Luca Ricolfi - Perc...
 
Notifiche
Cancella tutti

Luca Ricolfi - Perché da noi il salvataggio è impossibile


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 33516
Topic starter  

Come si fa a non stare dalla parte dei lavoratori dell’Alcoa? Non è certo colpa dei salari operai se la multinazionale americana sta chiudendo alcuni stabilimenti non solo in Sardegna, ma in Europa (dismissioni sono in corso anche in Spagna).

Ma la vera domanda viene a questo punto: posto che una volta tanto il costo del lavoro, la produttività, l’assenteismo, gli scioperi non c’entrano nulla, che cosa si può fare?

Per rispondere bisogna ricapitolare alcuni dati di fondo della situazione dell’Alcoa. Lo stabilimento sardo di Portovesme finora è rimasto in Sardegna per due ragioni di fondo. Primo, perché la domanda di alluminio non era fiacca come oggi.

Secondo, perché lo Stato italiano, che fa pagare l’energia uno sproposito (+30% rispetto alla già alta media europea) all’Alcoa concedeva tariffe superagevolate, naturalmente facendole pesare sulla bolletta di tutti noi, famiglie e imprese che pagano l’energia elettrica a prezzo pieno. Questo avveniva per ragioni puramente politiche, ossia per salvare voti e posti di lavoro, o meglio per salvare voti pagandoli in posti di lavoro. Ma pagandoli quanto? Un calcolo molto rozzo, basato sulla spesa totale negli ultimi 15 anni e sul numero di posti di lavoro salvati, suggerisce che ogni posto di lavoro sia costato ai contribuenti circa 200 mila euro l’anno. Una follia, vista la leggerezza delle buste paga degli operai.

Ora le autorità europee hanno stabilito che quelli erano aiuti di Stato (si vedeva a occhio nudo, ma abbiamo finto di dover attendere un pronunciamento ufficiale) e la multinazionale americana ha capito che non c’è più trippa per gatti. Smantellerà un po’ di stabilimenti in Europa, e ne costruirà uno megagalattico in Arabia Saudita, ovvero in un posto dove è più conveniente produrre.

Ora torniamo alla nostra domanda di partenza. Che cosa si può fare?

Mi spiace essere crudo, ma la sola risposta che mi sento di dare è: niente. O meglio: molto di assistenziale e nulla di industriale. Siamo in Europa, e gli operai che perdono il lavoro hanno diritto a qualche forma di sostegno del reddito, e a essere aiutati nella ricerca di un posto di lavoro nuovo. Ma non raccontiamoci la fiaba che spingere un’azienda straniera a produrre in perdita sul nostro suolo sia «politica industriale», o sia una scelta razionale. La realtà è che produrre in Europa è sempre meno conveniente, per l’incredibile matassa di vincoli e regolamenti che ci siamo dati negli anni. E in alcuni paesi europei, fra cui l’Italia, l’energia (in particolare elettrica) costa troppo, come ha giustamente fatto notare il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi.

Il guaio, tuttavia, è che quello dell’energia è solo un sovraccosto del produrre in Italia, uno dei tanti. Accanto all’energia ce ne sono innumerevoli altri: tempi della giustizia, tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione, adempimenti burocratici, corruzione, prestiti bancari, tasse sul lavoro, tasse sulle imprese. Per questo, a partire da oggi, «La Stampa» - insieme con la Fondazione «David Hume» - proporrà una serie di dossier sui sovraccosti del produrre in Italia, con l’obiettivo di costruire - alla fine - un super-indice che possa dare un’idea quantitativa di qual è il sovrapprezzo che un’impresa deve pagare per operare in Italia anziché in un altro paese appartenete all’Ocse, l’organizzazione che riunisce le 34 economie più sviluppate del pianeta.

Io capisco che, non essendoci un solo euro in cassa e non riuscendo a tagliare né i costi della politica né gli sprechi, i nostri governanti siano affezionati all’idea delle riforme a costo zero. Ma mi permetto di metter loro una pulce nell’orecchio: se vogliamo che la gente torni a trovare lavoro non c’è riforma a costo zero capace di raggiungere l’obiettivo in tempi ragionevoli. Le riforme che costano nulla vanno fatte senz’altro e prima possibile, ma è ingenuo illudersi che possano bastare se non si abbassa - e di molto - il costo del produrre in Italia.

Luca Ricolfi
Fonte: www.lastampa.it
11.09.2012


Citazione
stefanodandrea
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 748
 

Se avessimo un po' di buon senso recederemmo dai trattati europei e daremmo aiuti di stato (con l'agevolazione dei dazi) a una impresa pubblica italiana o almeno controllata dallo stato. Semplice Ricolfi eh! Basta essere socialisti e capire che ogni forma di programmazione economica, non quinquennale e di tipo sovietico, ma conforme alla nostra costituzione - richiede la riconquista della sovranità nazionale. Ma l'autore scrive su La stampa, dove questi presupposti non sono accettati. E quindi per mutare idea e sostenerli dovrebbe rinunciare ad un lauto compenso. Quindi si può capire che Ricolfi stia con il nemico. Però prendiamo atto che Ricolfi è un nemico. Perché continuate a postarlo?


RispondiCitazione
AlbertoConti
Membro
Registrato: 2 anni fa
Post: 1539
 

Però prendiamo atto che Ricolfi è un nemico. Perché continuate a postarlo?

Forse perchè tra tanti nemici stupidi lui è intelligente?


RispondiCitazione
GRATIS
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 102
 

Ricolfi ci consegna la sua ambiguità non appena ci richiama alle mitologiche riforme a costo ZERO.
Costo Zero per tutti? una cosa simile NON esiste. Ma a costo ZERO per tanti, tantissimi, quasi tutti, fatta eccezione un pugno di magnaccia depravati? Magari se ne potrebbe parlare, evitiamo però di berciare su questioni insensate come le riforme a costo zero. Nazionalizzazione dell'Economia da parte di uno Stato Sovrano è una riforma che a tanti, tantissimi non costerebbe nulla. Molto avrebbero da rimetterci quelli che attualmente pagano pochi spiccioli per lo zelo di Ricolfi


RispondiCitazione
grillone
Prominent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 880
 

forse hanno ragione quelli che dicono che dovremmo tornare ad una economia piu semplice, basata su autoproduzione, baratto, ecc. si tratta però di un cambiamento epocale, che ovviamente non può essere fatto dall'oggi al domani. anchio sto con gli operai dell'alcoa, ci mancherebbe altro; ma, o abbiamo il coraggio di cambiare le cose che non vanno nekka nostra economia, oppure ci saranno sempre situazioni difficili! gente che perde il lavoro, gente che perde la casa, gente che perde i risparmi di una vita. è ora di cambiare


RispondiCitazione
Condividi: