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La regalità, della serie il Re sono io.

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Primadellesabbie
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A margine di un'affollatissima discussione in home, queste considerazioni.

La regalità consiste nell'esercizio del potere a partire dalla volontà del monarca. Quando capita che il Re sia "saggio" la sua volontà guiderà il regno ad assaporare armonia e felicità.

Ma se il Re é la regalità, ne é il simbolo e l'emblema, questa é presente e viene in piccolissima, infima parte esercitata da ognuno in determinati momenti.

Qui può nascere una confusione, perché ai contemporanei, l'idea del Re, ricorda una posizione di comando, e il conseguente pensiero corre automaticamente a qualcosa che ha a che fare con il sopruso, e la conversazione diviene difficile.

Fatta questa premessa torniamo a noi che ci comportiamo da Re.
A differenza del Re i sudditi hanno la vita regolata da norme che caratterizzano il loro ruolo nella società e nella vita di ogni giorno. Il fatto é che mai queste regole possono comprendere ogni situazione che si possa verificare e ogni ambito, ed é proprio nell'assenza di regole per quella specifica situazione o per quell'accadimento non contemplati, che il suddito ha l'occasione ed il dovere di comportarsi da Re. Di interpretare e sperimentare, per un momento, in maniera limitata dalle condizioni e dalla sua persona, esprimendo una sintesi di se stesso e della propria cultura, la regalità.

Allo stesso modo può aver occasione di essere, per un momento, sacerdote, soldato, servo, banditore, ecc., pur essendo sostanzialmente contadino o paggio (ad esempio).

Per una serie di cause e ragioni, la nostra cultura ha completamente cancellato la regalità, dopo averne stravolto le caratteristiche limitandone le prerogative.

C'era solo da aspettare che maturassero le condizioni, ed anche quei momenti di regalità che la vita prevedeva per ciascuno di noi e ai quali ci obbligava inaspettatamente, momenti che ci facevano acquistare o perdere stima in noi stessi e che davano sapore e significato alla vita, si sarebbero volatilizzati assieme al suo simbolo, il Re.

La stessa cultura che ci ha permesso di affrancarci dalla regalità, ha costruito la ragnatela di doveri morali, necessità economiche, obblighi burocratici, condizionamenti psicologici, ecc. ecc. che ci esclude dall'esperienza dell'esistenza da esseri umani.

Quel giorno, a Place de la Concorde, abbiamo creduto di tagliare la testa all'oppressore, ma assieme alla testa dell'oppressore é rotolata la nostra possibilità di essere, qualche volta, Re e quindi esseri umani.

PS - Ad ogni buon conto, e per un altro correlato sospetto, provate ad andare al minuto 17:35 di questa vecchia intervista: costui vi ricorda in qualche modo un Re, o la sua regalità?:

http://www.youtube.com/watch?v=tW4p9N2Ocs8


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Giovina
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Non conosco l'inglese 😳


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anonimoak77
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La morale dei servi e dei signori di cui parlava il buon Nietzsche sosteneva proprio questo, così come tutto il discorso sull'ubermensch, ma ancora oggi viene travisato.


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Primadellesabbie
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Il bel pezzo di Rosanna in home si merita qualcosa in più che una polemica sul fascismo, anche se questo é il pretesto scelto per scriverlo:

Il “fascismo postmoderno” dunque è impalpabile, indefinito, inavvertibile...si confonde tra le pile dei giornali venduti ogni giorno in edicola, si mimetizza tra le bufale quotidiane raccontate dalla “nuova forma di vita neliberista”... perché la democrazia repubblicana...è morta e viene sostituita da un’altra cosa.
........................
Il controllo diretto di un potere centrale che “sorveglia” una moltitudine di dominati del ‘900 è stato sostituito da un meccanismo governato dalla “seduzione liquida”, nel quale i molti guardano i pochi, e mentre osservano vengono ripetutamente sedotti, stregati, ipnotizzati...perdono la capacità stessa di ragionare fuori dai frame mentali imposti dal sistema. Dunque chi osa uscire criticamente dal selciato dei frame dominanti, viene etichettato come antisociale, populista, estremista...

Suggerisco una lettura a 360 gradi di questo pensiero, sulla base del commento che ho proposto proprio per questo, andando forse al di là delle intenzioni dell'autrice:

...Invece lo scenario che ci troviamo di fronte sembra attestare un drastico rovesciamento delle più agghiaccianti previsioni distopiche del ventesimo secolo: è infatti il privato ad essersi trasformato in una belva famelica pronta a divorare la società e non il contrario ed è l’interesse privato che si è smisuratamente dilatato ai danni di quello pubblico (Zygmunt Bauman, Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida)...

É la vittima, il singolo componente della società che, avendo perso ogni cognizione dell'irrinunciabile diritto a momenti ed ambiti di discrezionalità, collabora attivamente con la "belva famelica" (indifferente se rappresentata da istituzioni o da privati o dalla combinazione dei due) indicando accuratamente gli spazi in cui agire e suggerendo le motivazioni da addurre.

Mette sul ceppo la propria testa assieme a quella dei suoi contemporanei, ed esige che siano tagliate da un'entità cui tutti assieme hanno dato vita e fornito di potere con il loro modo di vivere.

I mille rivoli in cui la regalità si é sfilacciata svilendosi, perdendo il riferimento alla indispensabile dimensione simbolica, costituiscono il fenomeno che ha prodotto il disperdersi e l'accumularsi affatto casuale di potere, di un potere ancora abbastanza efficace che, affidato a mani inette o avide e comunque irresponsabili e inadatte ha prodotto quello che vediamo.


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The_Essay
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Ma se il Re é la regalità, ne é il simbolo e l'emblema, questa é presente e viene in piccolissima, infima parte esercitata da ognuno in determinati momenti.

Qui può nascere una confusione, perché ai contemporanei, l'idea del Re, ricorda una posizione di comando, e il conseguente pensiero corre automaticamente a qualcosa che ha a che fare con il sopruso, e la conversazione diviene difficile.

Ciao!
Permettimi di dirti senza ipocrisia o adulazione che il tuo stile è degno di un re illuminato,però voglio vergare una piccola nota e contemporanea domanda:
"Il re regna e non governa."Cosa importante,non so quanto ritenuto giusto da te e dagli altri astanti:"Non si può regnare ed essere innocenti"
Che ne pensi?
Bye,Bye The Essay


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Primadellesabbie
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@ The_Essay

Proprio per la sua dimensione simbolica, la regalità non é giudicabile con i criteri abituali e soprattutto non lo é dai sudditi.

Se un Re governasse, cioè esercitasse la parte diretta, volgare del potere tradirebbe la sua funzione, quindi delega questo compito ad altri, nei confronti dei quali costituisce una "presenza" che li guida e li dimensiona.
Naturalmente non devi pensare ai Re moderni, lì la regalità, o qualcosa del genere, non é mai stata di casa.

A questo proposito c'é stato perfino chi ha imputato al comportamento "moderno", di intervento nel governo della Russia, di Pietro I il Grande, la causa del crollo della zarismo, e potrebbe non avere tutti i torti.


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Rosanna
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@primadellesabbie, ti ringrazio per avermi citata,

come sempre sai proporre riflessioni che stanno sopralaspazzatura quotidiana, il tema è molto interessante, mentre ci pensavo mi è venuto in mente un passo dell'Adelchi del Manzoni, dove lui esprime al meglio la sua concezione pessimistica della storia:

Morte di Adelchi
Cessa i lamenti,
cessa o padre, per Dio! Non era questo
il tempo di morir? Ma tu, che preso
vivrai, vissuto nella reggia, ascolta.

Gran segreto è la vita, e nol comprende
che l’ora estrema. Ti fu tolto un regno:
deh! nol pianger; mel credi. Allor che a questa
ora tu stesso appresserai, giocondi
si schiereranno al tuo pensier dinanzi
gli anni in cui re non sarai stato, in cui
né una lagrima pur notata in cielo
fia contra te, né il nome tuo saravvi
con l’imprecar de’ tribolati asceso.

Godi che re non sei; godi che chiusa
all’oprar t’è ogni via: loco a gentile,
ad innocente opra non v’è: non resta
che far torto, o patirlo.

Una feroce forza il mondo possiede,
e fa nomarsi dritto: la man degli avi
insanguinata seminò l’ingiustizia;
i padri l’hanno coltivata col sangue;
e ormai la terra altra messe non dà.

Reggere iniqui dolce non è; tu l’hai provato:
e fosse; non dee finir così? Questo felice,
cui la mia morte fa più fermo il soglio,
cui tutto arride, tutto plaude e serve,
questo è un uom che morrà.

Come dice The_Essay, credo che la sovranità comporti la pratica del potere e quindi necessariamente della forza, che genera sofferenza.


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Primadellesabbie
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@ Rosanna

Si, é un pessimismo "moderno", in qualche modo (la penultima quartina non dà speranza).

Il mio fine sarebbe stato quello di far riflettere sul fatto che alcune componenti fanno parte nostra realtà, non si possono eliminare. Nel senso che se si agisce in modo da eliminarle ce le ritroviamo irriconoscibili e trasformate in qualcos'altro che non sappiamo come affrontare.

É il caso della regalità e del potere che ne é un'emanazione. Abbiamo (forse giustamente) distrutto il simbolo e adesso non riusciamo ad organizzare il potere.
Mettiamo da parte, per un momento le truffe e gli imbrogli e osserviamo questa confusione che discende dal mancato riferimento al simbolico.

Notiamo che organizziamo la democrazia e spunta un'oligarchia anomala, priva di responsabilità, con sfumature diverse ma puntuale, se nasce una dittatura emerge una demagogia che si insinua fin nei calzini, i militari prendono il potere ed invece, sotto sotto, comandano i produttori di armi e i cospiratori.

Adesso il potere é in simbiosi con il denaro, anzi, ha superato anche questa fase e si é probabilmente accasato presso i creatori di moneta. Ti illudi di averlo braccato? Sarai sorpresa di scoprire che si é trovato qualche altro anfitrione.

E su tutto aleggia sempre lo spettro dell'umiliante burocrazia, che solo un Re ha il dono di poter fugare con un gesto.

In sostanza credo che la lezione ci inviti a prevedere che forma prenderà la componente elementare che si crede di poter distruggere, non dobbiamo pensare di poterne fare quello che vogliamo, ed é la direzione in cui guardavano i due autori che, se non sbaglio, hai citato nel tuo articolo, uno esplorando con ammirevole coraggio intellettuale (Huxley), l'altro tirando le somme della sua breve ma intensa e sofferta esperienza spagnola (Blair).


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Rosanna
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La sovranità è appartenuta al popolo italiano per un breve battito di ciglia, per un lieve fruscio di ali di farfalla,

le parole di Piero Calamandrei risuonano scolpite nella memoria, come fossero lapidi, simili a quelle dei partigiani, morti giovani e imberbi, in nome della libertà di una patria che li ha traditi cento volte in vita e mille volte dopo la morte.

Oggi gli italiani hanno perso la loro sovranità, sono tornati ad essere servi dei padroni, schiavi moderni di un potere sovranazionale, imperiale, una sorta di "fondamentalismo a/ideologico postmoderno" come diceva giustamente Tonguessy,

io aggiungerei un fondamentalismo religioso ma amorale, perché lontano nel tempo e nello spazio, simile a quello degli dei di Lucrezio, che vivevano negli intermundia e si dimenticavano dei poveri mortali, delle loro paure e delle loro sofferenze.


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Rosanna
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Vorrei anche aggiungere che non credo che noi siamo sovrani di nulla, non della nostra vita, perché non siamo noi a chiedere di venire al mondo e di essere generati,

non dell'amore, che non siamo noi a predisporre, ma se mai è lui che dispone di noi,

non della nostra professione, che spesso viene scelta per caso, per convenienza, per interesse ...

non dei nostri figli, che sono completamente diversi da quello che ci saremmo aspettati,

non della nostra morte, perché è lei che decide per noi.

Forse era meglio fare un viaggio al termine della notte ...


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Primadellesabbie
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...un fondamentalismo religioso ma amorale, perché lontano nel tempo e nello spazio...

Credo che questa sia la direzione in cui guardare. Ma lasciami dire un'eresia.

La sovranità ha bisogno di un luogo appropriato che l'accolga, e questo luogo non può essere uguale a quello da cui é stata scacciata o ha dovuto abbandonare precedentemente.

Deve essere un luogo che rispetti le sue particolari caratteristiche tenendo conto della nuova situazione. Ripristinare a forza le condizioni preesistenti, senza tenere conto degli inevitabili cambiamenti, corrisponderebbe ad una solenne pagliacciata (e questo é già stato tentato in passato), improvvisare un luogo pur che sia non é solo inutile, é controproducente perché non attecchirebbe o si trasformerebbe in qualche mostruosità ostile.


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Rosanna
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...un fondamentalismo religioso ma amorale, perché lontano nel tempo e nello spazio...

Credo che questa sia la direzione in cui guardare. Ma lasciami dire un'eresia.

Forse ho capito quello che vuoi dire, credo di averlo intuito quando ho fatto il secondo intervento,

cioè la sovranità non può appartenere al popolo, è per sua stessa natura trascendente, è per sua stessa dimensione metafisica, è quell'anello che non tiene, direbbe Montale,

è quel destino sovrumano e immortale che è precluso agli esseri umani.
Forse hai ragione, gli uomini non se la meritano, non la sanno apprezzare, non la sanno mantenere, dunque la schiavitù è la loro meritata sorte.


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Primadellesabbie
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...cioè la sovranità non può appartenere al popolo...

No Rosanna, non voglio dire questo che, se anche fosse vero, ci siamo sporti troppo per poter tornare indietro, quindi cosa fatta capo ha, come direbbe un buon avvocato.

Il fatto é che siamo troppo "scientifici" e fattivi e questo ci porta a trascurare, considerando irrilevanti, aspetti che invece sono importanti ai fini di equilibrio, rapporti sociali, concordia d'intenti, giustizia.

Bisogna licenziare Claudio Piano (benché architetto interessante) ed assumere Leon Battista Alberti. Non bastano le sole strutture.

Non sono in grado di stenderti un elenco ma, ad esempio, tutto lo spazio occupato nella nostra mente dai media dovrebbe essere occupato da altro, l'idea ossessiva del turismo come fuga dalla realtà dovrebbe trovare un rimedio. Un popolo alla continua ricerca di una raccomandazione, di un modo per sbarcare il lunario come può essere "sovrano"?

Ci sono un sacco di cose essenziali da rimediare. Sostenevo e sostengo che gli scontri sociali dei periodi immediatamente postbellici avevano tutte le premesse per divenire fondanti. Adesso é difficile, le discordie sono di forma più che di sostanza, perché manca la sostanza nei contendenti, e non puoi imporgliela la sostanza, a uno che non ce l'ha dentro...


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Rosanna
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Sì hai ragione, però qualche ragione ce l'ho anch'io forse, cosa ne dici di quella visione apocalittica del reale che ho dato prima?

"non credo che noi siamo sovrani di nulla, non della nostra vita, perché non siamo noi a chiedere di venire al mondo e di essere generati,
non dell'amore, che non siamo noi a predisporre, ma se mai è lui che dispone di noi, non della nostra professione, che spesso viene scelta per caso, per convenienza, per interesse ...

Tu credi che una qualche regalità/sovranità possa appartenere all'individuo? potremmo dire: "abbiamo incontrato il Re, ed ero io?"

oppure l'esperienza del regale ci è assolutamente preclusa?


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Primadellesabbie
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Sai bene cosa ci insegna la conoscenza più profonda cui possiamo attingere. Probabilmente i più eleganti sono cinesi, dicono che é inutile preoccuparsi, che le cose dovevano comunque andare così, ma ci vuole un'impostazione che per noi è difficile. Gli altri invitano chi ce la fa a liberarsi di tutto dominando se stessi, i maomettani la chiamano grande jihad (la piccola, per prepararsi alla grande, sarebbe la guerra agli infedeli). Noi pretendiamo di aver individuato la famosa terza via ma, per il momento non si segnalano risultati di rilievo.

Penso che nessuno possa permettersi di rinunciare alla discrezionalità (la goccia di surrogato di regalità di cui possiamo disporre) di cui si sente legittimamente capace, ed é proprio questa che ci si gioca quando si segue un modello: ed é disgraziatamente questa la caratteristica precipua della nostra cultura: cercare con pretesti, ideare e seguire dei modelli! I modelli ci sono addirittura indispensabili per tentare di ritualizzare la enorme conflittualità latente.

Niente discrezionalità = niente punto di partenza, un bel dilemma, una scala senza pioli, come direbbe un mio amico.


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