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La Farsa delle Resistenza

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Buona visione di questo video di Nero Italico 8)
https://www.youtube.com/watch?v=2jLZZoxAbSo

GUARDA ANCHE:
- SECONDA PARTE: "1943-'45 LA GUERRA CIVILE ITALIANA" https://www.youtube.com/watch?v=BWgPZuL9myk

- TERZA PARTE: “25 aprile: MORTE DI UNA NAZIONE SOVRANA ” https://www.youtube.com/watch?v=w6xQ_IJM9Po

Se non ci fossero stati gli alleati a vincere la guerra le forze antifasciste italiane non avrebbero concluso un bel nulla. Che piaccia oppure no la liberazione non fu una vittoria, perchè le forze antifasciste in Italia non hanno vinto nulla; si sono solo aggregate ai veri vincitori, gli “alleati” anglo americani, seguendo quello che in Italia, purtroppo, è un comportamento assai diffuso: il salire sul carro del vincitore, una volta constatato da che parte tira il vento. Per mistificare la situazione gli antifascisti si sono inventati la formula della "cobelligeranza", in quanto mai sono state considerate forze alleate dagli "alleati"; e per questo non possono chiamare "vittoria" una cosa che una vittoria non è, altrimenti lo avrebbero fatto, come tutti i veri vincitori; che piaccia oppure no. Nel trattato di pace firmato a Parigi nel 1947 dal governo della repubblica antifascista, l'Italia figura comunque come parte sconfitta non come parte vincitrice, nonostante la "cobelligeranza" e il tentativo di aggregarsi ai vincitori.
Lotta di Liberazione

Il termine è equivoco. Una lotta di liberazione avrebbe dovuto essere rivolta verso le truppe alleate, che erano gli invasori, e non certamente verso le truppa italiane e tedesche che invasori non erano.
Si intende liberazione dal Fascismo e dal Nazismo e si usa a ragione ben veduta il termine Liberazione col duplice scopo di radicare nella memoria che il Nazismo e il Fascismo (il male) erano illiberali mentre i partigiani (il bene) combattevano per la libertà.
Ciò è vero solo in piccola parte, visto che la maggioranza dei partigiani combatteva in verità con la speranza di instaurare una schiavitù ben peggiore.

Lotta di popolo

In un Paese che contava circa 35 milioni di abitanti i partecipanti alla Resistenza, secondo i dati dell’ANPI del 1946, furono circa duecentomila.
Un anno prima, sempre secondo l’ANPI, erano centocinquantamila.
Un po’ poco per definire la Resistenza una lotta di Popolo.
la Resistenza ebbe in effetti due fasi ben precise:
• la lotta contro il fascismo e il nazismo (1943-1945)
• la lotta per imporre lo Stato sovietico o quanto meno la legittimazione del PCI e la sua egemonia nella cultura a cui avrebbe dovuto poi seguire, cosa che purtroppo avvenne, l’occupazione di settori chiave quali l’educazione e la giustizia.
Solo dopo il 1948, ad elezioni avvenute e finito il sogno di una repubblica socialista italiana si accreditò l’idea di una Resistenza unita, di popolo e con un unico obiettivo e ideale: la libertà.
L’operazione poté riuscire essenzialmente grazie all’apporto della vasta schiera di giornalisti, storici e professori che il PCI era riuscito ad arruolare.

La situazione storica era infatti mutata.
Chiarito una volta per tutte da Stalin che l’Italia, almeno per il momento, era stata assoggettata all’influenza anglo-americana, Togliatti (capo del Partito Comunista Italiano) si trovò nella necessità di far buon viso a cattiva sorte e cercare di porre le basi per lo sviluppo futuro del suo partito.

Per far questo erano necessarie almeno tre cose.
• L’accettazione, almeno di facciata, del principio democratico e parlamentare.
• La presenza attiva del partito nell’assemblea costituzionale.
• La creazione del mito della Resistenza unito al perdurare eterno del pericolo fascista in modo da poter nascondere quanto di poco chiaro avveniva nel partito e nell’alleata Unione Sovietica e dare una sorte di legittimità al partito comunista, attivo partecipante alla ’Lotta di Liberazione’.
Naturalmente la parola d’ordine era di tacere sull’apporto dei partigiani bianchi e di coprire i misfatti di quelli rossi.
Nei prossimi post entrerò nel dettaglio sia del disegno perseguito sin dal 1943 dal PCI, sia degli orrendi crimini commessi dalle formazioni partigiane comuniste dal 1943 al 1948.
Nella descrizione di questi ultimi vi saranno purtroppo particolari raccapriccianti.
Ho deciso comunque di inserirli perché rientrano in pieno nella strategia e nella logica della resistenza comunista, tant’è vero che i loro autori, anche
quando erano semplici delinquenti apolitici, furono in tutti i modi aiutati dall’apparato del partito, sino ad organizzarne, qualora non ci fossero altri
mezzi per proteggerli, la loro fuga ed il loro mantenimento nell’Unione Sovietica di Stalin.
Continua…
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In un Paese che contava circa 35 milioni di abitanti i partecipanti alla Resistenza, secondo i dati dell’ANPI del 1946, furono circa duecentomila.
Un anno prima, sempre secondo l’ANPI, erano centocinquantamila.

-La popolazione Italiana era di circa 45 milioni, non 35 milioni.
http://seriestoriche.istat.it/index.php?id=7&user_100ind_pi1 [id_pagina]=44&cHash=cc657da8e96e806f6a7298ea63ba206c

-I Partigiani a fine 1943 e inizio 1944 erano circa 3.000-4000 o 5.000-7.000 o 8.000-10.000, dipende dalle fonti.

-Le stime ANPI di 200.000 partigiani al 1945 o 150.000 un anno prima non trovano alcun riscontro.

Ad esempio:
-il CLNAI (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia) scriveva il 20 gennaio 1946 sul suo bollettino ARGOMENTI:
-31 dicembre 1943, 9.000 partigiani.
-30 novembre 1944, 62.000 partigiani.
-15 aprile 1945, 130.000 partigiani.
[E certamente il CLNAI non aveva interesse "a tirare indietro" coi numeri, anzi.]

-Giorgio Bocca: (Storia dell’Italia partigiana, Laterza 1966).
-Inverno 1943, inizio 1944: circa 3.800 partigiani;
- 30 aprile 1944, 12.600;
- Estate 1944, circa 70.000;
- Al 25 aprile 1945: 80.000

-Giorgio Pisanò: (Storia della Guerra Civile in Italia. 3 vol., Milano, FPE, 1965-1966).
- Inverno 1943, inizio 1944: dai 3.000 ai 4.000 partigiani;
- Estate 1944, circa 60.000;
- Al 25 aprile 1945: 80.000

- Fu in seguito ai bandi di leva obbligatoria dell'RSI (18 Feb 1944) che i partigiani crebbero costantemente e rapidamente dai 4/5.000 [o 9.000] che erano.
In base ai bandi di leva dell'RSI la scelta per un giovane infatti era di:

1) Arruolarsi nell'RSI. (Repubblica Sociale Italiana). Cioè andare a combattere per una guerra già persa e andare incontro a una morte più che probabile.
2) Rifiutarsi apertamente di arruolarsi ed essere fucilati.
3) Imboscarsi.

Nei libri divulgativi di storia (storia...si fa per dire...) si glissa sempre su questo aumento vertiginoso di partigiani in pochi mesi, presentando invece sempre un numero "finale" più o meno giusto o più o meno balordo.
Se fosse stato l'esplodere popolare di un anelito di lotta per la libertà, [piuttosto che invece la scelta di imboscarsi, viste le magre alternative] ne avrebbero certamente scritto sicuramente più estesamente e con giustificato orgoglio, invece di nasconderlo.

P.S.
Nel Maggio del 1980 i cittadini Italiani qualificati come partigiani a tutti gli effetti (brevetto) ammontavano a 358.000 (trecentocinquantottomila).

Nel marzo del 1944, Pizzoni (“Alla guida del CLNAI”, Einaudi editore) parla di 8000-10000 “effettivi, inquadrati nelle formazioni” dell’Italia del Nord. Dati anche dichiarati nel piano completo delle forze e delle dislocazioni delle unità partigiane che Pizzoni e Stucchi (durante la loro permanenza a Lugano) consegnarono a McCaffery ( responsabile della delegazione britannica in Svizzera).

Nel marzo del 1944, Pizzoni (“Alla guida del CLNAI”, Einaudi editore) parla di 8000-10000 “effettivi, inquadrati nelle formazioni” dell’Italia del Nord. Dati anche dichiarati nel piano completo delle forze e delle dislocazioni delle unità partigiane che Pizzoni e Stucchi (durante la loro permanenza a Lugano) consegnarono a McCaffery ( responsabile della delegazione britannica in Svizzera).

Sì, ma Pizzoni (CLNAI) aveva interesse a gonfiare.
Perchè chiedeva soldi e mezzi. (Pizzoni era l'unico autorizzato a trattare con gli Alleati).
I suoi numeri concordano col bollettino CLNAI, che ho messo sopra, del 1946.

Ma sia Bocca che Pisanò hanno fatto ricerca Provincia per Provincia in tempi diversi e concordano, come vedi, sui numeri.
Gli stessi numeri circa (anzi un po' meno) risultavano poi rispettivamente all'OSS, all'MI6, all'Abwehr e al Sicherheitsdienst.
Nella storia (non nelle storielle di propaganda con cui fanno i libri di scuola) poi l'incrocio delle fonti dà sempre un'approssimazione buona.
Perchè i DOCUMENTI ESISTONO SEMPRE e se non ci sono allora sono BALLE di propaganda.

Li citano sia Trevor-Roper (storico, ma ex-agente dell'Intelligence Britannica) che anche Joachim Fest e Werner Maser (mi pare almeno, così a memoria).

I numeri dell'ANPI sono ridicoli.

Assolutamente d’accordo. Ho inserito la nota su Pizzoni perché stranamente non compare nella tua analisi. Dico stranamente perché so benissimo che conosci sia lui che il tema in questione meglio di me.
Altrove citasti anche l’audizione parlamentare di Pertini e Valiani, che, se non ricordo male parlava di circa 6000 resistenti (febbraio – marzo del 44'). La mia aggiunta voleva essere un’ulteriore conferma a quanto hai scritto.

http://www.ilprimatonazionale.it/cultura/e-morto-manlio-cancogni-lantifascista-che-brindava-ai-bombardieri-inglesi-29843/

I loro eroi...

È morto Manlio Cancogni, l’antifascista che brindava ai bombardieri inglesi

Roma, 1 set – È morto oggi, a Marina di Pietrasanta, all’età di 99 anni, lo scrittore e giornalista Manlio Cancogni.

Nato a Bologna nel 1916, è stato una firma del Corriere della Sera, La Stampa, Il Popolo, L’Europeo, Botteghe Oscure, L’Espresso, e altri giornali e riviste italiane.

Antifascista, in un’intervista al Corriere della Sera aveva dichiarato la sua antica ostilità al tricolore: «[Il giorno della marcia su Roma] era una bella giornata, nel pomeriggio i fascisti erano stravaccati sui marciapiedi con litri di vino, mentre la gente sventolava le bandiere tricolori. In quella atmosfera patriottica, sentii nascere in me l’irritazione per il tricolore che sarebbe diventata antifascismo».

Il precoce rifiuto del nuovo Regime rimase tuttavia tutto interiore: anziché darsi alla macchia, nel 1938 Cancogni si laureò tranquillamente in Legge nell’università fascista e successivamente in Filosofia. Dette il concorso per l’insegnamento di storia e filosofia nel 1939 e insegnò come incaricato a Roma nell’anno scolastico 1939-1940 al Liceo Virgilio. Vinse poi il concorso nel 1940 e andò ad insegnare a Sarzana (SP). Poi fu richiamato alle armi: combatté nella Campagna di Grecia e poi sul fronte albanese.

Dopo l’8 settembre acquisì maggiore coraggio e a Pietrasanta fonda un CNL locale.

Nel frattempo, nell’estate del 1940, si era ritrovato con alcuni futuri dirigenti del Pci per brindare al successo di Sua Maestà britannica: «C’erano fra gli altri, Carlo Muscetta, Mario Alicata, Mario Socrate, Antonello Trombadori, Guglielmo Petroni, Gabriele Pepe, Marco Cesarini; (…) Gabriele Pepe propose un brindisi all’Inghilterra, poi a Churchill, poi alla Royal Air Force. Brindammo felici ed esultanti» (Manlio Cancogni, Gli scervellati. La seconda guerra mondiale nel racconto di uno di loro, Reggio Emilia 2003, p. 57). L’autore ricorda che egli stesso, in qualità di rappresentante dei socialisti, il 9 settembre 1943 portò in tipografia un manifesto del CLN di Pietrasanta, redatto in inglese, che dava il «saluto agli Alleati» (op. cit., p. 192).

Alla fine della guerra, si conteranno 64mila italiani uccisi dai bombardamenti degli Alleati.

Giuliano Lebelli
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