LA MORTE E’ UN PASSAGGIO O SOLTANTO UNA TRASFORMAZIONE?
Mentre il corpo clinicamente muore, la sua coscienza in effetti non muore in quanto non è legata al corpo fisico e dunque non subisce un degrado.
Bisogna chiarire però che esistono diversi tipi di coscienza:
Quella di se stessi.
Quella del proprio “sé”
Quella del proprio corpo ed infine quella della propria esistenza.
Queste sono quelle legate all’essere singolo, che si possono interpretare così:
la prima coscienza, quella di se stessi è quella che si raggiunge quando il bambino diventa abbastanza grande da riconoscere la propria immagine e dunque sentirsi un elemento unico e non scambiabile con nessuno, e questa dunque è quella che va a rimanere oltre la morte in taluni casi e trasformatasi in stato energetico permane negli ambienti dove il corpo umano ha vissuto più tempo e diventa quello che in spiritismo si
chiamano “memorie".
La seconda coscienza, quella del proprio “sé”, invece è quella più profonda che identifica la parte più nascosta del nostro io, che comprende l’io appunto, la prima coscienza e il concetto di esistenza come elemento unico ed insostituibile.
Poi c’è la coscienza del proprio corpo, cioè quella che ti fa sentire ogni singola parte del tuo corpo anche se non la vedi o anche se ti è stata tolta, come nel caso dei denti, oppure anche di arti o parti di essi che continuano a far male anche se in effetti non ci sono più.
La coscienza della propria esistenza è quella che persiste per tutta la vita, fino al momento in cui si avverte che si sta per morire, ed in quel preciso momento questo tipo di coscienza cessa d’esistere.
Infatti nei casi di persone tornate dalla morte, hanno poi cambiato completamente modo di vedere la vita, proprio perché hanno perso questo tipo di coscienza e dunque come se fossero morti, non hanno più la paura di lasciare il proprio corpo, ma hanno accuito il senso delle altre tre, che diventano così più forti e decise.
Soprattutto quel tipo di coscienza che ci fa sentire unici viene esaltata come se si dovesse raggiungere uno scopo a tutti i costi, come se la nostra “impronta” divenisse qualcosa di importante più che quello che effettivamente saremmo in grado di fare.
Il segno della nostra esistenza quindi diverrebbe assolutamente obbligatorio da lasciare in qualsiasi caso, come per contraddistinguere la nostra unicità.
Tutte queste tipologie di coscienza renderebbero il soggetto vivo anche dopo la morte, non lasciandogli la memoria (che può venire solo da parti organiche come il cervello), ma lasciandogli una coscienza di essere già stato (dejavu).
In altre parole si potrebbe dire che se il soggetto “A” muore, allora la sua coscienza di essere stato vivo gli sopravviverà non ricordando chi esso è stato, ma di essere già stato vivo.
Potrebbe ricordare luoghi o persone che avevano segnato la sua vita precedente, perché la coscienza di quel che il suo corpo aveva fatto, i luoghi da lui visitati e che avevano dato in lui forti emozioni, sono rimasti scritti indelebilmente nella sua coscienza del corpo.
La sua coscienza del sé potrebbe dargli altre informazioni utili sulla sua vita passata, ma sarebbe in conflitto con il sé attuale, quindi la prima viene resettata a favore della seconda, anche se qualche volta è successo che tutte due le coscienze esistessero contemporaneamente, questo potrebbe aver portato alla schizofrenia o essere stato confuso con esso, altre volte invece la coscienza della prima vita ha vinto sulla seconda, dando alla persona una seconda possibilità.
Se ne può dedurre quindi che in noi convivono un numero illimitato d’esistenze che parte dall’alba dei tempi e che non si fermerà mai.
Lo spirito è innegabilmente legato al corpo, ma quando il corpo non c’è più, non può certo disperdersi tutto come se si trattasse di un gas, poiché ciò che forma la coscienza del nostro essere è talmente complessa che non può ridursi tutto ad una percezione, ad un gas o ad un processo chimico.
Soprattutto bisogna prendere in considerazione che prima che il corpo si crei ci vuole qualcosa, un’idea, una … coscienza appunto che decida la creazione.
Per chi crede nella religione diventa una coscienza Divina, ma che lo sia davvero, o che sia frutto della coscienza umana, oppure cosmica, l’importante è che deve esistere per forza qualcosa che sopravviva alla materia per deciderne la rinascita e la trasformazione.
di Maurizio Ganzaroli
Questo signor Gorgonzoli e' gia' morto, ed e' risorto come Gesu' Cristo. No, perche' se non l'ha fatto e' uno sparacazzate a ripetizione, lui e chi lo propone.
Questo signor Gorgonzoli e' gia' morto, ed e' risorto come Gesu' Cristo. No, perche' se non l'ha fatto e' uno sparacazzate a ripetizione, lui e chi lo propone.
Non perde occasione di presentarci la sua nobiltà d'animo, sono commossa per la sua sensibilità.
Peccato che non risponda alle domande!!!!! 😈 😈 😈