Con "nominalismo femminista" intenderemo la tendenza ricorrente tra le femministe contemporanee, a intervenire al livello dei segni per condizionare la percezione e la rappresentazione dei soggetti in modo non discriminatorio. Questa è la ragione dell'insistenza sulla vocale femminile da usare al posto di quella maschile, che servirebbe, a loro dire, a castrare le donne o a impedirne l'accesso a certi ruoli sociali (dire avvocato, dottore, presidente, ecc. soltanto al maschile significa pensare implicitamente questi ruoli di pertinenza esclusiva degli uomini).
Quest'idea nasce dal concetto di "politically correct", sviluppato nelle università statunitensi, il quale si basa su una tesi: la lingua non è neutra, non è indifferente rispetto alle visioni del mondo, ma è connotata ideologicamente. Di conseguenza, per evitare l'esclusione di alcuni gruppi sociali (le donne, i neri, gli omosessuali, i disabili, le minoranze religiose, ecc.) bisogna cambiare il lessico.
L'idea non è cattiva di per sé e contiene un fondo di verità. Davvero la lingua non è neutra, davvero è un veicolo di ideologia e davvero i significanti determinano i significati.
Tuttavia... [CONTINUA]
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31 Agosto 2017 18:11