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L’ADHD non esiste!

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Scuola: la difficoltà NON è una malattia

Prof. Antonella Marzaroli

Egr. Direttore,

In veste di insegnante di scuola primaria ho partecipato recentemente a due corsi di aggiornamento e formazione riguardanti il primo la “Dislessia e Disturbi Specifici di Apprendimento: che fare?”, il secondo “l’ADHD, Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività”. Ho già presenziato in passato a convegni su questi temi, mi sono anche documentata da autodidatta e devo confessare il mio grande sconcerto e la mia perplessità di fronte a terapie comportamentali, metodologie di intervento, misure compensative e dispensative proposte da questi “luminari” nei confronti di alunni etichettati “dislessici” o “affetti da ADHD”, sindrome quest’ultima alquanto controversa, basti citare una frase del Dr. Fred Baughman in “The Future of ADD”: “Sia la FDA che la DEA (Ente governativo americano) hanno riconosciuto che l’ADHD non è una malattia, né organica né biologica” o il Dr. Thomas Armstrong, PhD in “The Myth of the ADD Child”:“L’ADHD non esiste. Questi bambini non hanno alcun disturbo”.

Durante il corso sulla dislessia e nel materiale avuto in dotazione viene precisato dai docenti che la dislessia non è una malattia, ma al termine della prima lezione vengono fatte vedere delle immagini in cui appaiono dei cromosomi ritenuti responsabili di questo “disturbo”; viene inoltre detto che è un disturbo a base neurologica e genetica e che di dislessia non si potrà mai guarire. Nelle varie lezioni che seguono viene affrontato l’utilizzo di metodologie di intervento nei vari ordini di scuola e vengono pubblicizzati programmi (software) per questi bambini etichettati “dislessici”.

Durante un dibattito un’insegnante chiedeva come mai, visto che non è una malattia, vengano citati i cromosomi e i geni e la dislessia venga elencata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (testo di riferimento per la psichiatria di tutto il mondo). A questo punto rimango veramente sconvolta e scioccata dalla risposta della docente che, scocciata e alterata emotivamente, le risponde dicendo che lei non lo sapeva e che quell’insegnante doveva chiederlo ad un ospedale.
Quello che so è che le malattie sono disfunzioni del corpo umano e se si è ammalati esiste una scienza oggettiva, la medicina, che attraverso esami specifici e sensibili, stabilisce una diagnosi e di conseguenza una terapia.

Alcune correnti psichiatriche affermano che la dislessia sarebbe dovuta ad alterazioni genetiche; se ciò fosse vero potrebbero fare diagnosi usando un test genetico, come si fa oggi per qualsiasi vera malattia genetica; e se così fosse, non sarebbe più di competenza psichiatrica, vi sarebbero test specifici biologici per confermare la diagnosi e nessuno ricorrerebbe più ai test attuali (domande, prove di abilità e questionari, che di scientifico non hanno niente) per fini diagnostici. Queste prove non esistono, se esistessero distinguerebbero i sani dai malati!
Durante i miei 25 anni di insegnamento ho visto bambini che avevano difficoltà di vario tipo: problemi nell’imparare a memoria filastrocche, tabelline, che invertivano o confondevano suoni simili, che erano lenti nel leggere o nel fare calcoli… Con molta pazienza, mettendomi in discussione come insegnante, proponendo loro esercizi mirati, pongo e oggetti e utilizzando per ogni età un linguaggio a loro comprensibile, un dizionario per le parole di non immediata comprensione, una metodologia di studio funzionante, giochi didattici, ogni alunno è sempre riuscito a raggiungere gli obiettivi prefissati nella programmazione didattico-educativa.

Non concordo con quanto affermato dalla logopedista durante il corso, che un bambino se, alla fine della prima elementare o a metà della seconda, non acquisisce gli strumenti di base, va segnalato. Ma dove è scritta questa cosa? I bambini non sono robot! Ognuno ha il suo ritmo di tempo: quello su cui mettere l’accento è che un bambino interiorizzi e comprenda le conoscenze, acquisisca di conseguenza le abilità al fine di essere competente e in grado di mettere in pratica. Non ho mai dispensato nessun bambino dall’uso della lettura, mettendo al suo posto il computer; il bambino numerose potenzialità e abilità, sta a noi insegnanti tirargliele fuori. Perché si insiste sul ridurre tutto a cause psico-fisiche e non didattiche? Anche noi insegnanti possiamo sbagliare! Da molti anni a questa parte si assiste ad un declino dell’istruzione e dei valori tradizionali e sono questi che noi dobbiamo ristabilire.

Ricordo che durante il dibattito un genitore di una bambina dislessica parlava male dell’insegnante di sua figlia. Allora io dico: è stata l’insegnante la causa del problema di sua figlia, non la figlia!!! La scuola è un luogo di istruzione e vi devono lavorare professionisti, che abbiano una metodologia di studio funzionante per i loro studenti, che amino i loro studenti, che li comprendano, li aiutino nelle difficoltà della vita.
Per quanto riguarda invece il corso sull’ADHD sono rimasta senza parole quando durante il corso una docente, oltre ad aver precisato la mancanza di prove scientifiche riguardo questo “disturbo”, le chiedeva come faceva l”esperta” a pubblicizzare nell’Associazione di cui lei fa parte il metilfenidato, che altro non è che il principio attivo del Ritalin, un derivato dell’anfetamina, farmaco utilizzato per la cura dell’ADHD, che ha causato la morte di molti bambini.

A questo punto l’”esperta” risponde dicendole che era tardi, in realtà il corso doveva chiudere alle 19, che né lei né l’insegnante erano un Neuropsichiatra infantile e che a lei non interessava. Questa è la responsabilità di un ex-insegnante a cui dovrebbero stare a cuore i bambini? Dare uno psicofarmaco a un bambino è avvelenarlo, non curarlo!
Ero sconvolta! L“esperta”, ex-insegnante elementare, fa corsi sull’ADHD, promuovendo terapie comportamentali su bambini etichettati “affetti da questo disturbo”, sul quale non risulta essere stata scoperta nessuna anormalità fisica o disfunzione, e nel sito dell’Associazione di cui lei fa parte c’è scritto:”Numerosi studi hanno dimostrato che farmaci psicostimolanti, come il metilfenidato, sono particolarmente efficaci nel migliorare sia il deficit attentivo che l’iperattività”. Questo farmaco è una droga; in uno studio della DEA (ente governativo USA) si legge: “All’uso prolungato di metilfenidato sono stati associati episodi psicotici, illusioni paranoiche, allucinazioni… . Sono state riportate gravi conseguenze fisiche e la possibilità di morte”. Gli effetti collaterali includono: “cambiamenti di pressione sanguigna, angina pectoris, perdita di peso, psicosi tossica. Durante la fase di astinenza c’è la possibilità di suicidio”. Inoltre Terry Woodworth, vicedirettore della Dea, l’Antidroga, dice: “Il Ritalin, ridotto in polvere e sniffato, produce euforia”. Per parecchi ragazzi è l’anticamera di droghe anche pericolose (Lawrence Diller, un pediatra autore di Correre col Ritalin).

Concludo la mia lettera richiamando l’attenzione degli insegnanti sul nostro scopo: istruire i nostri alunni, non stigmatizzarli, etichettarli, per poi farmacologizzarli.
Io non attuerò mai certe terapie sugli alunni.
Ricordiamoci una cosa: come eravamo noi da piccoli? E’ con una pillola, con false etichettature che abbiamo capito? Se un bambino ha difficoltà a scuola ciò potrebbe essere dovuto al fatto che è molto creativo, o molto intelligente, o con difficoltà nell’ambiente che lo circonda e ha bisogno di aiuto e comprensione in modo che questo non comprometta il rendimento scolastico. Un buon insegnamento può salvarlo da “etichette” che comunque lo faranno sentire diverso. Tutti i bambini del mondo possono avere delle difficoltà a scuola; chi non ne ha mai avute?

LA DIFFICOLTA ’ N
ON E’ UNA MALATTIA!

Problemi di relazione con la famiglia o con un’insegnante, alti livelli di piombo, mercurio, i pesticidi, troppo zucchero, possono provocare i sintomi dell’ADHD.
Allora io dico stop a questo nascosto e subdolo programma creato dalla psichiatria per controllare i nostri bambini, e di conseguenza la società del futuro, creando malattie inesistenti. Apriamo gli occhi!

Prof. Antonella Marzaroli

http://www.stampalibera.com/?p=20561#more-20561

IL NUOVO CONFORMISMO
Troppa psicologia nella vita quotidiana

di Frank Furedi, Feltrinelli, 2004

Penso proprio che hai consigliato il libro più adatto per intraprendere questa discussione con occhio più consapevole e meno strumentalizzato, Dani.
Spero di riuscirlo a trovare usato, mi scoccia comprare libri nuovi. Comunque approvo assolutamente il testo dell'articolo, bambini sotto stress da cosa? Siamo arrivati veramente al punto di non volerli più neanche far ragionare queste povere creature. Sempre pronti a vendere ai ragazzini di 10 anni videogiochi pieni di violenza e sangue così da renderli ancor più succubi. Spero che le nuove generazioni siano in grado, parlando, di trovare una nuova difesa contro i pericoli di una spettacolarizzazione mediatica operata dai mezzi di comunicazione moderni.

Non voglio contraddire l'insegnante ma debbo dire che dislessia, discalculia e disgrafia, esistono. Ho una figlia, ad esempio, che a sentir dire la maestra elementare (mi riferisco a quando mia figlia era in seconda) non "sentiva le doppie": in più questa maestra spesso apostrofava la bambina con epiteti come "testa di legno" o similari. La bambina mi riferiva questi episodi e la maestra fu diffidata e non si ripeterono più: ma il problema rimase. Prima di riprendere la scuola, a settembre, e per prepararsi ad andare in terza, chiesi a mio figlio che all'epoca stava per terminare il liceo socio pedagogico ( e si diplomerà con il massimo dei voti) di darle una mano a ripassare e verificare un po' la preparazione. All'inizio si arrabbiò in quanto pensava che la sorella lo stesse prendendo in giro: poi pensò che non capisse o peggio che fosse deficiente. Ma gli venne l'idea di parlarne coi propri professori e così fece anche vedere loro dei compiti che la sorella aveva svolto: la loro opinione è che potesse essere dislessica e disgrafica. Con mia moglie ci siamo interessati e dopo una visita in neuropsichiatria infantile (ci fu chiesto pure di pagare un ticket per ritirare il referto) ci siamo decisi a muoverci con le nostre gambe e attraverso delle indagini personali siamo venuti a sapere che esisteva (ed esiste ancora) una sede locale dell'associazione italiana per la dislessia. Lì previo appuntamento e con tutta la documentazione e sopratutto con la bambina al seguito, abbiamo avuto conferma che era dislessica: dopo aver seguito alcuni esercizi ha avuto un notevole miglioramento che è progressivo al punto che da alcuni anni percepisce una borsa di studio per meriti. E' in terza superiore e da anni ha una media che è dall'otto al nove: in classe è sempre tra i primi che risponde e compagni e compagna la cercano per le sue capacità. Ora facendo un passo indietro preciso alcuni punti che mi hanno colpito: da piccola preferiva, come tanti, farsi leggere le storie. Ossia prima di leggere lei, gradiva che fossi io a leggerle e "con il tono giusto": anche a scuola ,dove sanno del suo problema, non legge per prima. Dopo il colloquio avuto in associazione, quando ritornò a scuola chiese all'insegnante di poter mettere al corrente i propri compagni di queste sue difficoltà e così fece. Da allora e ancora oggi la stima che hanno nei suoi confronti è costante. non c'è compassione per lei ma solo rispetto reciproco. Non viene presa in giro, anzi, a volte le dicono " e meno male che sei dislessica": tornando a bomba avevo capito ,e lei stessa lo ha detto, che per lei era sufficiente ascoltare la lezione per poi poterla ripetere. In sostanza usa la memoria uditiva (se così si può chiamare) e anche oggi mi chiede, per ripassare o per approfondire, di leggerle a voce alta e con il giusto tono alcuni brani o parti. Quanto ai supporti necessità di sistemi quali il correttore ortografico: il punto è che ha difficoltà a riconoscere le doppie, o talvolta può succedere; mentre per i numeri lei li scompone, per cui non riesce a leggere numeri come 111.234 ,lei deve scomporlo. Oltre a invertire numeri per cui li legge diversamente. Non so come faccia ma usa dei metodi di apprendimento e dei processi risolutivi diversi.Non essendo io un'aquila in matematica ecco che non so come faccia per i numeri, mentre per il resto,ovvero italiano o storia o filosofia, so che legge, che sbaglia leggendo ma che poi la lezione la impara e anche bene. Ora dire che non esiste come malattia e come malattia diagnosticabile con i metodi scientifici, ok e sia pure come è scritto nell'articolo: ma se la ragazza non avesse fatto, seguita da me e dalla sorella o da mia moglie e se non l'avesse aiutata e capita la nuova maestra (allora) e gli insegnanti che ha oggi, non so cosa ne sarebbe di lei. Sarebbe nel banco del'asino?Sarebbe presa in giro da compagni e sfotticchiata da qualche insegnante, magari di quelli che dicono che la dislessia non esiste? Che le avrebbero detto di studiare invece di uscire la sera o di guardare la tv?

Credo che nell'articolo si parli di "Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività" e non di dislessia.

Quanti di voi alle elementari avrebbero necessitato di vagonate di pillole per stare attenti e calmi?
Secondo me un po' tutti.

Comunque il problema potrebbe essere risolto con una severità maggiore del maestro/a e da parte delle famiglie imporre il rispetto degli insegnanti ai piccoli demoni che hanno generato.
Dato che i genitori non vogliono un insegnante severo e che disciplini i propri figli, preferendo infarcirli di vizi e protezione, alcuni scelgono la strada breve facendo ricadere la responsabilità della propria incapacità a educare i figli su questa Sindrome. Sindrome che ha la sua soluzione nella pillola.

Io spero vivamente che in Italia non si sia ancora diffusa questa moda.

Per metà l'articolo parla di dislessia: forse per attirare l'attenzione delle persone, dei lettori, è stato intitolato diversamente.

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