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Neoliberismo e neolingua

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mincuo
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Facendo una ricerca sul termine "neoliberismo" appaiono 472.000 risultati, quasi pari a "liberismo".
Dunque ci si immagina che uno sappia di che parla.
Facendo un passetto indietro già su liberismo non è che sia sempre così.
La stragrande maggioranza, qui da noi soprattutto, è perfettamente convinta che liberismo sia sinonimo di “senza regole” e “sfruttamento” e d'altronde è quello che poi ha sotto gli occhi, con una minoranza ristretta di persone che concentrano sempre più ricchezza a discapito della collettività.
Quindi per lei significa che era “cattivo” in sé e che filosofi, pensatori, economisti e milioni di persone si siano dati il compito di creare o sostenere appositamente una iniquità al fine di opprimere i popoli.
Il liberismo in realtà per esistere necessita proprio di regole, di uno Stato forte e autorevole che le fissi e che poi controlli altrettanto rigidamente.
Che poi quelli sono i due principali compiti di uno Stato in nome della collettività.
La filosofia liberista poi ipotizza uno Stato minimo, dal punto di vista economico, cioè che intervenga il meno possibile, e che lasci quanto più possibile la mano al mercato.
A sua volta questo libero mercato per essere tale non deve avere posizioni dominanti, altrimenti non è un libero mercato, e anche riguardo a ciò un libero mercato può esistere solo in virtù di regole strette ed efficaci e fatte osservare dallo Stato, il quale ha perciò un ruolo molto forte in questo.
In sostanza si dà allo Stato il compito forte di indirizzo e controllo, ma non di gestione.
Nelle speranze liberiste il mercato doveva produrre un flottante il più esteso e popolare possibile, e cioè si doveva arrivare a una proprietà distribuita a tutti, quello che si chiama poi alle volte azionariato popolare.
Uno Stato minimo, anzi inesistente, era peraltro anche l'obiettivo finale del socialismo, che è una via diversa, o un'evoluzione, del liberismo.
Tutto questo naturalmente non c'è, anzi, e quindi la colpa viene data al liberismo. La colpa invece è dello Stato, che non fa lo Stato, e cioè è una degenerazione dello Stato.
Il problema reale, indipendentemente dai gusti, è quello.
E lo stesso problema si è avuto per il socialismo, che ha prodotto nella realtà il contrario di quel che si prefiggeva.

Ma non è di queste cose che volevo parlare.

Oggi la colpa universale è del “neoliberismo”.
Che diciamo per il 90%, che ritiene che il liberismo sia già “cattivo” di per sé, è una forma di “più cattivo ancora” mentre per l'altro 10%, un po' meno peggio culturalmente, è una degenerazione ancora più spinta del liberismo.
Ogni giorno si è inondati da questo “neoliberismo” e dai “neoliberisti”.
Non solo gente che ripete (quella ripete qualunque cosa), non solo giornali e TV pieni di questo “neoliberismo” ma anche filosofi, pensatori, saggisti di valore hanno sempre in bocca questo “neoliberismo” e questi “neoliberisti”.
Gente peraltro colta, intelligente, originale, come Preve, DeBenoist, La Grassa, Mirchea, Bauman, Tarchi, Latouche ecc... e li ho scelti di tutti gli orientamenti apposta per evidenziare che il famigerato “neoliberismo” è proprio trasversale.
Non basta: anche gli economisti qui hanno sempre in bocca il "neoliberismo", le "politiche neoliberiste" e i "neoliberisti".
Bagnai, Brancaccio, Piga, Cesaratto, ma un po' tutti, e come gli altri anche loro nell'accezione di un liberismo ancor più esasperato o degenerato, diciamo così.
Dunque si presume che sappiano almeno loro di che cosa parlano.
O che abbiano studiato qualcosa.

Esisterà quindi questo “neoliberismo” ed esisteranno allora questi “neoliberisti” più “liberisti” ancora dei precedenti “liberisti” classici.

Invece no. In quei termini non esistono, mai esistiti, e nessuno si è mai definito tale.

Esiste però il neoliberismo. Eccome.

Fin dal 1932. Ed ha avuto poi anche parecchia importanza.
Lo si deve inizialmente ad Alexander Rustow, sociologo ed economista, prima socialista, poi un po' disilluso dalle meraviglie pratiche Sovietiche, ma altrettanto cauto e disilluso sulla possibilità che si realizzasse un liberismo così come previsto dalla teoria.
Il neoliberismo, coniato poi da lui nel 1938 come termine, è una via di mezzo tra Socialismo e Liberismo, e una delle opere principali di Rustow si chiama proprio “Between Capitalism and Communism”.
Una terza via. Che prevede proprio un intervento della mano pubblica.
Quindi proprio il contrario di Manchesterismo, turbocapitalismo e terminologia varia e avariata.
Ebbe molta importanza il neoliberismo, coinvolse tutti i maggiori economisti e sociologi dell'epoca, portò alla fondazione di scuole come il Centre International d’Études pour la Rénovation du Libéralisme (CIRL) e poi la Mont Pèlerin Society, e fu infine una delle architravi del modello Europeo, specie quello Tedesco del dopoguerra, ma anche il nostro.
Lo stesso termine “economia sociale di mercato” deriva appunto dal neoliberismo.

Come è possibile quindi che si sia imposto al termine neoliberismo il significato contrario di ciò che fu nella realtà e come è possibile che perfino degli economisti lo usino in quel modo?
Come è possibile che si sia pescato appositamente un termine che identificava proprio l'opposto, invece di coniare ad esempio "iper-liberismo" o "arci-liberismo" o "ultra-liberismo" se si fosse voluto identificare una deriva ancor più spinta del liberismo.
Questo lo potrei spiegare in un altro post, intanto basti dire due cose: che l'indottrinamento di massa passa quasi sempre per il linguaggio e per la cancellazione o stravolgimento della storia, e che le elites sono avanti di 50 anni almeno.
E c'è un altro punto poi.
Quello che abbiamo è monopolismo, oligarchie monopolistiche.
L'avrò detto cento volte. Non solo, ho mostrato parecchie volte che non esiste nessun "libero mercato", e che il 70% del PIL mondiale lo fanno un pugno appena di gruppi.
Non che mi aspettassi che uno ci riflettesse, so benissmo che la propaganda, la gestione dell'inconscio, mista alla dequalificazione culturale e alla distruzione della personalità logica funzionano in un dato modo, e se non funzionassero a dovere e cioè come un marchio inculcato e più resistente e persistente di qualunque evidenza, non sarebbero le tecniche attuate.

C'è comunque una ulteriore particolarità da noi, riferita al monopolismo.
In Italia abbiamo avuto il dominio, data la preminenza del PCI in quei campi, di una cultura che io chiamo marxiota, che è la versione idiota del marxismo, con una sua variante catto-marxiota, e solo in piccola parte una cultura liberiota, cioè la versione idiota del liberismo.
In altri Paesi è invece l'inverso.
La versione marxiota in questo caso è pienamente dimostrata dal fatto che i marxioti urlano continuamente contro il “libero mercato”, ma mai contro il monopolismo, quando fu proprio Vladimir Ilich Uljanov, meglio conosciuto come Lenin, che molto lucidamente definì e descrisse ampiamente e precisamente l'evoluzione del capitalismo in una successiva “era del capitale finanziario e poi dei monopoli”.

Anche qui, come mai l'indottrinamento di massa il monopolismo lo ha tenuto sempre fuori, indirizzando invece la gente contro il “libero mercato” quando questo praticamente non esiste?

Mentre il “neoliberismo”, termine stravolto, e di cui nemmeno gli economisti pare conoscano il significato vero, nè che glielo abbiano fatto studiare, fa su Google 472.000 risultati, e mentre il termine “libero mercato” cioè una cosa teorica ma pressochè inesistente nella realtà, fa 15.000.000 di risult
ati, il termine “monopolismo” e cioè la realtà, fa 20.200 risultati.

E' la realtà virtuale e la sua neolingua.

Le elites sono avanti di 50 anni.

P.S. Se uno vuole approfondire sul neoliberismo, quello vero, non virtuale, qui, senza esagerare in pesantezza, c'è abbastanza.
http://www.ort.edu.uy/facs/boletininternacionales/contenidos/68/neoliberalism68.pdf


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Tonguessy
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Il liberismo in realtà per esistere necessita .. di uno Stato forte e autorevole
La filosofia liberista poi ipotizza uno Stato minimo.. cioè che intervenga il meno possibile

Ma bene. Uno Stato forte ma debole. Cioè che intervenga spesso ma quasi mai. Questo sarebbe il liberismo. Roba da manuale psichiatrico.

filosofi, pensatori, saggisti di valore hanno sempre in bocca questo “neoliberismo” e questi “neoliberisti”.
Gente peraltro colta, intelligente, originale, come Preve, DeBenoist, La Grassa, Mirchea, Bauman, Tarchi, Latouche ecc... e li ho scelti di tutti gli orientamenti apposta per evidenziare che il famigerato “neoliberismo” è proprio trasversale.

Se tutti ti vengono incontro non è perchè ti vogliono necessariamente bene. Potrebbe semplicemente essere che stai guidando contromano.

il 70% del PIL mondiale lo fanno un pugno appena di gruppi.

Questo è il frutto del matrimonio tra neoliberismo e Stato. Reaganomics anyone? Deregulation, cioè libertà di licenziare e delocalizzare, riduzione dei diritti sindacali significa ridurre la pressione che i lavoratori possono fare nei confronti dei capitali. Si tratta di spostare soldi dalle loro tasche a quelle dei gruppi di cui parli. Indice di Gini, se vuoi. E' facile, se uno vuole guardare: prendi il sudamerica, le sue politiche neoliberiste sotto le varie dittature e prendi com'è adesso.

Guarda l'Argentina:
http://www.indexmundi.com/facts/indicators/SI.POV.GINI/compare?country=ar

Stranamente il massimo della disuguaglianza compare con l'avvento di Cavallo (governo de la Rua), quando
"A partire da febbraio 2001 grandi flussi di denaro iniziarono ad abbandonare il paese. In una sorprendente decisione, il governo nominò Ministro dell'Economia Domingo Cavallo, che era identificato dall'opinione pubblica come un simbolo del governo di Menem. Il primo dicembre del 2001, Cavallo prende la decisione di imporre il corralito, una delle misure più impopolari del governo de la Rúa, direttamente correlata con la sua caduta. Il cosiddetto corralito fu un pacchetto di misure economiche che imposero una bancarizzazione totale dell'economia, mediante il divieto di prelevare denaro contante depositato in banche pubbliche e private, cosa che penalizzò soprattutto il ceto medio. Il pacchetto di misure aveva l'appoggio dei mercati e degli organismi finanziari internazionali e in vari ambiti politici ed economici locali"
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del l'Argentina

La stabilità del piano di Cavallo richiedeva mercati liberi e quindi privatizzazioni, che coinvolgono oltre 200 aziende di stato comprese le ferrovie, il monopolio statale sulle risorse petrolifere, diverse società di servizi, due televisioni, 10.000 km di autostrade, aziende dell'acciaio e petrolchimiche, hotel, metropolitane e altro, oltre che banche locali cedute a multinazionali straniere (a volte con l'opposizione dei governatori locali) e, sulla scia del successo cileno, il sistema pensionistico è aperto alla concorrenza delle pensioni private. (wiki)

E' questo il cuore delle politiche economiche neoliberiste: privatizzare, deregulation sindacale e via così.

"Cavallo chiese subito rinforzi ideologici, infarcendo il governo di ex studenti di Milton Friedman e Arnold Harberger. Praticamente tutti i ruoli di responsabilità in ambito economico nel Paese furono affidati ai Chicago Boys: presidente della banca centrale era Roque Fernández, che aveva lavorato sia al Fmi sia alla Banca mondiale; il vicepresidente era Pedro Pou, che aveva collaborato con la dittatura; consigliere capo della banca centrale era Pablo Guidotti, che arrivò dritto dal precedente impiego al Fmi, dove era stato alle dipendenze di un altro ex docente di Chicago, Michael Mussa.

L'Argentina non rappresentava un'eccezione. Nel 1999 la comunità di ex studenti della Scuola di Chicago comprendeva più di 25 ministri, e oltre una dozzina di presidenti di banche centrali, da Israele alla Costa Rica: uno straordinario livello di influenza per un solo dipartimento universitario. In Argentina, come in tanti altri Paesi, i Chicago Boys formavano una sorta di tenaglia ideologica attorno al governo eletto, con un gruppo che faceva pressione dall'interno e un altro che premeva da Washington. "

Naomi Klein, Shock economy


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haward
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Le elites, come le chiami tu, stanno solo raccogliendo ciò che hanno pazientemente ed implacabilmente seminato nei 50 anni precedenti. Ho usato le stesse espressioni e locuzioni che hai utilizzato tu e che trovo assolutamente adeguate. E', infatti, vero che sono avanti di 50 anni, nel senso che sanno pianificare gli obiettivi da raggiungere e, effettivamente, 50 anni sono proprio il congruo periodo di "incubazione". Tu ti chiedi come mai così tanti individui usino termini che si riferiscono a concetti completamente diversi quando non, addirittura, opposti a quelli che si vorrebbero esprimere. Ebbene io penso che questo accade oggi proprio perchè le (famose) elites hanno seminato benissimo in passato nel campo dell'istruzione e della formazione imponendo un modello che non preveda la capacità di ragionare lucidamente ed autonomamente, bensì di avere menti a compartimenti stagni senza una visione articolata e sfaccettata delle cose. La neolingua ha bisogno di tempo e, per raggiungere il risultato, deve poter lavorare su cervelli adeguatamente "preparati" (un pò come una serratura e la chiave che la può aprire). Ovvio che più importante è la materia, e l'Economia lo è tantissimo per le elites, maggiore sarà la cura spesa per ottenere gli scopi prefissati.


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mincuo
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Se uno non è in grado poveretto nemmeno di leggere e capire cosa è scritto, diventa difficile. Il neoliberismo è un movimento fondato con quel nome cioè NEOLIBERISMO nel '38 e coniuga socialismo e liberismo.
Un movimento enorme. Durato 50 anni e tutt'ora. E SIGNIFICA QUELLO.
Poi l'hanno stravolto apposta. E la scuola di Chicago o Milton Friedman o la Reaganomics mai si sono definiti "neoliberisti" nè nessun'altro, essendo QUELLI, i NEOLIBERISTI, ESISTENTI ed essendo il CONTRARIO di quello che hanno poi inculcato.
Se li avessero chiamati ultraliberisti, iperliberisti, arciliberisti ma hanno scelto invece neoliberisti, CHE ESISTEVANO GIA' E CON SIGNIFICATO PRECISO, OPPOSTO a Friedman e ai Chicago boys, e ha cominciato la propaganda a insinuare il nome proprio ex post (10 anni dopo) in relazione alle politiche in Cile, cominciando così l'opera di debasement e di neolingua.
E così ha imposto man mano "neoliberisti" come sinonimo di "ultraliberisti", quando "neoliberisti" era l'opposto.
E nel frattempo cancellando man mano dai testi di storia economica ogni riferimento al "neoliberismo" e al signor Alexander Rustow e riguardo a tutto quel che gli è andato dietro non associandolo più al termine "neoliberismo" come era sempre stato prima.
Non era poi difficilissimo, ma si può comprendere.


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volturno
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sì però Tonguessy ... e ancora una volta, senza assegnare ragioni o torti, visto che il tema trascende la mia cultura personale ... i concetti di uno stato forte e autorevole, ma che al contempo interviene poco, non sono assolutamente incompatibili come pretendi tu ... non c'è nessuna schizofrenia. Basta che ti fermi a rifletterci un attimo.


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Jor-el
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Il liberismo in realtà per esistere necessita .. di uno Stato forte e autorevole
La filosofia liberista poi ipotizza uno Stato minimo.. cioè che intervenga il meno possibile

Ma bene. Uno Stato forte ma debole. Cioè che intervenga spesso ma quasi mai. Questo sarebbe il liberismo. Roba da manuale psichiatrico.

Bisogna intendersi sul concetto di "libero". Un mercato libero è un mercato in cui a tutti gli attori è garantita la libertà di esprimere le proprie potenzialità. Per questo serve uno Stato che fissi le regole a tutela delle libertà di tutti e che le faccia rispettare con rigore inflessibile. Lo stesso Stato, però, dovrebbe intervenire il meno possibile come attore economico, sempre per garantire a TUTTI le stesse opportunità di investimento e profitto. Quindi nella visione liberista lo Stato deve essere forte e autorevole come soggetto politico, ma minimo come soggetto economico. Non deve, cioè, fare (troppo) il lavoro degli imprenditori.

Quand'è che un mercato diventa non libero? Quando lo Stato agisce per favorire alcuni attori economici a discapito di altri, facendo leggi apposite o non facendone rispettare altre, oppure intervenendo nell'economia in modo da alterare il fair play che dovrebbe essere alla base del liberismo. In pratica, quel che fa lo Stato adesso un po' da tutte le parti del mondo.

Anche ha me ha sempre colpito che per definire l'ideologia egemone del capitalismo senza freni nell'era dei monopoli globali si sia usato un termine, "neoliberismo", rubato a una scuola economica che predicava tutt'altro, anzi, l'esatto opposto. Credo che il motivo dipenda dalla caduta dell'URSS. Prima del 1989 i principi economici a cui si ispiravano Reagan e la Thatcher non avevano un nome o, al più, si parlava di "reaganomics" e "thatcherismo". I due si autodefinivano conservatori, senza ricorrere a particolari neologismi. La caduta dell'URSS portò una grande mutazione nel linguaggio politico. Tutto ciò che era riferibile al comunismo e alla dottrina marxista divenne improvvisamente fuori moda. Il termine "Monopolismo" è molto più preciso di "neoliberismo", è vero, ma puzza troppo di marxismo-leninismo. Ai giornalisti essere alla moda piace.


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mincuo
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@Jor-El.
Non è quello il motivo.
Niente avrebbe impedito di chiamarlo ad esempio "ultraliberismo", che tra l'altro sarebbe stato anche più descrittivo per la media delle persone, invece di stravolgere un termine che significava l'opposto ed era riferito a un movimento ampio e decennale. E non è stato "per sbaglio" e nemmeno per semplicità perchè comportava come conseguenza anche quella di far sparire man mano cos'era stato realmente il neoliberismo.

Comunque mi interessavano soprattutto due fatti. Sui libri di storia economica fino agli anni 70 neoliberismo identificava esattamente quello che era ed è quello che trovi anche nel PDF che ho messo.
Poi basta, anzi man mano ha definito l'opposto, una sorta di ultraliberismo.
Per usare un paragone è come se il femminismo fino a una certa epoca avesse significato, pur nelle sue varie sfaccettature, quel che conosciamo, e cioè un movimento per la liberazione della donna, ma la propaganda fosse riuscita da un certo punto in poi a inculcare il termine femminismo come un movimento per l'oppressione della donna e nel contempo avesse fatto scomparire dai libri tutto quello che era relativo alla sua nozione originale.
Il secondo fatto è che uno potrebbe domandarsi perchè, e inoltre se ciò sia accaduto solo per il "neoliberismo" o anche per qualcos'altro.


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Iacopo67
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uno potrebbe domandarsi perchè, e inoltre se ciò sia accaduto solo per il "neoliberismo" o anche per qualcos'altro.

Sarà che questa torre di Babele sia una cosa voluta per confonderci e magari anche farci odiare quello che in realtà sarebbe per noi popolo un vantaggio.
Non l'avevo mai mai nè sentita nè letta, questa del significato reale e originario del termine "neoliberismo".
Comunque non mi stupisce che sia così.
(Anche Del Mar ha fatto vedere a quale manipolazioni sia disposto il potere pur di rafforzarsi, pure l'alterazione del calendario di Ottaviano Augusto !)
Si vede che alle elite monopoliste non gli piace un granchè "la terza via", bisognava che il neoliberismo divenisse sconosciuto e detestabile.

Mincuo ti ringrazio veramente per la segnalazione che facesti del libro di Zarlenga "The lost science of money", ho iniziato a leggerlo (sono arrivato a Numa Pompilio), è molto bello, si imparano tante cose, e poi mi convince di più di quell'altro che ho, sulla storia della moneta, di Glyn Davies.


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mincuo
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@Iacopo67
-A quel che ricordo, perchè lo lessi anni fa, è un ottimo libro sotto il profilo storico. E' meno brillante e più discutibile nei capitoli finali, ma è una mia opinione.

-"Il neoliberismo" è una delle tante. Non certo la peggiore, nè la più importante o la più fuorviante.

-Hai detto bene. Ma non solo confusione e disorientamento che sono un obiettivo preciso, perchè rafforzano anche inconsciamente la necessità di affidarsi a qualcuno, trasferendogli parte della propria personalità col diminuire della propria capacità di un pensiero originale e di un giudizio indipendente. E quindi l'educazione ad affidarsi sempre più all'autorità, culturale, politica, mediatica. (Il padre introitato). Che poi è fede.

-ma anche parallelamente è il creare un sistema di riferimento nelle persone che si basa su canoni scelti, dettati e declinati come voglio io, e a questo fine cancello, distorco, stravolgo, modifico e interpreto come mi pare. Propaganda e avere i media a quello serve.
Gli creo un universo, un recinto, come voglio io.
Col mattoncino 1, il mattoncino 2, il mattoncino 3, il mattoncino 4.....a formare il suo mondo. (Con cura alle dicotomie, o false scelte, e libertà sugli argomenti minori, ininfluenti, che rafforzano la coscienza e la certezza della persona).
Non deve interessargli se singolarmente i mattoncini sono dei falsi, nè lo deve sapere.
Se poi qualcuno lo scopre quello è uno su 100.000. E chissenefrega.

La persona coi suoi mattoncini preparati poi farà il suo bravo ragionamentino 1+2+3+4 = 10 come è previsto che debba fare.
E a quelli proprio più debolini: 1+2+3+4 = ? "d.....di.....die...diec...." "DIECI!". "Bravo!"


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pidiemme
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Mincuo scusami, del padre "introitato" hai già accennato qualcosa in altri post ma in rete non trovo nulla, almeno in italiano. Mi interesserebbe leggere qualcosa, non ho capito se è un concetto migrato dalla psicologia alle tecniche di propaganda o cosa... Introitato è un calco dall'inglese?


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mincuo
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Mincuo scusami, del padre "introitato" hai già accennato qualcosa in altri post ma in rete non trovo nulla, almeno in italiano. Mi interesserebbe leggere qualcosa, non ho capito se è un concetto migrato dalla psicologia alle tecniche di propaganda o cosa... Introitato è un calco dall'inglese?

-Devi andare dalle parti di Pinker, Kosslyn, Shenk, Dennett ecc...e per propaganda almeno Bernays e Lippmann.

-Non ricordo se trovai padre introitato in Italiano da qualche parte (credo però di sì) oppure l'ho sintetizzato e tradotto così io.


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volturno
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non è che per caso volevi dire padre "introiettato"?


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mincuo
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non è che per caso volevi dire padre "introiettato"?

Non credo, perchè introiettato (e anche padre introiettato) è locuzione comune. Mentre "introitato" significa proprio impossessarsi, acquisire.
E mi rimase impresso, mi piacque.
Però mi metti un dubbio. Di aver copiato una cattiva traduzione, magari.

Mi hai incuriosito. A memoria è una cosa di 3 o 4 anni fa.
Forse da Zimbardo, o Festinger o Cialdini. Proverò a vedere.


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volturno
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io credo sia proprio "introiettato", specie se è mutuato dal lessico psicanalitico ("introjected parent")

del resto "introitato" significa "incassato", ha proprio a che fare con le somme di danaro


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mincuo
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io credo sia proprio "introiettato", specie se è mutuato dal lessico psicanalitico ("introjected parent")

del resto "introitato" significa "incassato", ha proprio a che fare con le somme di danaro

Incassato, acquisito, entrato in possesso.

L'ho anche trovato ed è una traduzione da Philip Zimbardo. Ed è tradotto introitato. La cosa interessante (psicologicamente intendo, a proposito di condizionamento) è che io l'ho adottato come un termine specifico, originale, distintivo, differente da padre introiettato che è comune, non pensando nemmeno che potesse semplicemente essere una traduzione approssimativa, da introjected, cioè non associando minimamente, e pur io essendo allenato a una lettura "da fuori" e alla logica testuale.
E' un autocondizionamento, derivato probabilmente da ciò che stavo leggendo, perchè la differenza che io ho assunto, anche se poi non è profonda, mi era in consonanza e mi simboleggiava un processo dettato più dall'esterno di quanto potesse essere un processo introiettivo.
Mentre ora che tu me l'hai fatto notare e più ci penso, più sono della tua idea.


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