Neoliberismo e neol...
 
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Neoliberismo e neolingua

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Jor-el
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@Tonguessy:
Non è vero che il monopolismo sia il frutto del matrimonio fra neoliberismo e Stato. C'era già prima della reaganomics. Le politiche di deregulation sono servite alle elites per risistemare il mondo dopo la fine dell'URSS e la dissoluzione della sua sfera d'influenza. Prima c'era la guerra fredda, poi c'è stata la globalizzazione. La seconda è stata il naturale proseguimento della prima.


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mincuo
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@Jor-el
-Va intanto distinto, come ho spiegato, il Neoliberismo VERO (chiamiamolo VNL) e quello che poi è stato stravolto dalla propaganda, con significato di iperliberismo (chiamiamolo INL).
-Sempre come ho detto e come hai anche ribadito, il liberismo prevede uno Stato forte (lo Stato siamo noi, non degli alieni) che assolva alle sue due funzioni principali: indirizzo (scrittura delle regole) e controllo (applicazione delle regole).
-Più precisamente poi il liberismo è in definitiva una modalità di GESTIONE.
La gestione è una cosa separata, e subordinata comunque ai 2 compiti di uno Stato.
Un'economia più statalizzata analogamente ha a che vedere con la GESTIONE che è una cosa separata, e subordinata comunque.
I 2 compiti principali dello STATO, indirizzo e controllo, rimangono identici nelle due diverse tipologie di gestione.
Cioè lo Stato deve allo stesso modo controllare l'impresa STATALE tanto quanto quella privata. Non cambia. Cioè controlla l'applicazione delle regole, che sia un'azienda privata o statale. Controlla la GESTIONE.
Non facendolo si creano ugualmente in quella statale disfunzioni, inefficienze, diseconomie, o peggio collusioni, truffe, ecc.. che possono portare a perdite e fallimenti, che sono a carico della collettività.
Se tu avevi Alitalia che perdeva 1 miliardo all'anno, il fatto poi che non venisse fatta fallire perchè rifinanziavano le perdite anno dopo anno, non significa che non perdesse. Significa che hai tolto 1 miliardo all'anno dalle risorse che potevi impiegare per la collettività, oppure che hai aumentato la benzina, le sigarette o le tasse. Analogamente se i criteri di assunzione o di management rispondono a finalità diverse, politiche, partitiche o di settori particolari e non economiche hai una diversione dalle regole e/o dai controlli. E siamo sempre lì, lo Stato non assolve ai suoi 2 compiti.
-Il liberismo, come ho detto, si proponeva di ottenere una distribuzione più parcellizzata e diffusa possibile dell'economia.
Anche qui molte confusioni, frutto di ignoranza e sub-ideologia. La prima è che il privato sia un marziano, pure cattivo. Ma il privato siamo tutti noi. La seconda che lo Stato sia un Marziano, o un papà, questo invece buono.
Ma lo Stato siamo tutti noi.
Un'altra confusione o ignoranza è che sia il liberismo che porti alle disuguaglianze ecc...
Ma le disuguaglianze non hanno a che vedere con un mercato, nè con il profitto, cioè coi risultati di gestione, ma con le regole che si dà uno Stato e la loro applicazione. Sempre quelle.
Tu Stato regoli la tassazione e poi i trasferimenti come vuoi, secondo le esigenze e finalità che ti dai, coerenti con gli indirizzi e interessi manifestati dalla collettività che ti ha dato il compito di rappresentarli per il meglio.
La quale collettività è LO STATO.
-Tutto questo non occorrerebbe neanche premetterlo, a un livello appena decente.
-Ora il punto del VNL fu che alcune fattispecie potevano essere tagliate a un concetto diverso e cioè potevano essere tolte dal mercato, e protette, e quindi formando dei monopoli.
Le ragioni sono temporali, o di garanzia di continuità, di calcolo complessivo del profitto, in senso allargato al sistema e non includibile facilmente in una logica privatistica di mercato, o strategiche o di quantità (ad esempio nel caso nostro del dopoguerra la scarsità di capitale privato ha imposto attività di Stato iniziali in regime semimonopolistico, ma non particolarmente volute o efficienti).
In linea almeno teorica poi questi monopoli che siano Statali o privati non cambierebbe nulla. Il regime in cui opera la gestione è ciò che cambia, e la sua logica sottostante, cioè la raccolta di capitale di rischio, attraverso tassazione.
-Il punto del VNL era che alcune fattispecie si attagliano meglio, in tutto o in parte, alla sottrazione alla concorrenza, o non sono adatte, o si mostrano più efficienti.
Queste poi di fatto naturalmente sono più facilmente e naturalmente statali, anche nella gestione, ma non è che ciò sia dirimente, poichè è sempre attinente alla gestione. Lo stesso effetto lo ottieni da una gestione privata protetta, sempre controllata dallo Stato.
Quindi il punto è sulla sottrazione al mercato, e sul capitale di rischio, in questo caso sempre Statale, e sulle logiche sottostanti.
Il NLV coniugava quindi aspetti socialisti a quelli liberisti.
-Nella realtà si è visto che come compromesso le economie miste sono quelle che funzionano meglio, ma di fatto lo sono state SEMPRE tutte, quelle Occidentali, delle economie miste, seppur con diversi gradi, compresa quella USA.
-Il punto vero e unico, e non mi stancherò di ripeterlo, sta però nello STATO cioè nelle sue due funzioni principali: indirizzo e controllo. Non tanto nella gestione che è una subordinata. O lo Stato funziona bene o non funziona bene, o funziona malissimo, e che poi l'impresa sia statale o privata, se è corrotto, è identico.

-L'avere poi più o meno settori statali in regime semimonopolistico, ma anche concorrenziale, dipende da molteplici fattori, e non è univoco, vale a dire che dipende anche dalle società, dalle culture, dalle tradizioni, dagli ordinamenti diversi, e dalle risorse iniziali diverse tra Paese e Paese.
Il criterio è o dovrebbe essere solo la convenienza, e per convenienza si intende la convenienza per i cittadini, non cose astratte.
La convenienza è dettata da cosa ottengono loro, i cittadini, e cioè quanto e a che costo.
Anche perchè poi pagano loro, mica un "entità" astratta, o un papà, "lo Stato" come lo intende più di qualcuno.


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Georgejefferson
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L'utile,dimentichi sempre.


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Georgejefferson
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JOHN KLEEVES ESTRATTO

Cosa si intende per Capitalismo? Un’economia di libero mercato, il quale lasciato a sé stesso e senza interventi statali permette la creazione di grandi ricchezze concentrate.
Si intende questo, eppure se ci pensiamo vediamo che con un mercato veramente libero non potrebbero affatto crearsi grandi ricchezze concentrate: con un mercato veramente libero non potrebbe esserci il Capitalismo!
Il fatto è che le grandi ricchezze concentrate, diciamo le grandi aziende, per nascere e mantenersi hanno bisogno sempre di opere pubbliche, di opere della collettività.

Immaginiamo ogni grande azienda, di qualunque settore, ai suoi albori. L'industria dell'auto per esempio. Dopo l'invenzione del semovente in vari Paesi degli imprenditori pensarono alla produzione di massa. Hanno venduto bene le prime serie, ma poi avrebbero dovuto fermarsi: era necessaria una rete stradale adatta. Ma in un mercato libero lo Stato non ti fa le strade perché devi vendere le tue auto ma ti dice: se le vuoi compra i terreni e asfalta, caro il mio imprenditore privato, e rispetta i diritti dei confinanti, che sono liberi cittadini in un libero mercato.

Avrei voluto vedere come avrebbero potuto svilupparsi i colossi del settore, come la Ford o la Fiat: avrebbero dovuto comprare striscia di terra dopo striscia di terra, asfaltarla, recintarla e dotarla di un'infinità di sottopassaggi e cavalcavia, curarne la manutenzione, rendere conto degli incidenti che vi avvenivano. Sarebbe stato impossibile anche il primo passo, l'acquisto dei terreni, perché ogni contadino avrebbe chiesto cifre esorbitanti è ovvio.
Sarebbe rimasto al nostro candidato capitalista delle quattro ruote il mercato militare: jeep e camion per l'Esercito, che viaggiavano sulle strade da lui fatte, per i suoi scopi. E il tutto vincolato dallo Stato (divieto di esportare, tipi di prodotti, eccetera), perché è roba di importanza strategica.
Oppure pensiamo all'industria aeronautica e alle compagnie aeree. Begli oggetti gli aerei passeggeri, ma richiedono aeroporti e in un libero mercato lo Stato ti risponde come prima: Cosa c'entro io? Fatteli! E in luoghi deserti, dove non infastidiscano nessuno col rumore, perché i miei cittadini sono liberi cittadini in un libero mercato, e hanno dei diritti.

Rimarrebbe come prima solo il mercato militare, con basi escluse ai voli civili. Poca cosa e coi soliti vincoli.
Oppure pensiamo all'energia elettrica da portare a ogni domicilio: grandioso, ma occorre attraversare con i cavi le proprietà degli altri, che potrebbero rifiutare o chiedere un tot, perché sono liberi cittadini in un libero mercato. Lo stesso per telefoni e telefonate: bisogna attaccare cavi alle case altrui. O per il trasporto via mare, per l'import-export e per le crociere turistiche: hai bisogno di porti attrezzati e in un libero mercato o te li fai o non trasporti. Lo stesso per ogni altro settore potenzialmente atto a dar luogo a grandi aziende, al grande capitale. Semplicemente in un libero mercato, e ripeto libero, queste non possono neanche nascere.

Si obietterà: ma così sarebbe impossibile lo sviluppo economico e civile! L'osservazione è irrilevante: questi sono gli esiti di un libero mercato di liberi uomini. E poi lo sviluppo economico e civile non sarebbe impossibile; solo, dipenderebbe dalla volontà dello Stato, che comincerebbe a fare i patti con le aspiranti grandi aziende o imprese: faccio le strade, i porti, eccetera, ma voglio la maggioranza della proprietà delle vostre aziende perché sono io che vi faccio vivere. In breve - sorpresa - l'esito fisiologico di un veramente libero mercato è la statalizzazione di ogni attività economica rilevante. Puoi possedere tutti i mezzi di produzione che vuoi, ma se il mercato è proprio libero non vai da nessuna parte.

Le Vere Leggi del libero mercato

E anche se per mera ipotesi, per passatempo speculativo, concediamo che in un libero mercato possano nascere grandi aziende private, come farebbero poi a mantenersi? Un libero mercato è un mercato dove la gente per quanto riguarda i fatti economici fa e disfà a suo piacimento, e lo Stato non interviene, non premia e non punisce. Non lo ha detto Adam Smith, il profeta del Capitalismo, che lo Stato non deve interferire, che ci pensa la invisible hand (la "mano invisibile") del libero mercato a regolare tutto per il meglio?
Bene, allora io compro a credito e non pago: è un atto economico e lo Stato non deve intervenire. Dirà il medesimo: Non c'è stato furto (non ha preso la roba dallo scaffale ed è scappato) ma il mancato rispetto di un patto economico fra le parti: il mercato è libero, per definizione non possono esserci leggi che lo regolino, e quindi arrangiatevi; neanche chiedo la restituzione della merce, perché la vostra transazione, non essendo regolamentata, non ha valore giuridico e perciò chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, ma se in seguito alle recriminazioni ci sono violenze su persone o cose interverrò invece immancabilmente, a punirne l'autore.

Cosa rimane ai produttori e ai venditori in questo regime di libertà economica?

Cosa fa la invisible hand?

Dice di consegnare la merce solo a fronte di un pagamento immediato e in contanti, ecco cosa dice. Come fa il contadino al mercato: nella mia mano il cavolfiore, nella tua il soldo. E questa è la Prima Vera Legge dell'economia di libero mercato.
Ma così, appunto, addio grandi aziende, addio banche, addio Capitalismo. L'invisible hand di Adam Smith protende il medio, gli gira dietro la schiena, e va su.
Oppure io vedo sul libero mercato un bell'oggetto, lo faccio uguale e lo vendo, magari a un prezzo più basso, perché sono un mago nell'arte della concorrenza. Strilli e strepiti del fabbricante originale, ma cosa deve dire lo Stato in un mercato libero? Che la cosa non lo riguarda perché io non ho rubato oggetti (ho pagato il campione ostentatamente, o meglio, l'ho comprato a credito), non ho fatto violenze né altro, ma solo lavorato, da cittadino libero in un libero mercato, dove si può fare nell'economico tutto quello che si vuole.

Cosa dice ora l'invisible hand? Dice che non val la pena di far niente che possa essere riprodotto a costo inferiore dal primo napoletano che passa, che è la Seconda Vera Legge dell'economia di libero mercato. E ripete il suo gesto su Adam Smith.
Oppure io sono un bambino ignorante, che non vuole andare a scuola. Il Capitalista protesta con lo Stato: Obbliga i genitori a mandarlo a scuola almeno sino ai 16 anni, dove insegnerai queste e queste materie, e poi allettali a mandarlo all'università, perché mi servono operai, quadri e dirigenti per la mia azienda; beninteso, io non garantisco il posto a nessuno, perché c'è il libero mercato!

Ma in un Paese a libera economia di mercato lo Stato per mere ragioni di civiltà impone un'istruzione di base, che a 12 anni è senz'altro soddisfatta, e poi non obbliga più nessuno a continuare perché non deve raggiungere alcun obiettivo economico: il mercato fa da sé, non è vero? Se chi continua non è sufficiente per le esigenze dello Stato (scuole, ospedali, ricerca, Esercito, eccetera), questi pagherà studenti perché continuino, garantendo anche l'impiego. Cosa dice l'invisible hand ? Che al massimo si può possedere una fattoria con tanti braccianti agricoli perché per il resto bisognerebbe formarsi il personale a proprie spese, cosa proibitiva: la Terza Vera Legge dell'economia di libero mercato. Ancora la mano invisibile torna su Adam Smith.
Oppure io sono un ladruncolo di supermercato, come ce ne sono decine di migliaia. Ho rubato e lo Stato è disposto a processarmi, ma vuole la presenza fisica del proprietario leso, che dica che la merce era sua, perché in un libero mercato, dato che l'economico non è regolamentato, solo le persone fisiche sono anche persone giuridiche, che possano promuovere azioni giudiziarie. Se
si tratta del proprietario di una catena di supermercati dovrà passare la vita fra un processo e l'altro in tutte le città del Paese. Se è una società per azioni con tanti azionisti dovranno muoversi tutti: sono i proprietari. Ovvio che ogni volta bisogna lasciare perdere. L'invisible hand ? Dice che non si deve sorpassare la dimensione del negozietto di famiglia, perché altrimenti si è spolpati dai furti: la Quarta Vera Legge dell'economia di libero mercato.


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Georgejefferson
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SERGIO R

I primi a mistificare sono proprio gli austriaci, a cominciare dall'uso estensivo che fanno del termine socialismo (fin da Hayek) per indicare tutto ciò che ha anche minimamente a che fare con lo Stato.Il socialismo può piacere o non piacere, ma ha una sua connotazione storica e politica abbastanza precisa. Per gli austriaci, invece, la semplice presenza di uno Stato come entità sovraindividuale con autonomia impositiva è già di per sé un segnale di socialismo. Poco importa, poi, se all'atto pratico lo Stato non redistribuisce affatto il reddito, anzi, sistematicamente ruba ai poveri per pagare i lussi dei ricchi, come ci insegna il bailout del 2008 o come ci conferma la diversa aliquota alla quale sei soggetto negli USA se hai una normale attività produttiva rispetto a chi, invece, vive di rendite finanziarie. Per gli austriaci vale la formula Stato = socialismo. In realtà, questo uso estensivo del termine "socialista" risponde a una precisa e deliberata strategia di mistificazione. Bisogna tener conto, infatti, che negli Stati Uniti (dove il libertarismo si è diffuso inizialmente) il termine "socialista" provoca incubi anche al più radical e al più liberal (quelli che da noi si definiscono genericamente "di sinistra"). Si inventa, insomma, uno spauracchio (lo Stato totalitario socialista) per giustificare di fatto il laissez-faire, ossia per giustificare che chi è più ricco non è tenuto a pagare per chi è più povero. È il solito trucco: fai paura alla gente e la gente farà quello che vuoi. Devi far credere ai gonzi che lo Stato limita la libertà dell'individuo, così i gonzi accetteranno di buon grado di rinunciare allo stato sociale e a quel poco di diritti che ancora rimangono loro.Il manganello non sarà più quello della FED o dello sceriffo locale, sarà quello dell'agenzia di mercenari, ma il manganello privato è notoriamente più efficiente di quello pubblico e, soprattutto, non costa un cent alla collettività. Inoltre, non ci sarà coercizione. Ci sarà un libero contratto, per cui il manganellato accetterà preventivamente di farsi bastonare a piacimento. Hayek contesta che la maggioranza abbia diritto a prendere decisioni anche per la minoranza, mentre ritiene assolutamente naturale che una minoranza di non meglio definiti saggi, o eletti, "ispiri la maggioranza", di fatto decidendo per tutti. Ma certo che se uno non legge mai il testo può credere a quello che vuole e far dire a Hayek quello che vuole. Quello che impropriamente viene definito anarcocapitalismo è di fatto la giustificazione teorica del diritto del più forte a decidere anche per il più debole. Hayek non accetta che i pezzenti abbiano diritto di voto e, in tal modo, possano obbligare i più ricchi a cedere una parte della propria ricchezza a chi ha di meno. Il povero, per lui, è uno sfigato che è stato incapace di provvedere a se stesso, non merita alcuna assistenza se non quel minimo che lo renda innocuo e lo faccia desistere dal rubare al più ricco. Ma per non apparire elitarista, Hayek aggira abilmente il problema rovesciando i valori. Si inventa il concetto di "dittatura della maggioranza" creando una vittima della coercizione (la povera minoranza di più ricchi che deve sottostare alla volontà della maggioranza di poveri e scemi) per giustificare, di fatto, il diritto di quella stessa minoranza a sfruttare eternamente i meno fortunati.L'anti-statalismo degli austriaci, come non mi stancherò mai di ripetere, è solo fuffa, è solo una cortina fumogena dietro cui nascondere l'unico vero intento, eliminare lo stato sociale. Lo Stato esisterà sempre, non foss'altro per sancire il diritto (naturale e inviolabile per tutti gli austriaci) alla proprietà privata.


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pidiemme
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L'ho anche trovato ed è una traduzione da Philip Zimbardo. Ed è tradotto introitato.

Ma dall'effetto Lucifero? Perché quel libro ce l'ho, ho provato a dargli una scorsa al volo, visto che è un bel tomo, ma non ho trovato nessun riferimento. In ogni caso resterebbe nel campo della psicologia sociale, avevo capito che si trattava di un principio su cui si basavano esplicitamente/consapevolmente alcune tecniche di propaganda. Proverò a rileggermi con calma il libro di Zimbardo. Grazie comunque.


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mincuo
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L'utile,dimentichi sempre.

Ma che caxxo dici Jefferson, che "dimentico sempre"? Almeno spiegati no, che sembra che uno tenga qualcosa nascosto per qualche oscura ragione?
O hai il contagocce sulla tastiera? Cosa vuol dire "l'utile" che dimentico sempre? Cosa intendi?
Saprai almeno cosa intendi spero.

E dillo, spiegati una buona volta che almeno capisca anch'io cosa "dimentico sempre".

Così magari posso anche risspondere.

E dove le hai recuperate questa collezione di scemenze di quarta categoria, generali, e anche su Von Hayek, che fu tra parentesi in contrasto proprio con Von Mises (e altri) a proposito del neoliberismo dell'epoca.
In particolare dove questo idiota ha mai torvato che "Hayek contesta che la maggioranza abbia diritto a prendere decisioni anche per la minoranza, mentre ritiene assolutamente naturale che una minoranza di non meglio definiti saggi, o eletti, "ispiri la maggioranza", di fatto decidendo per tutti
Questi casomai sono quelle minoranze che fanno le rivoluzioni in nome di oligarchie o di proletariati, che decidono per tutti e li ammazzano anche quelli che la pensano diversamente, anche se sono maggioranza, spacciando un'altra giustificazione per averli ammazzati, valida per le scimmie incapaci in 80 anni di fare un semplice ragionamento con la loro testa e ripetuta da codeste scimmie invariata da 80 anni, digli al signore.


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mincuo
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L'ho anche trovato ed è una traduzione da Philip Zimbardo. Ed è tradotto introitato.

Ma dall'effetto Lucifero? Perché quel libro ce l'ho, ho provato a dargli una scorsa al volo, visto che è un bel tomo, ma non ho trovato nessun riferimento. In ogni caso resterebbe nel campo della psicologia sociale, avevo capito che si trattava di un principio su cui si basavano esplicitamente/consapevolmente alcune tecniche di propaganda. Proverò a rileggermi con calma il libro di Zimbardo. Grazie comunque.

Lo trovi su un saggio relativo a "Comunicazione, Persuasione, influenza sociale dell'autorità e obbedienza distruttiva" (Tildi A. e Borri F. 2010) relativo a "The Stanford Prison Experiment a Simulation Study of the Psychology of Imprisonment".


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Georgejefferson
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Scimmie,analfabeti...manca manichini mincuo,dimentichi sempre,poi gli argomenti degli altri sono "non argomenti",manichini pero efficenti,l'offerta crea la sua domanda no?


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Georgejefferson
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JOHN KLEEVES ESTRATTO

Cosa si intende per Capitalismo? Un’economia di libero mercato, il quale lasciato a sé stesso e senza interventi statali permette la creazione di grandi ricchezze concentrate.
Si intende questo, eppure se ci pensiamo vediamo che con un mercato veramente libero non potrebbero affatto crearsi grandi ricchezze concentrate: con un mercato veramente libero non potrebbe esserci il Capitalismo!
Il fatto è che le grandi ricchezze concentrate, diciamo le grandi aziende, per nascere e mantenersi hanno bisogno sempre di opere pubbliche, di opere della collettività.

Immaginiamo ogni grande azienda, di qualunque settore, ai suoi albori. L'industria dell'auto per esempio. Dopo l'invenzione del semovente in vari Paesi degli imprenditori pensarono alla produzione di massa. Hanno venduto bene le prime serie, ma poi avrebbero dovuto fermarsi: era necessaria una rete stradale adatta. Ma in un mercato libero lo Stato non ti fa le strade perché devi vendere le tue auto ma ti dice: se le vuoi compra i terreni e asfalta, caro il mio imprenditore privato, e rispetta i diritti dei confinanti, che sono liberi cittadini in un libero mercato.

Avrei voluto vedere come avrebbero potuto svilupparsi i colossi del settore, come la Ford o la Fiat: avrebbero dovuto comprare striscia di terra dopo striscia di terra, asfaltarla, recintarla e dotarla di un'infinità di sottopassaggi e cavalcavia, curarne la manutenzione, rendere conto degli incidenti che vi avvenivano. Sarebbe stato impossibile anche il primo passo, l'acquisto dei terreni, perché ogni contadino avrebbe chiesto cifre esorbitanti è ovvio.
Sarebbe rimasto al nostro candidato capitalista delle quattro ruote il mercato militare: jeep e camion per l'Esercito, che viaggiavano sulle strade da lui fatte, per i suoi scopi. E il tutto vincolato dallo Stato (divieto di esportare, tipi di prodotti, eccetera), perché è roba di importanza strategica.
Oppure pensiamo all'industria aeronautica e alle compagnie aeree. Begli oggetti gli aerei passeggeri, ma richiedono aeroporti e in un libero mercato lo Stato ti risponde come prima: Cosa c'entro io? Fatteli! E in luoghi deserti, dove non infastidiscano nessuno col rumore, perché i miei cittadini sono liberi cittadini in un libero mercato, e hanno dei diritti.

Rimarrebbe come prima solo il mercato militare, con basi escluse ai voli civili. Poca cosa e coi soliti vincoli.
Oppure pensiamo all'energia elettrica da portare a ogni domicilio: grandioso, ma occorre attraversare con i cavi le proprietà degli altri, che potrebbero rifiutare o chiedere un tot, perché sono liberi cittadini in un libero mercato. Lo stesso per telefoni e telefonate: bisogna attaccare cavi alle case altrui. O per il trasporto via mare, per l'import-export e per le crociere turistiche: hai bisogno di porti attrezzati e in un libero mercato o te li fai o non trasporti. Lo stesso per ogni altro settore potenzialmente atto a dar luogo a grandi aziende, al grande capitale. Semplicemente in un libero mercato, e ripeto libero, queste non possono neanche nascere.

Si obietterà: ma così sarebbe impossibile lo sviluppo economico e civile! L'osservazione è irrilevante: questi sono gli esiti di un libero mercato di liberi uomini. E poi lo sviluppo economico e civile non sarebbe impossibile; solo, dipenderebbe dalla volontà dello Stato, che comincerebbe a fare i patti con le aspiranti grandi aziende o imprese: faccio le strade, i porti, eccetera, ma voglio la maggioranza della proprietà delle vostre aziende perché sono io che vi faccio vivere. In breve - sorpresa - l'esito fisiologico di un veramente libero mercato è la statalizzazione di ogni attività economica rilevante. Puoi possedere tutti i mezzi di produzione che vuoi, ma se il mercato è proprio libero non vai da nessuna parte.

Le Vere Leggi del libero mercato

E anche se per mera ipotesi, per passatempo speculativo, concediamo che in un libero mercato possano nascere grandi aziende private, come farebbero poi a mantenersi? Un libero mercato è un mercato dove la gente per quanto riguarda i fatti economici fa e disfà a suo piacimento, e lo Stato non interviene, non premia e non punisce. Non lo ha detto Adam Smith, il profeta del Capitalismo, che lo Stato non deve interferire, che ci pensa la invisible hand (la "mano invisibile") del libero mercato a regolare tutto per il meglio?
Bene, allora io compro a credito e non pago: è un atto economico e lo Stato non deve intervenire. Dirà il medesimo: Non c'è stato furto (non ha preso la roba dallo scaffale ed è scappato) ma il mancato rispetto di un patto economico fra le parti: il mercato è libero, per definizione non possono esserci leggi che lo regolino, e quindi arrangiatevi; neanche chiedo la restituzione della merce, perché la vostra transazione, non essendo regolamentata, non ha valore giuridico e perciò chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, ma se in seguito alle recriminazioni ci sono violenze su persone o cose interverrò invece immancabilmente, a punirne l'autore.

Cosa rimane ai produttori e ai venditori in questo regime di libertà economica?

Cosa fa la invisible hand?

Dice di consegnare la merce solo a fronte di un pagamento immediato e in contanti, ecco cosa dice. Come fa il contadino al mercato: nella mia mano il cavolfiore, nella tua il soldo. E questa è la Prima Vera Legge dell'economia di libero mercato.
Ma così, appunto, addio grandi aziende, addio banche, addio Capitalismo. L'invisible hand di Adam Smith protende il medio, gli gira dietro la schiena, e va su.
Oppure io vedo sul libero mercato un bell'oggetto, lo faccio uguale e lo vendo, magari a un prezzo più basso, perché sono un mago nell'arte della concorrenza. Strilli e strepiti del fabbricante originale, ma cosa deve dire lo Stato in un mercato libero? Che la cosa non lo riguarda perché io non ho rubato oggetti (ho pagato il campione ostentatamente, o meglio, l'ho comprato a credito), non ho fatto violenze né altro, ma solo lavorato, da cittadino libero in un libero mercato, dove si può fare nell'economico tutto quello che si vuole.

Cosa dice ora l'invisible hand? Dice che non val la pena di far niente che possa essere riprodotto a costo inferiore dal primo napoletano che passa, che è la Seconda Vera Legge dell'economia di libero mercato. E ripete il suo gesto su Adam Smith.
Oppure io sono un bambino ignorante, che non vuole andare a scuola. Il Capitalista protesta con lo Stato: Obbliga i genitori a mandarlo a scuola almeno sino ai 16 anni, dove insegnerai queste e queste materie, e poi allettali a mandarlo all'università, perché mi servono operai, quadri e dirigenti per la mia azienda; beninteso, io non garantisco il posto a nessuno, perché c'è il libero mercato!

Ma in un Paese a libera economia di mercato lo Stato per mere ragioni di civiltà impone un'istruzione di base, che a 12 anni è senz'altro soddisfatta, e poi non obbliga più nessuno a continuare perché non deve raggiungere alcun obiettivo economico: il mercato fa da sé, non è vero? Se chi continua non è sufficiente per le esigenze dello Stato (scuole, ospedali, ricerca, Esercito, eccetera), questi pagherà studenti perché continuino, garantendo anche l'impiego. Cosa dice l'invisible hand ? Che al massimo si può possedere una fattoria con tanti braccianti agricoli perché per il resto bisognerebbe formarsi il personale a proprie spese, cosa proibitiva: la Terza Vera Legge dell'economia di libero mercato. Ancora la mano invisibile torna su Adam Smith.
Oppure io sono un ladruncolo di supermercato, come ce ne sono decine di migliaia. Ho rubato e lo Stato è disposto a processarmi, ma vuole la presenza fisica del proprietario leso, che dica che la merce era sua, perché in un libero mercato, dato che l'economico non è regolamentato, solo le persone fisiche sono anche persone giuridiche, che possano promuovere azioni giudiziarie.
Se si tratta del proprietario di una catena di supermercati dovrà passare la vita fra un processo e l'altro in tutte le città del Paese. Se è una società per azioni con tanti azionisti dovranno muoversi tutti: sono i proprietari. Ovvio che ogni volta bisogna lasciare perdere. L'invisible hand ? Dice che non si deve sorpassare la dimensione del negozietto di famiglia, perché altrimenti si è spolpati dai furti: la Quarta Vera Legge dell'economia di libero mercato.


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Scimmie,analfabeti...manca manichini mincuo,dimentichi sempre,poi gli argomenti degli altri sono "non argomenti",manichini pero efficenti,l'offerta crea la sua domanda no?

JEFFERSON, invece di girare intorno spiegami una buona volta che almeno capisca anch'io cos' è questo "utile che dimentico sempre" di cui mi accuseresti, PERCHE' IO NON L'HO CAPITO"

E QUANDO DICO CHE NON HO CAPITO SIGNIFICA CHE NON HO PROPRIO CAPITO COSA DIAVOLO INTENDI DIRE, NON UNA COSA MISTERIOSA.

ME LO VUOI SPIEGARE SI' O NO?

Altrimenti evita di fare insinuazioni.

P.S.
E' già sufficiente la prima frase di questo Kleeves per capire la cultura.
"Un’economia di libero mercato, il quale lasciato a sé stesso e senza interventi statali permette la creazione di grandi ricchezze concentrate."

Mi sono sgolato a dire che uno Stato ha 2 compiti fondamentali: l'indirizzo e il controllo.
Non esiste un "signor libero mercato che fa i caxxi suoi".
Con che poteri? A nome di chi? Chi le scrive le regole? Chi le fa rispettare?
Se esiste una cosa simile, come in effetti esiste, vuol dire UNA E UNA SOLA COSA, che lo Stato non fa lo Stato.
E' accessibile per chiunque comprenderlo Jefferson, con un minimo di buona volontà, una volta che glielo dici. Magari al signor Kleeves non glielo hanno mai spiegato, ed evidentemente da solo non ci arrivava.
E magari mi spieghi tu Jefferson, oppure il signor Kleeves, perchè questo medesimo Stato che evidentemente viene meno ai suoi doveri ed anzi è connivente con i titolari di questa concentrazione di ricchezze, una volta che abbia reso più Statale un comparto di imprese diventi improvvisamente virtuoso? Lo stesso medesimo Stato? Ci vuole così tanto a capire che il problema principale è quello?
-Lo capisci che se uno Stato dice facciamo la Tobin Tax (giusta o sbagliata) si fa la Tobin Tax. Punto.
-Lo capisci che se uno Stato dice questa tassazione titoli va al 25% invece che 12,5% si fa 25%. Punto.
-Lo capisci che se uno Stato dicesse che per le holding l'utile prodotto in loco va trattato in un certo modo e non consolidato quello si farebbe.
-Lo capisci quindi che dipende da uno Stato fissare delle regole?
-Lo capisci che dipende da uno Stato farle rispettare?
-Lo capisci che la gente è imbottita di etichette apposta?
-Lo capisci che la stessa parola "democrazia" da sola non vuol dire un caxxo e un conto è quella Norvegese e un conto è quella Iraqena?
-Lo capisci che anche welfare State o Stato sociale non vuol dire un caxxo se poi lo svuoto dei contenuti?


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Iacopo67
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George, avevi già parlato di questa storia dell'utile, mi pare che dicesti (più o meno, non ricordo bene) che pubblico è meglio che privato perchè l'economia in mano ai privati che fanno quel che gli pare favorirebbe il fatto che l'utile finirebbe soprattutto nelle mani di questi privatie quindi ci sarebbe più disuguaglianza e insomma così non andrebbe bene per noi altri comuni cittadini.

E Mincuo ti rispose, più o meno, che la maggiore disuguaglianza, l'utile concentrato nelle mani di pochi, non dipende dalla questione pubblico/privato, ma dipende da se lo Stato fa il suo dovere oppure no, che è regolamentare e controllare.


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Georgejefferson
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Trovami dove avrei detto che pubblico bello privato brutto a prescindere Jacopo,io non ricordo

Perche non argomenti Kleeves?Difficile?se vuoi riposto a caratteri piu grossi


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mincuo
Illustrious Member
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George, avevi già parlato di questa storia dell'utile, mi pare che dicesti (più o meno, non ricordo bene) che pubblico è meglio che privato perchè l'economia in mano ai privati che fanno quel che gli pare favorirebbe il fatto che l'utile finirebbe soprattutto nelle mani di questi privatie quindi ci sarebbe più disuguaglianza e insomma così non andrebbe bene per noi altri comuni cittadini.

E Mincuo ti rispose, più o meno, che la maggiore disuguaglianza, l'utile concentrato nelle mani di pochi, non dipende dalla questione pubblico/privato, ma dipende da se lo Stato fa il suo dovere oppure no, che è regolamentare e controllare.

Io chiedo solo che uno mi spieghi bene cosa intende con "l'utile dimentichi sempre ", non mi pare una cosa così grave. Se dico che non ho compreso cosa lui intende significa che non ho compreso e basta. Evidentemente deve essere una cosa che non capisco e può benissimo essere, ma anche a beneficio di tutti oltre che mio che la spieghi bene allora. O è un segreto?


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mincuo
Illustrious Member
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Trovami dove avrei detto che pubblico bello privato brutto a prescindere Jacopo,io non ricordo

Perche non argomenti Kleeves?Difficile?se vuoi riposto a caratteri piu grossi

Ho già commentato io Kleeves. Basta solo l'incipit. Vuol dire poveretto che non arriva nemmeno al'ABC quando spiega che "il libero mercato" farebbe lui da solo.
A che titolo? Con quali poteri farebbe da solo?

La gente non è così stupida Jefferson, ingenua forse, ma le capisce le cose se gli dai una mano.

A caratteri più grossi puoi anche pubblicare, significherà una scemenza a caratteri più grossi, come l'altro post, quello pure colmo di menzogne.


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