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Marco Travaglio - Le idee in manette


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Non so a voi, ma a me quest’arietta di censura mette i brividi alla schiena. Ci sono censure di serie A e di serie B, censure che tutti denunciano e censure censurate. O addirittura giustificate. Per esempio, non so se sia più preoccupante la mossa della direttrice di Rai1 contro Fabio Fazio, col taglio di tre puntate del lunedì di Che tempo che fa per far posto al povero Vespa, finora relegato nelle sole serate di martedì, mercoledì e giovedì; o le visite a domicilio della Polizia e ora pure dei Vigili del fuoco con tanto di gru per rimuovere striscioni anti-Salvini affissi ai balconi da cittadini comuni o i sequestri di telefonini ai passanti che fanno selfie beffardi col vicepremier; o ancora la chiusura di 23 pagine Facebook italiane, per metà filogovernative, accusate di non meglio precisate “fake news” e “messaggi di odio”. Sappiamo bene che, per Salvini, il problema sono le idee di Fazio e non il suo stipendio (previsto dal contratto stipulato dalla Rai renziana, dunque modificabile solo col consenso del conduttore). Ma, malgrado la gravità dello stalking quotidiano del Cazzaro Verde contro Fazio, è presto per parlare di nuovi editti bulgari, perché la sua scomparsa dai palinsesti è improbabile. Almeno finché la Rai sarà diretta da un indipendente come Salini.

Ma chi difende il diritto dei cittadini a esprimere le proprie idee, con striscioni, contestazioni, selfie, fischi su un politico che va per la maggiore? Siccome l’articolo 21 della Costituzione – che non risulta ancora abolito – garantisce a “tutti” il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, dovrebbero essere le forze dell’ordine a farlo rispettare. Soprattutto quando il pensiero è critico verso il potere, visto che il diritto di applauso non è mai in discussione. Purtroppo le scene di agenti della Digos e financo pompieri ridotti a concorrenti del “Vinci Salvini” vanno nella direzione opposta. Franco Gabrielli ha un bel garantire l’imparzialità di tutta la Polizia: sarà credibile quando anche un solo agente che ha rimosso striscioni da abitazioni private o cancellato selfie da cellulari privati finirà sotto procedimento disciplinare per abuso di potere. Forse urge, per i funzionari e gli agenti che non l’hanno ancora capito, un corso accelerato sulla differenza fra la libera critica da difendere e i reati da prevenire e reprimere. Così la prossima volta, anziché prendersela con chi affigge striscioni o contesta il ministro, la Digos farà sfoggio di efficienza rimuovendo subito, non dopo tre giorni, il gazebo di CasaPound a Casal Bruciato.

Quello dinanzi alla casa della famiglia rom con due bimbi piccoli, minacciata impunemente di stupro e di morte. Anziché punire i fascisti quando fanno cose lecite, tipo pensarla come gli pare, aprire case editrici e pubblicare libri, sarebbe il caso di sanzionarli quando delinquono: minacciare gente inerme od occupare abusivamente suoli ed edifici pubblici è reato. Lo stesso principio vale per l’ultima retata Web di Facebook: chi fa apologia di reato o istigazione a delinquere e all’odio razziale via social va denunciato, fermato e oscurato per evitare la reiterazione dei reati; chi invece scrive ciò che pensa, anche scemenze contrarie alla logica, al buon senso, alla scienza, deve restare libero di farlo. Perché nessuno può ergersi a giudice della veridicità di una teoria o di un’idea o di una notizia, anche la più assurda e strampalata. Se la dice un giornalista, ne risponde all’Ordine (peraltro piuttosto elastico, visti i cazzari che ancora ospita). Ma se lo fa un passante, nessuno deve permettersi di imbavagliarlo. Se uno è convinto che la terra sia piatta, sono affari suoi; e, se ha dei seguaci, peggio per loro. Al massimo, si può suggerire a questi fresconi qualche sito di fact checking, ma guai a mettere le manette alle idee. Di censura in censura, si spalanca la strada all’oscuramento di tutto ciò che è stona dal pensiero unico autorizzato.

Chi stabilisce cos’è fake news e cos’è informazione corretta? Facebook, che fattura 40 miliardi di dollari proprio perché moltiplica i clic con la peggiore spazzatura? O il mitico “Gruppo alto livello per la lotta alle fake news” dell’Ue, con giudici come Gianni Riotta (quello che inventa una sentenza della Corte Suprema russa sul via libera alla polizia di sequestrare il cellulare a chiunque critichi Putin) e Federico Fubini (quello che inventa procedure d’infrazione Ue contro l’Italia mai deliberate e nasconde 700 bambini greci morti per salvare l’immagine della Troika)? Siamo seri. Su Fq Millennium abbiamo appena pubblicato un’antologia delle migliori fake news dei giornaloni nostrani, quasi tutte contro il governo (come se, per criticarlo, non bastassero le cazzate vere che fa): che fa Facebook, chiude pure le pagine social delle principali testate italiane? Fra l’altro, nessuno sa esattamente perché siano state chiuse quelle 23 pagine (anche se abbiamo scoperto che le fake news non c’entrano nulla). Avaaz, noto sito di cittadinanza attiva, ne aveva segnalate 104. Perché cancellarne solo 23, e perché proprio quelle e non altre? Mistero, salvo che per gli account falsi o col nome cambiato. E le pagine Fb di fake news a sostegno di FI e del Pd, altri noti produttori di bufale, chi le chiude? Spiega Luca Nicotra di Avaaz: “Fb non rende mai pubblico il motivo di una rimozione, a meno che non venga rilevata un’interferenza dall’estero. Quindi solo loro sanno perché hanno agito così. Devono essere più chiari e trasparenti. Molte delle policy di Fb sono vaghe”. Senza regole note a tutti, chiunque può ritrovarsi oscurato e non sapere il perché. “Siamo impegnati – ha detto un portavoce di Fb – a proteggere l’integrità delle elezioni nell’Ue e in tutto il mondo”. Ma va’ a ciapa’ i ratt.

Marco Travaglio


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