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Sbarazzarsi della Sinistra- da Sinistra


Tonguessy
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Se per la Destra risulta sufficientemente comprensibile la ragione per cui è sensato e lecito sbarazzarsi della Sinistra (così come riassunto nella Notte dei Lunghi Coltelli), risulta invece più complicato analizzare le ragioni per cui la Sinistra stessa trovi sensato e lecito sbarazzarsi della Sinistra.

Credo che l'esempio nostrano del PCI che si trasforma nel PD possa chiarire come sia avvenuta tale operazione. Bisogna però prima chiarire un assunto di base: tutta la politica che si muove all'interno del neoliberismo è di destra. Dove il neoliberismo è stato presente (come in Sudamerica fino a pochi anni fa) si sono avute conseguenze gravissime per le popolazioni: drastica riduzione dei diritti dei lavoratori, dei salari e degli interventi sociali (sanità, istruzione etc..), aumento delle privatizzazioni, dell'ingerenza delle multinazionali nel funzionamento della democrazia e aumento dei prezzi di merci e servizi. Conseguentemente qualsiasi formazione politica appoggi (apertamente o velatamente) questo modello sociale è da considerarsi di Destra.

Un'altra considerazione: le multinazionali che si intromettono nelle stanze del potere e usano le loro potenti leve per scardinare lo stato sociale (welfare) e produttivo a tutto vantaggio loro sono tipicamente americane. Non sono solo sistemi industriali (big pharma per nominarne uno) ma anche sistemi di capitalismo parassitario (finanza e banche).

Storicamente il PCI si colloca come l'ala politica più a sinistra di qualsiasi altra formazione parlamentare italiana. Nella storia di Napolitano c'è la storia del PCI tutto: da partito di massa che difende la Costituzione (scritta a molte mani anche da illustri esponenti comunisti) a partito atlantista neoliberale di destra che non si cura della sofferenza degli italiani (o di altri popoli) nè della distruzione dei principi costituzionali di cui dovrebbe essere il custode e garante.

La tragedia in tutto questo è che l'ex-elettorato comunista si è trasformato (nella maggior parte dei casi) in un popolo di dogmatici difensori dell'europeismo neocon: gente che si spara sul proprio piede pur di difendere l'indifendibile impoverimento sociale, culturale ed economico in atto. Gente che difende l'alta finanza pur di non difendere i propri interessi.

Ovviamente tale percorso politico prevede delle tappe ben identificabili che spostano progressivamente il senso ed il significato della sinistra stessa. Si inizia con la "la via italiana" di Togliatti, intesa come coesistenza pacifica tra sistemi contrapposti, pur nell'angoscia della guerra fredda e relativa minaccia nucleare.

Il concreto riformismo, abiurato a parole, è la prassi effettiva del PCI dal 1956 in avanti. Mentre Gramsci aveva rintracciato nella categoria di "guerra di posizione" il perno della transizione per la conquista del potere politico del proletariato (l’egemonia, da conquistarsi con il consenso prima di divenire classe dominante), Togliatti considera la strutturazione di trincee avanzate nella società civile e casematte come equilibrio da spostare in avanti per la contrattazione riformista.[1]

Lo scontro Amendola-Ingrao è un esempio lampante del corso che il PCI intraprende. Ingrao denuncia le tendenze parlamentariste che riducono la linea del partito alla “via dei voti e delle alleanze parlamentari”[2], e che porteranno inevitabilmente al consociativismo. La sua linea politica viene bocciata e vince Amendola ed il riformismo delle alleanze democratiche.

Dice Mauro Fotia: “il problema di fondo del trasformismo italiano non è di governare in in assenza di processi di modernizzazione, o di volgere questi contro le classi lavoratrici, ma piuttosto di di gestirli in maniera che esse, beneficiandone, vengano a liberarsi di parte del loro potenziale di conflittualità, e dunque restino imprigionate dentro logiche di una dinamica sociale e di un sistema consensualistici”. E ancora “il rapporto dialettico maggioranza-opposizione non è da considerare essenziale alla democrazia, non essendo l'alternanza una legge universale di ogni e qualsiasi regime democratico”. [3]

Cosa questa confermata dalle vicende politiche nostrane: il PCI non arrivò mai a governare. E quando la prospettiva fu sufficientemente vicina l'omicidio di Moro fece saltare tutto.

Tale riformismo consociativista ha un punto fermo di verifica: gli USA. Non si può notare come dalle espressioni di netto rifiuto iniziali alle politiche imperialiste USA si passi a posizioni di condanna verso chi manifesta apertamente contro di esse. Sintomatica la condanna dell'Unità verso i “provocatori” che si scontrarono con i poliziotti nelle manifestazioni contro la guerra nel Vietnam. Pajetta li definì “più interessati a prendere a calci i poliziotti che ad aiutare in modo efficace i combattenti antimperialisti”.[4]

In quegli anni il PCI opera un progressivo allontanamento dall'orbita di Mosca ed un progressivo avvicinamento all'europeismo inteso come tentativo di mettere l'atlantismo sotto un'altra luce. Alla fine degli anni '60 l'idea di “superamento dei blocchi” (che poi partorirà il disgraziato “superamento delle ideologie”) spinse il PCI ad avvicinarsi alla SPD tedesca. Il PCI voleva offrirsi come ponte verso la socialdemocrazia europeista che strizza l'occhio agli USA. Berlinguer nella prima metà degli anni '70 si impegnò, nel nome della “distensione bipolare”, ad evitare una “contrapposizione tra problematica europea e problematica atlantica”.[5] Insomma la NATO cominciava a non essere più un problema per la sinistra. Si è passati in poco tempo dagli slogan “Yankee go home” alle dichiarazioni di Natta che richiede una "immediata ricontrattazione del ruolo dell'Italia nella NATO".[6]

Gli fa eco Trombadori che afferma: "l'appartenenza leale e sovrana dell'Italia al Patto atlantico e alla NATO" è "una scelta rivoluzionaria". [7]

Occorre però precisare che a queste vicende tutte interne al maggiore partito della sinistra italiana si sommano vicende molto significative, ovvero gli avvertimenti delle destre nazionali in sintonia con l'imperialismo USA. Si parte dal golpe cileno che mette bene in chiaro come gli USA, qualora lo desiderino, sono capaci di togliere di mezzo qualsiasi governo o forza politica si opponga ai loro piani. Gli avvertimenti in tal senso sono chiari. Il golpe Borghese ad esempio. La colonna di guardie forestali era fuori Roma ed i neofascisti erano già penetrati all'interno dell'armeria del ministero dell'Interno. Fu fatto fallire senza apparente ragione, e tutti tornarono a casa. Prima c'era stato il Piano Solo, che prevedeva l'arresto e deportazione dei militanti di sinistra da parte dei Carabinieri del gen. De Lorenzo. Allora il governo di centro-sinistra cadde e Nenni viene convinto a più miti richieste. E si prosegue con gli avvertimenti: nel 1974 tocca a Edgardo Sogno a portare la stoccata finale. Per portare a termine il suo “golpe bianco” (in teoria senza spargimento di sangue), Sogno aveva raccolto importanti adesioni da parte dei più alti comandanti militari dell'esercito, dei paracadutisti, della marina, dell'aviazione e dell'arma dei carabinieri, nonché il via libera dei servizi segreti statunitensi. L'intervento dei militari per "salvare il Paese in pericolo'' da un presunto tentativo di "sovversione comunista'' avrebbe dovuto essere invocato in televisione dall'allora presidente della Repubblica Leone, da convincere con le buone o con le cattive. Si sarebbe quindi proceduto a imporre con la forza un governo dei colonnelli sul modello della Grecia. [8]

Il piano, che vedeva la fattiva collaborazione degli USA, cadde a seguito del caso Watergate.

Si diffuse qualcosa di simile al panico tra le file dei comunisti in quegli anni: si voleva davvero arrivare ad un governo di militari in stile Pinochet? O non valeva piuttosto la pena di ridurre (ulteriormente)
il piano politico? Ci furono notti in cui i dirigenti e iscritti del PCI vennero fermamente invitati a dormire in posti sconosciuti e sicuri, lontano dalle proprie famiglie. Valeva la pena di rischiare la vita di così tante persone per mantenere un progetto politico ormai avviatosi verso lidi distanti da quelli originari?

Siamo così passati dai tentativi di rivoluzione (attentato a Togliatti, quando gli ex-partigiani tirarono fuori le armi in loro possesso) al pragmatismo centrista di Gianni Toniolo, economista della LUISS in forza al PD: “se non puoi battere l'avversario, unisciti a lui”.[9]

La manovra a tenaglia aveva dato i risultati sperati: accerchiata dal moderatismo riformista interno e messa sotto pressione dalle armate della reazione, la Sinistra si sbarazza della Sinistra per diventare centro-sinistra prima, e finalmente allearsi ai neoliberisti per un programma politico di destra.

Siamo al capolinea della politica segnata alla Bolognina, ma iniziata molto prima: una volta perse le identità politiche nazionali a favore dell'europeismo prima e dell'atlantismo dopo, la discesa negli inferi del neoliberismo della destra USA è cosa fatta. Persa la funzione di opposizione, fiaccata la resistenza all'antagonismo di classe la Sinistra effettua la sua full-immersion (gli anglicismi qui si sprecano…) nel disegno neocon di banchieri, finanzieri e faccendieri, passando attraverso il Britannia per un corso intensivo di privatizzazioni.

Tale triste nemesi della Sinistra si è recentemente concretizzata nelle scelte di Napolitano che, dimenticando le lotte operaie ed il senso stesso della classe lavoratrice, ha consegnato il Paese ai tecnocrati UE/USA, nominando l'uomo della Goldman-Sachs (Monti) prima senatore a vita e poi capo del governo. Il peggiore dei compromessi storici ha finalmente avuto luogo. Sparita la Sinistra, chi fermerà l'inarrestabile marcia trionfale della Destra neoliberista dei think tank americani?

“All'insegna del consensualismo e sotto la parola d'ordine del meticciato culturale, si scatena un'orgia centrista, che travolge ogni barriera.. Unico punto fermo rimane l'originario impianto liberale, ininterrottamente ribadito e rafforzato”. [10]

[1] http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust2m08.htm
[2]Guido Crainz “Il paese mancato” pg. 163
[3]M. Fotia “Il consociativismo infinito” pg 20, 23
[4]S. Gundle “I comunisti italiani tra Hollywood e Mosca” pg. 261
[5] “Atlantismo ed europeismo” pg 589
[6]"L'Unità", 25/2/85
[7]"L'Unità", 27/2/85
[8] http://www.pmli.it/golpesognoeravero.htm
[9]M. Fotia “Il consociativismo infinito”, pg 234
[10] ibid pg 231


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