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Prezzo benzina tra fine del petrolio facile ed euro debole


marcopa
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L' articolo del Corriere della Sera che segue questo mio commento e' l' esempio di come la stampa italiana non spiega i reali processi economici ma aumenta il disorientamento dei cittadini.
Il prezzo della benzina e' legato realmente al prezzo del petrolio e segue le sue oscillazioni, probabilmente molto rapidamente per gli aumenti, con piu' lentezza per i cali. Ma le associazioni dei consumatori e i giornalisti dei grandi media si preparino, il prezzo dei carburanti tendera' sempre a crescere e in Europa questa crescita sara' resa piu' o meno pesante dalla quotazione dell' euro rispetto al dollaro. Quando il prezzo del petrolio tocco' il suo massimo (148 $/b nel luglio 2008) l' euro valeva 1,60 $, toccando a sua volta il suo valore massimo. Questo nel 2008 ha attenuato in Europa gli effetti dell' impennata dei prezzi petroliferi. Oggi l' euro vale circa 1,30 $ e il suo futuro prossimo e' molto incerto visti i continui allarmi sui conti pubblici di molti paesi europei. I prezzi petroliferi tenderanno inesorabilmente a salire, l' IEA stima una tendenza all' aumento lenta ma afferma anche che la produzione di petrolio convenzionale non superera' piu' il picco del 2006 (70 mb/g su 85% mb/g complessivi) , gli aumenti di produzione arriveranno da " frazioni liquide di gas naturale (NGL) e di petrolio non convenzionale". Il titolo del paragrafo successivo della sintesi italiana del rapporto IEA 2010 e' "IL PETROLIO NON CONVENZIONALE E' ABBONDANTE MA PIU' COSTOSO" e si legge che "Le fonti non convenzionali di petrolio sono tra le piu' costose: richiedono elevati investimenti iniziali con tempi di ritorno generalmente molto lunghi. Di conseguenza, svolgono un ruolo chiave nella futura formazione dei prezzi del petrolio." Intanto i consumi mondiali petroliferi sono tornati ai loro massimi e la crisi rende piu' pesanti per le imprese le spese di manutenzione degli impianti cosi' gli incidenti sono piu' frequenti, ultimo quello in Alaska. La presentazione dei primi modelli di auto elettrica e' stata spiegata come scelta per salvaguardare ambiente e clima ma cambiare fonte energetica e' reso indispensabile dal processo ineluttabile del picco petrolifero che mettera' in crisi prima di tutto il settore trasporti.
Riporto di seguito l' articolo dal sito del Corriere della Sera.
marcopa

Benzina Prezzi in rialzo del 36% per il barile, ma la domanda di carburanti è ferma
La speculazione sul petrolio? Una tassa di 13 centesimi al litro
Nel 2010 per il pieno un prelievo «occulto» di 6 miliardi

MILANO - Una «tassa occulta» su benzina e gasolio che vale 13 centesimi al litro. Un prelievo che si traduce in 6 miliardi di euro complessivi nel solo 2010. Per colpa e a favore di chi? Degli speculatori internazionali che aprono posizioni finanziarie sul barile di petrolio; dei paesi asiatici (e della Cina) che sono le uniche aree mondiali dove la domanda di greggio sale; ma anche del Fisco italiano che da sempre fa lauti guadagni ogni volta i prezzi salgono, e che viceversa diventa sordo quando si parla di sterilizzare l'Iva sui carburanti. È a queste conclusioni che si arriva elaborando gli andamenti della domanda di greggio e dei prodotti petroliferi, risultati che accomunano Italia e paesi Ocse, perché le proteste sull'impennata dei prezzi della benzina non sono una caratteristica esclusivamente nazionale. Mentre da noi si supera l'euro e mezzo al litro e si profetizza il raggiungimento di quota 1,8 in primavera, negli Usa gli automobilisti assistono con preoccupazione al ritorno della soglia dei 4 dollari per gallone, e temono di toccare nei prossimi mesi i cinque dollari. Cose mai viste finora.

Ma da dove derivano queste valutazioni, che si sommano alle distorsioni tutte italiane come lo «stacco» strutturale di 4 centesimi al litro rispetto all'Europa, l'inefficienza della rete distributiva, le strategie oligopolistiche delle grandi compagnie e le manovre sui listini da parte di qualche gestore? Dalla considerazione che tra 2009 e 2010 i consumi di petrolio e di prodotti petroliferi non si sono discostati così tanto da giustificare movimenti bruschi dei prezzi, in particolare di quelli per autotrazione. I dati dell'Agenzia internazionale dell'energia (Iea) sono chiari: la domanda mondiale di greggio è salita da 85 milioni di barili al giorno nel 2009 agli 87 di oggi, e la metà di questo incremento si deve all'area asiatica e ai consumi cinesi. Nell'ultimo anno, insomma, non ci sono state alterazioni dei «fondamentali», cioè del gioco domanda-offerta.

Malgrado tutto, però, il prezzo del barile ha continuato a crescere. Effetto del dollaro che si è deprezzato? Mica tanto, o non solo: calcolato nella valuta europea il valore medio del barile di brent è passato dai 44 euro del 2009 ai 60 del 2010, con un incremento del 36%. Ballano, insomma 16 euro al barile all'interno dei quali, come dice qualcuno, si annida «la vipera speculativa». Cioè la «tassa occulta» che gli automobilisti riconoscono agli hedge funds o alle banche d'affari che scommettono all'Ipe di Londra o al Nymex di Wall Street. Se si pensa che in Italia il 60% del contenuto di un barile di petrolio finisce in benzina e gasolio per autotrazione si può calcolare il fardello in 6 centesimi al litro. Pari a 2,9 miliardi di euro sui più di 45 miliardi di litri di benzina e gasolio consumati lo scorso anno.

Ma non finisce qui, perché l'effetto «tassa occulta» diventa ancora più elevato se si prende in considerazione il prezzo finale di benzina e gasolio, quello pagato da chi fa il pieno. Prima nota curiosa: nel 2010 la domanda di benzina (14,1 miliardi di litri) e di gasolio (31,1 miliardi) in Italia non è cresciuta. Anzi la prima è addirittura diminuita, a conferma che in questo settore non è la domanda a determinare i prezzi. Che sono invece saliti, in media, del 10 e del 15% a 1,36 euro al litro e a 1,21 euro al litro. Un incremento di 13 centesimi al litro sia per la benzina che per il gasolio. Ovvero 6 miliardi di euro usciti dai portafogli degli italiani e finiti ad ingrassare Wall Street, ad anticipare la crescita dell'economia di Pechino e a tranquillizzare i funzionari dell'Agenzia delle Entrate e, dal primo gennaio, anche quei Governatori di Regione che hanno introdotto le addizionali locali. Mai dimenticare, infatti, che 6 euro su dieci del nostro pieno finiscono dritti nelle casse dello Stato.

Stefano Agnoli
16 gennaio 2011
Fonte www.corriere.it


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marcopa
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Dal sito del sole24ore per ricordare che...

Sui titoli di stato periferici di Eurolandia non cessa l'allarme.
L'annuncio del dowgrading di Fitch, che a sorpresa ha tagliato venerdì il rating dei bond ellenici al livello di "spazzatura" portandolo da BBB- a BB+ con prospettive negative, è arrivato nel momento peggiore perché martedì Atene proverà a collocare un prestito obbligazionario a tre mesi da 500 milioni di euro.

Anche per questo le reazioni greche sono state durissime. Il ministero delle Finanze di Atene, George Papaconstantinou, ha contestato la decisione di Fitch (che peraltro si allinea a Moody's e S&P's) in quanto «non può essere giustificata sulla base dei dati oggettivi».
Anche la Spagna non è tranquilla sebbene l'asta dei bond (come quella portoghese di mercoledì) sia andata bene: ci vorrà un «secondo round» di ristrutturazione per le casse di risparmio spagnole, ha detto il primo ministro spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero in una intervista al Financial Times.
Secondo il quotidiano britannico, la Spagna sta per impegnarsi in una consistente e rapida ricapitalizzazione delle casse di risparmio locali, che potrebbe però far lievitare il debito pubblico con un rialzo compreso fra il 3 e l'8% in rapporto al Pil.
«Dobbiamo completare il processo di ristrutturazione del sistema finanziario - ha detto Zapatero - cosicché non ci sarà più ombra di dubbio sull'affidabilità creditizia della Spagna». Senza dimenticare, come ha detto al Sole 24 ore Kenneth Rogoff, professore ad Harvard, che il problema delle cajas si somma al debito delle municipalità spagnole.
Basteranno ai mercati queste rassicurazioni o gli analisti cominceranno a guardare non più ai problemi delle cajas ma a quello del debito spagnolo in rialzo come è accaduto in Irlanda quando il Governo di Dublino ha salvato le banche ma ha mandato fuori controllo i conti pubblici? Soprattuto dopo che l'esponente della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, ha detto all'Irish Times che in Europa è necessario un nuovo ciclo di stress test per le banche dopo che il caso dell'Irlanda ha alimentato dubbi sull'affidabilità dell'esame effettuato sulle banche europee.

Alla vigilia dell'Eurogruppo di domani e dell'Ecofin di martedì tra Francia e Germania non c'è piena sintonia: Parigi vorrebbe aumentare la dotazione del fondo salva-stati (come pure la Bce), mentre Berlino frena. Unica concessione del cancelliere tedesco, Angela Merkel, che non vuole spingersi ad un ampliamento dell'Efsf, è la disponibilità a rendere immediatamente disponibile l'intero fondo dal momento che, per un complesso sistema di garanzie, oggi sono utilizzabili solo 250 miliardi su 440 miliardi. Un po' poco visto che i mercati hanno preventivato anche la possibilità che Berlino dia via libera all'aquisto da parte del Fondo di titoli di stato dei paesi in crisi.


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