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Il capitalismo parassitario e gli uomini pieni di larve

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di Stefano D'Andrea
Link http://www.appelloalpopolo.it/?p=892

La lettura del libro di Zygmunt Bauman, Capitalismo parassitario, Bari, 2009 e in particolare del primo capitolo, che più riflette il titolo del libro, lascia sospesi e perplessi. Si ha l’impressione di aver seguito un ragionamento ben costruito ma interrotto a metà.

Bauman muove dalla celebre tesi di Rosa Luxenburg, secondo la quale il capitalismo non può sopravvivere senza economie “non capitalistiche”. Esso potrebbe prosperare finché trova “terre vergini da sfruttare”. Il capitalismo sarebbe un sistema parassitario che può crescere e consentire l’accumulazione di capitale quando trova un organismo non ancora sfruttato del quale nutrirsi. Il sociologo svolge la teoria applicandola al moderno capitalismo, osservando che la Luxemburg non aveva ipotizzato che i territori premoderni di paesi esotici non sono gli unici potenziali “ospiti” dei quali il capitalismo può nutrirsi. Gli ospiti moderni, la nuova specie di ospiti, sono gli stessi cittadini degli Stati ad economia capitalistica. Lo sfruttamento avviene assoggettando i cittadini – e invero anche le imprese produttive, ma sul punto Bauman tace – al pagamento degli interessi sul debito contratto con banche e finanziarie.

“L’introduzione delle carte di credito è stato il segnale di quello che sarebbe venuto dopo”, scrive Bauman, il quale ci informa che le carte di credito furono lanciate con lo slogan “Togliete l’attesa dal desiderio”. Le storie che Bauman narra, tratte dalla cronaca della Gran Bretagna, sono penose e probabilmente riguardano le cosiddette carte di credito “revolving” – appena lanciate in Italia, dove per fortuna il capitalismo è meno “maturo” che in Gran Bretagna. Cosa dovrebbe fare, secondo voi, il popolo ai nostri “esperti” che lodavano e, talvolta, ancora continuano a lodare il capitalismo “maturo” dei paesi anglosassoni? Il titolare della carta di credito revolving, utilizzando la carta, contrae un prestito, che deve restituire, con gli interessi, mediante rate fisse mensili. Bauman osserva che i cittadini debitori abbandonano una banca o una finanziaria, che non riescono più a pagare, a favore di un’altra, la quale paga il debito alla prima e diventa la nuova creditrice. Ciò che interessa alle banche e alle finanziarie sono ormai gli interessi, non il capitale. Il capitale, precisiamo noi, sta in bilancio come attivo e continua a figurare come tale anche quando è certo che i debitori non potranno restituirlo; in questo modo banche e finanziarie producono “utili” (e quindi la crescita del valore delle azioni: sic!), che non vi sarebbero o sarebbero molto minori se si prendesse atto che quegli attivi non valgono nulla o ammontano a molto meno del valore nominale, tanto più che questo meccanismo è necessario e per così dire strutturale, posto che il sistema capitalistico moderno (o post moderno; insomma quello attuale) si fonda su una quantità di crediti-debiti largamente superiore alla massa monetaria circolante. Osserva Bauman: “le banche e le società di carte di credito contano ormai sul “servizio” continuato del debito invece che sul pronto rimborso dello stesso”. Bauman poi accenna agli ormai famosi mutui subprime e al credito al consumo (che opportunamente denomina “debito al consumo”), osservando che in Gran Bretagna “il debito al consumo non rimborsato ha superato il totale del prodotto interno lordo”.

La situazione nella quale vengono a trovarsi i protagonisti delle brevi storie narrate da Bauman – le quali comunque riflettono la condizione di milioni di cittadini britannici e statunitensi – è definita dall’autore come “tunnel”: la parola che si suole utilizzare per descrivere la condizione di forte dipendenza da una droga pesante. E infatti, precisa Bauman: “Vivere a credito dà dipendenza come poche altre droghe, forse più di qualsiasi altra droga, e sicuramente di più di altri tranquillanti in offerta…”.

Infine Bauman pone in evidenza il ruolo dello Stato, che nella fase liquida della modernità – così, notoriamente, Bauman designa la fase attuale della modernità – “è “capitalista” nella misura in cui garantisce la disponibilità continua di credito e la capacità continua dei consumatori di ottenerlo”. Assumendo posizioni di ispirazione marxista, il sociologo precisa che “La cooperazione tra stato e mercato nel capitalismo è la regola; il conflitto tra di essi, se mai viene alla luce, è l’eccezione. Di regola, le politiche dello Stato capitalista “dittatoriale” o “democratico”, vengono costruite e condotte nell’interesse, non contro l’interesse dei mercati”. Oggi, secondo Bauman, lo Stato promuove e protegge l’accumulazione di capitale, non tanto attraverso lo sfruttamento della manodopera operaia, bensì attraverso lo “sfruttamento dei consumatori”. Perciò, conclude Bauman – si tratta di una conclusione, anche se l’asserzione si trova nel mezzo del primo capitolo – , “Le notizie sulla morte del capitalismo, come avrebbe detto Mark Twain, sono alquanto esagerate… Anche i necrologi sulla fase “creditizia” nella storia dell’accumulazione capitalistica sono prematuri!”. Una parte forse minoritaria ma significativa della popolazione mondiale è potenzialmente soggetta al rischio di divenire dipendente dalla droga del credito, ossia cronicamente e perennemente indebitata a causa di crediti contratti per consumare di più in una fase, magari breve, della vita.

Salvo un passaggio, quello relativo al preteso succedersi dello sfruttamento dei consumatori allo sfruttamento dei lavoratori – la moderazione salariale e le delocalizzazioni dell’ultimo ventennio mostrano che una forma di sfruttamento si è affiancata all’altra, non l’ha sostituita -, condividiamo riga per riga le pagine di Bauman e siamo piuttosto orgogliosi di averle completamente anticipate. Avevamo scritto, infatti, nel tratteggiare un programma ideale di quello che dovrebbe essere un auspicabile partito alternativo alle due coalizioni che da quindici anni governano l’Italia: “11. I nuovi strumenti di indebitamento – leveraged buy-out, contratti autonomi di garanzia, leaseback, credito al consumo, carta di credito – o sono già invalidi o devono essere qualificati invalidi […] 18. Il termine consumatore deve essere bandito. Esistono soltanto il consumismo e la spesa equilibrata. Il consumismo è l’atteggiamento e l’ideologia dei drogati del consumo; il consumerismo magari fosse metadone: è la dose a basso prezzo” ( http://www.appelloalpopolo.it/?p=22 ). E avevamo anche scritto, nel sostenere la natura assolutamente omogenea delle due coalizioni: “Nessuna delle due coalizioni ha contrastato la politica di indebitamento dei cittadini, che invece è stata perseguita da entrambe, contro il dettato costituzionale, secondo il quale “la Repubblica incoraggia … il risparmio” e non il debito. Le due coalizione intendevano e intendono conservare il potere andando contro un dettato costituzionale, perché se si fa credito al cittadino, la droga del credito attenua il conflitto sociale, con la conseguenza che non si è costretti a cercare una equilibrata politica dei redditi e le coalizioni al potere vi restano” ( http://www.appelloalpopolo.it/?p=106 ).

Qual è allora il limite del saggio di Bauman? Consiste in ciò: pur volendo restare sul piano scientifico e descrittivo – ed evitare di saltare sul piano politico per interrogarsi sul che cosa si dovrebbe fare per evitare lo “sfruttamento dei consumatori” – Bauman poteva dire altro o almeno poteva sollevare interrogativi.

Quegli interrogativi li solleviamo noi.

Hanno titolo i cittadini che ricorrono al credito per acquistare beni e servizi di consumo di contestare il sistema capitalista o almeno l
a fase “liquida” del capitalismo, fondata sul loro asservimento e sulla loro condizione di consumatori, cronicamente e strutturalmente indebitati?

Può il consumatore indebitato essere parte consapevole dell’ipotetico soggetto della storia che dovrebbe sostituire, nella fase moderna, il proletariato cosciente e la sua avanguardia? O sarà irrimediabilmente parte del moderno lumpenproletariat?

Che senso ha impegnarsi politicamente e sindacalmente per ottenere (senza peraltro riuscirci), al tempo dei rinnovi contrattuali, un aumento salariale di 50 euro al mese, se poi non si ostacola la pubblicizzazione e la diffusione di carte di credito revolving, che conducono inesorabilmente a sottrarre al cittadino dai 500 ai 3000 euro l’anno per interessi? Ovvero, se non si ostacola, anziché promuovere e tutelare, il credito finalizzato, che conduce i cittadini ad acquistare sei autovetture anziché tre in trenta anni e a pagare, per un trentennio, dai 500 ai 1000 euro di interessi l’anno soltanto per l’acquisto dell’automobile (oltre allo sperpero di capitale)? O, ancora, se non si propone di reintrodurre l’equo canone, per evitare che i cittadini siano costretti o indotti a stipulare assurdi mutui trentennali, magari follemente a tasso variabile, in forza dei quali si obbligano a pagare interessi per 3000 o 4000 euro l’anno per trenta anni?

Una politica volta a limitare l’indebitamento dei cittadini sarebbe “eticamente orientata”, e perciò da scartare in linea di principio – ma viene il dubbio che lo Stato, in qualche misura, almeno minima, debba essere etico, se vuole evitare di essere lo Stato nichilista (o liberista: è la stessa cosa) -? Oppure sarebbe una pura attuazione del principio costituzionale secondo il quale la Repubblica, non soltanto tutela, ma “incoraggia… il risparmio”? E sono costituzionali in Italia le leggi che promuovono l’indebitamento dei cittadini se la Costituzione dice che la Repubblica “incoraggia… il risparmio”? Può il legislatore ordinario, anziché incoraggiare il risparmio, come i costituenti gli hanno imposto, promuovere l’indebitamento?

Muovendo dal presupposto che la “teoria” della decrescita presenta ancora molti aspetti deboli o comunque da sottoporre a rigorosa analisi, si deve comunque prendere atto che devono essere promossi e presi provvedimenti che, limitando l’indebitamento dei cittadini, ostacolano la crescita (almeno come effetto immediato)?

Soprattutto, che cosa è diventato l’uomo, se persegue – deve perseguire secondo l’ideologia; ed è spinto a perseguire dall’ordinamento giuridico – il sostegno al sistema promuovendo la propria condizione di perenne debitore? Ponendosi il vincolo dell’indebitamento, i cittadini occidentali si sono, forse, dati una regola che li pone in funzione del sistema? Non era questa la più feroce e in fondo, per certi versi, giusta e nobile critica che i liberali muovevano alle teorie socialiste?

Non ci avevano insegnato che nella vita si deve essere umili? Che si deve essere pazienti, perché la pazienza è la virtù dei forti? Che bisogna dare tempo al tempo? E la teoria economica non ci insegna che se gli acquirenti – perché consumatori e non acquirenti? – sanno attendere, i venditori non riusciranno a stipulare le agognate vendite ai prezzi da essi sperati e saranno costretti ad abbassare i prezzi? E’ paziente il consumatore? E’ umile? Si comporta intelligentemente, come la teoria economica suggerisce? O è frettoloso, presuntuoso e incapace di provvedere a sé stesso? E’ un uomo o è una larva di uomo?

Noi che non intendiamo fermarci al piano scientifico-descrittivo oltre a sollevare domande che Bauman elude, possiamo andare oltre gli interrogativi e fissare qualche punto, a mo’ di conclusione provvisoria.

C’è chi ha interesse a trasformare i cittadini degli Stati europei in uomini pieni di larve, così come sono pieni di larve quei cittadini statunitensi e britannici, che sono titolari di debiti addirittura superiori al reddito annuo che percepiscono: debiti contratti per consumare, intendo – per andare in vacanza in un posto costoso e magari all’estero; per acquistare un’autovettura più “importante” di quella che altrimenti potrebbero permettersi; per poter bere tutti i fine settimana birra al pub con gli amici, anziché un fine settimana si e uno no; per poter assistere in diretta alle partite della squadra del cuore; per avere lo schermo piatto; per non dire ai propri figli “le finanze della famiglia non mi consentono di regalarti il motorino o comunque il motorino che desideri”; e così via. Coloro che contraggono debiti per queste ragioni sono uomini pieni di larve. Sono drogati dipendenti dal consumo e, accettando il credito, dal debito. Naturalmente si deve avere pietà per questi debitori cronici, come si deve avere pietà per chiunque abbia contratto una dipendenza grave che lo corroda dall’interno. E tuttavia ciò non toglie che si debba muovere dalla constatazione che si tratta di uomini pieni di larve.

La difesa individuale dall’azione malvagia del capitale è possibile e anzi facile e conveniente. Ma l’uomo che saprà salvarsi sarà comunque circondato da uomini pieni di larve; da indebitati cronici. Perciò il discorso andrebbe elevato al piano politico e non può arrestarsi al piano della resistenza individuale: la promozione del risparmio e la lotta contro l’indebitamento dei cittadini devono diventare il perno di una proposta politica alternativa. E’ questa la proposta politica alternativa, perché la proposta dei dominanti, negli anni passati, ha sostenuto esattamente il contrario: fare credito; diminuire la riserva frazionaria (in modo che le banche possano prestare ancora più volte il medesimo denaro); aiutare i cittadini che si trovano in difficoltà nel pagamento delle rate, agevolando la rinegoziazione dei mutui (ossia l’allungamento dei tempi di restituzione e quindi di indebitamento); tutelare il debito contratto per acquistare beni e servizi di consumo più del debito contratto per ragioni professionali o di impresa (la cosiddetta disciplina di tutela del credito al consumo); promuovere, per quanto possibile, una politica di bassi tassi di interessi, così i cittadini si indebiteranno in maggior misura; “ finanziare e pubblicizzare la rottamazione di automobili”, ossia ulteriore indebitamento per acquistare auto nuove; “consumare, consumare” – senza pensare al futuro, senza sentirsi parte di una famiglia, senza voler lasciare ai figli, in proporzione, almeno quanto ci ha lasciato il padre – altrimenti il sistema non funziona più e si arresta. E che cosa si deve volere, se non che questo sistema parassitario si arresti?

Chiunque non sia contrario alle politiche di indebitamento dei cittadini e, in generale, alle leggi e alle prassi che li riducono a consumatori, non può essere considerato, in nessun caso, e qualsiasi sia l’ideologia della quale si fa portatore, “contro il sistema” e non può nemmeno essere qualificato come “riformista” che persegue riforme strutturali. Fa parte a pieno titolo del partito capitalista. E’ iscritto, anche se non lo sa o non lo ammette, con la qualifica di moderno lumpenproletariat, al partito che vuole trasformare i cittadini degli Stati europei in uomini pieni di larve. Questo sono i più accaniti consumatori: uomini pieni di larve. L’insoddisfazione che li induce a spendere somme superiori al reddito, al fine di consumare beni e servizi; la mancanza di umiltà, di pazienza e di progetti di vita che li spinge a voler uguagliare i consumi di altri cittadini, magari provvisti di redditi e rendite molto maggiori; il giogo degli interessi accettato per futili motivi; il senso di fallimento esistenziale – ed è ancora peggio la mancanza del senso di fallimento esistenziale – per non essere in grado di restituire il capitale e sottrarsi al pagamento degli interessi; le scadenze inesorabili delle rate; la ricerca di ulteriori finanziatori o di finanz
iatori disposti ad acquistare il credito da altri ormai stanchi dei ritardi e dei parziali inadempimenti; tutte queste ragioni, come le larve con il corpo, corrodono l’animo di questi uomini e li conducono alla grave depressione o, comunque, allo squilibrio psichico. Ecco il consumatore ideale: un uomo pieno di larve! Questo è l’“uomo” che i detentori e i gestori di grandi capitali, per mezzo dell’ideologia liberista, di quella pseudoscienza che è la moderna teoria economica – ormai semplice capitolo della ideologia liberista – e dell’ordinamento giuridico capitalista, perseguono all’unisono, mentre i cittadini si distraggono e si limitano a godere – godono perché sono strafatti – o, al più, discutono di questioni del tutto secondarie.

IL PROCESSO DI RISANAMENTO ECONOMICO CHE DEVE ESSERE AVVIATO HA COSTI SOCIALI NOTEVOLI. LA SCELTA, A SENSO UNICO, NON AMMETTE ECCEZIONE .......... Da un lato si presenta la necessità di dover competere a livello internazionale con economie in costante crescita (India e Cina, entrambe con una crescita annua del P.I.L. superiore al 6%) e con Paesi di consolidato sviluppo capitalistico (Stati Uniti, Germania, Giappone) ......... NEL TENTATIVO DI COMPETERE SUI DUE PIANI, LA SCELTA (DAL SETTANTASETTE AD OGGI) È STATA PUNTUALMENTE QUELLA DI COMPRIMERE LE RIVENDICAZIONI SALARIALI A FAVORE DI UNA ESTRAZIONE DI PLUSVALORE CHE, LUNGI DALL’ESSERE REINVESTITA NELLA RICERCA E NELL’AMMODERNAMENTO DEL CAPITALE FISSO, È STATA IMPIEGATA PER FONDI NERI CON CUI DARE TANGENTI, ECC................... Se è vero che il keynesismo (o meglio, certa interpretazione del keynesimo) ha alla lunga determinato una crescita marcata del debito pubblico, va ricordato che la crescita economica del Nord-Ovest industrializzato del mondo è stata resa possibile anche dalla presenza del muro di Berlino, costringendo gli stessi Paesi capitalisti ad investire al loro interno e sostenendo, in tal modo, la crescita del P.I.L........................ Notoriamente, i problemi determinati da una applicazione selvaggia del keynesismo, sono due: l’espansione della spesa pubblica e la stagflazione ..... OLTRE A QUESTI, C’È STATO UN AUMENTO DELLE NASCITE (PREVEDIBILE, DOPO LA II GUERRA MONDIALE), CHE HA RESO DISPONIBILE UN ECCESSO DI MANODOPERA. UNA DELLE AZIONI CHE VENIVANO DI FATTO INCORAGGIATE DA UNA APPLICAZIONE SELVAGGIA DEL KEYNESISMO ERA UNA POLITICA DI RIVENDICAZIONI SALARIALI, CHE HA PRODOTTO L’AUMENTO DELL’INFLAZIONE .................. La grandezza delle teorie economiche socialiste è, allora, nel metodo attraverso il quale queste tentano di rompere la superficie della realtà fenomenica, per cogliere il motore interno della struttura che genera tali determinazioni. Cos’è il valore? La quantità di lavoro astratto cristallizzato nella merce ....................IL LAVORO ASTRATTO COSTITUISCE LA SOSTANZA SOCIALE DEL VALORE. IL LAVORO SANS PHRASE È L’ELEMENTO CHE NELLO SCAMBIO DEI PRODOTTI PONE I VALORI D’USO COME FRONTISTI PRIVI DI QUALITÀ E PER CIÒ STESSO MISURABILI ..... I SOGGETTI, PERDUTI NELLA CONSISTENZA FATTUALE DELLA DATITÀ, INCAPACI DI PENSARE IN MANIERA LINEARE I PROCESSI IN CUI SONO INSERITI, NON COLGONO PIÙ TALI FATTI COME IL RISULTATO DI RAPPORTI SOCIALI MA COME ESTRANEITÀ OGGETTIVA A LORO OPPONENTESI CON LA QUALE NON È POSSIBILE ALCUNA MEDIAZIONE CONOSCITIVA, SE NON L’ACCETTAZIONE APRIORISTICA ........................ I soggetti sociali sono tuttavia convinti di attraversare le cose del mondo in piena autonomia, ma la loro razionalità e già data una volte per tutte dalle cose stesse ..... IL MANCATO DISCERNIMENTO DIALETTICO DELLE MEDIAZIONI IN QUESTIONE RENDE LE COSE AUTOIDENTICHE, "ENTI NATURALI" INAPPELLABILMENTE ESISTENTI.

Un discorso complesso. Un linguaggio di scuola: credo che potrebbe essere utile tentare di tradurre quei concetti in linguaggio comune. Un nucleo di concetti che condivido. Resta il tema dell'indebitamento dei cittadini. Può emanciparsi chi non risparmia? Emanciparsi è un dovere? O si è liberi di diventare schiavi del debito, per futili motivi? Forse è un problema addirittura "morale", che prescinde dalle formazioni economico sociali: ci ripporta alla economia politica come scienza morale. E' un problema perenne. Siamo comunque chiamati a rispondere alle domande: uno schiavo che sa risparmiare è migliore dello schiavo che non sa risparmia; un servo della gleba che sa risparmiare è migliorer di quello che non sa risparmiare? E un mezzadro? E un operaio? E un ceto medio del moderno capitalismo? Non credo che le domanjde possano essere eluse

STEFANODANDREA, sicuramente occorre puntare ad un livello di analisi e di lotta transnazionale, OCCORRE TRANSNAZIONALIZZARE LE LOTTE – procedendo così ad internazionalizzarle, COSÌ COME HA FATTO IL CAPITALE-PIANO DAL PUNTO DI VISTA DELLA PRODUZIONE ECONOMICA.....Far esplodere le contraddizioni, non puntare al loro riassorbimento, al loro assopimento – come invece fanno i partiti socialDEMONcratici e borghesi.......Quello che i cattolici spostano in un’altra vita, lo vogliamo qui ed ora: LA GIUSTIZIA SOCIALE; VOGLIAMO L’ABBATTIMENTO DEL MODO DI PRODUZIONE CAPITALISTICO; UNA VITA PIÙ DIGNITOSA, UMANA, degna di essere vissuta, PER TUTTI.............Per questo, sarebbe necessaria una presa di coscienza, ma per tutto ciò sono necessarie tre cose: la classe, la coscienza, la coscienza di classe. NON C’È L’UNA SENZA LE ALTRE, E NON POSSONO ESSERE DATE DALL’ESTERNO, "infuse per opera dello spirito santo"......................................SONO UNA CONQUISTA INDIVIDUALE, DETERMINATA NON SOLO DAL VISSUTO MA ANCHE DALLO SCONTRO CON LE STRUTTURE DI ASSOGGETTAMENTO DEL POTERE E DELLO STATO BORGHESE......Sperare in un ravvedimento dei partiti socialDEMONcratici e borghesi sarebbe sperare in una capacità di analisi e di autocritica per loro impossibili....Al momento, non si vedono possibili vie di uscita da questa situazione.....Non è la guerra in Iraq, non sarà il minacciato conflitto con Iran a determinare la caduta delle politiche liberiste.............SERVE SOLO L’ESPLOSIONE, VIOLENTA, DEL CONFLITTO SOCIALE.............Ma né Rifondazione, né i partiti socialDEMONcratici e borghesi sono in grado di intercettare quel dissenso che già ora serpeggia per la società....LA NECROSI DEL TESSUTO SOCIALE ITALIANO, avviata dalle politiche liberiste degli anni Ottanta in simbiosi con quanto avveniva a nel Regno Unito della Thatcher e negli Stati Uniti di Reagan, NON È ANCORA GIUNTA A FAR EMERGERE LE TUMESCENZE DELLE INSORGENZE ANTICAPITALISTICHE, GLI SCONTRI SOCIALI SONO PRESENTI – al momento, ed in forma rapsodica – SOLO NEL SUD DEL MONDO.......La Francia rappresenta il primo caso nel Nord del mondo di rivolta popolare contro il precariato, un punto di partenza, non il punto di arrivo, per l’abbattimento delle politiche sociali ed economiche liberiste.......ED È FACILE, FACILISSIMO, INVECE, ESSERE SUSSUNTI: la disarticolazione delle lotte passa attraverso i percorsi individuali, attraverso il cedimento, la corsa a cercare – NELLA MERDA DELLA PRECARIETÀ QUOTIDIANA INDOTTA DAL MODO DI PRODUZIONE CAPITALISTICO – un minimo di sicurezza, la certezza che "ho un lavoro per due mesi", la bolletta da pagare: LA CERTEZZA DEL NON-ESSERE ESISTENZIALE.....È QUESTO NON-ESSERE ESISTENZIALE CHE PERÒ ALLA FINE CREA LA COSCIENZA, OGGETTIVA: LA COSCIENZA, LA CLASSE, LA COSCIENZA DI CLASSE.................NON RESTA CHE FAR ESPLODERE LE CONTRADDIZIONI, DAR FUOCO ALLE POLVERI, TAGLIARE LA TESTA AL SOVRANO, DARE "L’ASSALTO ALL’AZZURRO SPALANCATO DEL CIELO". È STATO GIÀ FATTO, POSSIAMO RIFARLO...............................NON C’È LIBERTÀ (SOSTANZIALE) SENZA FRATERNITÀ ED EGUAGLIANZA.

AndFinallyWillBeZeitgeist perché "sicuramente occorre puntare ad un livello di analisi e di lotta transnazionale, OCCORRE TRANSNAZIONALIZZARE LE LOTTE – procedendo così ad internazionalizzarle"? A quale fine? Per quale ragione? Come può "trasnazionalizzare" chi non riesce ad organizzare un partito anticapitalistico, magari molto minoritario, ma che abbia un futuro, perché fondato su una solita analisi, realistica e lungimirante? Come può trasnazionalizzarsi ciò che non esiste?
Perché esclude che in diversi luoghi della terra possano essere organizzati partiti, movimenti e eventualmente - dove ricorrono le condizioni e le possibilità - eserciti popolari che siano da esempio per altri?
Noi parliamo una lingua; siamo disciplinati da leggi scritte in questa lingua - anche se sono state emanate per il condizionamento di un impero ormai declinante e in esecuzione di direttive europee - eleggiamo parlamentari che parlano questa lingua, viviamo nel territorio italiano e siamo governati da uomini che esercitano il potere sul territorio italiano.
Non si tratta di essere patrioti o addirittura nazionalisti. Si tratta di prendere atto che l'Italia (per noi: per altri sarà la Francia, l'Inghilterra, e così via) è la dimensione territoriale nella quale viviamo, lavoriamo; che conosciamo e sulla quale, con pazienza potremmo incidere.
Non esiste e non può esistere alcuna classe internazionale. Gli operai cinesi che hanno visto aumentare del 50% i salari dal 2004 (leggo oggi sul manifesto; non so però se il dat è depurato dall'inflazione) magari vivono un periodo più felice degli operai italiani, che, se non provvisti di altre entrate sovente non arrivano alla fine del mese. Se l'Italia prendesse un provvedimento che imponesse al capitale italiano di reinvestire in italia e vietasse le delocalizzazioni, gli operai italiani sarebbero avvantaggiati e quellli cinesi (in parte) svantaggiati.
Soprattutto, i problemi non sono soltanto economici. Il capitale non soltanto tende a sffruttare al massimo il lavoro, ma ha sussunto lintera vita: la scuola, l'università, le diverse culture, l'immaginario collettivo, il vocabolario che utiliziamo. Tutte queste istituzioni, queste tradizioni, questi patrimoni di diversità, che fanno la ricchezza del mondo, non possono che essere tutelati neei luoghi (in ciascuno dei luoghi) nei quali si sono sviluppati. Tutto ciò non significa essere socialdemocratico. Certo, qualunque obiettivo ci si prefigga, uno stato sociale, simile e magari migliore di quello che si è avuto in passato, è essenziale. Ma è la nostra intera vita che va sottratta al dominio del capitale. E non credo che si debba attendere che per qualche ragione in ogni luogo del mondo si organizzi un partito anticapitalista (destinato ad un futuro, perché dotato di quelle qualità che sono completamente mancate agli ultimi moaicani dell'anticapitalismo vecchia maniera); né credo che si possa avere la presunzione di esportare ciò che non si possiede.

STEFANODANDREA, se quello che oggi dobbiamo fare è cercare di capire come diminuire l’ingiustizia del mondo, parlare di partiti anticapitalisti localizzati è solo una distrazione....CIÒ DI CUI ABBIAMO BISOGNO NON È UN LABORATORIO PER UN ALTRO PARTITINO O MOVIMENTO, MA UN LABORATORIO PER UN MONDO PIÙ GIUSTO....Richiamarsi all'ideologia anticapitalista oggi significa unicamente attirare i piccoli gruppi settari di adoratori del Verbo del Vero Comunismo (che a seconda della setta di appartenenza è quello di Mao oppure di Bordiga oppure di Trotzki ecc.), e soprattutto significa ALLONTANARE TUTTI GLI ALTRI, GLI ESSERI UMANI NORMALI DI CUI SONO FATTE, AL 99,999 PER CENTO, LE SOCIETÀ UMANE, COMUNISTE O MENO CHE SIANO..........Perché farsi del male in questo modo? Sono circa ottant'anni che i piccoli gruppi di "comunisti di sinistra", gli eretici dell’ortodossia comunista, riproducono le loro dinamiche settarie, diffondondo volantini, stampano rivistine, fondano partitini e movimentini........Tutto ciò ha prodotto talvolta qualche pensiero interessante, MA MAI, ASSOLUTAMENTE MAI, QUALCOSA DI EFFETTIVO SUL PIANO DELLA STORIA REALE........SU QUESTO PIANO IL VARIEGATO E DIFFERENZIATO MONDO DEGLI ERETICI DEL COMUNISMO SEMPLICEMENTE NON ESISTE.......Ma se tale mondo continua a riprodurre le sue dinamiche dopo che la sua totale insignificanza storica è divenuta del tutto palese, ciò significa una cosa sola: alla persona che aderisce a questo mondo non importa assolutamente nulla degli ideali che proclama.......SE GLIENE IMPORTASSE, NON POTREBBE RIPRODURRE SEMPRE QUELLE STESSE DINAMICHE CHE HANNO MOSTRATO A IOSA LA LORO TOTALE INEFFICACIA.....Al "comunista della piccola setta" non importa nulla delle ingiustizie del mondo...................Si tratta di una persona che cerca unicamente la rassicurazione identitaria della piccola setta.....E’ bello ritrovarsi fra quattro amici fidati a parlare di comunismo, MA QUESTO NON È NÉ TEORIA NÉ PRASSI, MA, appunto, SEMPLICE RASSICURAZIONE PSICOLOGICA..... Ovviamente, nei diversi contesti storici, la parola comunismo ha avuto un significato ben preciso.....Il comunismo antico (la cui versione più nota è quella di Platone), quello dei primi cristiani, il comunismo settecentesco, il comunismo di Marx, il comunismo storico del 900.....Il punto è che chi oggi vuole riproporre l’idea del comunismo come orizzonte di lotta anticapitalistica non sta pensando né a Platone, né alle prime comunità cristiane, né a Morelly.....CHI OGGI PARLA DI MOVIMENTO ANTICAPITALISTICO COME DI UNA PROSPETTIVA STORICO-POLITICA HA COME UNICI REFERENTI REALI IL COMUNISMO DI MARX E IL COMUNISMO STORICO DEL 900. Non spendo molte parole su quest’ultimo, perché il suo radicale fallimento, pratico e ideale, ne rende ovvia l’improponibilità. RESTA DUNQUE, COME UNICA POSSIBILITÀ PER RIEMPIRE LA PAROLA "COMUNISMO" DI UN QUALCHE SIGNIFICATO, IL COMUNISMO DI MARX. MA IL COMUNISMO DI MARX SI BASA SU PRECISE IPOTESI: SULL’IPOTESI, CHE MARX RITENEVA DI AVER CORROBORATO SCIENTIFICAMENTE, CHE IL MOVIMENTO AUTONOMO DEL MODO DI PRODUZIONE CAPITALISTICO PRODUCA UNA UNIFICAZIONE DEL LAVORATORE COLLETTIVO E UNA SEPARAZIONE FRA IL LAVORATORE COLLETTIVO E LA PROPRIETÀ CAPITALISTICA.........Il comunismo per Marx è conseguenza di questi meccanismi inscritti nel modo di produzione, meccanismi che non garantiscono certo il carattere automatico del passaggio dal capitalismo al socialismo e al comunismo, ma che forniscono però la base oggettiva su cui si innesta la lotta politica dei rivoluzionari...................SE VIENE A MANCARE QUESTA EVOLUZIONE TENDENZIALE DEL MODO DI PRODUZIONE CAPITALISTICO, È IL SENSO STESSO DEL COMUNISMO IN MARX CHE DIVENTA INCOMPRENSIBILE....Il punto è, e su questo credo che siamo d’accordo, che a più di cent’anni dalla morte di Marx, DOPO CHE IL MODO DI PRODUZIONE CAPITALISTICO SI È ESTESO AL’INTERO PIANETA, NON VEDIAMO TRACCIA DI QUESTA UNIFICAZIONE TENDENZIALE DEL LAVORATORE COLLETTIVO.......Il che significa che l’ipotesi di Marx è stata invalidata, e che nemmeno il comunismo di Marx può dare un senso, oggi, al movimento anticapitalista...........OGGI IL RICHIAMO AD UN NUOVO PARTITO ANTICAPITALISTA LOCALIZZATO È UNA CATENA MENTALE CHE IMPEDISCE DI CONTRASTARE CON EFFICACIA L’EGEMONIA INTELLETTUALE DEL MONDO CAPITALISTICO E BLOCCA COLORO CHE HANNO "FAME E SETE DI GIUSTIZIA" IN UNA CONDIZIONE ULTRAMINORITARIA....... Abbandonando l'idea di un nuovo partito anticapitalista settario ai morti viventi, agli adoratori della Grande Talpa, chi cerca la giustizia non ha che da perdere le proprie catene, e un mondo da guadagnare.

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