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Libertà in rete. Le due misure di Washington


dana74
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Libertà in rete. Le due misure di Washignton
Mentre sostengono la “Internet Freedom”, gli Usa continuano l’inquisizione contro Wikileaks

Ferdinando Calda

“Gli Stati Uniti si impegnano a difendere internet dai regimi autoritari che censurano e oscurano la Rete”. Così il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha annunciato lo scorso martedì la nuova strategia d’interventi dell’amministrazione statunitense a favore della “Internet Freedom”. Un programma di finanziamenti milionari con lo scopo di abbattere ogni barriera che le dittature (o quelle definite tali dalla Casa Bianca) impongono alla rete nel proprio Paese.
Proprio il giorno dopo queste dichiarazioni della Clinton, una corte federale di Alexandria, in Virginia, è stata chiamata a giudicare l’ingiunzione arrivata a Twitter proprio dal governo Usa, che pretende di poter accedere ai dati relativi agli account di tre volontari di WikiLeaks.
E così, mentre il segretario di Stato elogia il ruolo dei social network nel rovesciamento dei regimi autoritari di tutto il mondo, citando in particolare Iran e Cina, la Casa Bianca continua la sua battaglia contro il famigerato Assange, colpevole di aver svelato i segreti della diplomazia Usa.
Già martedì scorso il New York Times (e non solo) aveva sottolineato l’ipocrisia di difendere la libera circolazione delle informazioni e poi incriminare chi le ha fatte circolare se quelle informazioni riguardano la propria diplomazia.
Per tutta risposta, la Clinton ha ribattuto che la vicenda di WikiLeaks è “nata da un furto, proprio come se i nostri documenti fossero stati trafugati in una ventiquattrore”. Inoltre, ha aggiunto, “i governi non possono fare tutto alla luce del sole. La riservatezza è fondamentale per condurre operazioni che non si possono fare in pubblico”.
Il segretario di Stato ha quindi voluto smentire che l’amministrazione Obama abbia mai costretto società private a negare i propri servizi a WikiLeaks.
“Ci furono politici ed esperti che chiesero pubblicamente a quelle compagnie di dissociarsi da WikiLeaks”, ha minimizzato la Clinton, sottolineando la differenza tra “l’esprimere opinioni e l’imporre comportamenti”.
Di fatto, però, la società di Assange si vide voltare le spalle, tra le altre, da Amazon, MasterCard, Visa e PayPal. Cosa che comportò la chiusura di molte delle sue fonti di finanziamento.

17 Febbraio 2011 1200 –
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=6557


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