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La mafia, lo Stato "medioevale" e il caso Saviano


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Da sempre do a ciascuno il suo. Al giovane Roberto Saviano, autore di “Gomorra”, non posso non riconoscere il coraggio ma non solo questo e non perché non vorrei trovarmi nei suoi panni. Il fatto è che il coraggio e come una munizione che va spesa contro l’obiettivo giusto e nel momento giusto. Chi spara all’impazzata corre il rischio di trovarsi disarmato di fronte al fuoco del nemico: è il caso del nostro scrittore.

Nel mio lavoro “Mafia per non dire capitalismo” (2005) io giudico ingenui e fuorvianti i vari onesti e coraggiosi Falcone, i quali ci hanno lasciato la pelle per avere sfidato in prima persona criminali di mestiere ovvero per avere assunto in proprio una causa che riempie le carceri, gratifica di martiri uno Stato immaturo e indegno e non risolve il problema.
Non è una mia opinione. Da molto tempo il mio solo partito è quello della scienza. L’istituto dello Stato avrebbe dovuto concludere il Medioevo, come si insegna nelle scuole ma come l’uomo nacque animale (e non poteva essere diversamente) così lo Stato è nato medioevale, e non poteva essere diversamente dato che il salto di qualità deve essere preceduto da un decorso evolutivo lento e lungo.
Nel Medioevo propriamente detto ogni potente, circondato da un gruppo di segugi, costituiva una specie di autocrazia, che esercitava, in modo approssimato e rudimentale, i tre poteri di Montesquieu: il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario che nello Stato saranno palesi e distinti. Ogni autocrazia, come in una giungla antropomorfa, realizzava rapporti di concorrenza e/o di coalizione con le altre autocrazie.

Era inevitabile che, accanto ad uno Stato “nominale” sopravvivessero autocrazie medioevali minori, quali sono appunto le mafie anche se sono costrette a mimetizzarsi intanto nell’area di una monarchia assoluta. Ai principi, marchesi, baroni, duchi e così via succedono i boss di calibro diverso. Può darsi che le mafie siano nate come sodalizi di uomini d’onore per la giustizia alternativa davanti all’arbitrio e alla prepotenza dei re e dei potenti feudatari: sociologicamente c’interessa sapere che oggi i mafiosi sono anzitutto uomini di affari.
Lo Stato nascente si limita a gestire l’esistente, più precisamente ad accrescere i propri privilegi sfruttando i sudditi senza provvedere ai loro bisogni. Questa realtà non si è ancora esaurita. La costituzione prima e la repubblica democratica dopo (cfr. quella in cui viviamo), assegneranno compiti ai poteri dello Stato e limiti alla sua autorità, ma non basteranno ad impedire il formarsi di nuove e più potenti autocrazie (dittature) nemmeno con la pratica elettorale, in cui si identifica la democrazia. E’ storia dei nostri tempi, anzi dei nostri giorni. Si pensi al nostro Paese e alla “più grande democrazia del mondo”.

La scienza ci dice che l’essenza del crimine è l’offesa dei diritti naturali e che lo Stato sarà tale solo quando sarà responsabile del benessere di ogni nato della sua collettività secondo la trilogia aurea “libertà-fratellanza-uguaglianza” della Rivoluzione Francese del 1789 ovvero quando risponderà, per l’appunto, ai diritti naturali. Solo allora sarà l’ ”età maggiore” della civiltà. Sarà il socialismo. Ancora è ben lungi dall’avere raggiunto questo livello, tanto più che è nato mutilato del quarto potere essenziale, quello della sovranità monetaria, rimasta nelle mani di trafficanti medioevali. Questo Stato si dice borghese: è esso il fautore del capitalismo, agonismo forestale antropomorfo, la cui versione selvaggiamente estremizzata e globalizzata (cioè estesa all’intero Pianeta) si dice liberismo.
Lo Stato liberista si ammanta di leggi fingendo di legittimarsi con queste ignorando l’altra verità scientifica che legittimo è solo ciò che è conforme ai diritti naturali. Si continua a chiamare economia ciò che è solo predonomia (artescienza della predazione antropomorfa) mentre l’economia propriamente detta è la scienza risolutiva dello Stato-padre che accudisce tutti i nati.

E’ tempo di finirla con lo slogan manicheista (così caro all’onesto e gentile - e ingenuo - magistrato Caselli) “più legalità, meno criminalità”, secondo cui tutto il bene starebbe da una parte. Non intendo esortare a disubbidire alla legge ma solo affermare che questa è giusta solo nella misura in cui è conforme ai diritti naturali. Per il resto può essere essa stessa uno strumento criminale.
La legalità liberista-affarista sta distruggendo quel poco che era stato fatto a favore dei diritti naturali. Proprio in questi giorni imperversa lo scontro fra la legge e la piazza (che la contesta in nome del diritto e della coscienza) per salvare la scuola da un’offensiva di tipo medioevale. Che la legalità sia l’unica alternativa alla criminalità e quindi alle mafie è un’ennesima menzogna degli autocrati borghesi.

Le mafie non sono (come si ripete) contro questo Stato dei cui strumenti, sia pure collaterali (come le banche) si servono per reinvestire i loro profitti predatori. La genesi di ogni mafia è complessa: schematicamente diciamo che c’è un nucleo solido, costituito da una vera e propria autocrazia (talora passata da un boss all’altro come una monarchia ereditaria) e un contorno morbido costituito da elementi anche occasionali che spesso sono cittadini abbandonati dallo Stato. Come tutte le organizzazioni segrete di carattere affaristico, eredi di una tradizione, hanno un rituale di iniziazione (che talora ripete costumi secolari) e di disciplina. Sempre per via della clandestinità, talora praticano la tortura e la violenza contro traditori e recedenti perché in possesso, questi, di segreti e quindi possibili veicoli d’informazione. Molte autocrazie mafiose (ovvero di affarismo occulto) praticano anche la pena di morte con processi sommari in assenza dell’interessato, che può essere raggiunto ovunque. Spesso l’esecutore di un omicidio può essere un affiliato ricalcitrante che lo esegue sotto la minaccia di morte.

Altra verità scientifica: il nostro inconscio ragiona! Per esempio: “se il predare il necessario del prossimo per arricchire il proprio superfluo senza limite – crimine per sé stesso – è un fine lecito, tutti i mezzi per raggiungerlo sono leciti”. Sfido moralisti, psicologi, sociologi, psicoanalisti e criminologi a dimostrarmi il contrario. Questa convinzione inconscia vale per mafiosi e predatori comuni. Di fatto, fra legale (la via per arricchirsi rispettando le regole del mercato, per esempio) e paralegale (raggiungere lo stesso fine con mezzi non legali) non c’è soluzione di continuità. La collusione non è necessariamente un fatto personale ma è nell’essenza e nello spirito del sistema gestito da uno Stato di fatto ancora medioevale (cfr. l’attuale assetto governativo).
Stando così le cose, un’Antimafia si smentisce da sé non potendo mai raggiungere lo scopo dal momento che l’affarismo paralegale (le mafie, appunto) fanno parte della struttura del sistema. Essa può solo creare dei “capri espiatori” per favorire un’altra menzogna: che la mafia sia un corpo estraneo di una società altrimenti sana e alimentare l’alibi: che le cose vanno male perché c’è la mafia. Solo a questo serve l’attività giudiziaria anche quando è “generosa” con un Andreotti, impietosa con un Contrada e totalmente ingiusta con un giusto come Tortora.
La lotta alla mafia è una lotta ad un sistema che la produce ed alimenta. Ad un dibattito radiofonico di molti anni fa, al sindaco di Misterbianco (CT), che gridava “abbasso la mafia”, gli contrapposi, sorprendendolo non poco, nonostante costui fosse un ex comunista, che bisognava gridare “abbasso il capitalismo”.

Come rapportarsi dunque con la mafia?. Non come i Falcone: il loro sacrificio mi commuove sul piano umano ma la loro teoria non mi convince. Non esiste un problema della mafia ma del capitalismo. La cronaca dei fatti di mafia serve per fare lettori
ed è perfino tollerata dai personaggi citati, che magari sentono di fare del protagonismo. Esiste un grosso giornale (in provincia di Ascoli Piceno), che è una vera antologia di fatti mafiosi: chi lo fa vive di cronaca. Perciò non prese nemmeno in considerazione il mio citato lavoro “Mafia per non dire capitalismo” perché la verità scientifica avrebbe dimostrato la inutilità di quel periodico, che non manca di agitare lo slogan sopra descritto.
Quando la cronaca porta difficoltà all’interno di qualche mafia, allora c’è da aspettarsi delle reazioni violente.
“Gomorra” deve essere stata recepita come una denuncia ed un’aggressione personali!
L’esortazione a non pagare il pizzo serve a diffondere la menzogna che la mafia possa essere debellata con il contributo delle sue vittime inermi mentre essa – come la delinquenza “economica” comune – è naturale in un contesto dove il primo delinquente è lo Stato (offensore dei diritti naturali).

Io non so quale sia stato il proposito di Roberto Saviano nell’accingersi a scrivere la sua opera, incriminata dalla mafia (sic): se quello di fare soldi a palate, c’è riuscito anche fin troppo bene. Se anche quello di contribuire al debellamento del fenomeno, allora, a maggior ragione, devo anche riconoscergli una buona dose di ingenuità e una cognizione sociologica del fatto non proprio eccellente, poiché non si tratta di conoscere fatti e segreti ma di sapere perché quelle cose avvengano.
Perché non ha scritto un testo per denunciare i crimini dello Stato? Lo sa quanti pizzi legali paghiamo? Ne cito uno per tutti: il canone RAI, un abbonamento “coatto” per un servizio del tutto simile ad un qualsiasi prodotto di parte e commerciale, ed estorto con la minaccia del pignoramento di beni anche a vecchi pensionati di fame il cui unico diversivo è un apparecchio televisivo.
Da 62 anni denuncio i crimini di Stato (e non credo di essere il solo) e da alcuni anni, tramite Internet, inoltro ai grossi mass media i miei molti scritti destinati ad alcune testate, ma quelli tacciono.
Saviano è diventato ricco ed eroe senza cambiare nulla, io sono rimasto povero e sovversivo, consapevole dei “limiti della realtà”. Opere come la sua piacciono allo Stato borghese, perché l’aiutano a fingere di combattere un male che esso stesso alimenta. Al contrario, non gli può piacere un lavoro che lo smaschera. Io penso che Roberto Saviano abbia agito come un apprendista stregone: calamitato da un possibile successo quanto ora sommerso da una comprensibile paura, che gli ha reso difficile la vita. Gli auguro ogni bene.

Carmelo R. Viola
Fonte: www.rinascita.info
Link: http://www.rinascita.info/cc/RQ_Analisi/EkkVuZpyVpoSJmKEdc.shtml
31.10.08


Citazione
Anonymous
Illustrious Member
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Completamente ricevibile l'articolo con particolare gusto al riferimento del piccolo giornale di Ascoli Piceno, a guida di G.B. che facendo leva sulle stimmate cerca di ritagliarsi la sua porzioncina di potere.


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