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Neoliberismo e neolingua

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mincuo
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Finalmente ho (circa) capito cosa intende Jefferson con utile. E provo ad approfondire.
Ma non mi ero "sempre dimenticato" anzi, tant'è che ho detto che alcune cose è meglio che le faccia lo STATO, e attenzione, perchè non è quello il punto, quello è indifferente in concorrenza, ma che le faccia lo STATO anche in maniera protetta, e cioè monopolistica o comunque sottratta a concorrenza.
I criteri di convenienza sono come ho già detto molteplici, e non facili da determinarsi, e inoltre variano da Paese a Paese, da società a società.
Partiamo prima da una cosa semplice, in regime di concorrenza, su settori normali di mercato.
Se lo Stato fa il suo dovere di controllo PERCHE' QUELLO è il PUNTO, è indifferente che operi una gestione Statale o privata, e attiene SOLO ad efficienza. Chi è più efficiente e basta, perchè questo è l'interesse collettivo, che è avere una cosa a minori costi a parità di qualità, o di migliore qualità a parità di costo, e non averci sopra scritto "statale" o "privato".
E se lo Stato invece non controlla, cioè viene meno al suo compito principale, allora non lo farà nè sulla gestione privata nè su quella Statale. E quello va riformato innanzitutto.
O una persona fa lo sforzo di un minimo di logica per capire queste cose o non c'è nulla da fare, resta coi catechismi e buono/cattivo.
Ma ammettendo che lo Stato faccia il suo dovere, anche a parità è senz'altro molto meglio che sia privata una gestione, nei settori diciamo normali, di mercato.
Perchè?
Vediamo:
Abbiamo il caso A di azienda privata. Che impiega 100 di capitale, acquista merci e semilavorati, paga stipendi, fa utile 20 e paga 10 di tasse.
Abbiamo il caso B di azienda Statale. Che impiega 100 di capitale, acquista merci e semilavorati, paga stipendi, fa utile 20 e paga 10 di tasse.
Però gli altri 10 restano lo stesso dello Stato in quanto remunera azionisti che sono lo Stato stesso.
Qual'è allora la differenza?
Che nel caso A lo Stato non impiega capitale, quello è del privato. Non paga dipendenti, paga il privato, non assume rischio d'impresa, lo assume il privato.
Nel caso B lo Stato immobilizza 100 di capitale, paga dipendenti, e assume rischio per cui se fa utile remunera se stesso ma se fa perdite perdite paga la collettività.
Nel caso A lo Stato si prende parte dell'utile, se c'è, tramite le tasse, ma non rischia. Nel caso B assume rischio d'impresa.
La cosa importante però è che i 100 di capitale che impiega lo Stato non piovono dal cielo, sono le tasse dei cittadini. E la seconda cosa importante è che le risorse non sono infinite.
Se i 100 li impiega il privato significa che 100 si liberano per altro impiego da parte dello Stato.
Ecco che si arriva ai criteri di convenienza.
Ci sono settori dove il calcolo dell'utilità, non l'utile, se non in senso lato, esonda criteri privatistici. Cioè il privato non può calcolare dei benefici e includerli, mentre lo Stato in un'ottica più ampia può farlo.
Quelli è bene che li faccia lo Stato. E che abbia i capitali per farlo.
Ci sono anche altre fattispecie. Come il tempo, ad esempio.
Un investimento con un ROI di 50 o 100 anni non è adatto a privati, ma lo è invece a uno Stato ed è bene allora che lo faccia uno Stato.
E che abbia i capitali per farlo.
Siccome è materia complessa non mi dilungo, ma vado invece al principio, che avevo già illustrato.
Qual'è il principio? Quello che ho detto. Uno e uno solo.
La convenienza dei cittadini. Il cittadino deve avere dei servizi, l'ambiente, ecc.. a minori costi e maggiore qualità possibile. Punto. Non deve avere l'etichetta sopra "privato" o "statale". Non gliene frega niente.
Chi è ideologizzato fa fatica a capire questa cosa semplice e si imbarca in ragionamenti di cattivo e buono avendo già determinato che una cosa è buona e l'altra cattiva. Non riesce a uscire da quello schema mentale.

Di fatto poi un settore "pubblico", come si dice malamente, intendendo Statale, non è quasi mai Statale "interamente". Non ha senso infatti.
Se si ha la Sanità Statale, questo non significa però che allora anche le medicine sono Statali, i letti di ospedale, le attrezzature, le forniture ecc.. siano prodotte dallo Stato. Eppure fanno parte della Sanità, ma non conviene, e non conviene che lo Stato impieghi tutti capitali per fare quelle cose e assuma quei rischi d'impresa, quando quei capitali può utilizzarli per altre destinazioni a lui più consone.
Lo Stato invece si prende semplicemente l'utile con le tasse su quelli e con quello finanzia poi le cose più adatte a lui. Questo è il criterio.
E tra quelle cose c'è anche finanziare infrastrutture, educazione ecc ... non solo perchè genericamente è un bene ma anche in modo da creare le condizioni MIGLIORI perchè i famigerati "privati" possano fare bene impresa, fare utili, (il bieco profitto?) su cui lo Stato va a prendersi poi le tasse e va a costituire maggiori capitali per le finalità a lui adatte.
Anche per questa ragione quello sopra riportato di quel tal Kleeves è di un'idiozia e di un'ignoranza fuori da ogni immaginazione.


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Jor-el
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splendido post, bravo mincuo.
dovresti scrivere un libro su quest'argomento.

basta cambiare/manipolare le etichette sul barattolo e la gente passa i decenni a discutere del sapore della marmellata di mele... - e invece è di prugne.
buon appetito.

Ottimo!
Sarebbe infatti molto più interessante - anziché continuare a discutere anche qui sul sapore della marmellata di mele - capire come succede. Come si cambiano le etichette, chi le cambia e perché. E' un piano? Oppure è qualcosa di inevitabile, legato alla natura stessa del linguaggio?

Mincuo ha sottolineato come, nel caso di "neoliberismo" (in inglese "neoliberalism") è stato adattato un termine il cui significato originario era l'esatto opposto di quello che poi è diventato il significato corrente.

Questa operazione sul linguaggio ha portato a credere tantissima gente, soprattutto a quelli che si oppongono (o vorrebbero opporsi) al potere delle elite, che viviamo in un mondo il cui c'è il libero mercato, che il libero mercato sia una cosa brutta e che, anzi, tutti i guai, compresa la crisi globale, derivino dal fatto che ce ne sia troppo!

Nella realtà il libero mercato non c'è e il mercato che c'è non è libero.

Ma aldilà di questo - stiamo parlando, in fondo, di un solo vocabolo, "neoliberismo" - è possibile, con grande pazienza e apertura mentale, ricostruire la catena dei significati per avere un quadro della situazione?

Tutto questo mi fa pensare a un film di John Carpenter in cui un operaio edile entra in possesso di un paio di occhiali che, indossati, svelano il mondo com'è in realtà. Anziché le mille etichette colorate che si trovano sui prodotti dei supermercati, una volta indossati gli occhiali se ne vede una sola, in bianco e nero, che dice: BUY. E alla televisione, al posto delle tante celebrities, un volto alieno, grigio e mostruoso con una scritta in sovrimpressione che dice: OBEY. Il film era They Live (Essi Vivono http://it.wikipedia.org/wiki/Essi_vivono), del 1988, l'anno in cui George Bush padre fu eletto Presidente degli USA.


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mincuo
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@Jor-el
Esatto.
C'è monopolismo. E dal quel punto di vista l'analisi Marxista e anche Leninista sono perfette.
Ma alla gente il monopolismo l'hanno battezzato "libero mercato" quando il libero mercato, piaccia o no non ha importanza, è l'antitesi stessa del monopolio e del monopsonio. E semplicemente, sempre piaccia o meno, ma proprio non c'è questo libero mercato nel mondo reale.
E come è successo questo?
Basta vedere che per ogni volta che appare la parola "monopolismo" 750 volte appare "libero mercato". 20.000 voci contro 15 milioni di voci su Google.
15 milioni di voci per una realtà che di fatto non esiste e 20.000 voci per una realtà che invece esiste.
Praticamente un bombardamento nella testa delle persone.

Il fatto è che quando c'è monopolismo ci sono i monopoli, che sono pochi, e hanno un nome e un cognome. Il "libero mercato" invece sono tanti, anzi è "tutto", anzi è il mitico "sistema" che compare sempre.
Meglio che uno sia indirizzato opportunamente contro il "sistema" che non ha un nome e un cognome.
Che non si incuriosisca troppo.
Si fa presto a vedere che non solo l'informazione ma anche e soprattutto la cosiddetta controinformazione è in grande misura colonizzata.
Pro libero mercato o contro libero mercato, litiga e / o scegli quale realtà virtuale ti va meglio.
Fanno lo stesso gioco. Polarizzare.
Per richiamarmi a Nuvoledelcielo: pro o contro la marmellata di mele.
Che è innocuo. Tanto la realtà è la marmellata di prugne.

Il neoliberismo, nel suo significato originale, e cioè nel suo tentativo di coniugare degli aspetti, era pericoloso perchè diminuiva la portata ideologica (assumendo e includendo aspetti liberisti e socialisti) e quindi stimolava una logica al di fuori di schemi fideistici e di appartenenza.
Tendeva quindi anche a unire più che a perpetuare il divide et impera, che è la base del potere da millenni, e tendeva a focalizzare le responsabilità, non palleggiarle da uno all'altro tenendo sempre indenne chi sta sopra.
Soluzione: "lo battezziamo diversamente" e intanto lo facciamo anche sparire dai libri, ed ecco che "neoliberismo" è diventato sinonimo di "iperliberismo", che significa però anche "iper-libero mercato".
Che tuttavia non esiste. C'è il monopolismo, non il libero mercato.
Di quello, il monopolismo, purtroppo restano ancora quelle 20.000 voci a fronte di 15 milioni.
Andrebbero fatte sparire del tutto, che così si evitano confusioni inutili alle persone.
Un po' alla volta, un po' di pazienza.


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Raziel79
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Ecco bravo ... non mi rispondere più, sarebbe inutile, tanto quando ti senti attaccato vai sulla difensiva e non ti sforzi di capire gli altri, è cmq una discussione inutile.
Io dal canto mio continuerò a evidenziare ciò che non mi torna.
In ordine ai problemi teorici del liberismo e di confusione...
"C'è monopolismo. E dal quel punto di vista l'analisi Marxista e anche Leninista sono perfette."
"E semplicemente, sempre piaccia o meno, ma proprio non c'è questo libero mercato nel mondo reale."
Se per tua stessa ammissione il libero mercato non esiste, una teoria che si fonda sul presupposto che sia il contrario non ha seri problemi di assetto teorico?
Non è come se fondassi una nuova teoria fisica sul presupposto che gli elettroni abbiano orbita quadrangolare?
L'unica obbiezione possibile, visto che, di fatto, il "libero mercato" in natura non esiste è che possa esistere in potenza...
Posso cioè fondare un teoria scientifica sul presupposto che posso obbligare gli elettroni a muoversi con orbita quadrangolare?
personalmente credo di no e una delle motivazioni (forse la principale) l'ho ampiamente espressa in precedenza; ne accenno un' altra (di ordine pratico) ... provate a formulare se vi riesce una legge che impedisca la formazione di cartelli...
.. e cmq dal punto di vista scientifico se prima non mi sono chiarito effettivamente le leggi di natura che senso ha?
P.S. Per onestà intellettuale devo ammettere che nello specifico è molto difficile tirare una linea di demarcazione che permetta chiaramente di separare l'ambito teorico da quello pratico.


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Raziel79
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"Attento alla grammatica pero Raziel. "

Scrivo di getto, + che probabile che ci infili qualche sfondone... casomai fammeli notare mi correggerò.


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Raziel79
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Quanto poi dici circa la "neolingua" è condivisibile, le oligarchie giocano con le parole secondo il proprio tornaconto. VERO!
Lo denunciava (ormai è il tormentone della discussione) già Marx quando evidenziava il truffaldino utilizzo del nome della Banca di Inghilterra (privata e monopolista per quanto riguardava l'emissione di moneta).
Ma di neo c'è poco l'hanno sempre fatto... anche prima dell'invenzione della stampa a caratteri mobili... del resto sfruttano dei "problemi di linguaggio" (chiamiamoli vagamente così) che esistono a prescindere da interessi di potere...
Quando ti fai il bidet usi "l'asciugamano da bidet" o "l'asciugaculo"?
Quel che dico io è ...giustissimo denunciare ma invece che sto batti e ribatti ...sull'uso della lingua ... andiamo al sodo ....
Fai una bella introduzione all'articolo in cui spieghi come stanno le cose dal punto di vista storico su l' uso del termine neoliberismo e poi dici che per la trattazione a seguire ti riferirai alla corrente di questi pensatori come... e ti scegli il termine... "vero neoliberismo" , "socio-liberismo" (cosa che più o meno hai fatto) ...dopodiché..... VAI AVANTI!
parlaci nello specifico di una di queste posizioni di sintesi fra liberismo e socialismo del filone neoliberista...
entra nel merito delle questione con ordine logico...
Io avrei preferito discutere, ad esempio, di come Rustow pensasse l'intervento della "mano pubblica": azionariato pubblico nelle aziende private? aziende pubbliche che fanno concorrenza alle private? ecc.. (poi in fondo non è che esistano 1000 possibilità...)
Invece mi ritrovo con un elenco dei risultati dei termini di google...


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Georgejefferson
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Meno male che ideologicizzati sono gli altri,pensavo male


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Raziel79
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"Il punto focale è proprio quello. Il libero mercato non prevede alcuna posizione dominante, proprio per definizione.
Il monopolismo è proprio l'ANTITESI del libero mercato.
PER I LIBERISTI intendo anche.
Quindi è una contraddizione in termini. "

ESATTO!! era proprio ciò che mi premeva dire... essendo in definitiva "il libero mercato" una contraddizione in termini (in accordo con Marx) non solo non è mai storicamente esistito ma non potrà esistere mai... è un assurdo...


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Raziel79
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George non capendo se e quando ti riferisci a me non rispondo...


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mincuo
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Lippmann stesso non credo che avrebbe mai osato sperare tanto. E invece...


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Georgejefferson
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Era ironico Raziel,io sono analfabeta in grammatica.


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Georgejefferson
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Lippman era il mio manichino preferito,a 96,52 pero.100 solo teorico


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mincuo
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Lippman era il mio manichino preferito,a 96,52 pero.100 solo teorico

Non credo proprio, Lippmann, e neanche niente a che vedere con DSM-IV-TR.
Comunque sopra ogni sua aspettativa, e anche di Janis, forse.


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Tonguessy
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In ordine ai problemi teorici del liberismo e di confusione...
"C'è monopolismo. E dal quel punto di vista l'analisi Marxista e anche Leninista sono perfette."
"E semplicemente, sempre piaccia o meno, ma proprio non c'è questo libero mercato nel mondo reale."
Se per tua stessa ammissione il libero mercato non esiste, una teoria che si fonda sul presupposto che sia il contrario non ha seri problemi di assetto teorico?
Non è come se fondassi una nuova teoria fisica sul presupposto che gli elettroni abbiano orbita quadrangolare?
L'unica obbiezione possibile, visto che, di fatto, il "libero mercato" in natura non esiste è che possa esistere in potenza...
Posso cioè fondare un teoria scientifica sul presupposto che posso obbligare gli elettroni a muoversi con orbita quadrangolare?
personalmente credo di no e una delle motivazioni (forse la principale) l'ho ampiamente espressa in precedenza; ne accenno un' altra (di ordine pratico) ... provate a formulare se vi riesce una legge che impedisca la formazione di cartelli...

Qui si sta confondendo (apposta?) la filologia con l'economia (o con qualsiasi altra branca del sapere).
Il fatto che la mela nel corso degli anni sia stata chiamata prugna (o viceversa) fa parte integrante della vita del linguaggio. Antonimia esercitata, di cui si possono fare molti esempi. I sofismi, per farne uno.
I sofisti non avevano alcuna intenzione di ridurre una discussione ad un battibecco tra suocere come nel caso dell'argumentum ad hominem, probabilmente il più famoso sofisma. I sofisti avevano compreso come il linguaggio fosse comunque una limitazione ed un'arte al tempo stesso, e insegnavano come districarsi. Insomma allenavano gli avvocati. Ma gli avvocati mica offendono: argomentano.
"L'uomo è la misura di tutte le cose". Questo è il più famoso "sofisma", ovvero la più famosa citazione di Protagora. Il che non è assolutamente vero, per il comune intendere.
"Sofisma: Termine greco che inizialmente significò ogni manifestazione concreta della σοϕία, cioè della sapienza dell’uomo; più tardi venne usato per designare, in generale, ogni argomentazione speciosa, in apparenza valida ma in realtà ingannevole. Oggi si usa nel senso di ragionamento apparentemente rigoroso ma non concludente, perché contrario alle leggi stesse del ragionamento" dice la Treccani.
Quindi il sofisma passa da manifestazione di sapienza a manifestazione di capzioso argomentare.
Le cose vanno così, facciamocene una ragione. Il fatto che il liberismo possa vantare illustri trascorsi non cambia di una virgola la questione. Tanto più che stiamo parlando di NEOliberismo, con il quale si intendono quelle serie di schifezze che ho messo in luce all'inizio di questo post.
Ora ditemi: a chi giova tutto questo discutere sull'etichetta del contenitore (mela o prugna che sia) quando siamo costretti a mangiarne il contenuto (mela o prugna che sia) comunque? Certo, sarebbe bello che noi potessimo SCEGLIERE di mangiare il tipo di confettura che preferiamo. La realtà invece è che indipendentemente da come la vogliamo chiamare questo barattolo contiene roba poco appetibile.
D'accordo, il barattolo è quello sbagliato. E chissenefrega?


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mincuo
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-Non è un'evoluzione del linguaggio.

-E' lo stravolgimento voluto del significato del termine neoliberismo, che corrispondeva a una teoria economica e sociale, che ebbe notevole importanza e durata.

-Ed è la cancellazione dai libri di storia dell'economia appunto di quella cosa che si chiamava "neoliberismo" che fu iniziato da Alexander Rüstow ma coinvolse tutti da Marjolin, a Rueff, ad Aron, a J.M. Keynes, a Polanyi, ad Hayek, a Lippmann, a Rougier, a Ripke, a Ludwig von Mises....e produsse scuole e associazioni intitolate esattamente a quel pensiero.

-Quella cosa, il neoliberismo, identificava un compromesso tra liberismo e socialismo.

-Quella cosa fu poi una delle basi per l'economia Europea postbellica e la cosiddetta economia sociale di mercato.

-Il contrario di ciò che hanno poi imposto propaganda e media al termine "neoliberismo".

-Non credo che uno direbbe che è semplicemente un'evoluzione del linguaggio, nè un sofisma, se ad esempio al Nazismo da una certa data fosse stato imposto il significato anzichè di dittatura, di democrazia parlamentare e contemporaneamente fosse stato cancellato dai libri di storia quello vero.
Nè credo che se fosse stato poi imposto dagli anni '80 col significato di democrazia parlamentare e contemporaneamente fosse stato fatto sparire dai libri di storia uno si chiederebbe "a chi giova" sapere che esisteva fin dagli anni '30 ed era una dittatura totalitaria.

-Forse si sta confondendo (apposta?) la filologia con la storia e l'economia.

N.B. La filologia mira a ripristinare, attraverso lo studio delle fonti e l'analisi critica del testo, il significato e l'interpretazione originaria delle parole, non a stravolgerlo appositamente. Nè si occupa di cancellarle le fonti e i testi.

Quella si chiama propaganda, non filologia.


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