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Tuor: Mario Draghi non basta all'Italia


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Mario Draghi non basta all’Italia
Lo spread ha ripreso a salire superando i 200 punti a causa della crisi delle banche e della crescente incertezza politica

di Alfonso Tuor - 5 aprile 2017

Tutti guardavano alla Francia ed invece a balzare sono i rendimenti delle obbligazioni italiane. Lo spread, il famoso differenziale tra i rendimenti dei titoli italiani a 10 anni e quelli tedeschi, è salito e ha superato i 200 punti. Ciò non accadeva dal febbraio del 2014, ossia da prima che i mercati anticipassero l’acquisto massiccio di titoli da parte della Banca centrale europea, ossia il famoso Quantitative Easing che ha spinto al ribasso i tassi di interesse e ha favorito soprattutto i Paesi “deboli” dell’area dell’euro. Insomma, l’aiuto di Mario Draghi non sembra bastare ad un’Italia che non ha saputo sfruttare i fattori internazionali favorevoli (dovuti dal crollo dei prezzi delle materie prime, a tassi di interesse a livelli storicamente minimi e appunto agli acquisti di obbligazioni da parte della Bce) per rilanciare la crescita economica, recuperare competitività e rimettere i conti pubblici in sesto.

E’ stata una grande occasione sprecata, di cui il principale responsabile è stato il Governo di Matteo Renzi. E infatti, come abbiamo già scritto in un precedente blog, Mario Draghi e il gruppo di maggiorenti che fa capo al Presidente della Bce ha scaricato l’ex sindaco di Firenze e farà di tutto perché non ritorni a Palazzo Chigi. Significative a questo livello sono le dichiarazioni di Mario Monti, la ricomparsa sulla scena politica di Enrico Letta, i silenzi di Prodi e l’appoggio dato dall’ex Presidente Giorgio Napolitano alla candidatura di Orlando alla guida del Partito democratico. Per queste persone Matteo Renzi ha fatto il suo tempo, si è dimostrato incapace di attuare le riforme di cui il Paese aveva bisogno, ha sprecato miliardi in oboli elettorali a destra e a manca e non è più credibile a livello europeo. E paradossalmente con il sistema elettorale proporzionale con cui si voterà all’inizio dell’anno prossimo rende il suo possibile ritorno alla guida del PD un fattore di destabilizzazione, (agli occhi di molti), poiché rende difficile la formazione di una maggioranza che inglobi anche Forza Italia di Silvio Berlusconi e altre forze politiche. Anzi, secondo alcuni, Matteo Renzi potrebbe giocare d’azzardo e far sì che le elezioni si tengano già quest’autunno. Questa fretta è dovuta alla paura che la “stangata”, che la prossima legge finanziaria inevitabilmente conterrà, gli possa costare pesantemente a livello elettorale. Quindi, meglio chiamare i cittadini alle urne prima di fargli bere l’olio di ricino.

E proprio queste crescenti incertezze politiche e l’aumento esponenziale del costo del salvataggio delle banche sono la causa prima di questo rialzo dei rendimenti dei titoli italiani. Infatti gli ultimi dati economici, pur non essendo esaltanti, sono confortanti. Vi è stato infatti un aumento della fiducia dei responsabili degli acquisti delle imprese e un calo della disoccupazione all’11,5%, anche se in parte dovuta all’incremento degli inattivi, ossia degli scoraggiati che non cercano più un posto di lavoro. Le previsioni di crescita restano comunque modeste e inoltre incombe una manovra correttiva per evitare che venga aperta da Bruxelles una procedura di infrazione contro l’Italia. Ma soprattutto all’orizzonte si stagliano scenari non confortanti. Infatti è prevedibile che a livello mondiale sia prossima la fine del lungo periodo di un costo del denaro di poco superiore allo zero, che quindi farebbe lievitare il costo di rifinanziamento del debito pubblico italiano. Ciò renderebbe necessarie nuove misure di risparmio, poiché il gettito fiscale non crescerebbe più di tanto visto che l’economia italiana non riesce a decollare.

E poi su tutto ciò pesa come un macigno la voragine delle banche. L’Italia ha stanziato 20 miliardi di euro per salvare le banche. In realtà ne occorreranno almeno 80 per rimettere in sesto il sistema bancario. Basti pensare che, secondo indiscrezioni di Bloomberg, la Banca centrale europea chiederebbe una iniezioni patrimoniale di 6,4 miliardi di euro per la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Questi soldi si aggiungono ai miliardi per il Monte dei Paschi di Siena e a quelli per altri istituti che non stanno molto meglio. Ai costi per lo Stato bisogna aggiungere quelli dei risparmiatori. E’ stato calcolato che un milione e mezzo di risparmiatori ha già perso 15 miliardi di euro a causa della crisi delle banche. Oltre ai problemi politici e sociali che pone questo “esproprio”, vi è il costo economico rappresentato da rabbia, pessimismo e minori consumi.

In conclusione, l’Italia rimane il “Grande Malato” di Eurolandia. I mercati lo stanno anticipando, dimenticandosi però che all’orizzonte vi è un altro episodio della lunga tragedia greca e ancora prima le elezioni presidenziali in Francia, in cui la sconfitta di Marine Le Pen è meno certa di quanto credano.


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