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Oggi i trasporti pubblici, domani le imprese


Tao
 Tao
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Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al disegno di legge delega che regolamenta gli scioperi nei trasporti pubblici. Il titolo del ddl la dice lunga su quale è lo spirito del provvedimento dato che parla di “regolamentazione e prevenzione dei conflitti collettivi di lavoro con riferimento alla libera circolazione delle persone”. Si tratta in altre parole di una legge che intende annullare di fatto il diritto di sciopero nel nostro Paese.

Si inizierà con i trasporti pubblici e dopo averne testato l’impatto sociale si cercherà di allargarlo anche alle imprese private con la scusa che la produzione è funzionale all’interesse nazionale. Le limitazioni già sono evidenti laddove si prevede l’obbligo per le piccole sigle sindacali di indire un referendum consultivo prima di uno sciopero mentre quelle maggiori dovranno superare una soglia di rappresentatività del 50%. Se tale quota non viene raggiunta, con una rappresentatività di almeno il 20% sarà necessario ricorrere al referendum preventivo e ottenere almeno il 30% dei consensi. Inoltre per i servizi di particolare rilevanza l’adesione da parte del singolo lavoratore andrà fornita preventivamente.

La revoca dello sciopero dovrà poi essere comunicata con congruo anticipo per “eliminare i danni provocati dall’effetto annuncio”. Come a dire che il diritto di sciopero verrà praticamente cancellato.

Lo sciopero “virtuale” alla giapponese

La presa in giro operata dal testo pensato dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, da quello del lavoro, l’ex socialista (!) Maurizio Sacconi e da quello della Funzione pubblica, Renato Brunetta, sta soprattutto nella geniale creazione di una nuova figura giuridica, quello dello “sciopero virtuale”. Insomma se lo sciopero indetto da determinate categorie professionali dovesse comportare la concreta impossibilità di erogare “il servizio principale ed essenziale”, i lavoratori una volta proclamato lo sciopero andrebbero comunque a lavorare (con una fascia al braccio come in Giappone) per garantire il servizio ai cittadini. Incredibile a dir poco il ragionamento fatto da Sacconi che ha spiegato che lo sciopero virtuale potrà comportare anche la trattenuta dal salario in presenza di un danno anche per la controparte, più che proporzionato alla rinuncia dei lavoratori. In tal caso se il lavoratore, pur lavorando, rinuncerà allo stipendio di quel giorno, esso non rimarrà in azienda ma il datore di lavoro dovrà versarlo maggiorato in un apposito fondo. Sarà una specie di multa che l’impresa di trasporti dovrà pagare per prendere atto dell’atteggiamento critico dei lavoratori nei riguardi della gestione aziendale.

Una svolta repressiva

La svolta repressiva per comprimere i diritti dei lavoratori garantiti dalla Costituzione e dallo Statuto del 1970, è ulteriormente dimostrata dalla sostituzione dell’attuale Commissione di garanzia sugli scioperi con una “Commissione per le relazioni di lavoro” che dovrà verificare l’effettivo grado di partecipazione agli scioperi per fornire al governo e alle parti sociali dati certi o verosimili sull’andamento dei conflitti di lavoro. E se un sindacato proclamerà uno sciopero, la Commissione, che sarà investita anche di competenze di natura arbitrale e conciliativa, potrà subito verificare se esso è rappresentativo, utilizzando la certificazione all’Inps dei dati di iscrizione al sindacato. La Commissione sarà composta da cinque esperti di relazioni industriali scelti su designazione dei presidenti di Camera e Senato e nominati con decreto del presidente della Repubblica. Il disegno di legge delega si spinge ancora più in là perché assegna al governo il compito di riformare anche le sanzioni per la violazione delle regole da parte di chi promuove lo sciopero, delle aziende che tengono comportamenti sleali e dei singoli lavoratori negli scioperi spontanei.

Nonostante questa svolta liberticida, Sacconi si è detto convinto di poter contare su una larga convergenza sia da parte dei sindacati (esclusa ovviamente la Cgil) che delle imprese. Secca la replica del segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha invitato a procedere con molta attenzione. Se si tratta di aggiustare una normativa rigide si può pure vedere. Ma è inaccettabile che si vogliano introdurre forzature che limitano i diritti di chi lavora. E poi è inaccettabile, ha continuato, che la riforma annunciata dal governo non sia stata preceduta da un confronto con le organizzazioni sindacali. E se dal PD sono arrivate non poche reazioni improntate ora ad un deciso no ora alla perplessità, lo stesso Umberto Bossi, ministro delle Riforme istituzionali, dopo aver condannato gli scioperi selvaggi ha voluto però ricordare che il diritto allo sciopero è garantito dalla Costituzione. Sacconi ha però assicurato che il ddl sarà oggetto di consultazione con le parti sociali durante l’iter parlamentare e ha sottolineato che non si tratta di un decreto legge che andrà in vigore subito ma avrà invece i suoi tempi per fargli ottenere il più ampio consenso possibile. In ogni caso, ha insistito, nel settore dei trasporti “c’erano situazioni abnormi” e il governo non poteva stare a guardare. La nostra, ha continuato, “non è una soluzione autoritaria” perché “abbiamo operato per tutelare il sacrosanto diritto allo sciopero e il diritto alla libera circolazione, entrambi garantiti dalla Costituzione”.

Ci saranno quindi sanzioni amministrative, oltre a quelle penali già previste, per i lavoratori di qualunque categoria che bloccano strade, autostrade e porti.

A favore della svolta e allineato al governo, si è mostrato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha parlato di “una formulazione abbastanza equilibrata” della legge che va incontro a quello che la Cisl ha richiesto. Ossia di circoscrivere l’intervento solo al settore dei trasporti, l’unico comparto dove non esiste una regolamentazione precisa.

Andrea Angelini
Fonte: www.rinascitacampania.com
Link: http://www.rinascitacampania.com/?read=19727
1.03.2009


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