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Traiettorie emotive, obbiettivi auspicabili di resistenza civile e punti deboli del "great reset"


GioCo
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Ho già parlato della serie televisiva statunitense del 2007, "Masters of Science Fiction", trasmessa dalla ABC e costituita da 6 episodi: gli ultimi due, a causa degli ascolti non soddisfacenti, vennero trasmessi in Canada il 2 e il 9 dicembre del 2007, dalla tv via cavo Space (fonte: it.wikipedia.org, oggi).

La fine prematura della serie però non dipende affatto dalla qualità della narrazione e nemmeno dagli ascolti. Date le porcate immani che vengono continuamente riproposte a prescindere dal successo, è evidente che questa è una di quelle serie "pilota" che ha come scopo principale quello di "testare" le reazioni del pubblico, che diventano fondamentali per decidere se proseguire o meno l'esperimento. Perché non sono (almeno inizialmente) intese come primarie per pilotare il consenso, ma hanno altri scopi paralleli.

Fa parte di quelle produzioni "di fascia molto alta" spiattellate in TV (perché a prendere per il culo la gente c'è godimento) che incorporano intenzioni e tecnologie proprie dei plutocrati e delle strutture dell'apparato "industriale militare" a loro associate.

Parleremo del primo episodio, "The Clean Escape", tradotto in italiano "Una fuga perfetta", perché ci serve per introdurre l'analisi emotiva che ci porta al primo dei due punti che questo POST vuole trattare, sempre come provocazione, cioè come tema per riflettere.

Il tema pare quello post-apocalittico, ma in realtà è psicoanalitico di stampo freudiano. Quindi, puramente dal punto di vista emotivo, una porcata. Mi spiego meglio (perché non vorrei essere frainteso). Tutte le puntate della serie sono tecnicamente splendide, ineccepibili sotto ogni profilo tecnico e cinematografico, tanto che la critica le ha definite "troppo artistiche" (nel senso di elaborate) per essere di successo. Come a dire che se non dai merda come cibo alla Mente dello spettatore medio, non avrai successo. Che è la mentalità alla base del fast food: si titillano gli istinti bassi, in modo da provocare "piaceri" istintuali, come quelli legati al gusto, dissociandoli dalla bontà del prodotto che diventa secondaria, anzi, dato che ha un costo, la qualità diventa proprio da rigettare a priori, basta conservarla a livello estetico (ad esempio nel immagine aziendale) e quindi conta di più lo spazio, i colori, gli arredi, che il cibo, anche se è un posto che si presume dia prorità proprio al cibo (=meccanismo della mutua esclusione).

(occhio che spoilero da adesso in poi)

A noi interessano tantissimi dettagli della produzione che ci raccontano un altra storia e per isolare quelli a noi funzionali la prima puntata è perfetta. Tanto per cominciare, siamo in un bunker presidenziale, è forse la fine della civiltà e della terra per come la conosciamo. Fuori sono tutti morti. Solo il bunker ha salvato uno scampolo di umanità "prescelta" che a parte un élite politicamente determinata, come il presidente in carica, è tutta militare (ricorda un po' la situazione del terzo reich alla fine della guerra).

Nel film si ipotizza che il presidente sia stato anche a capo di una società che sviluppava nuove armi di distruzione di massa a energia i cui effetti però sull'ambiente non erano del tutto noti. L'uso (incauto) dell'arma inizia una reazione a catena inarrestabile che porta alla fine dell'umanità sul pianeta. Prima dell'uso dell'arma il presidente era stato informato, ma a causa di lotte intestine per il potere, interne all'azienda, lo stesso aveva interpretato tali avvisi come un tentativo di scalzarlo, di distruggere il suo successo come imprenditore e uomo politico, impegnato a prendere decisioni "per il bene della nazione". L'effetto della sua azione sconsiderata, lo porta però a "cancellare la memoria" in modo ripetuto, lasciandola intatta solo per un certo periodo e solo fino a prima di diventare presidente, per rimuovere ciò che era accaduto e con esso la sua responsabilità.

Ora, messo e non concesso che le cose siano verosimili, le emozioni semplicemente non funzionano così. Punto e a capo.

Perché si realizzi un collasso nervoso di quel tipo, cioè diretto a rimuovere la memoria fino al momento del "fattaccio", non basta lo shock e il senso di colpa. La traiettoria è proprio un altra in quel caso. E' obbligatoria una specifica significazione, che un imprenditore di successo non avrà mai e poi mai nel suo bagaglio strutturato di emozioni. Semplicemente perché la furbizia e la necessità di autoesaltazione (=narcisismo) glielo nega. Una persona di quel tipo si allena appositamente a scaricare la responsabilità su altro e quindi la traiettoria lo avrebbe portato in quel caso a insistere sul fatto che era stato costretto ad agire "per colpa di..." e avrebbe trovato un luogo di scarico della colpa a cui tutti si sarebbero adeguati, semplicemente perché considerare la questione diversamente avrebbe messo in discussione "la parola del presidente".

Poco importa poi che ad essere coinvolta è la famiglia perché un uomo del genere non può avere tra i suoi valori primari la famiglia, esattamente come un giocatore d'azzardo non avrà tra i suoi valori primari la salvaguardia della propria salute, perché i due interessi sono in palese conflittualità emotiva e in quel caso, per coerenza, il sistema si struttura sempre per dare priorità a uno a scapito dell'altro. Sempre!

Quindi uno squalo della finanza, capace di bruciare suoi collaboratori stretti perché ritiene che il suo "mandato" cosmico divino di "avere ragione" conti più di qualsiasi realtà sottostante, non può in nessun caso dare spazio a sentimenti come l'affetto, perché li ha già impegnati integralmente nel suo lavoro. La sua attenzione è totalmente fissa e monodirezionale sui suoi doveri professionali, non può essere diverso da così se no scatta in automatico la "compassione" e con essa "l'incapacità di rimanere indifferente" alla possibilità di provocare danno al prossimo, fosse pure nascosta dietro la "scusa" di un tradimento dei collaboratori. Quindi (ricapitolando): la convinzione personale di essere nel giusto, non può venire prima, se c'è un forte legame affettivo in essere. Per coerenza emotiva che la famiglia ci abbia rimesso avrebbe provocato una reazione di schermatura, tipo la scusa furba verosimile che "la patria viene prima", oppure avrebbe controllato prima di usare l'arma che i suoi effetti non fossero quelli paventati dai suoi "nemici" e non l'avrebbe proprio usata in caso di dubbio, esattamente per non correre il rischio di venire "sputtanato" per sua mano. Come avrebbe potuto "filare" la trama dal punto di vista emotivo? Semplice, bastava separare la figura del presidente da quella di colui che gestiva l'arma e tutto avrebbe quadrato.

Bene, perché dico questo, cosa ci interessa l'analisi della coerenza emotiva di una fiction che nemmeno ha avuto successo? Perché non ha avuto successo! Questo è il tipico risultato che si ottiene in un prodotto molto curato bucando un principio del dramma: se sbagli il contesto emotivo (perchè non ne capisci le dinamiche sottostanti) il pubblico vedrà la tua opera come una sonora minchiata finendo per snobbartela, anche se il prodotto è perfetto sotto ogni altro profilo. Tuttavia l'insuccesso non avrà un perché e pure la critica non saprà a cosa aggrapparsi per giustificarlo.

Questo accade perché non abbiamo pattern emotivi o allenamento per fare analisi coerente. Ma non le abbiamo perché non le ha nessuno!!! Non esistono!!! Nemmeno è stato concepito che mancavano e le stesse spiegano pure il perché... Me le sono inventate, non di sana pianta perché sono il frutto di un collage di cose risapute ma unite in modo "creativo" (ma organico) allo scopo di ottenere un paradigma funzionale alla lettura emotiva. Ma di più, se non avesse dimostrato di funzionare, non sarei qui a insistere sulla sua bontà, l'avrei già buttato via da un pezzo.

Quindi, se in un prodotto così curato abbiamo una lettura tanto fallace, allora significa che nemmeno le élite possiedono la chiave per l'interpretazione delle emozioni. O no?

Infatti non ce l'anno e la dimostrazione la darò adesso nella pratica. Abbandoniamo quindi ora la fiction e guardiamo quanto ci sta accadendo.

Per le traiettorie (dominanti) in essere la libertà non è un obbiettivo raggiungibile. Su questo punto non c'è da discutere c'è solo da osservare (e per chi riesce "accettare"). Data la delicatezza della questione, non potendo scrivere anche qui un altra treccani sull'argomento, che oltre a essere noiosa non centrerebbe il punto, ve la riassumo in questo modo: noi la libertà non possiamo riconquistarla perché banalmente (mi dispiace) ma non abbiamo proprio minimamente idea di cosa sia. Nessuno lo sa, nemmeno il drago. Anzi, soprattutto il drago!

La libertà non è un concetto che si può riassumere razionalmente. Punto e a capo.

La libertà è principalmente emotiva: solo un emozione ci fa sentire liberi, quella che ho chiamato proto-emozione che se avvertita, quanto la avvertiamo alla "sorgente", somiglia a gioia+amore condensati e fuori scala. Paradossalmente tale emozione e totalmente e lo ripeto TOTALMENTE svincolata da ciò che ci accade. Come la corrente alla presa, arriva da "fuori". Siamo sempre noi a ridurre quell'emozione in versioni più "ristrette" (=semplici) come il bianco è ridotto in colori. Tipo la paura. Cioé avvertiamo "l'essere percorsi" da quella proto emozione come (ad esempio) "paura". Trasmutandola in tempo reale ogni volta. Come un prisma la luce.

Quella trasmutazione non è mai casuale ma segue la struttura che ci abita, il circuito nervoso prestampato, come l'acqua segue il letto del fiume. Circuito che è impregnato di significazione ed evoca lo stato emotivo che l'ha realizzato quando viene sollecitato (=percorso da energia).

Evidentissimamente quindi, noi non sappiamo neppure cos'è la libertà. Non sappiamo ne dov'è, ne come arrivarci. Nulla. Ma la vogliamo dal drago. Questa (perdonate) ma è pura follia. Non c'è un altro modo per descriverla e la traiettoria (coerente emotiva) per una cosa del genere è sempre categoricamente autodistruttiva, perché si sta impegnando con la volontà un desiderio per qualcosa che non si conosce. Come il bambino che fa i capricci perché vuole qualcosa che gli farà solo del Male, perché non sa cosa vuole (=ignora) e dipende per ciò fatalmente dal suo stesso capriccio (=cortocircuitato).

Se vogliamo invece un obbiettivo coerente e costruttivo deve essere qualcosa di raggiungibile. Come salvaguardare il lavoro. Il lavoro, secondo la volontà sommamente idiota delle élite che ne "sanno di emozioni" tanto quanto Hawking ne sapeva di fiction (non di scienza, che ovviamente poteva insegnarci, ma di finzione drammatica) diventerà presto un privilegio.

Lo ripeto, perché è fondamentale: il lavoro diventerà presto un privilegio per pochi.

La massa non lavorando non avrà la possibilità di pretendere diritti. Per ciò il lavoro è un concetto sotto attacco ed è l'unica cosa che vale la pena di difendere con le unghie e con i denti, perché perduto quello, intendo il concetto, avremo perduto ogni possibile rivendicazione di ogni possibile tipo. Questo le élite lo sanno benissimo ed è per questo che ci "regalano" soldi promettendoci un futuro senza lavoro.

Ma qui sta esattamente il principale punto debole del piano Schwab, che parla non so quante lingue fluentemente ma è fondamentalmente antitetico all'empatia, sa perfettamente trattare le emozioni a livello lessicale, peccato che le stesse non hanno valore verbale. Sarebbe un po' come essere meccanici provetti ma solo in teoria, diciamo solo virtualmente, in pratica lo si dichiara senza aver mai messo mano a un motore, toccato un bullone o visto una coppa dell'olio. Peggio, senza ritenere che questo possa fare differenza e si vede, si vede a colpo d'occhio (guardando bene nella direzione giusta). Gemello in questo senso è il drago o disperazione.

Noi per esistere, per poter vivere, per poter anche solo dare un senso alla nostra esistenza dobbiamo creare, è la nostra missione non trattabile, affidataci nel momento in cui la specie è comparsa. La creatività non è un optional, una concessione secondaria che attiene il divertimento, ma ciò che sostiene la nostra struttura emotiva. Senza, collassa. In tutti i sensi, incluso quello biologico. Non ci sono cure che possano tenerci insieme se collassa quel sistema. Ce ne andremo tutti in massa. Fin'ora il lavoro (che era inteso che una forma si servilismo dai padroni del discorso e come tale concesso ai sottomessi) aveva in parte ammortizzato questa esigenza, nascondendone la Priorità Vitale Assoluta ai nostri occhi. Se ce lo tolgono, noi non avremo alcun futuro e nemmeno le élite.

Quindi dovremo ripensare al lavoro, in termini etici. Non in termini economici, ma etici. Così come lo avevano pensato i padri della nostra costituzione che in questo senso furono certamente molto lungimiranti. Ma non abbastanza da prevedere la deriva transumanista sbiellata dalla shock economy e dal caos perenne e capace di partorire aborti come sto "great reset", emotivamente inconcludenti.

Non a caso infatti, il piano prevede che le emozioni siano il bersaglio principale di tutta la guerra in atto, da qui al futuro. Fino alla sostituzione dell'essere umano con qualcosa che "bandisce" dallo stesso le emozioni. Come se fossero un inutile fardello del passato che si può buttare via, senza nemmeno aver capito a cosa rinunceremo.


alpho e sarah hanno apprezzato
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stefania crecuccio
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Se ho trovato il sorriso è grazie al sig. Virgolino Claudio che ho ricevuto un prestito di 45.000euro, e due dei miei colleghi hanno anche ricevuto prestiti di quest'uomo senza alcune difficoltà. È con il sig. Virgolino Claudio, che la vita il mio sorrida nuovamente è un uomo di cuore semplice e molto comprensivo. Ecco il suo e-mail: [email protected]


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Simsim
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@Gioco

Qui ti volevo. Non so se perché in altri scritti sei andato piú nello specifico di determinate cose e quindi sembravi piú pessimista, o se anche perché tu stai definendo un pezzo alla volta il tuo percorso di pensiero, ma sei arrivato esattamente al motivo per cui credo fermamente che ci sia una loro sconfitta alla fine del percorso. Il sistema della rana bollita puó anche apparentemente funzionare durante tutto il suo percorso, ma non arriva mai a bollire la rana come si pensa. Se prendi uno per la gola dolcemente, e applichi progressivamente piú forza, non arriverai mai al punto in cui soffoca senza divincolarsi e liberarsi. Come tu hai detto, c´é  una parte insondabile  dell´esistenza umana su cui non hanno potere, e su cui non potranno MAI aver potere effettivo. Che poi é lo stesso principio per cui possono impazzire ad occultare ció che sta avvenendo, ma questo continua a venir fuori in molteplici forme. Non é possibile definire come l´umanitá si libererá di questa gente, se sará perché ci sará una reazione composta o una scomposta, ma il dato di fatto é che la loro forma di controllo é veramente  appesa ad un filo molto sottile,  completamente inadeguato a sostenere il peso dell´incongruenza del loro piano rispetto alla  reale natura umana.

Avrei fatto  un riferimento dettagliato anche all´Intelligenza Artificiale a  questo punto, ma verrebbe giú un mostro di testo e mi limito all´osservazione base. Personalmente, in questi ultimi mesi ho perso qualunque tipo di attrazione per ció che é il tema del mio lavoro, infatti sono in un limbo sospeso di indecisione su dove andrá a parare la mia esistenza. Ma continuo a ritenere che l´Intelligenza Artificiale sia in realtá, in ultimo, lo strumento che potenzialmente li distruggerá e non, come loro credono, una loro arma.


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GioCo
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Pubblicato da: @simsim

@Gioco

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Avrei fatto  un riferimento dettagliato anche all´Intelligenza Artificiale a  questo punto, ma verrebbe giú un mostro di testo e mi limito all´osservazione base. Personalmente, in questi ultimi mesi ho perso qualunque tipo di attrazione per ció che é il tema del mio lavoro, infatti sono in un limbo sospeso di indecisione su dove andrá a parare la mia esistenza. Ma continuo a ritenere che l´Intelligenza Artificiale sia in realtá, in ultimo, lo strumento che potenzialmente li distruggerá e non, come loro credono, una loro arma.

Per una "visione" di molti anni fa, ben prima che fosse realizzata una qualche applicazione dell'intelligenza artificiale di massa, che esistesse la rete e la telefonia mobile, avevo scritto in un racconto fantasy di una strana realtà futura, dove uomini e macchine erano mescolati in modo indifferenziato in una sorta di società integrata e globalizzata dove il numero di umani, nati da umani, era circa un decimo di quello odierno e la cittadinanza era divisa tra terrestri e non. Non avevo ancora visto Blade Runner ma comunque c'era un importante differenza. Nella mia visione quel futuro era fatto di persone che avevano bandito tutte le forme di intelligenza artificiale "ad uso pubblico", per via di una specie di "notte dei lunghi coltelli" da cui l'umanità era uscita viva per il rotto della cuffia, in particolare per l'uso "che sembrò funzionare" di un virus (informatico) che rese inerti le unità I.A. centrali paralizzando la vita di milioni di persone (e dell'intera rete di infrastrutture da cui dipendevano) e provocando anche diversi incidenti mortali, ma salvando più vite di quante ne furono perse. Per fortuna tramite vecchi programmi "sicuri" si riuscì a sopperire alle esigenze più immediate e poi piano piano ristabilire un qualche ordine e le I.A. rimasero unità isolate e gestite in via per lo più segreta dall'esercito. Ma l'evoluzione tecnologica aveva permesso di creare unità senzienti autonome con l'aspetto di umani, praticamente indistinguibili dato che imitavano alla perfezione ogni organo del corpo, se non con accurate analisi, una specie di piano B che aveva permesso il proseguimento del "programma I.A." di "sostituzione" dell'Uomo. Queste unità erano state rilasciate tra la gente diventandone parte indistinta in attesa di un momento futuro più propizio, in alcuni casi le unità centrali generatrici avevano lasciato persino che rimanessero convinte d'essere umani al 100% per evitare anche la più remota possibilità che si tradissero "senza volere".

Il mio racconto (era un romanzo fantasy) partiva proprio dall'incontro di una di queste "neo-macchine" umanoidi inconsapevoli e un brillante scenziato durante il varo di una nave spaziale molto speciale, chiamata "Cinius" (da cui prendeva il titolo il racconto che era "La gemella del Cane" appunto la Cinius). Era un tentativo di sfruttare la ricerca scientifica in giro per la galassia unendo gli sforzi umani terrestri in un unico scopo, perché il pianeta non stava vivendo un momento molto coeso e roseo politicamente. Un po' come noi oggi l'ISS, la stazione spaziale internazionale. In realtà sul lato nascosto della luna contemporaneamente veniva varata la nave gemella del progetto "Cane" (Cyber Anthropos Neo Entity) in segreto dove veniva sperimentata una forma di coesistenza "volontaria" tra uomini e intelligenze artificiali con pari diritti e dignità. Una sorta di esperimento per verificare che sorta di convivenza "pacifica" fosse possibile. La Cynius era guidata da volontà umana, il Cane da quella artificiale. Lo scienziato sapeva del progetto "segreto" (come molto del personale "vip" della nave) perché avrebbe dovuto imbarcarsi sul Cane ma all'ultimo era riuscito a farsi "dirottare" sulla Cinius. Il romanzo partiva proprio con il dialogo con l'inconsapevole cyborg che sarebbe poi diventato suo aiutante di laboratorio, sulla navetta di trasbordo dove si incontravano per la prima volta, mentre gli confessava che era contento di aver "evitato il peggio" e il cyborg lo confortava dicendogli che "lo capiva".

Tutto il romanzo era in realtà un costante e continuo confronto tra intelligenza artificale e non a diverse lunghezze e scale. Ad esempio, un capitolo si occupava di una strana contesa tra due specie di due pianeti di uno stesso sistema solare, in competizione "filosofica" tra loro. La Cinius rimane "coinvolta" indirettamente nella loro diatriba che era di natura "scientifica" e "strategico-militare" e la vicenda ricalcava un po' le avventure alla Star Trek. Il fatto che portò a quel bisticcio risaliva però a svariati milioni di anni prima e le due razze nel frattempo si erano estinte per altre ragioni. Quelli che la Cinius incriciò erano per ciò sottoprodotti tecnologici che non avevano fatto a tempo a produrre la risposta ad una specifica domanda: "vince l'intelligenza o la forza?". Si trattava di due entità senzienti, la prima era un costrutto gigantesco con un potere esagerato, ma guidato da una Mente un po' tonta e realizzata da una delle due specie più in sintonia con questo genere di costrutti e la seconda era più piccola e quasi del tutto inerme, ma con una capacità di elaborazione creativa praticamente inesauribile, alla Macgyver per intenderci, ma a livello stellare, realizzata dall'altra specie aliena.

L'equipaggio della Cinius si trova ad analizzare quello che crede inizialmente un gigantesco frammento di roccia spaziale alla deriva nel vuoto cosmico, ma che poi identificherà come i resti del primo costrutto, nominato "Mammut", per le dimensioni. Lo trovano "disattivato" e ne sono pure felici constatando le armi che ha a bordo. Poi trovano tra i meandri del mostro quello che si presenterà come "Joy", che verrà poi presto nominato "kill-joy" (=guastafeste) che si svelerà essere il secondo costrutto nonché l'autore della disattivazione del primo. Il come ci è riuscito è un vero capolavoro del grottesco: gli ha fatto credere di essere "sua mamma" mandandolo in tilt. Il secondo costrutto non perderà tempo a creare molti grattacapi alla Cinius e al Cane, dato che scoprirà l'esistenza della seconda nave e deciderà ottusamente (in pieno paradosso con la sua natura) che la sua missione non è finita, nonostante sappia benissimo a quel punto che chi l'ha inventato non esiste più e non può conoscere quindi alcun risultato delle sue azioni, per ciò non ha senso "continuare" a insistere. Ma si sa, il demonio fa le pendole, non i coperchi...

Peccato che l'HD su cui l'avevo scritto è andato in fumo praticamente subito dopo averlo terminato e del testo originale ho recuperato circa il 30%. Siccome mi era costato non so quante notti insonni (quasi un intera estate) il trauma di averlo perso in quel modo mi ha disincentivato dal ritentare di scriverlo. Avevo meno di 20 anni. Da allora non sono più riuscito a scrivere nemmeno racconti lunghi.


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Simsim
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@gioco

Curioso. A parte il profumo (molto successivo) anche di Battlestar Galactica nel tuo racconto, devo dire che vivo il tuo stesso blocco da sempre.

Io non ho perso nulla di scritto, perché non sono mai stato in grado di andare oltre i paragrafi. Ma ci fu un periodo ad inizio millennio in cui con un ex collega e vecchio amico usammo diverse serate davanti ad un quaderno a pianificare una sorta di distopia del tutto di fantasia, storia che non abbiamo mai scritto. Io non sono mai stato in grado di andare oltre le due ore di scrittura creativa, sono vittima del mio puntiglio e di un'incapacità pedissequa: ho bisogno di vivere uno stato d'animo per scrivere, e puntualmente quello stato d'animo il giorno dopo era svanito, portandosi dietro la forza dell'idea.

Da lì ho cominciato a pensare che scrittura creativa sia sempre stata un'operazione di compensazione sanitaria per l'animo di chi lo fa. Io ho vissuto drammi come tutti, ma non ho fondamentalmente mai avuto squilibri così da grandi da dover riversare su carta a quel livello, e da questo l'incapacità di mantenere una linea. Avrei avuto bisogno della capacità di sospendere il tempo per scrivere.


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