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Ritorno alla Lira per DJ Keynes di Fabio Scacciavillani


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Ritorno alla Lira per DJ Keynes di Fabio Scacciavillani | 29 luglio 2013.

Con questo post si conclude (almeno per ora) la Trilogia sul Ritorno alla Lira inaugurata oltre un mese fa.

In un mondo in cui chiunque sia in grado di usare un mixer e cambiare cd da un lettore (o i vecchi Lp da un piatto) si spaccia per artista, vergandosi con un nome preceduto dalla sigla dj, non vale scandalizzarsi se in virtù di un grafico ( www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/07/crisi-quelli-che-crescita-e-questione-di-spesa-pubblica/375215/ ) qualcuno aspiri a ritenersi la reincarnazione di Keynes.

Analogamente a chi scatena le turbe nei rave, dj Keynes scatena turbe (psichiche) in quel rave cibernetico che frulla blog, commenti, sms, Twitter, Storify, Facebook, Google+ e Mi Piace. Ne emergono credenze messianiche tipo che l’Argentina viva un miracolo economico e sarebbe il modello ideale per l’Italia; che l’Islanda abbia rifiutato l’intervento del Fondo Monetario; che le banche centrali (inclusa quella argentina, iraniana, cubana o venezuelana) siano gestite da privati (i quali “posseggono” la moneta, inclusa quella che staziona nel vostro portafoglio); che il debito pubblico italiano sia colpa del divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro (Andreotti e Craxi invece erano la reincarnazione di Quintino Sella e Cavour); che l’euro ha “avvantaggiato” i Tedeschi e soprattutto che senza la moneta unica l’Italia sarebbe un’economia competitiva (pertanto se la Sicilia adottasse il Dinaro della Trinacria sparirebbe d’incanto la mafia e risorgerebbe Falcone).

Il drappo rosso che scatena i Miura delle Bungalire è la perdita di competitività attribuita all’introduzione dell’euro. Ignorando gli zoccoli taurini che raspano nervosi la tastiera, proviamo a verificare un aspetto chiave della competitività, che rimarrebbe inalterato con le Bungalire: la pressione fiscale. Sfiziamoci ad aprire il volumetto “Taxation Trends in the European Union” ( http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/taxation/gen_info/economic_analysis/tax_structures/2013/report.pdf ), edizione 2013 uscito lo scorso maggio, che riporta i confronti tra tutti i paesi Ue sulle entrate e le uscite pubbliche con dati aggiornati al 2011. A pagina 84 troviamo la tabella sulla struttura degli introiti e delle spese pubbliche per la Germania e a pagina 100 l’analoga pagina per l’Italia.

Iniziamo dalle imposte indirette che tengono banco in Italia in questo periodo con la Barzel-Letta sull’Iva. In Germania raggiungono l’11,5% del Pil, mentre in Italia il 14,4%. Quanto all’altra imposta su cui si accapigliano in Tv, cioè l’IMU, in Germania le tasse sulla proprietà son lo 0,9% del Pil mentre in Italia sono una quota doppia, il 2,1%.

Poi ci sono le imposte dirette sul reddito che in Germania incidono per l’11,6% del Pil e in Italia per il 14,8% mentre per il reddito d’impresa le percentuali si equivalgono, 2,6% del Pil per i nostri concorrenti contro il 2,3% del Belpaese. Tirate le somme, in Germania le entrate equivalevano nel 2011 al 38,7% del Pil, mentre in Italia al 42,5%.

Se andiamo a guardare le aliquote effettive (ricavate in base a quanto effettivamente pagato al netto di detrazioni, elusione, cavilli ed evasione) troviamo alcune sorprese. Le tasse sul consumo (sezione F) in Germania erano nel 2011, il 20,1%, mentre in Italia il 17,4% (prima dell’aumento dello scorso anno).

La differenza più marcata però si riscontra nelle imposte effettive sui redditi da capitale, che in Germania nel 2011 stazionavano al 22,0%, mentre in Italia toccavano il 33,6%, ben 11,6 punti percentuali di differenza. E se gli imprenditori italiani piangono i lavoratori dipendenti non ridono: in Germania si paga il 37,1% sul reddito da lavoro mentre nel Belpaese si spremono oltre 5 punti in più, vale a dire il 42,3%. Insomma, ceteris paribus, anche con le Bungalire la competitività italiana sarà comunque trascinata in basso dai differenziali di tassazione e non sarà certo la furbizia lazzaronesca della svalutazione permanente a farci risalire la china.

Come si sottolinea da alcuni decenni, i problemi dell’Italia sono strutturali. Il debito pubblico è il modo con cui una classe politica corrotta e incapace si abbarbica al potere comprando consenso a spese delle generazioni future, sguazzando nei vizi e nell’illegalità permanente. Se non si affronta questo nodo, neanche il ritorno al sesterzio eviterebbe il disastro.

La spesa pubblica è uno degli aspetti fondamentali ma non l’unico. Il mercato del lavoro è altrettanto cruciale. Ecco come pone la questione un brillante economista che l’ha affrontata sin dal 1997 quando divulgò il risultato delle sue analisi in questo rapporto ( www.unich.it/docenti/bagnai/research/Eur.pdf ) (pag. 14): “Queste analisi [...] individuano la causa della disoccupazione europea non tanto in una deficienza di domanda aggregata, quanto nella presenza di rigidità istituzionali che impongono agli imprenditori di compensare le oscillazioni della domanda determinate dalle fasi cicliche di espansione e di recessione senza variare l’impiego di forza lavoro [immagino alla Camusso starà fischiando nelle orecchie la Mazurka dell’art. 18, nda].

“Dalle analisi riportate risulta inoltre che la soluzione del problema della disoccupazione europea va cercata non tanto in politiche di espansione della domanda (le quali, tra l’altro, rischiano oltre certi limiti di confliggere con l’obiettivo di stabilità dei prezzi che costituisce uno dei cardini della costituzione economica dettata dal trattato di Maastricht), quanto in politiche di incremento della flessibilità del mercato del lavoro”.

“Maggiore successo potranno avere politiche di riforma e di armonizzazione delle legislazioni comunitarie in materia di istruzione, lavoro e previdenza sociale, volte a favorire effettivamente la mobilità del fattore lavoro e la flessibilità del suo impiego”.

E chi sarà mai questo autore, scettico sugli effetti dell’espansione della domanda e giustamente preoccupato della stabilità dei prezzi, “cardine” del trattato di Maastricht? Cari lettori, trattasi del Professor Alberto Bagnai.

Fonte: www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/29/ritorno-alla-lira-per-dj-keynes/670068/

Come nel gioco della settimana enigmistica, lascio a voi l'arduo compito di trovare gli errori.


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Georgejefferson
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Si in effetti,quando ero all'asilo...


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omicron
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Ecco 'e truppe cammellateeee! (Daje a ride) Castacriccacorruzionetuttiladrituttiacasaaaaaaaa! 😆 Er cuneo fiscaaaleee! tutta colpa dello stato! se usciamo dall'euro arrivano le cavallette!

Dimenticavo: questo è un compare di Giannino e anche lui ha preso i master all'università di ci-cago.


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@George
Desumo che per te quanto suddetto da Scacciavillani sia del tutto sballato e che non meriti commento. Ma permettimi di farti una domanda: l’analisi proposta da Bagnai è altrettanto sballata?

@Omicron
In effetti, mi interessava far notare, e magari invogliare a leggere, la relazione del 1997 di Bagnai proprio ai lettori di Goofynomics, giusto per partire dalle cose “facili”. E possibilmente senza parlare delle cavallette e delle truppe cammellate. E’ corretta l’analisi che Bagnai fa in quel rapporto secondo te?

Poi se volete parliamo anche del resto dell’articolo di Scacciavillani.


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pippo74
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@George
Desumo che per te quanto suddetto da Scacciavillani sia del tutto sballato e che non meriti commento. Ma permettimi di farti una domanda: l’analisi proposta da Bagnai è altrettanto sballata?

@Omicron
In effetti, mi interessava far notare, e magari invogliare a leggere, la relazione del 1997 di Bagnai proprio ai lettori di Goofynomics, giusto per partire dalle cose “facili”. E possibilmente senza parlare delle cavallette e delle truppe cammellate. E’ corretta l’analisi che Bagnai fa in quel rapporto secondo te?

Poi se volete parliamo anche del resto dell’articolo di Scacciavillani.

Primo una premessa: non sono un fan di Bagnai, con lui ho anche discusso a brutto muso sul suo blog. Tuttavia ne condivido totalmente le analisi macroeconomiche e lo ringrazio e lo ringrazierò sempre per la preziosa opera di divulgazione che ha fatto e continua a fare.

Dunque, Bagnai ha scritto ad occhio e croce quasi 500 articoli sul suo blog, molti dei quali abbastanza approfonditi e tecnici. Ha sviscerato il tema € da tutte le angolature possibili: debito pubbblico, debito privato, spesa pubblica, bilancia dei pagamenti, mercato del lavoro, BCE ecc. ecc.

Ora arriva lei e in modo assolutamente subdolo, riprende un articolo di Scacciavillani (detto anche Scacciastestesso, o economista del deserto) che estrapola una frase di Bagnai del 1997, riportata in un paper dal titolo "CONSEGUENZE DELL'ADOZIONE DELL'EURO PER I
LAVORATORI MIGRANTI", decontestualizzandola in modo da poter essere utilizzata per attaccare Bagnai.

In quel paper si analizza la correlazione o presunta tale tra tasso di interesse e disoccupazione. Bagnai riporta studi econometrici di altri economisti e semplicemente afferma che i risultati empirici sono contrastanti, per cui non è assolutamente scontato che l'introduzione della moneta unica e l'eventuale e auspicato calo dei tassi di interesse che ne conseguirebbe, possa apportare un sensibile calo della disoccupazione.

Ma veniamo alla frase incriminata: "La conclusione di queste ulteriori indagini, in sintesi, è che i tassi d'interesse sono destinati ad avere uno scarso effetto sui livelli occupazionali in Europa, e questo per il semplice motivo che la disoccupazione europea sembra legata più che a carenza di domanda, secondo il tradizionale schema keynesiano, a una generalizzata carenza di flessibilità sul mercato del lavoro, la quale, ovviamente, ha poco a che vedere con il livello dei tassi d'interesse e molto di più con la legislazione dei singoli stati in materia di lavoro, di rappresentanza sindacale, di previdenza sociale, e via dicendo."

Cioè Bagnai non dice che lui è per la flessiblità, ma riporta le conclusioni di altri studiosi. Che poi un certo tipo di flessibiltà (non precarietà che è la degenerazione della sua applicazione pratica) abbia avuto effetti positivi sulla disoccupazione, questo è abbastanza assodato nella letteratura economica.

Riepilogando: quello di Scacciavillani, da lei ripreso, è un tentativo infantile di attaccare Bagnai con argomenti capziosi, prendendo spunto da un paper del 1997 e ignorando deliberatamente tutto quello che Bagnai ha scritto nel suo blog dal 2011 ad oggi. Un'operazione veramente meschina.

p.s.: si vada a leggere nello stesso paper cosa dice Bagnai dei presunti benefici dell'Euro:

1) "In estrema sintesi quindi, i vantaggi derivanti dall'EMU in termini di riduzione dei costi associati alla compresenza di più valute sono ovvi, ma non particolarmente rilevanti in termini quantitativi."

2) "L'argomento di Modigliani secondo cui l'ECB determinerà, con la scomparsa della Bundesbank, una sostanziale esautorazione della Germania viene ripreso anche da altri autori, tra cui, in particolare, De Grauwe. Qui ci limitiamo ad osservare che esso appare un po' semplicistico, perché è sì vero che la Germania avrà a sua diretta disposizione un solo voto nel consiglio dell'ECB, ma è anche vero che essa non sarà da sola, essendo appoggiata dai paesi dell'area del marco (Olanda, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, cui probabilmente andranno ad unirsi altri paesi scandinavi, l'Austria e in molte circostanze anche la Francia), i quali costituiscono un blocco politicamente ed economicamente molto più coeso di quello formato dai paesi mediterranei. Che l'ECB determini una riduzione del peso della Germania nella conduzione della politica monetaria non è quindi altro che un pio desiderio."


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Ok, me lo merito. Malgrado non abbia espresso nessun giudizio a favore dell’uno o dell’altro, sono stato proprio un pirla a postare l’articolo.

Resta sereno, in futuro eviterò di agire in modo così subdolo.
Buone vacanze.


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Ok, me lo merito. Malgrado non abbia espresso nessun giudizio a favore dell’uno o dell’altro, sono stato proprio un pirla a postare l’articolo.
Resta sereno, in futuro eviterò di agire in modo così subdolo.
Buone vacanze.

visto che l'accusa di essere subdolo non è rivolta a te, ma a Scacciavillani, stai forse ammettendo di essere lui? 😈


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