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http://www.mattinonline.ch/michela-delco-petralli-silenzio-di-sinistra/

Michela Delcò Petralli: “Il silenzio di sinistra e sindacati”

Opinioni - 23 aprile 2013

TICINO – Il 9 aprile di quest’anno i Verdi del Ticino hanno lanciato una iniziativa cantonale sul salario minimo (www.verditicino.ch).

Un’analoga proposta, formulata dalla sinistra e dai sindacati, è già stata accettata in votazione popolare nei cantoni Giura e Neuchâtel. Le commissioni parlamentari di quei cantoni stanno ora lavorando alla legge di applicazione.

Il salario minimo è una grande conquista sociale che fa da contraltare ad un’economia liberista, quella stessa economia che ci ha portato sull’orlo del precipizio. Pensavo che anche da noi la proposta avrebbe trovato l’adesione di tutta la sinistra e dei sindacati, invece mi sbagliavo.

Se nel Giura e a Neuchâtel l’iniziativa è difesa a spada tratta da tutta la sinistra e dai sindacati, da noi si fa finta che non esista. E’ un silenzio qualificato che preoccupa e non si comprende. Qual è la paura? Alcuni temono che l’iniziativa cantonale metta il bastone tra le ruote all’iniziativa federale per un salario minimo di CHF 4000.– mensili, altri ritengono che l’iniziativa cantonale non potrà che favorire salari minimi da “fame”.

Alle argomentazioni dei primi rispondo che l’iniziativa cantonale non si pone in contrasto con quella federale. Se popolo e cantoni svizzeri dovessero approvarla, il salario minimo di CHF 4000.—sarà applicato a tutti e l’iniziativa cantonale verrà abbandonata. Per contro, se l’iniziativa federale dovesse soccombere (ciò che temo) al giudizio di popolo e cantoni, l’iniziativa cantonale potrà tamponare la falla.

Alle motivazioni dei secondi detrattori della nostra proposta vorrei opporre le argomentazioni della sinistra e dei sindacati della svizzera francese. Lì si combatte insieme e tutti sono concordi nell’affermare che, anche tenuto conto dei margini di manovra stabiliti dal Tribunale federale, il salario cantonale non potrà situarsi al di sotto di una soglia dignitosa, che poco si scosta da quanto preteso dall’iniziativa federale. Tutto sta nella legge di applicazione, a cui si dovrà lavorare uniti e propositivi.

Ma al di là di queste considerazioni, anche relative ad aspetti giuridici di cui avremo modo e tempo d parlare, mi chiedo come si possa tacere e far finta di nulla quando in Ticino il mondo del lavoro è diventato una giungla in cui si pagano salari veramente da fame.

Come possono sinistra e i sindacati osteggiare la nostra iniziativa già soltanto a fronte delle cifre preoccupanti sui working poor. In Ticino i lavoratori poveri sono più numerosi rispetto al resto della Svizzera. Nel 2003 si stimavano in 12 mila 500 per un tasso, sul totale delle persone occupate, pari al 10,3 %. A livello nazionale, nello stesso periodo, i “working poor” erano 231 mila per un tasso del 7,4%. Oggi quanti sono i cittadini che pur lavorando al 100% non riescono a provvedere ai propri fabbisogni e devono ricorrere agli aiuti sociali?

A leggere le cifre della Commissione tripartita relative al dumping salariale si potrebbe concludere che in certi settori economici il tasso dei lavoratori poveri si situa tra il 12% e il 50% con un salario nettamente al di sotto dei CHF 3000 mensili.

A fronte di questi dati allarmanti e all’aumento costante delle persone in assistenza, il silenzio di sinistra e sindacati si trasforma in un grido di protesta che non posso trattenere. Mi chiedo, è giusto che in Ticino ci siano persone che, pur lavorando, debbano ricorrere agli aiuti sociali, pagati da tutti noi? O sarebbe più dignitoso e giusto pretendere da chi li impiega un salario minimo che copra almeno il loro fabbisogno? Volere tanto si può, ma ottenerlo è un’altra storia.

Il Ticino ha bisogno di un’economia che sia giusta per tutti, lavoratori e datori di lavoro. Una visione dell’economia che ci dovrebbe unire e non dividere!

Michela Delcò Petralli,
deputata dei Verdi in Gran Consiglio (TI)


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