accanto a me. Non ne sapevo niente, o quasi.
Era una bomba potente e ne rimasi disintegrato.
Non c’è niente come la morte, a farti vedere le cose in prospettiva. Se avessi saputo allora ciò che so ora, mi sarei concesso il lusso di un taxi, ma si sa, l’accortezza è sempre una dote effimera.
A quanto pare, riuscirono a ritrovare i miei denti. Avevo intenzione di andare per un po’ dal dentista, da quando un amico mi aveva fatto notare le macchie di tabacco sullo smalto dei miei incisivi inferiori. Buffo, che solo i miei denti fossero rimasti alla posterità. Quello che accadde al resto del mio corpo rimane un mistero.
Sparii in mille pezzi che volarono dappertutto. A esser franco, non mi va neanche di pensarci.

Non mi interessa per niente la politica e mi hanno insegnato fin da piccolo a non discutere di queste banalità – e neppure di quelle della religione – soprattutto mai con nessuno a pranzo, una regola a cui aderivo con grande consistenza e che io estesi di mia volontà a tutta la mia vita sonnolente e sonnambula. Per cui, non ho la più pallida idea di chi mise quella bomba lì o del perché l’avrebbe dovuto fare.

E comunque, non mi interessa, devo dire. Il tizio che lascia una buccia di banana sul pavimento, o che permette al suo cane incontinente di bagnarla con le sue schifezze, non è per forza la parte colpevole e mi potrei anche immaginare uno scenario come questo, benché esagerato: cioè uno lascia la bomba in un sacchetto di plastica perché se l’è dimenticata, tutto qui.
Sì, anche gli attentatori sono umani e nella loro trista confederazione non c’è motivo di sospettare che non ci sia anche uno imbranato, forse un novizio con tutta la volontà di questo mondo, ma con uno scarso punteggio in quanto a efficienza. Uno così verrebbe silurato, chiaro, e si manderebbero pure le scuse alle organizzazioni coinvolte.

Immagino che ci siano donne terroriste, almeno, posso immaginare donne che hanno voglia di mettere bombe, tanto quanto gli uomini, eppure ho ancora difficoltà a raffigurarmi il colpevole come diverso da un uomo.
Sarebbe un po’ una delusione venir disintegrati da una donna, e soprattutto quando ho sempre tenuto in grandissimo conto il gentil sesso, avendone amato parecchie esponenti nel corso dei miei trentotto anni con una passione e una dedizione che rendono le mie altre attività non proprio futili, ma quanto meno secondarie.

Fra queste attività, conto due romanzi di cui non vado orgoglioso ma di cui neanche mi vergogno, una mezza dozzina di racconti e un vasetto di ceramica, di anelli di terracotta non laccata, che creai a mano, quando avevo otto anni. Qualche biografo, o studioso delle vittime delle bombe, potrebbe decidere di aggiungere alla lista la mia traduzione delle “Mille e una notte” in svedese (Lottaförlag), il mio volume di saggi dal titolo “De Superficialis” e l’edizione litografata “Il Museo delle Complessità Non Dette”, nessuna delle quali sarebbe in ogni caso disponibile subito dopo la mia morte, a dispetto di quella legge Calvinista che permette allo scribacchino un salto di carriera dopo aver esalato l’ultimo respiro, per quanto ignoto al di là di un circolo di amici.
Se invece di “soldato” leggi “scrittore” puoi anche inaugurare una fiamma perpetua.

Per quanto riguarda le donne, posso solo dire che l’uomo è solo la somma dei suoi desideri , indipendentemente da quanto sul serio si prenda. Tutti gli uomini sono superficiali di natura e hanno bisogno di hobby con cui divertirsi. Che sia l’ultimo della terra o il presidente, la sua unica preoccupazione, senza usare sofismi, è il suo ciccio, e le attività a cui lo elegge. Il mio ciccio mi è sempre stato importante ed è stato pure accarezzato da alcune delle più squisite bellezze delle metropoli europee, per non parlare del Nord e pure del Sud America e ora che non ho nessuna posso dirvi che so bene di cosa sto parlando. Non ci mancano le cose proprio quando non le abbiamo? Una banalità perfetta e ridicola e pure nauseante, a vederla da dove sto, no? Che riguarda il mio ciccio, che se ne volò via, pure; strano destino, ma non più strano di altri, anche se presi a caso dall’intera gamma delle inanità, o onanità, umane.

So che non si deve prenderla troppo sul personale, che ognuno insomma fa solo il suo mestiere, che l’attentatore non mi odiava per forza, o non mi voleva fare del male, che stava semplicemente eseguendo degli ordini per una causa che sentiva sua, sì, ho un grande rispetto per la sua tenacia e il suo coraggio, dopo tutto, non ho mai rischiato la mia pelle per i miei ideali mentre ecco quest’uomo – o donna, forse – ha voluto darsi la pena, per non dire il rischio considerevole, di mettere una bomba in un luogo pubblico per la causa in cui crede, eppure mi sento un po’ deluso, non voglio dire che sono amareggiato o arrabbiato no no, al contrario, sono sempre stato fatalista, se la bomba portava il mio nome, non è colpa dell’attentatore, non sapeva che sarei stato sul treno in quel preciso istante, sono sicuro che se avesse saputo che stavo viaggiando a quell’ora e mi avesse conosciuto di persona, avrebbe fatto di tutto per mettere la bomba da un’altra parte o forse mi avrebbe consigliato di aspettare un altro treno o anche di prendere la corriera o magari di starmene a casa, finché il casino si sarebbe risolto e i treni avrebbero ripreso a correre come prima. Mio dio, con un po’ di fondi a disposizione, avrebbe perfino ritenuto giusto starsene su una limousine.

Non posso proprio dire che sarei morto dalla voglia di fare quello che stavo facendo, cioè un semplice viaggio verso un semplice posto con nessun’altra intenzione se non quella di divertirmi, dopo tutto, volevo solo andare al Père Lachaise a mettere un fiore sulla tomba di Oscar e so di certo che se avessi posticipato l’escursione, a Oscar non avrebbe fatto differenza, anche se si trattava del suo compleanno, o se anche avessi deciso di cancellare il mio piccolo omaggio, dubito che si sarebbe offeso, visto che anche lui è morto da tempo, che riposi in pace. E anch’io.
Ho iniziato il mio viaggio al Père Lachaise dieci giorni fa, senza intoppi, e ora sono a uno sputo di distanza da Oscar, e in un certo qual modo sento che l’attentatore non ha poi cambiato il mio piano del tutto, visto che sono finito là dove volevo finire, con l’unica differenza, certo, che lo sto facendo più tardi e non da vivo, ma da morto, cosa che non è proprio un dettaglio, ma comunque è perfettamente consona al mio obiettivo ultimo, che era quello di andare in cimitero e portare i miei omaggi a Oscar, un atto di cui sono ancora capace, anche se ho lasciato il mondo profumato degli uomini in lutto e sono passato in quel vuoto inodore che voi chiamate Morte e che io chiamo Casa.

Come ho detto prima, non ho idea di chi sia o sia stato l’attentatore (ché non si può assumere se lui o lei è sopravvissuta al botto) e non ho la minima idea del perché lui o lei avrebbe dovuto commettere una cosa simile. Capisco che ci sono una serie di motivi che ora vanno di moda, dibattuti per lo più da osservatori casuali seduti ai tavolini dei caffè, le cui teorie straordinarie fanno girare come trottole i camerieri, ma questo è solo chiacchiericcio posticcio, per quel che so, dopo tutto, chi può dire cosa è giusto e cosa è sbagliato, è solo un’opinione personale dhe dipende dai tuoi punti di vista e dai tuoi pregiudizi, o no? Siamo tutti capaci di tutto, possiamo accarezzare o strangolare, amare o uccidere, ridere o piangere e nessuno è più saggio di nessuno.

La storia c’entra qualcosa, credo, la gente rimane confusa dalla storia, molto, e quando dico “storia”, intendo il tempo, perché è il tempo contro cui tutti combattiamo senza quasi saperlo.
Ci si può incantare ad ammirare un campo di papaveri illuminato dal sole dietro una nuvola nel Nord della Francia, e dire che no
n si è visto niente di più squisito, o si può indietreggiare dall’orrore, perché sotto queste capocchie rosse ondeggianti giacciono le ossa di centinaia di migliaia di soldati, caduti e mutilati e in generale in uno stato deplorevole. E, ora che ho raggiunto i loro ranghi, posso dire con certezza che se la bomba per caso ha il vostro nome, non c’è molto che vi rimanga da fare.

Nota di effeffe
Questo racconto di Simon Lane, scritto nel periodo in cui ci furono gli attentati a Parigi di matrice islamica, lo pubblicammo su Paso Doble ( http://www.culture.gouv.fr/idees/content/pas/index.htm ) , la rivista che ho avuto l’onore di dirigere per circa otto anni in pieni anni novanta. Una rivista che era un vero gruppo d’azione artistica e solidale, che ha visto l’esordio letterario di Ornela Vorpsi e Veronique Ovaldé, insieme alla pubblicazione di scritti di Esteban Buch, Alix Willaert, Claudie Collomb, Maurizio Lazzarato, Andrea Inglese, Massimo Rizzante, Andrea Raos o artisti come Angela Melitopoulos, Patrick Chevaleyre, Tunga, Philippe Schlienger, Tommaso Cascella, Matteo Basilé. L’elenco è lungo e mi piacerebbe, nei prossimi mesi, riproporre in traduzione alcuni di quei testi.

Simon Lane
Fonte: www.nazioneindiana.com
Link: http://www.nazioneindiana.com/2011/05/13/the-bomb/
12.05.2011

traduzione di Anna Costalonga


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