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Prossima tappa Damasco


Tao
 Tao
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Muammar Gheddafi è il primo dittatore ucciso dalle rivolte arabe in un evento spartiacque destinato ad avere profonde ripercussioni nel mondo musulmano, ed anche oltre. A svelarlo, con feroce rapidità, è Ahmed, il cittadino siriano che poco dopo l’annuncio della morte del rais invia alla tv Al Jazeera il messaggio «Congratulazioni al popolo libico, spero che lo stesso possa avvenire anche qui». «Il pensiero di tutti è rivolto verso Damasco» osserva Fuad Ajami, arabista della Stanford University, in ragione delle «somiglianze con la situazione libica». Bashar Assad guida una repressione più sanguinosa di quella di Gheddafi - le vittime per l’Onu sono oltre tremila - e a sentire Robert Ford, combattivo ambasciatore Usa a Damasco, «la gente nelle strade inizia a chiedersi perché non passare alla rivolta armata». Il fatto che ieri a Homs almeno sette militari siano stati uccisi a colpi di arma da fuoco lascia intendere quanto l’ombra di Gheddafi incomba su Assad. Damasco ha dimostrato di saper resistere a massicce rivolte non violente come quelle che hanno travolto Ben Ali in Tunisia e Hosni Mubarak in Egitto ma il successo di una sollevazione popolare armata cambia lo scenario.

A temere l’impatto della caduta di Gheddafi sono anche i due grandi rivali del Golfo, l’Iran di Mahmud Ahmadinejad e l’Arabia Saudita di re Abdallah, accomunati dall’essere avversari feroci dei moti di piazza mentre sul fronte opposto ci sono le nuove potenze emergenti, accomunate dal sostegno alle sollevazioni.

Anzitutto la Turchia di Recep Tayyp Erdogan che vuole costruire il nuovo Parlamento libico, ha accolto il generale Riad Assad intenzionato a creare un «Esercito di liberazione siriano» ed è volato al Cairo per promettere al dopo-Mubarak i sostegni economici che l’Europa esita a far arrivare. Se la credibilità di Erdogan viene dal guidare una nazione disposta ad elargire aiuti, con un potente esercito e l’eredità dell’ultimo impero musulmano, quella del più piccolo Qatar nasce dall’abilità dell’Emiro Hamad Bin Khalifa Al Thani di sfruttare la tv Al Jazeera, che ha sede a Doha, come vettore dei cambiamenti in atto, affiancandole mosse in sintonia con quanto sta avvenendo: dall’invio di aerei a fianco della Nato sulla Libia alla proposta di dialogo Assad-manifestanti. Senza contare che sempre in Qatar il Pentagono ha l’avveniristica centrale di comando e controllo per le operazioni in Medio Oriente, che fino al 2003 si trovava in Arabia Saudita.

Ci troviamo di fronte ad un Islam dove Turchia e Qatar emergono, Iran e Arabia Saudita sono sulla difensiva, e Assad è sotto assedio. Ma anche in Occidente l’impatto della morte di Gheddafi si fa sentire. In primo luogo per la capacità della Nato di «aver dimostrato di saper vincere una guerra aerea a sostegno di una rivoluzione armata» come dice l’ex generale americano Mark Kimmitt, veterano dell’Iraq, sottolineando che «qualcosa del genere non era mai avvenuto». Pur segnata da dissidi interni e carenza di munizioni aeree, l’Alleanza esce dall’intervento in Libia rafforzata nel ruolo di garante della stabilità nel Mediterraneo. Essere riuscita in tale missione nonostante la coincidenza con la guerra in Afghanistan significa aver dimostrato di poter combattere su due fronti, come molti avevano dubitato possibile. Ma il successo Nato preannuncia delicati equilibri fra alleati perché Parigi e Londra, che più hanno voluto e guidato l’intervento, puntano ad ottenere un ruolo maggiore nella gestione degli ingenti giacimenti energetici in Libia a dispetto di altri partner, Italia inclusa.

Per Barack Obama si tratta della seconda eliminazione di un nemico dell’America in poco più di cinque mesi. Se nel caso di Osama bin Laden il merito fu di un blitz militare, in Libia il risultato è frutto della scelta di sostenere una coalizione «guidando dal di dietro» in una declinazione della leadership americana nel mondo che finora si pensava destinata al fallimento. «I fatti hanno dato ragione a Obama» commenta Leslie Gelb, presidente del «Council on Foreign Relations» di New York e sebbene sia presto per valutarne il possibile impatto sulle elezioni del 2012 non sembrano esserci dubbi sul fatto che la Casa Bianca sta cogliendo sulla sicurezza nazionale i risultati che ancora le mancano sull’economia. Obama è riuscito a far cadere Mubarak e a rovesciare Gheddafi con tattiche opposte ma ispirate dallo stesso approccio pro-rivolte, dando mostra di pragmatismo e capacità di rischiare che incombono ora sugli altri dittatori. Ma per Obama come per la Nato si tratta di risultati che potrebbero rivelarsi precari se la transizione in Libia dovesse fallire. Ecco perché la convergenza fra i partner della coalizione anti-Gheddafi è nel premere sul governo ad interim di Tripoli per risolvere le questioni più urgenti: unificare le milizie, trovare i 20 mila missili terra-aria mancanti, estendere la nuova amministrazione su tutto il territorio ed iniziare il cammino verso nuove elezioni.

Maurizio Molinari
Fonte: www.lastampa.it
21.10.2011


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reza
 reza
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A mio avviso, non bisogna prendere in considerazione nemmeno una parola di questo professore di Stanford university (vale anche per Molinari) perché alla Nato piace vincere facile e con la Siria non si potrà vincere facile come in Libia.
Per capire bene questa equazione sulla Siria dovete considerare l'Afghanistan e l'Iraq messi insieme alla potenza di dieci, mentre per avere un minimo di base per sostenere tale tesi basta esaminare gli attacchi contro Hamas e contro Hozbollah da parte di uno degli eserciti(Israele) che non ha alcun problema ad uccidere i civili ma che non ha potuto andare oltre a questo fallendo gli obiettivi che erano distruggere Hamas e distruggere Hezbollah !
In generale, dove entra nei calcoli l'Iran, la Nato è perdente..............almeno fino a quando non tireranno fuori le testate atomiche !!!


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reza
 reza
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In questo articolo, Molinari sostiene che "ci troviamo di fronte ad un Islam dove Turchia e Qatar emergono, Iran e Arabia Saudita sono sulla difensiva, e Assad è sotto assedio" ma le cose non stanno affatto in quest'ordine perché;
1- sotto assedio si trovano Israele e il regno saudita a cui fa d'anello di congiunzione l'America di Obama e della Clinton (i quali trascinano gli altri paesi Nato in questa avventura).
2 - La situazione in Israele è talmente instabile che Netanyahu ha dovuto cedere al rilascio di 1027 palestinesi per riavere Shalit da proporre alla piazza siareliana per calmarla, ma non otterrà più di tanto perché vivere in Israele è ormai insostenibile per ogni israeliano che ora sa che la sua esistenza futura dipende dalla volontà dell'Iran ma non dai governanti israeliani.
3 - Le pressioni politiche, le sanzioni, il terrorismo e i sabotaggi e l'instabilità creata dalle continue guerre provocate nella regione (praticamente in casa dell'Iran) sono state volute dall'America e da Israele in chiave anti iraniana , ma basta un calcolo anche superficiale per dimostrare che essi hanno fallito anche in questo; oggi la potenza assolutamente fuori discussione; quello che muove le fila delle primavere arabe nella regione del Golfo Persico E' L'IRAN e la Turchia in queste non ha alcun ruolo e nemmeno possibilità per averlo, poiché non ha la possibilità di superare la potenza iraniana; ecco perché i turchi sono orientati verso Siria/l'Egitto, ma anche da queste parti arrivano con anni di ritardo perché l'influneza maggiore su ogni figlia che si muove lo hanno Hamas/Hezbollah; cioé l'Iran.
4 - Francamente credo che Molinari sia un analfabeta della politica e delle relazioni internazionali, questo si vede dalle sue capacità di analisi e dall'entusiasmo di partecipare ai giochi in cui si vince facilmente come è avvenuto con la Libia; Molinari non è capacità di capire o mente per mentire non lo psso sapere, ma che non capisce si: Gheddafi (caro Molinari) è stato TRADITO DA GENTE IN CUI HA POSTO FIDUCIA E QUESTA GENTE SI CHIAMA AMERICA, ITALIA, FRANCIA E L'INGILTERRA, AI QUALI AVEVA CONSEGNATO LE CHIAVI DELLA SUA CASA. ERA OVVIO CHE CADESSE CON SOLO UN SPINTONE E I 6 MESI DI OPERAZIONI NATO NON ERANO PERCHE' ERA TOSTO DA BATTERE MA PER IMPOSTARE I PROGETTI DEL MANTENIMENTO DEL POTERE DELLA NATO IN LIBIA ; L'ALTRA SETTIMANA I COMANDANTI DELLA NATO HANNO AVVISATO OBAMA CHE LA COSA è STATA STABILIZZATA E QUINDI L'ALTRO IERI LA CLINTON E' ANDATA A TRIPOLI ED HA DETTO AI SUOI MERCENARI DI FARE FUORI GHEDDAFI PERCHE' E' ARRIVATO IL MOMENTO.
5 - LA PRESA DELLA LIBIA NON FA PARTE DELLE PRIMAVERE ARABE MA LE E' CONTRO; LA LIBIA SERVIVA ALLA NATO PER POTER CONTRASTARE IN FUTURO I RISVOLTI "NEGATIVI"(PER L'OCCIDENTE) SULL'EGITTO E SUL CANALE SUEZ E BASTA; ORA CI METTERANNO UN GOVERNO FANTOCCIO E CERCHERANNO DI FARLA DIVENTARE UN'ENORME BASE MILITARE PER LA NATO DA CUI ATTACCARE IL MONDO ISLAMICO......MA UNA COSA(CARO MOLINARI) NON E' ANCORA SICURA E QUESTA E' LA CERTEZZA CHE LA LIBIA NON DIVENTI UN'ALTRA AFGHANISTAN O IRAQ; CHE DICI CICCIO; TU O QUESTO PROFESSORE UNIVERSITARIO POTETE GARANTIRE QUESTA !?!


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