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Orso - Pacifismo strumentale, democrazia liberale e economia


Tao
 Tao
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Mercoledì 14 novembre 2012, giornata di sciopero generale europeo contro austerità e disoccupazione. Da Madrid a Roma, da Lisbona a Torino, nei paesi europei più colpiti dalla crisi, dalla globalizzazione neoliberista e dall’euro, cortei e piccoli incidenti – amplificati dai media per criminalizzare proteste e dissenso – hanno testimoniato l’ostilità dei lavoratori, degli studenti e di gran parte della popolazione nei confronti del Nuovo Corso Capitalistico, simboleggiato dal libero mercato senza frontiere e dalla superiorità indiscussa della finanza. Uno sciopero europeo, a ben interpretare, nei fatti contro l’unione europide, i suoi satrapi e l’euro. Tuttavia, ancora non si tratta di sopraggiunta consapevolezza, del maturare di vere alternative sistemiche e dell'inizio di una lotta politica e sociale, degna di questo nome, contro la nuova classe dominante postborghese e i suoi interessi sovrani. Non c’è ancora una buona conoscenza del nemico, dei suoi punti di forza e di debolezza, dei suoi scopi reali, e non c’è traccia di una nuova coscienza di classe unificante nel fondo della piramide sociale. Cosa ancor più importante, non vi sono attualmente élite rivoluzionarie degne di questo nome, in grado di elaborare programmi politici, economici e sociali integralmente alternativi a quelli imposti dalle Aristocrazie finanziarie neodominanti, e capaci di dirigere la lotta verso obiettivi “sensibili”, possibili e paganti.

Se concentriamo l’attenzione sull’Italia, rileviamo che finalmente, dopo mesi di atteggiamento passivo della popolazione e di un rassegnato subire controriforme ed eventi socioeconomici distruttivi, qualcosa infine sembra muoversi, qualche reazione, in seno alla società, si avverte, benché si sia ancora lontani da una nuova e diffusa consapevolezza. Non sarà un grande sciopero generale a far collassare il sistema, ma, come ha scritto l’ottimo Marco Cedolin: «Anche gli italiani, sulle orme dei greci, degli spagnoli e di molti altri, hanno insomma lanciato qualche segnale che lascerebbe intendere come la corda ormai troppo tesa potrebbe essere vicina al punto di spezzarsi, provocando un certo mal di pancia tanto ai banchieri quanto ai loro servi sciocchi della carta (straccia) stampata e dei telebugia che ne cantano le gesta.» [Qualche sussulto di dignità, pubblicato il 14 novembre nel blog Il Corrosivo] Se astraiamo dalla presenza in piazza delle rappresentanze sindacali gialle, che più o meno nascostamente appoggiano Monti vendendo la pelle dei lavoratori, o dei residui della cosiddetta sinistra radicale parificabili ai sindacati gialli, quanto al rapporto di sudditanza nei confronti del potere effettivo, notiamo che la giornata italiana di sciopero generale europeo è stata caratterizzata da: (a) una reazione popolare (di studenti, lavoratori, centri sociali, disoccupati, sotto-occupati, marginali, eccetera) un po’ più vigorosa ed estesa rispetto al recente passato; (b) lo scatenamento di una brutale violenza poliziesca “preventiva” contro giovani inermi (fra i quali ragazzini minorenni delle scuole), che nella maggioranza dei casi manifestavano “democraticamente” e “pacificamente”. Per quanto riguarda il primo punto, (a), coloro che sulle piazze hanno reagito in un modo semiviolento sono alcune migliaia, da Torino a Roma, da Padova a Trieste, un po’ più numerosi oggi di quanto lo fossero il 15 dicembre 2011, durante la grande manifestazione romana degli indignados nostrani (e della fiom accodatasi) che si risolse in dieci ore di scontri fra gli sbirri e qualche centinaio di “Black Bloc” (pochi facinorosi, come direbbero i pennivendoli di regime). Quindi, la protesta semiviolenta ha guadagnato un po’ di terreno, e oggi, data la situazione drammatica che investe scuola, lavoro, stato sociale, sono un po’ più numerosi che in passato i giovani disposti a difendersi uscendo dai recinti del “pacifismo strumentale” e dell’inganno (liberal)democratico.

Non a caso, il miglior servo politico italiano dei Mercati & Investiori che è il pd, per bocca di Rosi Bindi esprime “preoccupazione” davanti al diffondersi della sofferenza sociale. Posto che a questi vili collaborazionisti delle Aristocrazie finanziare non importa nulla delle sofferenze inflitte alla popolazione italiana dal Monti che loro stessi hanno “fortemente voluto”, questa è una prova che i suddetti iniziano a temere (pur vagamente) per la tenuta sistemica futura e per loro stessi. Teniamo conto che due ministri del direttorio Monti-Napolitano, il giorno prima dello sciopero europeo, sono stati costretti a fuggire in elicottero davanti all’accoglienza non proprio amichevole riservatagli dalla popolazione sarda (Passera e Barca assediati nel Sulcis). Per quanto riguarda il punto (b), cioè l’atteggiamento degli sbirri (che è ancor più importante per ciò che ci rivela), il fatto che questi abbiamo ricevuto l’ordine di reprimere brutalmente il dissenso, in qualsiasi forma manifestato, indica una situazione di allarme per ciò che potrà accadere nei prossimi mesi. Una situazione pericolosa, gravida di incognite, in cui le Aristocrazie finanziarie dominanti e i subdominanti politici locali che a loro riportano, in Italia e in Europa, non sono più disposti a tollerare alcun intoppo nella loro travolgente avanzata, alcuna manifestazione di dissenso da parte delle masse sottomesse, pur espressa in modo “politicamente corretto”, secondo le regole (liberal) democratiche da loro stessi imposte, e quindi totalmente inefficace. Meglio reprimere subito ogni forma di dissenso, per dare l’esempio e prevenire manifestazioni sempre più ampie, sempre meno “democratiche” e “pacifiche”, e quindi sempre più efficaci. Questo perché i piani stabiliti per l’Italia (e così anche per Spagna e Portogallo) non sono stati ancora portati a compimento, e deve continuare l’applicazione al paese delle (peggiori) politiche neoliberiste, in un contesto di completa passivizzazione della popolazione. Piegare le resistenze e gli accenni di reazione diventerà sempre di più, in Europa, la parola d’ordine sistemica che muoverà le sedicenti forze dell’ordine, indipendentemente dal “rispetto delle regole democratiche” e degli stessi “diritti umani”. Ci potremo aspettare, nei prossimi mesi, bastonature selvagge di ragazzini e lavoratori inermi, ed anche un certo numero di manifestanti assassinati, perché la posta in gioco, per il consolidamento del potere delle Aristocrazie finanziarie, in Italia e nel resto dell’unione europide, è troppo alta ed è cruciale per orientare dall’alto la trasformazione socioeconomica nel vecchio continente. In tali contesti, così delineati, è bene fare una volta di più chiarezza sugli strumenti di dominazione di massa utilizzati dai servitori delle Aristocrazie finanziarie, non focalizzando l’attenzione – come fanno certuni, pur in buona fede – esclusivamente sugli aspetti economici.

In situazioni come l’attuale, la diffusione del pacifismo da me definito strumentale (cioè strumento di dominazione e controllo a vantaggio dell’ordine costituito) e la persistenza del mito della democrazia liberale a livello di massa acquistano un’importanza superiore a quella dell’economia, concepita come un’autentica arma a disposizione della classe dominante postborghese. Pacifismo e democrazia inibiscono la vera lotta antisistemica e rendono inefficaci le manifestazioni di piazza. La cosa è di una tale evidenza – se pensiamo alle migliaia di manifestazioni e scioperi di questi ultimi anni che non hanno sortito alcun risultato positivo – che non si dovrebbe neppure spiegare, ma una popolazione che conosce soltanto il calcio e il gioco d’azzardo, diffusi capillarmente per scopi di controllo, non se ne avvede e non riesce a capirlo. E poi c’è il solito coro collaborazionista dell’occupatore del paese – del quale fanno parte a pieno titolo la cgil, gli esponenti politici “democratici”, la sinistra europeista e liberal, i giornalisti prezzolati – che condanna sen
za appello le violenze, sempre imputate alle vittime, ossia ai manifestanti, escludendo o minimizzando i “concorsi di colpa” degli sbirri al soldo del sistema. Si arriva fino a tacciare di “squadrismo” chi reagisce, e si tira in ballo ipocritamente il pericolo fascista, o quello comunista, anche se in molti casi la protesta si è concretata in lanci di uova e vernice, e non sparando RPG o somministrando manganellate. Strozzare nella culla un vero e nascente dissenso, che si libera delle catene democratiche, liberali e pacifiste a senso unico, è il vero fine di questi importantissimi strumenti di dominazione. Se poi si prevede, per il prossimo futuro, una situazione di grave instabilità sociale – con il diffondersi di proteste che potranno sfuggire al controllo dei servi cigiellini, della “sinistra radicale” e di certi movimentini – si possono mettere in campo velocemente i tradizionali apparati repressivi, per “dare l’esempio”, per intimorire e per scoraggiare a manifestare in qualsiasi modo il proprio dissenso, la propria opposizione. E’ proprio in queste situazioni che si svelano gli inganni neocapitalistici – pace, democrazia, volontà popolare, coesione sociale, partecipazione, diritti – e appare con maggior chiarezza lo spettro della Guerra Sociale in atto. Se prima le manifestazioni sindacali e politiche, organizzate dai servitori e dagli “utili idioti” (cgil, sinistra liberista postsovietica, comunisti individualistici e liberal, indignados), erano le benvenute, perché “sterilizzavano” la protesta o la soffocavano senza permetter che pregiudichi la solidità dei sistemi di potere in essere, in questa delicata situazione – foriera, almeno in teoria, di rivolte sociali estese – il dissenso deve essere comunque represso senza eccezioni, non deve apparire, non deve poter manifestarsi ed essere riflesso dai media, neppure nelle forme edulcorate imposte dal politicamente corretto, dal pacifismo diffuso, dalla “fede” cieca e acritica nella democrazia di matrice liberale. Nel frattempo, si può continuare ad usare l’arma economica contro i popoli, senza eccessivi timori per l’integrità del sistema. Ecco la vera novità, che traspare sempre più evidente negli ultimi episodi di “guerriglia urbana” e di scontri di piazza: è il sistema che parte all’attacco, valendosi delle polizie mercenarie aizzate contro il popolo, e coloro che protestano sempre più spesso sono costretti a reagire in modo violento, per difendersi. Si teme che il pacifismo strumentale e la “fede” diffusa nella democrazia liberale, strumenti manipolatori che finora hanno funzionato egregiamente, non saranno più sufficienti per contenere e neutralizzare le rivendicazioni, sempre più pressanti, di masse che progressivamente saranno ridotte alla fame dall’uso dell’arma economica. Come ebbi modo di scrivere qualche anno fa, quando la manipolazione e gli inganni sembrano non funzionare più, lo schermo si incrina e dietro ricompare la dura realtà, fino a quel momento esorcizzata, nascosta, negata. E’ allora che si ricorre ai vecchi sistemi, cioè all’uso degli apparati repressivi tradizionali, messi in campo come li mettevano in campo le vecchie potenze imperialiste, di leniniana memoria, contro gli operai e i proletari in sciopero.

Come se niente fosse, dopo la giornata del 14, inganni e irrisioni continuano. Così, il pessimo Giorgio Napolitano, applaudito dagli “stati generali della cultura”, evoca il pericolo di fallimento dello stato per debiti – nel caso di abbandono delle politiche neoliberiste e dell’euro – e avverte, vagamente minaccioso, che «ci sono 80 miliardi di interessi da pagare in un anno» ai suoi voraci padroni, mentre il suo compare Monti dichiara senza pudore, mentendo sapendo di mentire, che l’attività del suo governo è un’attività rivolta ai giovani, in Italia disoccupati nella misura di almeno uno su tre. Segno che il sistema e i suoi attori si sentono ancora abbastanza sicuri, nonostante i primi accenni di rivolta sociale e la possibilità che pacifismo strumentale e “fede” nella democrazia liberale non funzionino più a dovere, in futuro, a supporto dell’arma economica globalista.

Eugenio Orso
Fonte: http://pauperclass.myblog.it/
Link: http://pauperclass.myblog.it/archive/2012/11/15/pacifismo-strumentale-democrazia-liberale-e-economia-di-euge.html
15.11.2012


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