Paolo Villaggio ric...
 
Notifiche
Cancella tutti

Paolo Villaggio ricorda l’amico De Andrè


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 33516
Topic starter  

Ai tempi in cui Paolo Villaggio ha scritto i versi di "Carlo Martello", il suo amico Fabrizio De André era solo un promettente nuovo poeta della musica. Ma quell´amicizia è stata devastante, tellurica, gioiosa, e restituisce un´immagine molto diversa da quella dell´austero e colto cantautore a cui siamo abituati.
paolo villaggio

Senta Villaggio, ma De André era davvero così travolgente?
«Ma sì, vi assicuro che succedevano cose divertentissime. La notte in cui scrivemmo "Carlo Martello" era successo di tutto. Lui mi chiese di mettere i versi sulla sua musica solo perché mi piaceva molto la storia medievale. Ma quella che venne fuori era una canzone troppo atipica per gli standard dell´epoca, era rivolta a un target diverso da quello delle canzonette che giravano, così pensammo di portarla a Milano a Nanni Ricordi, l´unico discografico illuminato che conoscevamo. Prendemmo una macchina prestata da Mauro, il fratello di Fabrizio, era una spider rossa e lui disse: mi raccomando, se ci fate solo un graffio, e noi: ma ti pare, che dici, te la riportiamo perfetta.

Fabrizio all´epoca dormiva dalle sette di mattina alle nove di sera e non lo svegliavi neppure a bastonate. Io ci provai con dodici pentole buttate in terra da un armadio, e un altro, non faccio il nome, con una doppietta ha sparato due fucilate dalla finestra. Alla fine si svegliò, però non guidava, aveva paura di tutto, infatti non aveva superato l´esame per la patente, insomma guidai io e arrivammo a notte fonda, la Ricordi ovviamente era chiusa.

Andammo in un albergo, si chiamava Grand Hotel Siviglia, una topaia dove andavano le prostitute. All´alba siamo ripartiti, abbiamo sfasciato la macchina slittando su una macchia d´olio, siamo tornati in autostop. Quando ci vide Mauro chiese con un tono da battaglia: la macchina? Sei stato fortunato, rispondemmo, non ci siamo fatti niente. Ci ha sputato in faccia».
Fabrizio De Andre

Perché arrivasse il successo ci volle del tempo. Come andò?
«Mah, Nanni Ricordi l´avevamo lisciato, però arrivarono i fratelli Reverberi, che furono fondamentali, ma la verità è che non ebbe nessun vero riconoscimento fino a che Mina non incise "La canzone di Marinella". Poi c´era il limite del fatto che non si esibiva in pubblico. In privato era diverso.

Tutti i sabati a Genova facevamo uno spettacolino, lui era più timido ma si capiva che era un predestinato, era solo troppo impacciato. Anni dopo finalmente accettò di esibirsi alla Bussola di Sergio Bernardini. Io e Marco Ferreri ci abbiamo messo due ore per convincerlo a entrare, non voleva, e poi appena è comparso, abbiamo fatto partire l´applauso e il pubblico è stato contagiato.

Devo dire che poi col tempo l´impaccio un po´ lo simulava, era di una vanità mostruosa, se c´era uno specchio veniva attirato, si specchiava, si metteva a posto i capelli. Aveva sempre paura di non farcela, si era inventato l´eremo, ma lui in realtà voleva diventare come Bruce Springsteen».

Di sicuro nel mondo della canzone italiana è diventato qualcosa di simile...
«Questo è il punto. Il fatto è che gli è successa una disgrazia, la morte, e in Italia su questo c´è una morale un po' strana, bigotta, per la quale la morte è una specie di beatificazione. Faber è stato deificato, si è costruito un personaggio finto, lui era molto più divertente, vario, non poteva essere schematico come un anarchico cattivo e incazzato.

Era allegro, divertente, paradossale, disposto a cose molto normali, invece l´hanno confinato in quella zona, sono soprattutto i nuovi amici di allora, che allora non c´erano, che se lo ricordano così, non tanto allegro, ombroso, invece aveva una voglia di comunicare assoluta, e col tempo ce l´ha fatta. Purtroppo la deificazione è arrivata dopo la morte e lui non se l´è potuta godere».

Gino Castaldo
Fonte: www.repubblica.it
2.02.2009


Citazione
Condividi: