CITTÀ DEL VATICANO. La Segreteria di Stato vaticano avrebbe fondi propri pari a 650 milioni di euro, che deriverebbero in parte dall’Obolo di San Pietro, le donazioni ricevute dal Papa per le opere di carità e il sostentamento della Curia romana. Un «gruzzolo» tutt’altro che esiguo, non collocato nelle casse dello Ior e dell’Apsa (Amministrazione patrimonio Sede apostolica), ma che sarebbe gestito in modo opaco, con operazioni speculative spericolate di dubbia eticità. È uno degli elementi più rilevanti che emerge dalle carte dell’inchiesta - ricevute e pubblicate da L’Espresso - dentro le sacre mura. Il promotore di Giustizia Gian Piero Milano e l’aggiunto Alessandro Diddi hanno individuato «gravi indizi di peculato, truffa, abuso d’ufficio, riciclaggio e autoriciclaggio» da parte di prelati e laici influenti. Mentre il revisore generale Alessandro Cassinis Righini, in pratica l’autorità anticorruzione, ipotizza «gravissimi reati» come appropriazione indebita, corruzione e favoreggiamento.
Notifiche
Cancella tutti
0
5 Dicembre 2019 7:35
Topic starter