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TI: oltre l'IRE, 3 auspici


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Economando
Al di la' delle ire sull'IRE: tre auspici

di Remigio Ratti - 11 novembre 2015

L'ultimo rapporto dell'Istituto Ricerche Economiche dell'USI (*) sulla Situazione del mercato del lavoro ticinese negli anni successivi all'introduzione dell'Accordo sulla Libera Circolazione delle Persone afferma in sostanza come non si possa provare, con una correlazione matematica significativa, un generale fenomeno di sostituzione di posti di lavoro tra residenti e frontalieri.

Immediatamente e' scattata una biliosa polemica sui rapporti tra politica e ricerca, mentre l'auspicato, ma acceso, contradditorio tra ricercatori arrischia purtroppo di essere funzionale alla contesa tra politici.
Si finisce per non capire piu' niente - parola di qualche opinion leader - e, per carita' di patria, di scegliere di voltar pagina. Pensiamo in ogni caso sia utile uno sguardo critico d'assieme, dall'elicottero, come si dice in gergo: non si vede tutto, ma almeno la foresta, si'. Generalizzando, formuliamo cosi' tre auspici.

Primo: constatando come l'oggetto del contendere stia in fondo nella stessa lacunosa definizione degli obiettivi - non miranti all'essenziale o soggetta a interpretazioni, parziali e spezzettati nel tempo - e' auspicabile che ai vari livelli politici, responsabili e funzionari, provvedano sempre ad una buona messa a fuoco e al coordinamento dei mandati di ricerca, interni e esterni. Non si dovrebbe mai farne un uso strumentale e contingente, come se la risposta scientifica potesse o dovesse dettare il comportamento politico. La liberta' e la responsabilita' del politico nelle scelte deve essere chiara.
Secondo: anche la migliore risposta a un quesito specifico ha bisogno di essere sempre situata nel suo piu' ampio contesto, mentre la semplice addizione di studi non accresce necessariamente il capitale di conoscenze. Qui l'auspicio va alla politica universitaria. Accogliendo e ricercando domande di prestazioni remunerate si stabilisce un contatto con la societa' e i suoi bisogni. Ma se questo e' fatto con lo spirito di tirar profitto da un sottoprodotto delle funzioni d'insegnamento e di ricerca, non ci siamo.
L'Universita' ha una terza funzione: quella di servizio alla societa'. Lo aveva ben affermato un rapporto del Consiglio svizzero della scienza (nato da un ritiro al Monte Verita') e che andrebbe riletto e aggiornato. Una volta questa funzione di servizio derivava dalla responsabilita' civile di ogni cattedratico; oggi, questa assunzione e' meno visibile o e' inglobata nella macchina dei mandati di prestazione.

Terzo: l'economia del Ticino e' sempre meglio analizzata e tutto sommato, macro-economicamente, sembra ben messa nel contesto svizzero; lo insegna l'ultimo rapporto offerto, nel senso sopra accennato, dal prof. Baranzini. Tuttavia, nella dimensione meso-economica, c'e' ancora un grosso buco nero: quello del significato della frontiera, del suo ruolo strutturante, ma anche condizionante, per il nostro sistema economico. Cambiati gli scenari, questa frontiera mutante, e' differentemente percepita: e' risorsa e fonte di pane quotidiano per molti; per altri e' l'espressione di tutti i mali, da cui un preoccupante regionalismo regressivo.

Occorre costruire un modello teorico-economico territoriale, oggi mancante e denunciato dalla letteratura in merito - che integri il fattore frontiera (qualcosa di diverso dalla mera reazione percettiva) e darsi una visione e una strategia di governanza territoriale cantonale e transfrontaliera che non puo' solo far capo a correttivi e a improbabili automatismi di qualche regola del gioco. La sfida concerne tutti gli attori, pubblici e privati.

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(*) Universita' della Svizzera Italiana


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