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Tuor: l'Italia condannata a retrocedere


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L’Italia non vuole sapere che è condannata a retrocedere
Con la proposta di un’Europa a piu’ velocità Angela Merkel ha aperto ufficialmente il dibattito sul superamento dell’attuale euro

di Alfonso Tuor - 8 febbraio 2017

L’Italia è veramente il Paese delle meraviglie: Angela Merkel lancia il dibattito sul superamento dell’euro nella forma attuale, sostenendo per la prima volta l’idea di un’Europa a più velocità, e il Governo italiano dichiara di sostenere la proposta tedesca, il mondo economico e finanziario tace e la stampa italiana derubrica la svolta tedesca a piè di pagina, giudicando ben più importanti le ormai noiose vicissitudini di Virginia Raggi e lo stucchevole dibattito sulla legge elettorale e sulla data delle prossime elezioni. Tranne qualche lodevole eccezione, nessuna riflessione sulle conseguenze di un superamento della moneta unica e ancor meno sull’inevitabile retrocessione del Paese nella Serie B o addirittura nella Serie C europea. Questo atteggiamento conferma che l’Italia è diretta da una classe dirigente irresponsabile e “predona”, che è riuscita ad annientare la creatività e lo spirito imprenditoriale del suo popolo e a tarpare le ali alla sua economia, facendola diventare il grande malato dell’Europa.

Eppure l’idea di Angela Merkel di inserire nel comunicato finale del prossimo vertice europeo, convocato per commemorare l’anniversario del Trattato di Roma, la proposta di un’Unione europea a più velocità ha di fatto aperto ufficialmente il dibattito sul superamento dell’attuale moneta unica. La Germania si è di fatto arresa all’evidenza: l’Unione monetaria europea non può più andare avanti in questo modo. Infatti oltre alle incognite politiche delle elezioni in Francia e in Olanda che potrebbero vedere l’affermazione dei partiti antieuropeisti, all’instabilità politica italiana a Berlino vi è la consapevolezza che non si può più sperare di convincere Paesi come l’Italia, la Grecia e il Portogallo a quella disciplina nella gestione delle finanze pubbliche che l’opinione pubblica tedesca ritiene indispensabile per evitare che la Germania si ritrovi a pagare i buchi dei Paesi del Sud. Vi è pure il riconoscimento che l’euro è diventato un’insopportabile camicia di forza di queste economie, che ne accentua la contrazione economica. Dunque la moneta unica rischia di trasformarsi da un fattore positivo per l’economia tedesca, che ha approfittato di una valuta debole per far volare il proprio export, in un fardello politico, economico e finanziario. Un onere politico, poiché la cieca fedeltà all’euro diventa uno svantaggio per affrontare le difficile elezioni tedesche di autunno, un fardello economico, poiché la Germania rischia ben presto di doversi far carico dei “buchi” dei Paesi deboli trasformandosi in quella Transfer Union, che terrorizza l’opinione pubblica tedesca, e finanziario, poiché la grave crisi del sistema bancario italiano e l’imminente ennesima crisi greca rischiano di mettere a repentaglio anche il sistema finanziario dei cosiddetti Paesi forti, che è molto più fragile di quanto tutti pensino (in proposito basti ricordate che i crediti in sofferenza in Eurolandia ammontano a mille miliardi di euro, di cui un quarto sono in Italia). Ma c’è di più. Il probabile aumento del costo del denaro a livello internazionale, la diminuzione dell’acquisto mensile di titoli da parte della Banca centrale europea e l’aumento degli spread (ossia il differenziale dei tassi di un Paese rispetto a quelli tedeschi), oltre alle note incertezze politiche, fanno prevedere un’accelerazione dei tempi di una nuova crisi dell’euro. Quindi, si pensa a Berlino è meglio prepararsi per i tempi duri che si stagliano all’orizzonte e preparare il terreno per un’uscita concordata dall’attuale Unione monetaria europea. E un divorzio consensuale sarebbe sicuramente meno traumatico e meno doloroso di una spaccatura dell’euro dovuta ad una crisi e ad uno scontro politico tra i Paesi europei.

Il superamento dell’euro non è però condiviso da tutti. A gridarlo con forza è stato il presidente della Banca centrale europea. Mario Draghi, davanti al Parlamento europeo, ha infatti dichiarato che l’euro è irrevocabile. Il presidente della Banca centrale europea ha addirittura sentito il bisogno di rafforzare questa affermazione ripetendola per ben due volte. Non è ancora chiaro su quali alleati possa contare Mario Draghi, ma non sorprende che la Banca centrale europea, guardiana della moneta unica, lanci un accorato grido di disperazione dopo aver perso il sostegno del principale Paese dell’Unione. Mario Draghi sa anche che sulle modalità di spaccatura dell’euro non vi sono solo numerosi studi di pubblico dominio, ma anche gli scenari elaborati da un gruppo di lavoro segreto, incaricato dai Paesi membri di Eurolandia di preparare nel massimo riserbo le diverse modalità di spaccatura dell’euro con annessi studi della loro fattibilità e dei loro costi.

Alcuni scenari sono noti. Il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, vede di buon occhio la formazione di un euro di Serie A e di uno di Serie B. Del primo farebbero parte la Germania, l’Olanda, il Belgio, l’Austria e la Finlandia; del secondo i Paesi del Mediterraneo. Il grande nodo politico di questa divisione è in che categoria finirebbe la Francia. Molto probabilmente il passo della Merkel indica che Parigi si è arresa all’ineluttabilità della fine dell’euro ed è disposta a sopportare i costi economici e ad accettare il rischio di giocare in Serie A insieme alla Germania, anche per soddisfare l’orgoglio nazionale francese, la famosa grandeur. E’ invece certo che l’Italia verrebbe retrocessa in Serie B (se vi sarà una Serie B).

Una rottura concordata e ben pianificata dell’euro sarebbe la soluzione migliore: è inutile negare che vi sarebbe gravi sommovimenti sui mercati finanziari e anche dei costi economici rilevanti, ma sarebbe sicuramente conveniente accettare queste “pene” (soprattutto per un Paese come l’Italia) piuttosto che continuare a far parte di una moneta unica che la condanna al declino attraverso una continua stagnazione economica. Si puo’ prevedere che i costi iniziali saranno assorbiti dopo un certo lasso di tempo da economie, come quella italiana, che ritroverebbero la via dello sviluppo una volta liberatesi dalla camicia di forza dell’attuale Unione monetaria. Tutto cio’ dovrebbe essere oggetto di dibattito pubblico e questa discussione non dovrebbe solo riguardare la Lega e il partito di Beppe Grillo. Ma non è cosi’ ed è stupefacente.

Il Paese delle meraviglie deve cominciare a capire che versa in una crisi gravissima, che il suo sistema bancario è sull’orlo del precipizio, che la sua amministrazione pubblica è assolutamente inefficiente, costosa ed un impedimento per l’attività economica (non riesce nemmeno ad affrontare emergenze, come il terremoto e le forti nevicate), che la classe politica ed economica è fatta spesso da predoni che pensano ai loro interessi e non a quelli del Paese e che gli organi di stampa ne sono la servile grancassa. Non sorprende quindi che Governo, partiti e stampa non informino nemmeno che il Paese è alla vigilia di una retrocessione che indubbiamente comporterà all’inizio dolori e pene, ma che in prospettiva potrebbe creare le premesse per una rinascita del Paese (sempre che si riesca a liberare dell’attuale classe dirigente). Insomma, il Paese delle meraviglie continua a stupire: non si interroga nemmeno su quanto rischia ben presto di cadergli addosso.


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