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Regia Statunitense Dietro le Rivolte in Egitto ?


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Piazza Tahrir torna alla caotica tranquillità del traffico stradale egiziano, i media mondiali, dopo aver elogiato una rivoluzione ancora incompiuta, hanno già rivolto lo sguardo altrove. Al momento si registra la sola caduta del Rais Mubarak, del suo parlamento e della Costituzione egiziana ma, mentre l’esercito giunge al potere nessuna “riforma” o “rivoluzione” in senso liberale e democratico è stata ancora realizzata.

Il reale percorso del Rais non è ancora stato chiarito. Nessuno ad oggi può confermare se si sia realmente dimesso o se sia stato forzatamente allontanato dall’esercito. Il futuro assetto istituzionale del paese resta ancora da definirsi.

Nonostante queste incertezze iniziano ad emergere alcune caratteristiche peculiari di quella che appare essere come una nuova ondata di democratizzazione nel Medio Oriente.

I tratti caratterizzanti di questa rivolta ricordano molto da vicino altre rivoluzioni come la “Rivoluzione delle Rose” in Georgia ( 2003 ), “La rivoluzione Arancione” in Ucraina ( 2004 ) “La rivoluzione dei Tulipani” in Kirghizistan ( 2005 ), “La rivoluzione dei Cedri” in Libano ( 2005 ) , Nonché i tentativi rivoluzionari falliti nel 2005 in Azerbaijan, Bielorussia, Mongolia.

Il modus operandi è pressoché identico.

Presenza costante nelle piazze principali, anche tramite accampamenti improvvisati come in Ucraina, Libano e Egitto. Solidarietà interna fra tutte le componenti dei manifestanti. Anche se normalmente in aperta contrapposizione, come in Libano o in Egitto. Persino parola d’ordine in comune, molto spesso “Basta” o “E’ finito”. Movimenti basati su un colore o un elemento identificabile, il verde in Iran, l’ arancio in Ucraina, i tulipani in Kighizistan, i cedri in Libano e le rose in Georgia. L’estrema facilità di identificazione dei manifestanti, che spesso dimostrano un’ assoluta chiarezza e comunanza di intenti mai visti in precedenza nei rispettivi paesi.

Nell’effettuare un’ analisi di tutti questi fenomeni, alcuni analisti si sono spinti a parlare di “Marketing Politico” in quanto movimenti politici dotati di un colore, un simbolo, per l’appunto un logo, e hanno chiamato nell’insieme questi movimenti rivoluzionari come “Rivoluzioni Colorate”.

A questo punto voi mi chiederete, come è possibile assimilare e paragonare dei movimenti rivoluzionari sorti in Stati così differenti ed eterogenei.

Semplice, sembrerebbe esistere una regia comune. La teoria è stata sostenuta da diversi esperti ed anche ripresa da una nota rivista di geopolitica come Eurasia. Ma sia ben chiaro, è solo un’ ipotesi.

Si chiamerebbe NED. “ National Endowment for Democracy”. Formalmente un ‘organizzazione privata statunitense, attiva per promuovere lo sviluppo di regimi democratici in diversi Stati nel mondo. Agli effetti pratici un’organizzazione alle dipendenze del governo degli Stati Uniti.

Opera quasi ovunque nel mondo ma, in maniera particolare dove gli Stati Uniti hanno maggiori interessi da tutelare o dove vi siano particolari governi “ostili” come ad esempio: Iran, Siria, Libano, Tibet, Pakistan, Nord Corea, Cuba, Venezuela, nei Balcani,nonché in tutti i paesi dove sono sorte le famose “Rivoluzioni Colorate” e in tutti i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente dove oggi sorgono movimenti rivoluzionari.

Non mi stupisce che non operi in Arabia Saudita. La dittatura della monarchia saudita è una delle più spietate del pianeta ma, gli interessi economici in gioco sono troppo rilevanti per permettersi di “disturbare” la famiglia reale.

La NED si avvale della collaborazione dei “soliti noti”. Tutti i più grandi “falchi” della destra americana, fra cui molti sostenitori del PNAC (Project for the New American Century) come Paul Wolfowitz, Vin Weber, Frank Carlucci , Khalilzad, il generale Wesley Clark, o anche personaggi del calibro di Kissinger, Brzezinski e Albright. Nonché una lunga lista di Neo Con. Tutta gente che ha sempre concepito democrazia in maniera funzionale e strumentale agli interessi degli Stati Uniti.

Secondo alcuni degli stessi componenti del NED, il genere di attività svolta dall’associazione è sostanzialmente la medesima attività di influenza politica ed elettorale svolta in passato all’estero dalla CIA, in numerosi stati esteri dove i regimi erano contrari agli interessi statunitensi.

Le modalità con cui opera ricordano più quelle di un servizio segreto che quelle di un organizzazione non profit. Riceve finanziamenti, in quantità rilevanti dalle amministrazioni statunitensi, con le quali finanzia altre organizzazioni non governative presenti nei vari Stati in cui Washington vuole favorire un cambiamento di regime in senso democratico.

I passaggi dei finanziamenti non sono sempre ricostruibili, giungono alle organizzazioni non governative che operano direttamente nei teatri interessati dalle rivolte e si disperdono in modo assai poco chiari.

Abbandoniamo l’ipotesi e torniamo ai fatti.

Il supporto diretto dell’organizzazione NED è stato provato e documentato in numerose delle “Rivoluzioni Colorate”, nonchè in altri fenomeni di lotta minori, come in Cina, Tibet, Venezuela, Bielorussia e a Cuba.

Nel caso egiziano, oltre ai documenti comparsi e pubblicati dal Daily Telegraph, che proverebbero il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti, restano maggiormente interessanti le attività svolte dai leader del movimento di rivolta.

Questi si sono recati in diverse circostanze negli Stati Uniti, ove sembrerebbe che siano stati addestrati su come organizzare il movimento di rivolta in patria, su come mantenere i legami con le altre organizzazioni, così come fra i vari sottogruppi di manifestanti stessi. Inoltre hanno ricevuto informazioni sulla “gestione della piazza”, su come dare al movimento un’ impostazione pacifica, e sulle attività da porre in essere come reazione ad eventuali atti di violenza commessi dalle forze governative. Questa attività sarebbe proseguita per anni sia in territorio statunitense che in Egitto, tramite la “collaborazione” con le organizzazione non profit sostenute dalla NED.

Persino i vertici dell’esercito di Mubarak erano a Washington, al Pentagono, per riceve istruzioni, nei medesimi giorni in cui nasceva la protesta.

Lo stesso movimento Kefaya è stato oggetto di numerosi studi negli Stati Uniti fin dal 2005. Analisi che vanno ben oltre il normale interesse per il fenomeno ma, che si spingono a studiare formule di aiuto, di sviluppo e di utilizzo strumentale del movimento, con il solo fine di realizzare un cambio di regime in Egitto. Parte di queste analisi sono state realizzate dalla Rand Corporation.

Tutto ciò non intacca la reale volontà di democrazia, cambiamento e libertà espressa dal popolo egiziano.Storicamente sono numerosissime le rivoluzioni in cui da stati esteri giungeva un forte aiuto agli attori locali. In questo caso l’attività posta in essere da parte degli Stati Uniti è stata quella di favorire queste rivolte, in una prima fase, e successivamente sarà quella di far coincidere le volontà della piazza con gli interessi statunitensi. In questa seconda fase si osserverà se le reali aspettative del popolo egiziano saranno rispettate.

Al momento il passaggio dei poteri all’esercito è l’unico fatto rilevante politicamente ed è stato fortemente voluto da Washington. Infatti i vertici dell’esercito si sono formati all’interno delle ottiche di addestramento statunitensi e al momento sono il migliore alleato degli Stati Uniti nel paese.

Lorenzo Adorni
Fonte: www.lorenzoadorni.com
Link: http://www.lorenzoadorni.com/wordpress/?p=428#more-428
15.02.2011


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