Locarno, Mussolini ...
 
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Locarno, Mussolini e fusioni


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Da: www.laregione.ch/interna_new_coe.asp?art=ospite1&frmt=od

L'ospite
Aggregazione e democrazia

di Diego Scacchi (*) - 25 agosto 2011

Il 16 ottobre 1925, in occasione della seduta conclusiva, con la firma del Patto di Locarno, della conferenza della pace che si tenne nella nostra città, il sindaco G.B. Rusca, quale anfitrione, si trovò a sedere accanto a Benito Mussolini, da tre anni capo dittatoriale del governo italiano. Il sindaco di Locarno, fiero antifascista, avrebbe fatto volentieri a meno di questo contatto gomito a gomito ma, nel rispetto dei suoi impegni protocollari, in attesa della fotografia che immortalava tutti i partecipanti alla conferenza scambiò qualche considerazione con l’ingombrante ospite, badando che fossero esclusi argomenti politicamente scottanti.

La conversazione scivolò pertanto sulla grandezza di Locarno e del suo agglomerato, e sull’impellente (già allora) necessità di una fusione dei vari Comuni che lo formavano.

Mussolini, la cui azione politica non era evidentemente ostacolata da inopportune consultazioni democratiche degli interessati, si vantò di aver proceduto recentemente a fusioni di Comuni anche assai popolosi, al che Rusca ribattè: “Certo a vostra eccellenza questo è possibile e fin facile: ma qui le cose vanno in maniera diversa, sicché la pur auspicabile fusione resterà per gran tempo ancora sulle ginocchia di Giove”.

Dovrebbe avvicinarsi l’ora della liberazione delle ginocchia di Giove dal pesante fardello. Per parecchi decenni le sacrosante esigenze democratiche, ma ancor più assai meno nobili motivazioni (di ordine finanziario, di prestigio e anche di piccole ambizioni personali) hanno tenuto lontana l’auspicata fusione. Del resto contro la stessa sono state avanzate anche considerazioni di ordine democratico, pur se diverse da quelle emerse dal colloquio sopra ricordato. Ai nostri giorni, infatti, gli avversari dell’aggregazione, o se si preferisce della “grande Locarno”, lamentano che essa toglierebbe lo spirito democratico degli attuali comuni, per cui 7 Municipi e 7 Consigli comunali, oggi eletti dai cittadini, sarebbero sostituiti da un solo esecutivo e da un solo legislativo. In realtà, questa obiezione è priva di consistenza.

Infatti, occorre prendere atto che siamo nel XXI secolo e che anche il nostro piccolo mondo è inserito, a pieno titolo, in fenomeni a dimensione planetaria quali la globalizzazione e la mondializzazione. Queste hanno aspetti positivi e negativi: per gli uni predominano i primi, per gli altri i secondi; ma poco importa: esse sono una realtà con la quale bisogna fare i conti. Dal nostro punto di vista, si deve in primo luogo dedurre che la scala delle relazioni umane e sociali è profondamente mutata, per cui anche i criteri per l’identificazione e la definizione di una comunità non sono più gli stessi rispetto anche solo a pochi decenni fa.

‘Un agglomerato con 5 o 6 Comuni autonomi? Un’assurdità’

Quindi, se indubbie ragioni storiche hanno portato, nel corso dei secoli, alla formazioni di parecchie comunità, che hanno poi gradualmente assunto la forma giuridica degli attuali Comuni (a quel tempo separati comunque anche da un punto di vista fisico e morfologico) non si può non constatare che queste valenze storiche non hanno più oggi alcun significato se non, appunto, quello di un retaggio del passato. Una conclusione si impone: un agglomerato suddiviso in cinque o sei Comuni politicamente autonomi (almeno in teoria) è un’assurdità.

Del resto, propria questa suddivisione, in presenza di problemi che sono unici per tutto l’agglomerato, costituisce una lesione sempre più forte ed evidente dell’autonomia dei singoli Comuni: il che comporta anche, e necessariamente, l’intervento dell’autorità superiore, cioè quella cantonale, per rimediare alle distorsioni manifeste (specie nel settore pianificatorio) che questa situazione provoca. Un intervento, per contro, che sarebbe molto meno giustificato, e che potrebbe essere validamente contestato, in presenza di un unico, forte e coeso, Comune.

L’esempio di Lugano e Mendrisio

Il federalismo svizzero presuppone un costante dialogo e confronto tra la Confederazione ed i Cantoni ma anche, all’interno del secondo gradino, un confronto dialettico tra autorità cantonale e comunale. Perché questa possa avere una valida parola da dire e una chiara voce in capitolo (già nell’ambito sempre attuale della ripartizione delle competenze) i Comuni non possono presentarsi come enti asfittici, o in costante conflitto e rivalità con i Comuni vicini. Conosciamo l’indubbia autorità che ha acquistato, nei confronti del Cantone, il Comune di Lugano (che peraltro era già forte prima) dopo la serie di aggregazioni che ne hanno fatto una città anche assai popolosa, cui si affianca l’aggregazione di Mendrisio. Nel Sopraceneri non si arriverà mai ad una realtà simile, già per l’importanza che la struttura finanziaria riveste a Lugano. Ma, a maggior ragione, si impone che le due città sopracenerine, Bellinzona e Locarno, abbiano nel futuro una struttura ben più consistente di quella attuale. Entrambe, con tempi e modalità diversi, cercano di arrivare a questa meta: per Locarno essa è assai vicina, e dipende solo dai cittadini di sette comuni se sarà realizzata. In caso contrario, e ancor più se Bellinzona riuscisse nell’intento, la nostra zona sarebbe condannata ad un destino incerto e problematico, e l’avvenire di tutto il Locarnese ne sarebbe forse irrimediabilmente pregiudicato.

Nel corso della procedura avviata dal Dipartimento e sottoposta ai Comuni interessati, come pure nei numerosi articoli di giornale che sono stati pubblicati, si sono compiutamente sottolineate le esigenze di ordine finanziario, economico, culturale e sociale che giustificano, o che addirittura esigono, la fusione dell’agglomerato locarnese in un solo Comune. Tutto ciò porta a concludere che la nascita di un nuovo ente comunale forte e omogeneo è altamente auspicabile.

Per quanto concerne le esigenze democratiche attinenti agli odierni comuni, esse possono adeguatamente risolversi mediante un’organizzazione in quartieri (corrispondenti alla precedenti realtà comunali) dove la voce dei singoli cittadini possa farsi sentire per poi giungere all’autorità comunale. Come pure, una rappresentanza adeguata delle singole componenti sarà regolamentata per l’elezione del Consiglio comunale.

Guardare all’interesse collettivo

In conclusione, le prospettive, anche di ordine democratico, che offre una nuova entità locarnese, devono far superare ogni altra questione, peraltro riconducibile a ragionamenti egoistici e non lungimiranti. Così per quanto concerne il carico fiscale: la nascita di una città forte e competitiva merita un piccolo sacrificio finanziario, oltretutto superabile in pochi anni. Né sono giustificate le ragioni di ordine partitico. È possibile che, nella futura “grande Locano” le maggioranze politiche non corrispondano alle situazioni attuali, rispettivamente ai desideri dell’uno o dell’altro partito (questo ragionamento concerne qualsiasi forza politica): ma questo è il significato profondo della democrazia, che non può essere sacrificato a meschini calcoli elettorali. Quel che deve contare, in questa imperdibile occasione, è l’interesse collettivo della cittadinanza e della nostra regione.

--
(*) gia' sindaco di Locarno

--- Succinto commento
I tempi di Mussolini saranno passati, la sostanza delle cose no: la democrazia italiana e svizzera sono piu' diverse che mai nel modo di procedere.
Infatti in Italia si procede molto spediti, non si fondono comuni, bensi' intere provincie, dall'oggi al domani, senza nessun dibattito pubblico sostanziale. Se allora era Mussolini ad imporre i suoi diktat, oggi e' la BCE, con dietro il club
dei fina(n)zisti.

E' cambiato molto dal 1925?
Si' e no!
E' palesemente rimasta inalterata la diversa mentalita' di governo fra Italia e Svizzera. Ciarlatani e fanfaroni di la'; modesti, lenti e sempre litigiosi per via dei campanilismi di qua.

A proposito, quanti sanno del ruolo decisivo giocato da Luigi Rusca nel passaggio dal fascismo al governo Badoglio? Fu lui, svizzero all'estero (era direttore di un'importante casa editrice italiana) a tessere la tela diplomatica fra alleati e italiani per un passaggio il piu' possibile indolore fra i due governi.


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ilfigliodegeneredellovest
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Anche l'attitudine degli svizzeri a vivere di maneggi fraudolenti non è cambiata in tutti questi anni.


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vic
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Sei scemo?

Se c'e' un paese che disattende gli accordi bilaterali e' l'italia non di certo la Svizzera!

E se c'e' un paese di ladri questo e' l'Italia, tant'e' che in Ticino si conosce benissimo il fenomeno della delinquenza d'importazione, ovviamente dall'Italia.

Allora misura le parole!


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ilfigliodegeneredellovest
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Ripeto: Anche l'attitudine degli svizzeri a vivere di maneggi fraudolenti non è cambiata in tutti questi anni.


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vic
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Se non dici esplicitqamente di quali maneggi si tratta sei proprio scemo.

Poi ti replichero' con una lista dieci volte piu' lunga sui maneggi italiani e magari se me la fai girare c'aggiungo anche qwualche delitto.

Ma va a quel paese!
Anzi no, rimani neol tuo paese che hai quello che ti meriti.

Poverino, forse saresti da compatire, ma non sono in vena.


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Tonguessy
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I recenti fatti libici dimostrano una semplice verità: se uno Stato è in qualche modo funzionale al sistema non viene toccato.
La Svizzera e tutta la sua brava democrazia diretta (o simile), il suo esercito popolare e quanto di buono c'è tra quelle valli è stato lasciato in pace perchè ha garantito e continua a garantire vita propspera al sistema bancario che conosciamo. O pensi forse che i nazisti avrebbero avuto problemi ad annetterlo, magari con qualche scusa tipo Sudeti?

In realtà la storia dell'oro nazista spiega la volontà di lasciare in vita quel piccolo Stato "indipendente ed autonomo". Faceva e fa comodo a tutti, svizzeri compresi, ma non facciamone una questione di orgoglio nazionale, per cortesia. I Libici lealisti stanno dimostrando quali problemi si possono incontrare quando si viene presi di mira dalle potenze militariste ed imperialiste.

PS: il mio non vuole essere una difesa di altri interventi, solo una precisazione di carattere storico/politico


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