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Pd: assente ingiustificato (come al solito)


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Vietato sorprendersi, della decisione del Pd di non partecipare alla manifestazione della Fiom che si è svolta sabato a Roma. Ma è proprio questa prevedibilità a essere un’aggravante. Così come lo sono le frasi pronunciate dal neo segretario, a tempo determinato, Guglielmo Epifani. Secondo il quale, «il problema è che quando hai responsabilità di governo il punto non è tanto stare nelle piazze, quanto risolvere i problemi che le piazze ti pongono, perché l' estetica delle piazze, cioè stare lì e non risolvere mai i problemi, non funziona. La gente ti chiede soluzioni».

Ah, ecco: le due istanze sono antitetiche. In piazza ci si va solo se non si è insediati a Palazzo Chigi, sia pure in una coabitazione inquietante come quella odierna, altrimenti non ce n’è bisogno. La vecchia idea, o il vecchio slogan, del “partito di lotta e di governo” è roba superata, che nelle società contemporanee non ha più senso. È solo un altro pezzetto dell’eredità del Pci, e in particolare del suo ultimo leader-icona Enrico Berlinguer, che va riposto in soffitta. O in cantina. Oppure buttato via (per la raccolta differenziata, ci mancherebbe).

Il Pd è diverso. Fatto di un’altra pasta. Dotato di ben’altra apertura. Il Pd ambisce a essere il rappresentante di tutti, dal più ricco al più povero. Il Pd si propone come il Mediatore Universale. Il suo motto, implicito, è «Portiamo pazienza». Solo che il plurale è più che mai un plurale maiestatis: a portare pazienza devono essere i cittadini, specie se a basso reddito. O addirittura a nessun reddito, visto che per moltissimi il lavoro è un miraggio.

Il Pd è ubiquo. Quasi onnipresente. Purtroppo, però, non è mai dove si decide davvero, se non per garantire a priori che quelle decisioni le avallerà. La preoccupazione principale è mostrarsi pensosi, ragionevoli, moderati. Ineccepibili nell’immediato, anche se disastrosi nel prosieguo del tempo. Attenzione tattica: mille. Visione strategica: zero.

La parola d’ordine è “responsabilità”. Il suo surrogato, Prodi docet, è la “serietà”. Un repertorio di luoghi comuni, scioccherelli anzichenò ma non per questo innocenti, che si traduce in automatismi verbali, da ripetere all’infinito e senza esitare. Due su due, nel caso di queste ultime dichiarazioni di Epifani: non andare in piazza con la Fiom «è segno della responsabilità della funzione che ho assunto», e comunque «Pretendo serietà e diamo serietà».

Va così, col Pd. Le intenzioni sono sempre ottime. I risultati per niente. Ma significa solo che qualcosa, chissà cosa, è andato di traverso. Non per questo, tuttavia, bisogna scoraggiarsi. No, compagni. No, Amici. Continueremo a lavorare. A impegnarci. A darci da fare. La fretta, com’è noto, è una cattiva consigliera. E del resto, come ha detto qualcuno (meglio non specificare chi, trattandosi di quel veterocomunista di Togliatti) «Veniamo da molto lontano, andiamo molto lontano».

Non chiedeteci dove, però. Per una lunga serie di ragioni – tutte assai serie, tutte estremamente responsabili – non ve lo possiamo spiegare.

Federico Zamboni
Fonte: www.ilribelle.com
20.05.2013


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