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Quando i keynesiani cominciano a fare i grilli parlanti


Anonymous
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Quando i keynesiani cominciano a fare i grilli parlanti

FONTE: Subecumene.wordpress.com

I toni da grillo parlante di Paul Krugman cominciano a farsi irritanti. Come il suo collega Stiglitz parte da un’esatta e acuta analisi dei problemi dell’economia americana per poi pretendere di estrapolare da lì le ricette miracolistiche per salvare l’euro: non avete problemi di debito, avete solo problemi di scarsa crescita. Mettete i soldi a sostegno dei consumi e tutto va a posto da sé.

Grazie. Intanto bisognerebbe capire dove trovarli quei soldi. L’Europa ha le casse vuote e deficit largamente fuori controllo. In America un aumento delle tasse — a forte progressività — per fare cassa incontrerà solo l’opposizione dei lobbysti che eleggono il Congresso, ma è economicamente fattibile visto che il governo preleva relativamente poco dalle tasche dei cittadini (e pochissimo da quelle dei miliardari). A quel punto il governo si potrebbe mettere a rifare l’infrastruttura da terzo mondo che ormai hanno in molti settori e aree del paese, creando così occupazione e sviluppo. Ma da noi, che abbiamo pressioni fiscali prossime alla metà del Pil, gli inasprimenti fiscali comportano solo più depressione, ossia proprio il male che Krugman pretende di curare.

Ci mettiamo a stampare moneta? Benone, ma intanto Krugman può venire qui a spiegare la faccenda ai tedeschi e a cercare di convincerli che la Bce così com’è non può funzionare. Noi non ci riusciamo, ma forse lui sventolando il Nobel avrà una migliore accoglienza.

E poi che faranno le agenzie di rating di fronte a un’espansione della moneta a casa nostra? A suo tempo dissero che la garanzia solidale che era necessaria per gli eurobond avrebbe portato a un declassamento di tutti i paesi dell’eurozona. Se le agenzie di rating decideranno di considerare l’espansione monetaria come una forma di monetizzazione del debito, con inevitabili conseguenze inflazionistiche, potrebbero fare la stessa cosa. Magari Krugman, per capire meglio la storia, potrebbe prendere la cittadinanza di un paese come l’Italia che si deve preoccupare ogni settimana se riuscirà a collocare i nuovi titoli, e pigia di continuo sui tasti della calcolatrice per capire quando arriverà il default da aumento dei tassi di interesse.

Ma penso che Krugman preferirà restare cittadino di una nazione che anche se è finanziariamente incasinata come noi continua a emettere tresury bonds che i mercati considerano beni rifugio. Una nazione i cui coraggiosi investitori istituzionali si sono già sbarazzati da tempo di tutti i titoli di stato dell’eurozona tranne quelli tedeschi, e cominciano a chiedersi perché tenersi anche questi, visto che hanno rendimenti molto bassi e sono denominati in una moneta che forse tra un po’ non ci sarà più.

In realtà in Europa esiste molta più propensione ad occuparsi dei problemi della crescita di quanto Krugman immagina, ma non esistono trattati che permettano di mettersi d’accordo su queste politiche scavalcando i veti che arrivano dai sondaggi d’opinione tedeschi. E’ un problema politico più che un problema economico.

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Fonte: Quando i keynesiani cominciano a fare i grilli parlanti

02.12.2011


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