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Travaglio - Harakiri


Tao
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In Giappone il ministro dell’Agricoltura Toshikatsu Matsuoka, coinvolto in uno scandalo finanziario, s’è impiccato in pieno Parlamento. «Sono ben cosciente - ha lasciato detto - delle mie responsabilità. È mio dovere far sì che cose simili non si ripetano». Era accusato di aver intascato fondi neri per 6.600 euro da una società edilizia che poi aveva vinto appalti pubblici e di aver presentato note spese fasulle per 180 mila euro facendosele rimborsare dallo Stato.

In Italia Paolo Scaroni, quand’era manager della Techint, pagò tangenti al Psi per vincere appalti all’Enel. Una volta scoperto, fortunatamente non si suicidò. Patteggiò 1 anno e 4 mesi per corruzione e fu subito promosso dal governo Berlusconi presidente dell’Enel (in veste d’intenditore) e poi amministratore delegato dell’Eni: ora è di nuovo indagato dalla Procura di Milano per aver truffato gli italiani taroccando i contatori di gas e gonfiando le bollette di circa il 6%. Se avesse lasciato detto qualcosa, avrebbe potuto dire: «Sono ben incosciente delle mie responsabilità. Ed è mio dovere far sì che cose simili si ripetano. Ora scusatemi, ma ho molto da fare».

Matsuoka riteneva di aver «perso la reputazione»: il che, spiega Paolo Salom sul Corriere, «è la tragedia più grande per un uomo dell’Estremo Oriente. Negli ultimi 25 anni, altri 4 parlamentari han fatto harakiri». Tutti gli Scaroni d’Italia della reputazione e dell’onore hanno un concetto un po’ elastico: non temono di perderli, non si sono mai posti il problema, e questo li avvantaggia parecchio rispetto agli uomini dell’Estremo Oriente. Chi ha una faccia, teme di perderla. Ma chi non ce l’ha, o più semplicemente vive in Italia, non ha nulla da perdere. Vive meglio. E soprattutto vive. Mentre i Matsuoka muoiono. Certo i Matsuoka esagerano: noi, più modestamente, ci accontenteremmo che quelli nostrani vivessero cent’anni, ma a casa loro, lontano dal denaro pubblico. Invece, se nel curriculum hanno almeno una condanna da vantare, vi si avvicinano vieppiù. E dire che, solo 15 anni fa, capitava anche in Italia che qualche personaggio coinvolto in Tangentopoli si togliesse la vita per la vergogna, o per paura delle conseguenze. Ma oggi vengono ricordati come vittime, non come colpevoli: colpevoli sono i giudici che scoprirono i loro delitti e i giornali che li raccontarono. In Giappone a nessuno salterebbe in mente di accusare giudici o giornali: se uno ruba, le conseguenze dei suoi furti ricadono su di lui, non sugli altri. Il Corriere aggiunge che «Matsuoka, facendo harakiri, ha riconquistato il suo onore di fronte ai connazionali». Ecco, i connazionali. I cittadini. La società civile. L’opinione pubblica. Nel ‘92-’93 ne avevamo una anche noi. Scendeva in piazza contro i ladri e a favore delle guardie. Poi, a reti unificate, le fu spiegato che i ladri erano le vittime e le guardie i colpevoli. Il gioco di prestigio funzionò.

L’altroieri gli elettori di Asti hanno rieletto sindaco il forzista Giorgio Galvagno: lo era già nel gennaio ’94, quando era socialista e fu arrestato. Lo scandalo era quello della discarica di Vallemanina e Valleandona, dove venivano smaltiti illegalmente rifiuti tossici e nocivi in cambio di tangenti. Innocente? No, colpevole: nel 1996 Galvagno patteggiò 6 mesi e 26 giorni di carcere per inquinamento delle falde acquifere, abuso e omissione di atti ufficio, falso ideologico, delitti colposi contro la salute pubblica e omessa denuncia dei responsabili della Tangentopoli astigiana. Meritava un premio: nel 2001 Forza Italia lo preferì all’allora capogruppo, l’avvocato Alberto Pasta, che aveva un handicap: al processo sulla discarica assisteva il comitato delle vittime, parte civile contro Galvagno. Fra il condannato e la parte civile, il partito di Berlusconi non ebbe esitazioni: scelse il condannato. Galvagno divenne deputato. Ora è di nuovo sindaco,col 56,9%. A Taranto sfiora il ballottaggio il figlio di Giancarlo Cito, che non poteva ripresentarsi per via di una condanna per mafia (Sacra corona unita). A Monza vince il rappresentante della Cdl, così finalmente Paolo Berlusconi potrà costruire un milione di metri cubi alla Cascinazza. La politica è in crisi anche per questo: a volte, come diceva un celebre titolo di Cuore, «l’uomo della strada è una bella merda».

Marco Travaglio
Fonte: www.unita.it
29.05.07


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Tao
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La magistratura di Milano dà qualche “pizzicotto” all’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, per presunte irregolarità riscontrate negli apparecchi di misurazione del gas. Insieme a Scaroni risultano indagati anche altri dirigenti di Snam e Italgas. Le accuse ipotizzate dai pm milanesi sono quelle di truffa, violazione della legge sulle accise, ostacolo all'attività di vigilanza e uso di misure o pesi con falsa impronta.

Insomma “robetta” che serve solo a dare un po’ di fastidio all’ad del gruppo energetico compartecipato dal Tesoro, probabilmente per la caustica presa di posizione dei vertici dell’Eni, i quali hanno fatto sapere di non avere alcuna intenzione di rinunciare alla rete di distribuzione del gas in Italia, quella gestita dalla Snam. Il centro-sinistra, per bocca di alcuni suoi “eminenti” rappresentati fa pressioni perché l’Eni rinunci al suo monopolio nella distribuzione energetica a vantaggio, soprattutto, delle municipalizzate (le quali, peraltro, sono per la maggior parte controllate da uomini vicini al centro-sinistra). Naturalmente la scusante è sempre quella del libero mercato e dei vantaggi derivanti ai consumatori da una maggiore concorrenza; peccato però che per avvantaggiare gli amministratori (e le amministrazioni) locali si vorrebbe indebolire una forte impresa nazionale che opera sui maggiori mercati esteri e che s’interfaccia, da pari a pari, con imprese statali come la Gazprom russa, prima fornitrice di gas in Europa.

Certo, sappiamo benissimo che l’ENI agisce con metodi che eufemisticamente potrebbero essere definiti poco ortodossi (ma mi si dica il nome di una sola impresa che, a questi livelli, non ha scheletri nell’armadio), lo stesso Scaroni ha potuto resistere, fino ad oggi, alle pressioni, dell’UE - la quale richiede maggiori liberalizzazioni del mercato energetico in Europa (ricordiamo, en passant, che anche Francia e Germania sono “inadempienti” per evidenti ragioni strategiche e d’interesse nazionale) - e a quelle esercitate dalla politica italiana, in quanto membro autorevole del Bilderberg, "massoneria" mondiale che riunisce alcuni tra più potenti uomini della terra. Lo stesso Direttore Generale dell’Eni, intervistato dal programma Report di Rai tre, ha ribadito un concetto che mi sembra incontestabile: “francamente riteniamo che per essere le controparti credibili ai tavoli negoziali, quindi per poter ottenere le migliori condizioni del prezzo de Gas dai grandi fornitori internazionali, sia necessaria avere una struttura fortemente integrata anche verticalmente. Quindi in questo senso ci piacerebbe mantenere la proprietà di Snam Rete Gas”. E come dargli torto!

Il mercato dell’energia è uno di quelli dove meno valgono le falsità sul liberoscambio, sull’economia del laissez-faire laissez passer, e dove gli Stati devono mantenere un ruolo fondamentale per assicurarsi gli approvvigionamenti necessari al fabbisogno delle proprie imprese e dei consumatori. Nessuno vuole negare che l’energia in Italia abbia un prezzo più alto rispetto agli altri paesi dell’area euro (del resto ci sono i dati che lo attestano) ma da qui a voler sanzionare questa situazione, magari indebolendo una delle poche imprese italiane che ha ancora una grande forza di penetrazione dei mercati mondiali, ci passa solo il solito masochismo all’italiana. Con queste corbellerie sui vantaggi generati dal libero mercato si è già impedito a Finmeccanica, altra impresa leader compartecipata dallo Stato, di concludere accordi vantaggiosi con Airbus, i quali avevano un valore strategico, tanto per l’Italia che per l’Europa, superiori alle commissioni per la componentistica assegnate dall’americana Boeing. Ricordo, su questa vicenda, un articolo di Carlo Pelanda, giornalista de Il Giornale, che in una overdose di liberismo stupido quanto fasullo (e tendenzioso) invitava la Finmeccanica a stare ben attenta a come si muoveva perchè non si dovevano perdere gli ordinativi della Boeing per un "misero" accordo antieconomico con Airbus. (Carlo Pelanda, 16.05.06).

Si tratta sempre della solita solfa ideologica che da un quindicennio appesta il paese e che rimbalza costantemente tra un misto di statalismo affidato alle fondazioni bancarie (da parte sinistrorsa) e un iperliberismo (da parte destrorsa). Ciò va ad obnubilare la invereconda supinità di questa classe dirigente rispetto al paese centrale (gli Usa), quella che meglio incarna la contrapposizione politicamente "morbida" tra neocattomunisti fintokeynesiani e liberisti “unipolaristi”, entrambi associati contro il recupero di indipendenza della nostra nazione. Tornando all’inchiesta di Report, mi dispiace che giornalisti normalmente molto attenti si facciano risucchiare in questa perniciosa questione delle liberalizzazioni. Ed il fatto che la UE chieda la liberalizzazione del mercato dell’energia non è una buona motivazione per depotenziare le imprese italiane più attive. Del resto (solo per fare un esempio di "parzialità" delle istituzioni europee) perché la BCE, pur di favorire l’economia statunitense, continua ad aumentare i tassi nonostante non sia affatto dimostrato che questa misura abbia un impatto positivo sull’ inflazione? Forse perché anche i vertici europei agiscono al servizio d’interessi d’oltre oceano? L’unica cosa certa, quando aumentano i tassi d’interesse, è che aumenta sia il costo del denaro, che la disoccupazione. Per cui, cari giornalisti di Report, non mi sembra una buona giustificazione invocare le istituzione europee (l’Europa dei finanzieri e delle banche vicine alla Grande Finanza americana) per costringere i paesi a rinunciare alle proprie strategie geoeconomiche.

Inoltre, sarà pur vero che l’ENI vende il suo gas dei giacimenti del Kazakhistan ad una controllata dello Stato khazako che, a sua volta, lo vende alla Gazprom che lo rivende all’ENI (ad un prezzo maggiorato). Tuttavia non possiamo sapere come stanno esattamente le cose, ci sono delle ragioni che non scorgiamo ma sono sicuro che non si tratta solo del tentativo di “fottere” i consumatori italiani. Tutto ciò è sufficiente per invocare lo smembramento dell’ENI e dei suoi rapporti con la Gazprom? E per favorire chi? Quale altro monopolio? Quando Enrico Mattei cercava di fare i propri affari con chi gli forniva petrolio e gas a prezzi più bassi si scatenò il putiferio perché così si tradiva l’alleanza con gli USA per favorire l’URSS o l’Iran (al quale l’ENI di Mattei lasciava il 75% della produzione quando perforava il suo territorio).

Questo modo di fare di Mattei infastidì le “Sette Sorelle” e il governo americano, di lì a breve il presidente dell’ENI farà la fine che tutti sappiamo. All’epoca il mercato non era mercato? Perché Mattei non poteva comprare da chi faceva prezzi più bassi? In realtà, contavano gli assetti del mondo bipolare e della guerra fredda e nessuno si sognava di anteporre panegirici sul libero mercato agli interessi dell'occidente. Non si capisce perché oggi ci si scagli tanto contro Gazprom che fa gli interessi della nazione russa dopo anni di sottomissione e di violenta disgregazione voluta dai paesi occidentali. Ma, soprattutto, capisco ancor meno il voler a tutti i costi danneggiare quei pochi “gioielli” industriali che ancora ci restano.

Fonte: http://ripensaremarx.splinder.com/
29.05.07


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