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Trump e il "Degré zéro de l'information"


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Se c’era una speranza era con Trump.
Poi se anche lui tradisce gli elettori significa che non c’era più niente da fare.

Che poi “tradire gli elettori” presume un minimo di consapevolezza sulle proprie esigenze politico economiche e sulle proposte del candidato.
Non credo ce ne sia più, né in campo redneck né in quello snowflake.

Perché è l’informazione il mezzo indispensabile per generare la consapevolezza e noi oggi ci troviamo esattamente al “Degré zéro de l’information”, per parafrasare Barthes.
Lui diceva che nel nostro tempo non si può più fare “letteratura”.
Ma oggi, aggiungo io, l’arte non esiste più ed è l’ “informazione” che ha preso il posto della “letteratura”.

L’élite neocon dei globalisti si è appropriata della informazione; poteva essere realmente “informazione” valida e riconosciuta (“informazione” ossia, analogamente in Barthes: “littérature”) solamente quella fornita da loro.
Un’arma poderosa, quasi invincibile ma era informazione falsa, con l’unico scopo di imporre il potere di una ristretta oligarchia – quindi non “informazione veramente socializzante” come dovrebbe essere la sua più autentica funzione – alla quale i cittadini non avevano modo di opporsi se non rifugiandosi nelle catacombe dei media alternativi complottisti, dove si può sperare di trovare qualche illusorio surrogato di indipendenza di giudizio e di appartenenza a una comunità .

Steve Bannon, che conosce bene l’ambiente, ha consigliato Trump di dedicare attenzione proprio a quel settore disprezzato e negletto dalla cultura ufficiale (come sono disprezzati e negletti i poveri scarsamente istruiti, che quindi si identificano personalmente in quel tipo di informazione): è stato dato loro “riconoscimento”, una patente di validità che dice “non sei un poveraccio, sei all’altezza di chiunque altro” ossia qualcosa che per i cittadini – come è nell’arte, nella letteratura e oggi nell’informazione – ha un valore non solamente relativamente alla diffusione di notizie ma anche a livello sociale, politico e personale.
Sono state concessi piccoli scoop bomba come il noto video di Pieczenik sull’imminente golpe interno alla burocrazia americana o la lunga intervista di Trump a Infowars e in questo modo ci si è “appropriati” della fiducia delle persone.

Le élite globaliste si sono impossessate della “informazione”, quella con l’auctoritas dell’ufficialità e quindi sono diventate proprietarie di un importantissimo simbolo socializzante del sistema da loro dominato; Trump (Bannon) non poteva fare altro che tentare di distruggere quella auctoritas.
Ma c’è un piccolo dettaglio: l’auctoritas una volta distrutta non la ricrei più se non dopo decenni e forse non bastano.

Vorrei far notare che oltre all’analogia fra “informazione” (oggi) e “littérature” (nel saggio citato di Barthes), si può andare molto più in là arrivando a fare un parallelo perfettamente calzante fra liquefazione della “littérature” – in quanto “écriture” che assume uno status di rappresentanza dell’ethos e della weltanschuung condivisa di una intera comunità – e liquefazione della “auctoritas imperiale” (che potrebbe essere incarnata anche dalla Chiesa) nel libro di Cacciari “Il potere che frena” (“liquefazione” è la parola usata da Cacciari).

Decisamente siamo in un’epoca in cui il Katechon non tiene più o meglio, chi incarnava il ruolo che lo poneva nella posizione di essere il Katechon ha ritenuto di avvalersene esclusivamente per i propri fini e non per quelli dell’Umanità o, per chi crede, di Dio.
A quel punto, avendola svilita a semplice mezzo di potere persuasivo e coercitivo, non è stato difficile metterla in discussione (perché appena messa seriamente in discussione per un tempo un minimo prolungato l'auctoritas cessa automaticamente di esistere) – magari anche con delle buonissime ragioni se si pensa che Trump si opponeva alla Clinton – però così facendo siamo arrivati non solo al “Degré zéro de l’information” ma a quello dell’intera società che, come la “littérature” di Barthes, oggi non è più nemmeno “pensabile”.
In un parallelo ricalcato pedissequamente dal libro del filosofo francese, dove "l'impossibilità di pensare la letteratura" nella contemporaneità diventa "l'impossibilità di pensare una vera comunità": o ci si inventa ognuno il proprio modello sociale ma allora, anche gabellandolo per “giusto e buono per tutti” ci si ritrova isolati in ristrettissimi gruppi incapaci di comprendere la dimensione più vasta che deve assumere una comunità umana ossia, in altre parole, ci si sente inevitabilmente spinti a diventare una élite aristocratica e chiusa; o, in una alternativa obbligata e altrettanto fine sé stessa, ci si rifà a vecchi modelli (vedi Trump con il suo populismo nazionalista) che però non avranno più alcun aggancio reale con la storia attuale e quindi sono destinati a loro volta a diventare fonte di conflittualità, di divisione e di confusione (che in greco si dice “diaballein. A proposito di Katechon…).

Insomma, se sono vere le profezie direi che senza dubbio ci siamo.


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