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La tecnica non ci salverà dalla tecnica


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Uno dei tratti caratteristici tipici della società occidentale che poggia sui miti della crescita e dello sviluppo è quello di manifestare cieca fiducia nell’onnipotenza della tecnologia che sarebbe in grado di porre rimedio a qualsiasi genere di problema, compresi quelli che sono stati ingenerati proprio da un uso smodato e spesso inappropriato della tecnologia stessa.
Sempre più spesso, tentando di dare corpo a questa illusione, nascono progetti che nutrono la velleità di “curare” le svariate malattie causate all’ambiente proprio dall’attività umana, usando come rimedio quella stessa attività umana che ha portato la biosfera ad ammalarsi.
Un esempio eclatante in questo senso è costituito dal progetto del MOSE di Venezia che proponendosi la riduzione delle alte maree, peggiorate a causa dell’attività industriale, anziché tentare di raggiungere lo scopo attraverso una riduzione dell’ingerenza umana volta a riportare l’ecosistema lagunare allo stato di salute degli inizi del 900, ha preferito riempire la laguna di cassoni di cemento armato che probabilmente non serviranno allo scopo e comprometteranno ancora più pesantemente gli equilibri di una laguna già pesantemente ammalorata.
Anche la produzione cinematografica è zeppa di richiami al mito dell’onnipotenza tecnologica che tutto può, come stanno a dimostrare i sempre più numerosi film all’interno dei quali attraverso le esplosioni nucleari tutto può essere “curato”, dal tornado più spaventoso al riscaldamento globale, dal pericolo meteoriti a quello della glaciazione, dalla desertificazione alla più colossale delle alluvioni.

Emblematica dimostrazione di questo cortocircuito logico è costituita dal progetto di “Geo Engineering” presentato da Stephen Salter, dell'Università di Edimburgo che ritiene di poter ridurre il problema del riscaldamento globale causato dalla sempre più pesante ingerenza della tecnosfera nei confronti della biosfera, attraverso l’inserimento negli oceani di oltre 1300 navi robotizzate della lunghezza di circa 45 metri e del peso di 300 tonnellate ciascuna che 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno dovrebbero avere il compito d’irrorare le nuvole per mezzo dell’acqua marina.
Secondo l’intendimento del prof. Salter le goccioline spruzzate da questa flotta senza equipaggio agirebbero da nuclei di condensazione e dovrebbero far diventare le nubi sopra gli oceani chiare, aumentando in questo modo la superficie in modo da far brillare le nuvole e riflettere maggiormente le radiazioni del sole nello spazio, con la conseguenza di contrastare il riscaldamento causato dai combustibili fossili.
Naturalmente, per ammissione dello stesso Salter, questa operazione dal costo relativamente contenuto stimato in 100 milioni di euro l’anno, potrebbe con tutta probabilità influenzare radicalmente il clima su scala regionale, portando ad una diminuzione delle precipitazioni e ad altri effetti che non sono al momento prevedibili e lasciano presagire la possibilità che ancora una volta la “cura” possa mostrarsi assai più pericolosa della stessa malattia che intendeva curare.

L’unico vero rimedio per ridurre il riscaldamento globale non parla il linguaggio delle grandi opere e non presuppone l’uso di ciclopiche mirabilie tecnologiche, ma richiede di abbracciare senza ulteriori esitazioni la filosofia della decrescita con lo scopo di ridurre i danni determinati da una tecnosfera ormai cresciuta a dismisura senza porsi alcun limite. Per “raffreddare” il pianeta e ridurne lo stato di progressivo inquinamento occorre iniziare a smettere di avvelenarlo, ripensando radicalmente gli equilibri esistenti fra la voracità dei nostri consumi e lo sfruttamento delle risorse terrestri. La tecnologia, lungi da essere considerata un nemico da bandire, potrà aiutarci in questo percorso, consentendoci ad esempio di razionalizzare i consumi energetici e diminuire gli sprechi, di camminare sul pianeta (che non è nostro) del quale facciamo parte con un passo più leggero, di non ripetere gli sbagli del passato, come la cieca fiducia nel mito della crescita e dello sviluppo c’indurrebbe erroneamente a fare.
L'articolo del Corriere della Sera riguardo al progetto di Stephen Salter:
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/08_settembre_03/navi_robot_riscaldamento_7c925ab4-79bb-11dd-9aa0-00144f02aabc.shtml

Marco Cedolin
Fonte: http://ilcorrosivo.blogspot.com
Link: http://ilcorrosivo.blogspot.com/2008/09/la-tecnica-non-ci-salver-dalla-tecnica.html
4.09.08


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