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Tuor: Qatar, la fine di un Emirato


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Qatar, la fine di un Emirato
Doha è destinata a capitolare e probabilmente a vedersi sottrarre buona parte delle sue enormi ricchezze

di Alfonso Tuor - 7 giugno 2017

Non è un fulmine a ciel sereno, ma una crisi che maturava da tempo quella che ha spinto sei Paesi a mettere al bando il Qatar. Il colpo di grazia lo ha dato sicuramente Donald Trump che nella recente visita a Riad ha dato sicuramente il via libera all’iniziativa voluta in primis da Arabia Saudita ed Egitto. Ora si tratterà di capire come evolverà la crisi. Lo scenario più probabile è che l’Emirato dovrà chinare la testa, dimenticare i sogni di poter usare i miliardi del suo gas per condurre una politica relativamente autonoma e accettare di diventare un protettorato dell’Arabia Saudita.

Il piccolo ma ricchissimo Emirato ha da tempo cercato di crearsi uno spazio politico autonomo rispetto al potente vicino saudita. La sua colpa maggiore è comunque quella di aver avuto amici sbagliati e di aver di fatto messo in discussione il primato di Riad. Allora come oggi le ragioni principali sono il sostegno qatariota ai Fratelli musulmani e l’uso spregiudicato della catena televisiva Al Jazeera, molto seguita nei Paesi arabi. L’Emirato finanzia infatti i Fratelli musulmani e ospita il loro capo religioso. I Fratelli musulmani, che sono un’organizzazione che ha una lunga storia, sono considerati sia dai sauditi sia dagli altri Emirati del Golfo una minaccia per la stabilità delle loro monarchie. Il momento di maggiore tensione tra Qatar e gli altri Paesi del Golfo è stata comunque la crisi egiziana. Infatti il Qatar, con la Turchia di Erdogan, è stato il Paese che ha sostenuto il Governo dei Fratelli musulmani del Presidente Morsi e che ha usato la sua catena televisiva per criticare il colpo di stato del generale Al Sisi ancora oggi alle prese con una vera e propria rivolta nella penisola del Sinai e con continui attacchi terroristici in tutto il Paese. Vi sono altri amici del Qatar che non piacciono agli altri Paesi del Golfo. Hamas nella striscia di Gaza e le milizie libiche che si battono in Cirenaica contro il generale Haftar, che è invece sostenuto da Egitto ed Emirati arabi uniti. Le tensioni con gli altri Paesi del Golfo durano da tempo e già alcuni anni orsono si era verificata un’altra crisi (meno grave dell’attuale) che aveva spinto il vecchio emiro ad abdicare a favore del figlio Tamim bin Hamad Al-Thani.

Indubbiamente la svolta è stata la visita di Trump, durante la quale il Presidente americano ha dato il proprio totale appoggio ad Arabia Saudita ed Egitto allo scopo di costruire quella Santa Alleanza sunnita contro l’Iran e il terrorismo. Lo scomodo Emirato è diventato dunque l’ideale vittima sacrificale. All’Arabia Saudita la sua messa al bando serve per addebitare al Qatar la responsabilità dei finanziamenti alle organizzazioni terroristiche e allo Stato islamico che anch’essa ha sempre sostenuto. Serve per far dimenticare pure il sostegno all’Islam integralista wahabita e alla sua diffusione nel mondo. Insomma, un bel capro espiatorio per rifarsi la verginità e per affermare il proprio primato nella penisola araba. Il maggiore vincitore è tuttavia il generale egiziano Al Sisi che elimina la principale fonte di finanziamenti alla sua opposizione.

Ci si deve domandare se sono solo queste le ragioni di questa mossa. Vi sono numerosi motivi per dubitarne. Il Qatar è molto ricco, ha importanti partecipazioni azionarie in molte società occidentali, tra cui anche il Credit Suisse, è il principale esportatore di gas liquido. Queste risorse fanno gola a Riad alle prese con un deficit di bilancio a causa del crollo del prezzo del petrolio. Ma questo lo si capirà solo seguendo l’evoluzione di questa grave crisi. Sta di fatto che per il momento il prezzo del petrolio non ha subito scossoni e che quindi si prevede che la crisi verrà risolta probabilmente grazie alla mediazione dell’Emiro del Kuwait che ha offerto i suoi buoni uffici. Infatti un conflitto militare appare improbabile. Innanzitutto, lo hanno fatto capire chiaramente gli Stati Uniti che hanno una base militare strategica in Qatar. Un conflitto non lo vuole nemmeno la Turchia che è legata al Qatar da un trattato di cooperazione militare. E un conflitto non lo vuole nemmeno l’Iran, che non è un alleato del Qatar sunnita, ma che intrattiene importanti relazioni commerciali con l’Emirato.

Per il Qatar le vie di uscita da questa crisi sono estremamente ridotte e rispondono al nome di capitolazione. Si tratterà di capire quali saranno i termini di questa resa. Appare certo che verrà chiesta l’espulsione di tutti i membri della Fratellanza musulmana e la cessazione di ogni forma di finanziamento. Verrà pure chiesta la chiusura di Al Jazeera o la normalizzazione delle sue informazioni. Ma questi passi molto probabilmente non basteranno. Il Qatar diventerà molto probabilmente un protettorato saudita. Cio’ potrebbe anche voler dire che l’Arabia Saudita potrebbe beneficiare anche di parte delle sue risorse energetiche e dei suoi mezzi finanziari. Insomma, la fine dei sogni di autonomia del Qatar e probabilmente anche la fine del Regno della famiglia Al-Thani.


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illupodeicieli
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Non mi sono simpatici né gli uni né gli altri, ma i sauditi non li sopporto: per cui spero di no, e , da sardo ,non tanto per Meridiana o il Mater Olbia, per una questione di fastidio vero e proprio. Per partito preso.


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oriundo2006
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Innanzitutto non sappiamo le dinamiche interne alle diverse componenti tribali dei due stati: infatti sia Quatar sia l'Arabia hanno una struttura statale pre-moderna ( o forse post-moderna, viste le tendenze regressive presenti ovunque...) fondata su legami di sangue e familiari e su gerarchie dominate da logiche e tempi oramai lontanissimi dai nostri...anziani capitribu' e giovani che mordono il freno, come era anche in Libia e relazioni trasversali di persone che sanno tutto di tutti...chi volesse distruggere il Quatar si troverebbe probabilmente a dover gestire un futuro da incubo, con clan rivali in perpetua lotta. Converrebbe davvero ai Saud, vicini di casa, avere ai propri confini una guerra civile perpetua e per di piu' tra cugini ? Non penso proprio. Conviene invece a chi ha interesse a 'modernizzare' l'Islam provocare liti e discordie per fragilizzarli e distruggerli definitivamente: e questo per un'infinita' di ragioni. Non dico a chi mi riferisco, ma capito mi hai, Lupo...Sono sempre i soliti: dividere il fronte musulmano per isolarne alcuni, costringere gli altri alla sottomissione e gestire il caos in modo 'creativo', alla Ydon, tanto per dirne una, con un occhio a provocare ovunque motivi d'odio tra simili per meglio asservirne dopo le societa'.
Piuttosto e' possibile che l'Iran - dopo l'attacco odierno - punti il dito sull'Arabia Saudita, fomentatrice da sempre delle tendeze autonomiste del Belucistan ( l'appello all'unita' del Paese da parte della dirigenza di Teheran va visto in questa prospettiva ). In questo caso il problema-Quatar sparisce dalla scena internazionale: e con questo sparisce anche questa 'drole de paix' di cui finora abbiamo goduto immeritatamente. Siamo agli sgoccioli...
P.S.: Trump diventando il contrario di quello che era ha dimostrato che i leaders di tutti i paesi sono o ricattati o 'convinti' con le buone o costretti con le cattive ad ossequiare una road map scritta da altri...tralascio gente come Macron o Gentiloni ( in visita ieri alla sinagoga tutto gongolante e sprizzante ansia di piacere ), sin dall'inizio senza alcuna personalita' propria da difendere.


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